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HA RAGIONE IL RICORRENTE SE IL PREFETTO RITARDA LA PROCEDURA
Il ricorso tardivamente inviato all’organo accertatore rende nulla l’ordinanza-ingiunzione

RESPONSABILITA’ AUTOMOBILISTICA
Sentenze in materia di responsabilità civile, penale, amministrativa

HA RAGIONE IL RICORRENTE SE IL PREFETTO RITARDA LA PROCEDURA
Il ricorso tardivamente inviato all’organo accertatore rende nulla l’ordinanza-ingiunzione
  

a cura di Ugo Terracciano*

  

(ASAPS) La lungaggine delle procedure burocratiche è un peso che deve ricadere sulla pubblica amministrazione a vantaggio del cittadino, anche se trasgressore. Con questa regola del contrappasso, il giudice di pace di Torino (sentenza n. 15146 del 15 novembre 2005) ha dato torto alla Prefettura e ragione all’automobilista, annullando la sanzione, con la motivazione che, se l’amministrazione non si attiva per tempo, la sua inerzia penalizza l’intero procedimento e rende nulla la sanzione.

La questione è squisitamente procedurale, perciò, per capire, andiamo con ordine. Cominciamo col dire che l’utente multato – inosservanza della segnaletica stradale, velocità pericolosa e mancato uso delle cinture – fa ricorso al prefetto così come gli consente il codice della strada all’art. 203 (un tempo era l’unico modo, oggi l’art. 204bis consente anche il ricorso diretto al giudice di pace). L’iter, a garanzia del ricorrente, ha una sua cronologia precisa: entro sessanta giorni dalla contestazione il trasgressore può presentare ricorso tramite il Comando che gli ha elevato il verbale; oppure, può spedire una raccomandata direttamente in prefettura e sarà il prefetto, entro i trenta giorni successivi, a spedire il ricorso al Comando accertatore per sentirne le deduzioni. Da parte sua la polizia, sia nel primo che nel secondo caso, ha sessanta giorni per inviare tutto il carteggio con le proprie osservazioni alla prefettura competente. Quindi, due ipotesi: il ricorso arriva direttamente al Comando che lo liquida in sessanta giorni; oppure arriva al prefetto ed allora la procedura si allunga di un mese (trenta giorni al prefetto per trasmettere, sessanta alla polizia per rispondere). La questione si chiude con l’archiviazione del verbale se il prefetto accoglie, con l’ordinanza ingiunzione di pagare se l’autorità si convince che l’utente avesse invece torto. Resta un’altra ancora di salvezza: questa ordinanza del prefetto può essere a sua volta impugnata davanti al giudice di pace. Ed è esattamente quello che è accaduto a Torino dove il trasgressore non solo ha chiesto di riesaminare a suo favore i fatti, ma ha anche rilevato che l’ordinanza non era legittima nella forma: il prefetto si era preso troppo tempo per spedire il suo ricorso al Comando di polizia, cioè invece che in trenta, aveva provveduto in quarantanove giorni, ben diciannove di più del consentito. A nulla sono servite le giustificazioni del rappresentante del governo che lamentava come non fosse chiarita, nel ricorso, la provenienza del verbale. Secondo il giudice, invece, con le moderne reti telematiche, disponendo del numero di verbale e dell’indicazione sia pure generica dell’Arma dei Carabinieri, sarebbe dovuto essere piuttosto facile individuare, in un ambito ristretto come quello provinciale, il Comando competente. Questo vizio di forma, per lentezza di procedura, è valso a cestinare il verbale.


GIUDICE DI PACE DI TORINO
SENTENZA 15 NOVEMBRE 2005 n.15146

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato in cancelleria il 10 giugno 2005, nel rispetto dei termini previsti, il sig. N. P. proponeva opposizione contro la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 586,42 /spese comprese), irrogatagli (quale proprietario della Peugeot 2005 – TO …) con ordinazione-ingiunzione prot. n. 1753/R/04 dell’11 marzo 2005) emessa dal Prefetto di Torino in rigetto del ricorso proposto, in via amministrativa, dal sig. P. P. avverso il verbale di contestazione di violazione degli artt. 146, 172 e 141 c.s. del codice della strada accertato il 25 marzo 2004 in Torino, corso Vittorio Emanuele II, angola via F.lli Calandrà.

Assumeva l’opponente che l’ordinanza doveva considerarsi illegittima per i seguenti motivi:

- insufficiente motivazione:

- carenza della firma per esteso del funzionario estensore;

- mancato rispetto dei termini previsti per la sua emissione.

