Giurisprudenza di legittimità Corte di Cassazione Civile Sezione II, 3 maggio 2006, n.
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SANZIONI
AMMINISTRATIVE – QUESTIONE DI LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE
E’ rilevante e non
manifestamente infondata, in relazione all’art. 76 della Costituzione, la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 116, commi 13 e 18, del
D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, così come sostituito dall’art. 19, primo comma,
del D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, nella parte in cui prevede, quale illecito
amministrativo, la condotta di chi, in possesso di patente di abilitazione alla
guida di categoria B, guidi un veicolo per il quale è richiesta la patente di
categoria A.
FATTO
Con ricorso al Giudice di Pace di Genova del 21.12.01 G.
K. propose opposizione ex art. 22 L. 689/1981 avverso l’ordinanza-ingiunzione
in data 31.10.01 del Prefetto di quella provincia, irrogante la sanzione
amministrativa di £ 4.000.000 per la violazione di cui all’art. 116 co. 13 e 18 C.d.S., accertata il 30.6. dello stesso anno, perché, munito
di patente B conseguita nel 2000, aveva circolato alla guida di un motociclo,di
potenza pari a Kw 19,50, necessitante della patente di categoria A. L’opponente deduceva la non applicabilità alla fattispecie
della menzionata disposizione ed, in via subordinata l’illegittimità
costituzionale della stessa in relazione, gradatamente, agli artt. 76 e 3 Cost.,
rispettivamente per "eccesso di delega" e violazione dei principi di
ragionevolezza ed di eguaglianza. Costituitasi la Prefettura, contestava il fondamento dell’opposizione, chiedendone il rigetto. Con sentenza del 3.31-5.02 l’adito giudice, ritenuta la
manifesta infondatezza delle questioni di costituzionalità e sussistenti gli
estremi della contestata violazione, respingeva l’opposizione, con compensazione
delle spese. Contro tale sentenza il K. ha proposto ricorso per
cassazione affidato a tre motivi. La Prefettura di Genova non si è costituita.
DIRITTO
Con il primo motivo di ricorso viene dedotta violazione e
falsa applicazione dell’art 116 co. 13 e 18 C.d.S, mentre con il secondo
e subordinato motivo si ribadisce l’eccezione di illegittimità costituzionale, in
rel. all’art. 76 Cost., gia proposta in sede di merito, qualora si renda
applicabile alla fattispecie la suddetta disposizione. I motivi di ricorso sono accomunati dalla premessa,
secondo la quale nel riformulato testo dell’articolo 116 del "Nuovo Codice
della Strada " (Decreto Legislativo 30 aprile 1992 e successive
modifiche), derivante dall’art. 19 del D.Lgs 30.12.99 n. 507, emesso in virtù
della delega disposta dalla legge 25.6.1999 n. 205 ("Delega al Governo per
la depenalizzazione dei reati minori e modifiche al sistema penale e tributario),
non avrebbe potuto comprendersi anche l’ipotesi di guida di motoveicolo di
categoria A,vale a dire di motocicli di cilindrata superiore a 125 centimetri
cubici e di potenza superiore ad 11 cavalli, nella quale rientrerebbe, secondo
l’ordinanza-ingiunzione opposta e la sentenza di merito, la fattispecie di
illecito contestata al K.
Il ricorrente prende le mosse dalla sentenza della Corte
della Corte Costituzionale 10.1.1997
n. 3, con la quale venne dichiarata l’illegittimità dell’art. 116, co.13^ D.lgs
285/92, nel testo all’epoca vigente, nella parte in cui assoggettava a sanzione
penale colui che, munito di patente di categoria B, C o D, guidasse un veicolo
per il quale era richiesta patente di categoria A, soggiungendo che a seguito
di tale pronunzia, come riconosciuto dalla giurisprudenza penale di questa S.C.
(v. sez. 4^ n.9729/97), la guida di motocicli, richiedenti la patente A, non costituiva
più reato. Da tale premessa deduce che, tenuto conto dei limiti della delega, contenuta
nella citata legge del 1999, conferente al Governo l’incarico di depenalizzare,
tra gli altri e salve alcune eccezioni, i reati previsti dal suddetto Codice
della Strada, non avrebbe potuto essere compreso, nell’ambito della prevista
trasformazione delle contravvenzioni stradali in violazioni amministrative, un
comportamento, come quello nella specie ascritto al ricorrente, non più
costituente reato a seguito della citata pronuncia del giudice delle leggi. Conseguentemente la disposizione contenuta nell’art. 19 n.
