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Corte di Cassazione 29/01/2014

Alcoltest legittimo anche se il veicolo è fermo

(Cass. Pen., sez. IV, 12 novembre 2013, n. 45514)

Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Cassazione ritorna su un tema dibattuto, relativo alla possibilità che un soggetto in fermata sia sottoposto ad alcoltest e sanzionato nel caso di esito “infausto” dello stesso.

 

I Giudici di legittimità statuiscono in maniera affermativa, osservando che la fermata altro non è se non una fase della circolazione, e dunque non si sottrae alle regole generali di cui al Codice della Strada.

 

L’art. 186 del Codice della Strada, al comma 1, vieta la “guida” in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche. Tale disposto normativo ha sollevato dubbi in merito al concetto stesso di “guida”, laddove esso si espone ad una interpretazione alternativa di guida come vicenda circolatoria di veicoli (in movimento) o come semplice relazione funzionale tra conducente e veicolo (riscontrabile anche in fermata).

 

Non a caso, alcune pronunce di legittimità, riflettendo sulla percorribilità del controllo con etilometro nei confronti di un soggetto alla “guida” di un veicolo in fermata, hanno sostenuto che, essendo la guida intesa come circolazione di veicoli, ed essendo contestualmente la fermata fase della circolazione, la risposta a tale quesito non possa che essere positiva: il soggetto in fermata verrà controllato con alcoltest e sanzionato, se ricorrono i presupposti (Cass. sez. IV, 37631/2007, a cui si aggiunge la sentenza in commento).

 

Altre sentenze hanno reso possibile il controllo con alcoltest al soggetto in fermata, richiedendo espressamente un quid pluris: la punibilità è subordinata alla prova certa che egli abbia circolato già in stato di ebbrezza prima di stazionare nel luogo ove avviene l’accertamento tecnico (Cass. pen., sez. V, 30209/2013; Cass. sez. VII, 10476/2010).

 

Risulta evidente che, mentre la prima tesi definisce la fermata “fase della circolazione”, la seconda tesi ripudia implicitamente tale principio, posto che, altrimenti, l’utilizzo dell’alcoltest e la conseguente eventuale punibilità non sarebbero affatto condizionati dalla prova di una precedente vicenda circolatoria già “condita” dallo stato di ebbrezza.

 

A ben vedere, è possibile riscontrare una sottile difformità di vedute in giurisprudenza, rilevante non tanto in punto di utilizzabilità dello strumento “etilometro” nei confronti del soggetto in fermata, la quale è garantita da entrambe le tesi, quanto in tema di onere della prova di cui è gravato il soggetto controllato.

 

Seguendo la tesi che non richiede la prova della circolazione in stato di ebbrezza avvenuta in precedenza, si dovrebbe reputare irrilevante che il soggetto dimostri di aver fatto uso di bevande alcoliche dopo essersi fermato, posto che l’art. 186 cit., considerando “guida” anche la fermata, sarebbe direttamente punitivo anche nei confronti di tale condotta. Residuerebbe solo la possibilità (patrocinata anche dai Giudici di Legittimità nella sentenza in commento) per l’imputato di provare l’irregolarità del controllo su altri fronti (es. inefficienze tecniche dell’apparecchiatura).

 

Valorizzando la tesi opposta, che consente la punibilità solo qualora sia dimostrato che il soggetto abbia guidato già in stato di ebbrezza e solo successivamente si sia fermato, egli potrebbe non solo fornire prova (contraria) che l’uso di bevande alcoliche sia avvenuta solo durante la fermata, ma anche avvalersi delle altre prove testé citate (es. irregolarità del controllo o inefficienze tecniche dello strumentario).  

 

Chi scrive si allinea con i principi espressi dalle pronunce sussumibili nel secondo percorso ermeneutico, per un motivo: la sanzione nei confronti di una persona in stato di ebbrezza dovrebbe essere comminata (si perdoni l’ovvietà) per “aver circolato” in tale stato; ma contestualmente la ratio dello strumento punitivo dovrebbe essere rappresentata dall’esigenza di tutelare la collettività dai rischi connessi a tale circolazione. Detti rischi emergono ictu oculi solo nel caso in cui la vicenda circolatoria sia consistita nel movimento dell’auto e nell’interazione con la realtà circostante, non anche in una condotta assolutamente statica, come quella che si registra nel momento della fermata.

