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Corte di Cassazione 22/07/2014

 L'oblazione va negata se manca l'istanza di ammissione dell'imputato

(Cass. Pen., SS.UU., 22 luglio 2014, n. 32351)

Con riguardo al tema dell’oblazione qualora essa risulti preclusa dalla qualificazione giuridica attribuita nell’imputazione al fatto contestato, ricade sull’imputato l’onere di formulare un’istanza di ammissione all’oblazione correlata al diverso reato ritenuto configurabile, sollecitando il giudice a pronunciarsi al riguardo. In mancanza di tale iniziativa, l’ammissione all’oblazione rimarrà preclusa, anche nel caso in cui sia il giudice, all’esito del giudizio, ad assegnare al fatto la diversa qualificazione giuridica che avrebbe consentito la concessione del beneficio.

 

Con la sentenza 22 luglio 2014, n. 32351 le sezioni unite penali della Corte di Cassazione hanno stabilito che ove la contestazione elevata nei confronti dell'imputato faccia riferimento ad un reato per il quale non è consentita nè l'oblazione ordinaria di cui all'art. 162 c.p., nè quella speciale di cui all'art. 162 bis c.p., qualora l'imputato ritenga non corretta la relativa qualificazione giuridica del fatto e intenda sollecitare una diversa qualificazione che ammetta il procedimento di oblazione di cui all'art. 141 disp. att. c.p.p., è onere dell'imputato stesso formulare istanza di ammissione all'oblazione in rapporto alla diversa qualificazione che contestualmente solleciti al giudice di definire, con la conseguenza che - in mancanza di tale richiesta - il diritto a fruire della oblazione stessa resta precluso ove il giudice provveda di ufficio, a norma dell'art. 521 c.p.p., comma 1, ad assegnare al fatto la diversa qualificazione che consentirebbe l'applicazione del beneficio, con la sentenza che definisce il giudizio. Si tratta del principio di diritto che gli Ermellini hanno formulato, rispondendo con una corposa motivazione sul quesito proposto e cioè se la restituzione nel termine per proporre la domanda di oblazione trovi applicazione solo nel caso in cui la modifica della imputazione avvenga ad opera del pubblico ministero ovvero anche nell’ipotesi in cui sia il giudice ad attribuire al fatto una diversa qualificazione giuridica, che consenta l’applicazione dell’oblazione, prescindendo dalla preventiva richiesta dell’imputato.

 

Nel caso di specie il fatto contestato all’imputato veniva configurato originariamente come violazione di cui alla lettera b) dell’art. 44 del T.U.E., modificando successivamente l’imputazione in violazione dell’art. 44, lett. a) con la condanna alla pena di € 6000 di ammenda e concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. In particolare, l’imputato era stato giudicato per avere, in concorso con il titolare della ditta esecutrice dei lavori e con il progettista ed il direttore dei lavori – successivamente assolti per non aver commesso il fatto, realizzato un balcone, un vano e una veranda in totale difformità rispetto al permesso di costruire. Il Tribunale, tuttavia, all’esito dell’istruttoria dibattimentale, aveva attribuito rilevanza decisiva alla violazione delle distanze del fabbricato ed alla inottemperanza alle prescrizioni imposte con il permesso di costruire, inquadrando il fatto nella previsione meno grave della lett. a) anziché di quella più grave di cui alla successiva lettera b) dell’art. 44 del T.U.E., come originariamente contestato.

In sede di ricorso di Cassazione, l’imputato proponeva tra i motivi di impugnazione anche quello relativo alla presunta irrimediabile preclusione dell’esercizio del diritto, regolamentato dall’art. 162 cod. pen., derivata dalla riqualificazione del reato inquadrato nell’ambito i una fattispecie che avrebbe potuto essere definita con l’oblazione.

 

Come già osservato, i giudici della Suprema Corte non hanno ritenuto di dove accogliere i motivi di contestazione dell’imputato, ribadendo che nel caso in cui il ricorrente ritenga non corretta la qualificazione giuridica del fatto e intenda sollecitarne una diversa, ha l’onere di formulare l’istanza di ammissione all’oblazione in rapporto alla diversa qualificazione che contestualmente solleciti il giudice da definire. In caso diverso rimane precluso il diritto a fruire dell’oblazione della stessa.

 

Esaminando il ricorso presentato, i giudici di Piazza Cavour affermano – come si legge nella sentenza in commento – che lo stesso si limiti, in concreto, a sollecitare null’altro che una pronuncia “di mero principio”, dal momento che l'oggetto delle doglianze si concentra esclusivamente sulla mancata previsione di un meccanismo che consenta all'imputato di fruire della oblazione, ove a seguito di diversa qualificazione giuridica del fatto, il reato ritenuto in sentenza ammetta astrattamente la proponibilità della domanda di oblazione.

 

Come osserva il Palazzaccio, si tratta di una censura meramente ipotetica rispetto alla quale difetta qualsiasi concreto interesse, dal momento che in nessuna sede l'imputato ha formulato la relativa richiesta nè ha manifestato l'intenzione di avanzare la domanda attinente. In questo modo, l’eventuale pronuncia richiesta dal ricorrente non avrebbe alcun contenuto, in quanto l’alternativa alla sentenza di condanna non risulta neppure astrattamente ipotizzabile, in carenza del presupposto essenziale dell’oblazione, costituito dall’istanza dell’imputato. Da qui l’inammissibilità del ricorso e il conseguente pagamento delle spese processuali.

 

 

(Nota di Alessandro Ferretti)

 

 

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE PENALI

Sentenza 22 luglio 2014, n. 32351

Massima e Testo Integrale

 

 

da Altalex

 

 

 

 

Martedì, 22 Luglio 2014
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