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Sinistro stradale: la CTU prevale sulla constatazione amichevole

(Cass. Civ., sez. III, 12 marzo 2014, n. 5641)

Il ricorrente, vittorioso nel primo grado di un giudizio avente ad oggetto il risarcimento del danno subito in occasione di un sinistro stradale, rimaneva soccombente all’esito della fase di gravame.

 

Il giudice di secondo grado, infatti, ribaltava la decisione resa in prime cure, osservando che la deposizione dell’unico teste, terzo trasportato a bordo della vettura dell’attore ed amico del medesimo, aveva riferito di danni alla vettura che non avevano trovato riscontro nell’elaborato peritale depositato dal consulente tecnico d’ufficio. Quest’ultimo aveva infatti rilevato che sul luogo del presunto incidente non vi era alcuna traccia di un qualche intervento riparatore del guard-rail e che la vettura del ricorrente risultava aver riportato danni tali da impedire con certezza la ripresa della marcia dopo il fatto. Tuttavia, dai riscontri effettuati, non vi era traccia né di intervento del soccorso stradale né di un qualche traino della vettura incidentata. Tali elementi inducevano a ritenere non raggiunta la prova del fatto costitutivo della domanda. 

 

I limiti del controllo di legittimità ed i poteri riservati al giudice di merito

Il ricorrente muoveva alla sentenza di secondo grado diverse censure: lamentava, in primis, che la decisione impugnata non avrebbe tenuto conto del complesso delle prove raccolte nel giudizio di primo grado, in particolare del contenuto della CID, della testimonianza e delle fatture prodotte attestanti i danni subiti dalla vettura incidentata. Inoltre si doleva dell’irragionevolezza della impugnata pronuncia per il fatto che  essa basasse le sue conclusioni su di una c.t.u. svolta circa due anni dopo il sinistro. Infine, secondo quanto sostenuto dal ricorrente, il giudice del gravame non avrebbe valutato la mancata risposta all’interrogatorio formale da parte del conducente del mezzo antagonista.

 

Orbene, circa la portata processuale dei motivi di ricorso formulati, la Corte di Cassazione sancisce che essi, criticando la valutazione delle prove compiuta dal giudice di merito e sollecitandone una diversa considerazione, si risolvono nel tentativo di ottenere in sede di legittimità una nuova valutazione delle prove, non consentita dal codice di rito in quanto riservata in via esclusiva al giudice di merito.

 

A tal proposito gli ermellini riaffermano il consolidato principio alla stregua del quale “il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge”.

 

Sinistro stradale e valutazione fattuale nelle fasi processuali di merito: i rapporti tra le risultanze della C.T.U. e le deposizioni testimoniali  

Pur non entrando nel merito della valutazione delle circostanze di fatto effettuata dal giudice di merito alla luce delle prove raccolte, la Corte di Cassazione ritiene ben argomentata la ricostruzione fattuale elaborata dalla pronuncia di secondo grado, che ha ritenuto condivisibili le risultanze della c.t.u. rispetto all’unica deposizione testimoniale resa, della quale ha invece motivato la scarsa attendibilità.

 

Circa la discrezionalità del giudice di merito nella selezione delle risultanze probatorie da porre a fondamento della decisione la Suprema Corte ha in più di un’occasione precisato che “la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata” (Cass. civ. sez. lav., 5 ottobre 2006, n. 21412; conf. Cass. civ. sez. lav., 7 gennaio 2009, n. 42).

 

In particolare, nella decisione in commento viene evidenziata la ragionevolezza di una decisione di merito nella quale il giudice fondi il suo convincimento sulla maggiore attendibilità delle risultanze della c.t.u. rispetto alle deposizioni testimoniali rese. E’ tuttavia da sottolineare che anche nell’ipotesi in cui la c.t.u. fosse stata, nel caso di specie, favorevole all’attore, non sarebbe stata da sola sufficiente a provare i fatti costitutivi della domanda. Difatti, secondo un consolidato insegnamento nomofilattico, “la consulenza tecnica d’ufficio ha la funzione di fornire all’attività valutativa del giudice l’apporto di cognizioni tecniche che egli non possiede, ma non è certo destinata ad esonerare le parti dalla prova dei fatti dalle stesse dedotti e posti a base delle rispettive richieste, fatti che devono essere dimostrati dalle medesime parti alla stregua dei criteri di ripartizione dell’onere della prova previsti dall’art. 2697 c.c.”  (Cass. civ. sez. lav., 5 ottobre 2006, n. 21412).

 

(Nota di Filippo di Camillo)

 

 

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE III CIVILE

sentenza 15 gennaio – 12 marzo 2014, n. 5641

Presidente Segreto – Relatore Cirillo 

 

Svolgimento del processo 

 

1. I.G. conveniva in giudizio, davanti al Giudice di pace di Avellino, B.E. e la s.p.a. Progress Assicurazioni affinché fossero condannati al risarcimento dei danni conseguenti ad un incidente stradale, a suo dire verificatosi sull'autostrada (omissis) , nel quale la vettura di sua proprietà, da lui condotta, era stata tamponata dalla vettura del B. , venendo spinta contro il guard-rail dell'autostrada, senza danni alle persone ma con danni alle vetture, per i quali veniva compilato il modulo di contestazione amichevole del sinistro (CID).

Il Giudice di pace, fatta espletare una c.t.u. e svolta prova per testi, accoglieva la domanda, condannando i convenuti al pagamento della somma di Euro 12.453, oltre accessori e con il carico delle spese.