 

(Nota di Filippo Lombardi)

 

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Sentenza 7 marzo - 12 novembre 2013, n. 45514

 

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SIRENA Pietro Antonio - Presidente -

Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere -

Dott. CIAMPI Francesco Maria - Consigliere -

Dott. SAVINO Mariapia G. - rel. Consigliere -

Dott. GRASSO Giuseppe - Consigliere -

 

 

ha pronunciato la seguente:

 

sentenza

 

sul ricorso proposto da:

 

P.E. N. IL (OMISSIS);

 

avverso la sentenza n. 3010/2010 CORTE APPELLO di VENEZIA, del 23/05/2011;

 

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

 

udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/03/2013 la relazione fatta dal

 

Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA SAVINO;

 

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Stabile Carmine che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

In fatto e in diritto

 

Con sentenza emessa in data 11 marzo 2010 il Tribunale di Venezia dichiarava P.E. colpevole del reato di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2, in quanto in data (OMISSIS) lo stesso, sottoposto ad alcooltest, risultava positivo all'accertamento. In particolare gli agenti di polizia rilevavano un tasso alcolemico superiore ai limiti di legge e precisamente pari a 1,61 g/l, in occasione della prima prova, ed a 1,79, in occasione della seconda prova. Di conseguenza, riconosciute le attenuanti generiche, il Tribunale di Venezia condannava il P. alla pena di mesi 2 di arresto ed Euro 1.000,00 di ammenda, con sostituzione della pena detentiva in quella pecuniaria pari a 3.280,00 Euro oltre alle spese del procedimento.

 

Applicava, inoltre, all'imputato la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un anno e disponeva la confisca dell'autovettura, di proprietà del P., con cui era stato commesso il reato.

 

Proposto appello, la Corte di appello di Venezia confermava in foto la sentenza di primo grado condannando l'imputato al pagamento delle spese del grado.

 

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato per violazione ed erronea interpretazione delle norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità in riferimento agli art. 191, 192, 511 e 533 c.p.p..

 

In particolare, difesa ha censurato la sentenza della Corte di appello nella parte in cui, conformandosi alla pronuncia di primo grado, ritiene provata la penale responsabilità del ricorrente in merito al reato contestatogli sulla base del verbale dell'accertamento urgente c.d. alcooltest.

 

Secondo la difesa la prova che il P. si trovasse alla guida dell'autovettura prima della somministrazione dell'alcoltest avrebbe dovuto formarsi in dibattimento, nel contraddittorio delle parti non potendo, invece, essere ricavata dal verbale dell'accertamento irripetibile acquisito al fascicolo per il dibattimento.

 

A detta del ricorrente avrebbero dovuto essere sentiti gli agenti che effettuarono l'accertamento del tasso alcolemico in dibattimento.

 

Difatti ritenere provato il reato di guida in stato di ebbrezza sulla sola base del verbale dell'accertamento tecnico, senza altre fonti che affermino che il soggetto sottoposto al test si trovasse alla guida, costituisce, secondo la difesa, una violazione delle norme codicistiche poste a presidio del principio del contraddittorio nella formazione della prova con conseguente inutilizzabilità dei risultati (artt. 511 e seguenti, artt. 191 e 192 c.p.p.).

 

In realtà la ricostruzione difensiva risulta alquanto artificiosa.

 

Certamente gli agenti che hanno proceduto all'accertamento avrebbero potuto essere sentiti in dibattimento e le loro dichiarazioni indubbiamente costituiscono un elemento ripetibile. Da questo, però, non si può far discendere una inutilizzabilità, per così dire, parziale del verbale di un atto irripetibile in modo da ritenerlo utilizzabile nella parte in cui attesta la presenza nel soggetto di un tasso alcolemico superiore a quello consentito e non nella parte in cui da conto delle circostanze nell'ambito del quale tale accertamento è stato effettuato. Peraltro il fatto l'essere alla guida di un autoveicolo costituisce l'antecedente logico necessario e legittimante l'accertamento c.d. alcoltest.

 

Merita inoltre sottolineare come la circostanza che il conducente sia fermo od in movimento non rileva. A tal proposito la giurisprudenza ha più volte affermato che in materia di circolazione stradale, deve ritenersi che la "fermata" costituisca una fase della circolazione.

 

Di conseguenza è del tutto irrilevante, ai fini della contestazione del reato di guida in stato di ebbrezza, che il veicolo condotto dall'imputato risultato positivo all'alcoltest fosse, al momento dell'effettuazione del controllo, fermo ovvero in moto (ex pluris Cass. Sez. IV, 37631/2007, Rv. 237882).

 

A ciò si aggiunga il consolidato orientamento in base al quale in tema di guida in stato di ebbrezza, allorquando l'alcoltest risulti positivo, costituisce onere della difesa fornire una prova contraria a detto accertamento quale, ad esempio, la sussistenza di vizi dello strumento utilizzato, oppure l'utilizzo di una errata metodologia nell'esecuzione dell'aspirazione, non limitandosi a richiedere il deposito della documentazione attestante la regolarità dell'etilometro (vedi ex pluris Sez. IV, n. 42084/ 2011 Rv. 251117).

 

Alla luce di tali argomentazioni il motivo di ricorso appare infondato e va rigettato.

 

 P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 7 marzo 2013.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2013.

 

da Altalex

 


 

 Un utile chiarimento. (ASAPS)

 

 

 

 

Mercoledì, 29 Gennaio 2014
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