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Corte di Cassazione 25/07/2014

SEZIONI UNITE
Intercettazioni, stretta sull'utilizzo in altro procedimento

(Corte di cassazione – Sez. Unite penali – Sentenza 23 luglio 2014, n. 32697)

«In tema di intercettazioni, la conversazione o comunicazione intercettata, costituisce corpo del reato allorché essa integra di per sé la fattispecie criminosa, e, in quanto tale, è utilizzabile nel processo penale». È questo il principio di diritto espresso dalle sezioni Unite della Corte di cassazione, sentenza 32697/2014, che hanno accolto il ricorso di due carabinieri condannati per «distruzione e deterioramento di cose militari», ritenendo non utilizzabile l'intercettazione ambientale che li incastrava disposta per altra indagine e non costituente «corpo del reato» in quanto puramente descrittiva delle condotta dei due militari.

 

La vicenda
I due carabinieri erano stati condannati perché durante un servizio di perlustrazione a bordo di una Alfa Romeo 156 «avevano mandato intenzionalmente il motore fuori giri, portato l'autovettura alla velocità di circa 100 km/h e innestato per due volte la prima marcia, provocando la rottura del cambio e del differenziale». La colpevolezza era stata desunta essenzialmente da una intercettazione ambientale realizzata da un dispositivo inserito nella vettura nell'ambito di un'altra indagine a carico di altri militari. L'intercettazione era stata, tuttavia, ritenuta «corpo del reato» e come tale acquisita al procedimento, senza le limitazioni poste dall'articolo 270 cod. pen. all'utilizzo delle intercettazioni disposte per procedimenti diversi.

 

Il rinvio alle sezioni Unite
La I Sezione penale verificata la sussistenza di un «consapevole contrasto interpretativo nella giurisprudenza di legittimità in punto di utilizzabilità delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni in procedimento diverso allorché la stessa comunicazione o conversazione costituisca corpo di reato», ha rimesso la questione alle sezioni Unite.

 

La nozione di «corpo del reato»
Il dibattito aveva riguardato soprattutto la nozione di «corpo del reato» e in particolare la necessità che esso avesse o meno una natura «materiale», sicché le «conversazioni» sarebbero state escluse o incluse. Ma le sezioni Unite risolvono la questione chiarendo che «la registrazione o trascrizione del dato dichiarativo o comunicativo, che integra la fattispecie criminosa, costituisce corpo del reato, che, in quanto tale, deve essere acquisito agli atti del procedimento, ai sensi dell'art, 431, comma 1 lett. h), cod. proc. pen., ed utilizzato come prova nel processo penale». Lo stesso articolo 271, comma 3, del codice di procedura penale, ricorda la Corte, stabilisce infatti: «In ogni stato e grado del processo il giudice dispone che la documentazione delle intercettazioni previste dai commi 1 e 2 sia distrutta, salvo che costituisca corpo del reato».

Ma, aggiungono gli ermellini, «deve essere precisato che la comunicazione o conversazione oggetto di registrazione costituisce corpo del reato, unitamente al supporto che la contiene, solo allorché essa stessa integri ed esaurisca la fattispecie criminosa, mentre deve essere escluso che sia tale una comunicazione o conversazione che si riferisca a una condotta criminosa o che ne integri un frammento, venendo portata a compimento la commissione del reato mediante ulteriori condotte rispetto alle quali l'elemento comunicativo assuma carattere meramente descrittivo».

 

E, precisa la sentenza, l'indirizzo maggioritario della Cassazione già andava in questo senso riferendosi a casi in cui l'attività criminosa «si concretava ed esauriva nella comunicazione o conversazione oggetto di intercettazione, quali ipotesi di favoreggiamento, in cui l'aiuto ad eludere le investigazioni o a sottrarsi alle ricerche risultava commesso mediante comunicazione telefonica; di rivelazione di segreto di ufficio consumatasi nel corso dl una telefonata». Mentre, «è stato escluso che l'intercettazione costituisca corpo di reato allorché la conversazione rappresenti solo un frammento della condotta criminosa».

 

Il carattere descrittivo dell'intercettazione
Per cui, tornando all'esame del caso concreto, «risulta evidente che il contenuto delle conversazioni oggetto di intercettazione utilizzate dai giudici di merito abbiano carattere meramente descrittivo della condotta criminosa», per uno dei due imputati, «o documentino l'attività istigativa», per l'altro, con ciò non esaurendo le fattispecie criminose ascritte agli imputati.

 

«Ne consegue che i contenuti comunicativi oggetto di intercettazione e registrazione non costituiscono, nel caso in esame, corpo del reato e sono soggetti ai limiti di utilizzabilità stabiliti dall'art. 270 cod. proc. pen». Sentenza annullata, dunque, e processo da rifare.

 

 

di Francesco Machina Grifeo
da diritto24.ilsole24ore.com

 

 

 

 

 

Venerdì, 25 Luglio 2014
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