2. Proposto appello dalla s.p.a. Progress, il Tribunale di Avellino, con sentenza del 6 maggio 2009, accoglieva il gravame, annullava la sentenza di primo grado e compensava le spese di lite.

Osservava il Tribunale che la deposizione dell'unico teste, terzo trasportato a bordo della vettura dell'attore ed amico del medesimo, aveva riferito di danni alla vettura che non trovavano riscontro nell'elaborato depositato dal consulente tecnico d'ufficio. Questi aveva rilevato che sul luogo del presunto incidente non vi era alcuna traccia di un qualche intervento riparatore del guard-rail, e che la vettura dell'I. risultava aver riportato danni tali da impedirle con certezza di poter riprendere la marcia dopo il fatto. Ma non vi era traccia né di intervento del soccorso stradale né di un qualche traino della vettura incidentata, sicché, in mancanza di prova del fatto costitutivo della domanda, questa doveva essere respinta.

3. Contro la sentenza del Tribunale di Avellino propone ricorso I.G. , con atto affidato a due motivi.

Resistono con separati controricorsi la s.p.a. Progress Assicurazioni, in liquidazione coatta amministrativa, e la s.p.a. Assicurazioni generali, quale impresa designata del Fondo di garanzia per le vittime della strada per la Regione Campania.

Le società controricorrenti hanno presentato memorie. 

 

Motivi della decisione

 

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., nonché dell'art. 5 del decreto-legge 23 dicembre 1976, n. 857, convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 1977, n. 39.

Rileva il ricorrente che la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto del complesso delle prove raccolte nel giudizio di primo grado: in particolare, del contenuto della CID, della testimonianza e delle fatture prodotte attestanti i danni subiti dalla vettura incidentata. Il Tribunale avrebbe deciso la causa sulla scorta dell'analisi parziale delle prove, senza considerare, fra l'altro, che la dichiarazione confessoria resa nella CID, pur dovendo essere liberamente apprezzata dal giudice, non può comunque essere ignorata, come invece è avvenuto nel caso di specie.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3) e n. 5), cod. proc. civ., errore di giudizio in relazione agli artt. 2730 e 2735 cod. civ. e agli artt. 116 e 232 cod. proc. civ., oltre ad omessa o insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio.

Secondo il ricorrente, l'irragionevolezza della sentenza impugnata deriverebbe dal fatto che essa si basa su di una c.t.u. svolta circa due anni dopo il sinistro; il Tribunale, inoltre, non avrebbe valutato correttamente la CID e la mancata risposta all'interrogatorio formale da parte del conducente del mezzo antagonista, pervenendo al risultato di mettere addirittura in dubbio l'esistenza stessa dell'incidente.

3. I due motivi, da trattare congiuntamente in quanto pongono problemi del tutto simili, sono privi di fondamento.

3.1. Rileva la Corte, innanzitutto, che essi sono formulati ai limiti della inammissibilità. Ed infatti, quanto al primo motivo si osserva che il ricorrente richiama l'attenzione, in modo particolare, sulla c.d. CID, della quale non riporta il contenuto, oltre a proporre (p. 11 del ricorso) una serie di quesiti di diritto estremamente generici. Quanto al secondo motivo, presentato in termini di vizio di motivazione, si rileva che esso oscilla, in effetti, tra la censura di vizio di motivazione e quella di violazione di legge, senza peraltro formulare un quesito di diritto.

3.2. Anche tralasciando, comunque, tali rilievi preliminari, è evidente che i motivi di ricorso, criticando la valutazione delle prove compiuta dal giudice di merito e sollecitando una diversa considerazione della suddetta CID e della mancata risposta all'interrogatorio formale da parte del conducente del mezzo antagonista, si risolvono nel tentativo di ottenere da questa Corte una nuova valutazione delle prove, non consentita in sede di legittimità.

Costituisce pacifica giurisprudenza di questa Corte che il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell'intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l'attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (sentenza 16 dicembre 2011, n. 27197). Ne consegue che il vizio di omessa o insufficiente motivazione deducibile in sede di legittimità sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perché la citata norma non conferisce alla Corte di legittimità il potere di riesaminare e valutare il merito della causa (sentenze 23 dicembre 2009, n. 27162, 18 marzo 2011, n. 6288, e 7 febbraio 2013, n. 2947).

Nel caso in esame, il Tribunale ha valutato la c.t.u. e l'ha confrontata con l'unica deposizione testimoniale, della quale ha motivato la scarsa attendibilità. Si tratta di una ricostruzione in fatto bene argomentata e priva di vizi logici. Allo stesso modo, costituisce valutazione di merito non sindacabile in questa sede quella secondo cui la vettura dell'attore non avrebbe più potuto circolare avendo subito quel danno accertato dal c.t.u., mentre è lo stesso ricorrente ad ammettere (p. 3 del ricorso) di essersi allontanato dal luogo dell'incidente da solo, senza nessun mezzo di soccorso.

4. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale pronuncia segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione in favore di entrambi i controricorrenti, liquidate in conformità ai soli parametri introdotti dal decreto ministeriale 20 luglio 2012, n. 140, sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali.

 

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate per ciascuno dei controricorrenti in complessivi Euro 2.200, di cui Euro 200 per spese, oltre accessori di legge.

 

 

da Altalex

 

 

Martedì, 13 Maggio 2014
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