Chiedeva, quindi, l’annullamento del provvedimento o, in subordine, l’applicazione delle sanzioni nelle misure corrispondenti ai relativi minimi edittali.

Veniva fissata e comunicata alle parti la data dell’udienza di comparazione, con richiesta all’opposto di disporre per il previsto, preventivo deposito in cancelleria della specifica documentazione in suo possesso.

A detta udienza (27 ottobre 2005), compariva il ricorrente. Si dava atto dell’intervenuta costituzione dell’Ufficio territoriale del Governo di Torino con deposito (25 ottobre 2005) di memoria di costituzione e della documentazione richiesta, offerta in visione al ricorrente. Con tale veniva motivata la ritenuta tempestiva e legittimità del provvedimento sanzionatorio, e si chiedeva rigettarsi il ricorso.

Concesso al ricorrente il termine richiesto per approfondimenti, alla successiva udienza del 10 novembre 2005, acquisite le produzione integrative e discussa la causa, sulle conclusioni di cui all’epigrafe, il giudicante deciderà dando lettura del dispositivo riportato nella parte conclusiva della presente sentenza.

Svolgimento della decisione

Si ritiene prioritario l’esame dell’eccezione di illegittimità dell’ordinanza-ingiunzione per mancato rispetto dei termini previsti per la sua emissione.

Tale eccezione, infatti, ove accolta, renderebbe superflua la decisione sugli altri motivi di impugnazione.

E’ opportuno, al riguardo, ricordare come il termine di legge per l’emissione della specifica ordinanza-ingiunzione prefettizia abbia formato oggetto, nel tempo, di diversi interventi modificativi da parte del legislatore.

La ratio della limitazione temporale riservata all’emissione dell’ordinanza che chiude il procedimento amministrativo regolato dagli artt. 203 e 204 c.s., è certamente da ricercare nella necessità (dettatala esigenze socialmente rilevanti), di contenere, nel minimo indispensabile, i tempi di definizione delle posizioni conflittuali sorte fra cittadini e pubblica amministrazione.

Tale prioritario interesse pubblico deve, peraltro, realisticamente trovare un contemperamento nelle esigenze strutturali ed operative proprie degli enti competenti della pubblica amministrazione.

E’ proprio nella costante ricerca di questo punto di equilibrio che il legislatore ha provveduto, nel tempo, a varie modifiche di detto termine, le ultime delle quali (radicalmente innovative) risalgono al giugno 2003.

Si è così passati, dagli iniziali 90 giorni complessivi decorrenti dalla ricezione del ricorso (di cui: n. 30, ex art. 203, per la trasmissione della documentazione dall’Ufficio o Comando ricevente al Prefetto e n. 60 giorni, ex art. 204 c.s., riservati al Prefetto per l’emissione del provvedimento) previsti dal nuovo codice della strada (D. L.vo 30 aprile 1992, n. 285) al momento della sua entrata in vigore, fino agli attuali 180 giorni (n. 60 per la trasmissione dall’Ufficio o Comando ricevente al Prefetto e 120 assegnati al Prefetto per l’emissione dell’ordinanza), con possibilità di ampliamento di altri 30 gironi 30 giorni (per la trasmissione dal Prefetto all’Ufficio o Comando accertatore), ove il ricorso sia indirizzato direttamente al Prefetto (come nel caso di specie – v. comma 1 bis dell’art. 203 c.s. ora in vigore) ed anche del tempo necessario per soddisfare l’eventuale richiesta di audizione personale del ricorrente (avanzata, nel caso in esame, nel quale, dunque, debbono aggiungersi 30 giorni decorrenti dalla data di notifica dell’invito a presentarsi, fino alla scadenza del termine concesso, indicato, appunto, in 30 giorni – v. comma 1 ter dell’art. 204 c.s).

Complessivamente, quindi, relativamente alla fattispecie concreta, il termine attualmente fissato dal codice della strada per l’emissione dell’ordinanza prefettizia è di giorni 240, decorrenti dalla data di ricezione del ricorso da parte del Prefetto, ricezione che è provato essere avvenuta il 26 maggio 2004 (e non il 29 maggio 2004, come asserito dall’opposto), data risultante dall’A.R. in atti concernente la raccomandata di inoltro del ricorso.

E poiché l’ordinanza-ingiunzione opposta è datata 11 marzo 2005, è evidente che detto provvedimento risulta emesso n. 289 giorni dopo la ricezione del ricorso da parte del Prefetto, molto (49 giorni) oltre il termine complessivamente previsto dal codice della strada.

