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Corte di Cassazione 05/07/2011

Giurisprudenza di legittimità - La ricevuta d’invio delle Poste prova la ricezione e va contestata specificatamente

(Cass. Civ., sez. III, 20 giungo 2011, n. 13488)

 

La produzione in giudizio del telegramma o della lettera raccomandata con relativa ricevuta di spedizione dall’ufficio postale, anche in mancanza dell’avviso di ricevimento, costituisce prova certa della spedizione e da essa, pertanto, consegue la presunzione della sua conoscenza ai sensi dell’art. 1335 c.c. da parte del destinatario.
Detta presunzione, tuttavia, non è assoluta. Il destinatario, infatti, può contestare in giudizio il ricevimento dell’atto.
La contestazione, tuttavia, non può essere generica, dovendo invece, stante l’onere della prova gravante sul destinatario dell’atto, essere specifica e sorretta da elementi di prova.
È questo, in estrema sintesi, il principio enunciato dalla sentenza in commento.

Il caso

In una controversia promossa per il risarcimento dei danni da sinistro stradale, il giudice di prime cure e la successiva Corte d’Appello avevano ritenuto prescritto il diritto vantano dal danneggiato.
Al riguardo, si era argomentato che era stata prodotta in giudizio la sola ricevuta di spedizione dell’atto di costituzione in mora (un telegramma, di per sé idoneo ad interrompere la prescrizione[1]), ma senza fornire alcuna prova dell’effettiva ricezione del medesimo a fronte, invece, della seppur generica contestazione da parte del destinatario circa la ricezione del telegramma medesimo.

Il quesito giuridico

È bene precisare in via preliminare che la pronuncia in commento ha ad oggetto il solo tema dell’onere probatorio circa la ricezione del telegramma, non invece quello dell’idoneità del medesimo a rappresentare valido atto interruttivo della prescrizione[2].

La questione analizzata dalla sentenza in parola è la seguente.

A norma del combinato disposto di cui agli artt. 2729 e 1335 c.c., la produzione in giudizio del telegramma o della lettera raccomandata con relativa ricevuta di spedizione dall’ufficio postale, anche in mancanza dell’avviso di ricevimento, costituisce prova certa della spedizione?

Da essa, dunque, consegue la presunzione – fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione e dell’arrivo dell’atto al destinatario – della sua conoscenza ai sensi dell’art. 1335 c.c. da parte del medesimo?

Pertanto, sul piano processuale, a fronte di tale presunzione semplice, il destinatario può limitarsi in giudizio ad affermare genericamente di non avere ricevuto l’atto o, invece, grava sul medesimo l’onere di fornire la prova, con qualsiasi mezzo, di non avere avuto notizia dell’atto senza sua colpa?

La questione proposta dalla Cassazione civile

La Cassazione risponde in modo affermativo ai quesiti di diritto sopra menzionati, confermando che sul destinatario grava l’onere di dare la prova di non avere avuto notizia dell’atto, senza sua colpa, non potendo il medesimo limitarsi ad affermare genericamente di non averlo ricevuto.

Al riguardo, i Giudici della Terza Sezione civile confermano l’orientamento intepretativo giurisprudenziale[3] in base al quale “un telegramma (così come una lettera raccomandata) anche in mancanza di avviso di ricevimento, costituisce prova certa della spedizione, attestata dall’ufficio postale attraverso la relativa ricevuta, dalla quale consegue la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione stessa e dell’ordinaria regolarità del servizio postale e telegrafico, di arrivo al destinatario e di conoscenza dell’atto”.

La Corte, tuttavia, precisa che siffatta produzione “non da luogo ad una presunzione iuris et de iure di avvenuto ricevimento dell’atto, essendo sempre possibile la specifica confutazione della circostanza e la prova contraria”.

Detta contestazione, come precisa la Corte, non può essere generica, dovendo invece essere specifica e sorretta da elementi di prova quali, come ricordato dalla Corte[4]: la circostanza che quanto inviato non contenesse alcuna lettera o che ne contenesse una di contenuto diverso; ovvero l’assenza del destinatario dalla residenza o domicilio indicati nel telegramma all’epoca della convocazione. Inoltre, il destinatario avrebbe potuto anche sollecitare accertamenti presso gli uffici dell’amministrazione postale al fine di verificare l’assoluta mancata ricezione.

In pratica, il destinatario avrebbe dovuto negare di aver ricevuto l’atto interruttivo della prescrizione non tramite una generica negazione, bensì confutando specificatamente “la concreta rilevanza probatoria dell’atto ex adverso prodotto, al fine di superare la presunzione da esso derivante”.

Ciò, tuttavia, nel caso di specie non si è verificato.

Di conseguenza, la Corte ha accolto il ricorso e, dunque, cassato (con rinvio) la sentenza impugnata.

( Nota di Giulio Spina)

Note
[1] Cass. n. 9046/07.
[2] In merito all’istituto della prescrizione si rinviare a G. Spina, I presupposti della prescrizione (Parte I – Cap. 2), in L. Viola (a cura di), Prescrizione e decadenza. Tutele sostanziali e strategie processuali, Cedam, 2009, 99 e ss., volume cui si rimanda per una disamina completa ed aggiornata alla l. n. 69 del 2009 su detto istituto.
[3] Cass. n. 12954/07; Cass. n. 8649/06; Cass. n. 758/06; Cass. n. 22133/04; Cass. n. 10284/01.
[4] Riguardo all’onere della contestazione specifica gravante sul convenuto si rimanda a G. Spina, L’introduzione (Cap. V), in L. Viola (a cura di), Codice di procedura civile, Cedam, Padova, 2011, artt. 167, 281 e ss.

 

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE III CIVILE

Sentenza 20 giugno 2011, n. 13488

 

Leggi la sentenza

 

 

 

da Altalex

 

 

Martedì, 05 Luglio 2011
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