Nelle sue difese, l’opposto, non potendo disconoscere tale ritardo, ne attribuisce la responsabilità al sig. P. che, con il contenuto del suo ricorso, non avrebbe consentito una tempestiva individuazione dell’Ufficio o Comando di appartenenza dell’organo accertatore.

Si ritiene che tale giustificazione non possa essere condivisa per i seguenti motivi:

1) I tenta giorni assegnati al Prefetto, dal comma 1 bis dell’art. 203 c.s, per l’inoltro della documentazione all’Ufficio o Comando cui appartiene l’organo accertatore non possono che trovare giustificazione nella necessità di individuare detto Ufficio o Comando (quando, pur non emergendo con evidente immediatezza, possa comunque essere riconosciuto con l’uso di normale diligenza), prima di inviare allo stesso il ricorso ed i documenti allegati.

In un modo caratterizzato dalla disponibilità e dall’uso di sistemi informativi computerizzati, posta elettronica, fax, telefoni di ogni tipo e qualità, strutture specializzate nella trasmissione/trasporto di plichi e oggetti di qualsiasi genere, ritenere che il legislatore abbia inteso concedere un termine tanto lungo (30 giorni) per la semplice trasmissione di documenti da un ufficio all’altro della P.A. risulterebbe offensivo per la sensibilità del legislatore stesso nei confronti della già ricordata esigenza (di ordine pubblico) di contenere i tempi delle controversie.

2) Ove, dunque, pur con l’uso di normale diligenza, tale individuazione non fosse stata possibile per l’insufficiente contenuto del ricorso, dovere di trasparenza imponeva all’opposto di richiedere immediatamente al ricorrente le informazioni integrative, interrompendo così formalmente e chiaramente il decorso dei termini. Tale richiesta non risulta essere mai stata avanzata dal sig. P.

3) Non è concepibile, in una struttura amministrativa certamente dotata di validi sistemi informativi, che non sia possibile risalire rapidamente all’organo accertatore disponendo di un numero di verbale, della data della sua emissione e dell’attribuzione ai Carabinieri di Torino (c. i riferimenti in «oggetto» del ricorso).

4) L’opposto, del resto, ha dimostrato concretamente la «possibilità» di arrivare (sulla base delle informazioni contenute nel ricorso) all’individuazione dell’Ufficio o Comando competente, visto che quest’ultimo ha, poi, fornito al Prefetto sue controdeduzioni (v. atti), senza necessità che il Prefetto stesso acquisisse preventivamente informazioni supplementari dal ricorrente.

5) A conferma dell’agevole possibilità di individuare ed interessare, nel termine previsto di 30 giorni e con uso di normale diligenza, l’Ufficio o Comando competente, basta sottolineare che l’Ufficio della Prefettura, o qualsiasi Comando dei Carabinieri di Torino, impegnato in tale ricerca, dovendo essere a conoscenza che (come ha dimostrato il ricorrente in corso di giudizio) i pagamenti delle sanzioni irrogate dai carabinieri della zona fanno tutti capo alla «Sezione amministrativa provinciale di Torino, via Valfrè 5 bis», (nessariamente, quindi, dotata di sistemi informativi in grado di fornire gli elementi individuali dei singoli verbali sulla base dei relativi numeri e date di emissione), rivolgendosi direttamente a detti Uffici avrebbe potuto ottenere, presumibilmente in tempo reale, la necessaria individuazione.

Si ritiene, quindi, che il macroscopico mancato rispetto del lungo termine complessivo di 240 giorni concesso dal legislatore non possa attribuirsi a responsabilità del ricorrente, ma ad un livello di diligenza, delle amministrazioni interessate, non consono allo spirito delle norme ed alla trasparenza che deve caratterizzare il rapporto con il cittadini.

Stante, dunque, la perentorietà attribuita a tali termini dal comma 1 bis dell’art. 204 c.s. e tenuto conto delle conseguenze che detta norma prevede per il mancato rispetto degli stessi, il ricorso deve essere accolto ed il provvedimento opposto annullato.

Non è dovuta alcuna decisione sulle spese di causa in quanto la parte vittoriosa è stata in giudizio senza l’ausilio di procuratore/difensore abilitato e non ha fornito prova di spese sostenute.


*Funzionario della Polizia di Stato e
Docente di Politiche della Sicurezza
Presso l’Università di Bologna

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Martedì, 01 Agosto 2006
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