1 del D.Lgs. 30.12.99 n. 507, attuativo della depenalizzazione, che nel
riformulare l’art. 116 n. 13 e 18 del Dlgs. 285/92, introdusse
un’ampia e generica fattispecie di illecito amministrativo per i vari casi di
guida di autoveicoli o motoveicoli senza aver conseguito la prescritta patente,
o dovrebbe considerarsi non applicabile all’ipotesi, già esaminata dalla Corte
Costituzionale cd espunta dal sistema penale, oppure, ove la prevedesse,
dovrebbe tenersi incostituzionale, per violazione dell’art. 76 cit., per eccesso
rispetto alla delega suddetta. Il legislatore delegato, in altri termini, avrebbe potuto
soltanto trasformare in illeciti amministrativi i soli fatti costituenti reato
all’epoca della delega ma non aveva
poteri per configurare ex novo ipotesi di illecito amministrativo, quale
sarebbe la guida con patente B di motocicli di cat. A, ancorché corrispondenti
a fatti originariamente configurati quali reato nel "nuovo codice della
strada” del 1992. Il Giudice di Pace non avrebbe recepito tali
argomentazioni, perché fuorviato da un errore di fondo, secondo il quale la
citata sentenza della Corte Costituzionale avrebbe eliminato la sola pena
dell’arresto dalla fattispecie di contravvenzione in questione, e non anche l’ammenda,
con conseguente persistenza della rilevanza penale della stessa ed inclusione,
a pieno titolo, tra le violazioni depenalizzate nel 1999. Fatta tale premessa, va anzitutto osservato che l’interpretazione "costituzionalmente orientata”,
proposta con il primo motivo di ricorso, non appare nella specie praticabile, non
essendosi in presenza di una norma di incerta formulazione, che dia adito ad
una o a diverse ipotesi interpretative tra le quali dovrebbe privilegiarsi
quella più aderente ai dettami costituzionali. Nel particolare contesto normativo del Codice della
Strada, vigente all’epoca del fatto ascritto al K., questo non poteva che
essere assunto sotto la previsione dell’art. 116 co. 13 D.Lgs. 285/92, così
come sostituito dall’art. 19 co. 1 lett.a) D.Lgs 507/99, contemplante
quale illecito amministrativo, sanzionato con il pagamento della somma da
quattro a sedici milioni di lire (oltre al fermo amministrativo del veicolo, ai
sensi del comma 18), il fatto di chi conducesse "autoveicoli o
motoveicoli senza avere conseguito la patente di guida", considerato
che tutte le altre analoghe ipotesi di irregolarità in relazione al titolo
abilitativo di guida, erano contemplate dall’art. 125 del codice medesimo, prevedente,
fin dalla sua originaria formulazione ed anche all’esito delle successive
modifiche (segnatamente di quelle derivate, in attuazione della direttiva
comunitaria del Consiglio n. 91/439/CEE 29.7.91, dal D.M. 8.8.94, emanato ai sensi
degli artt. 229 del Codice della Strada e 406 del relativo regolamento di
attuazione) quale
illecito amministrativo, sanzionato con il pagamento di somme notevolmente
inferiori a quelle previste per la guida senza patente, tutte le altre,
specificamente indicate ipotesi di guida di veicoli con patente diversa da
quella prescritta per la corrispondente categoria; e tra queste ultime non
figurava quella relativa alla guida di motoveicolo di categoria A con patente
di tipo B ("chiunque, munito di patente di categoria B,C o D guida un autoveicolo
per il quale richiesta una patente di categoria diversa da quella di cui
è in possesso..."). Conseguentemente, tenuto conto che la disposizione di cui
all’art. 125 si pone in rapporto di specialità con quella di cui all’art. 116, derogandovi
solo per i casi tassativi in essa previsti, la fattispecie di guida di veicoli
di categoria A da parte di soggetti muniti di patente B, non poteva che
ritenersi compresa, peraltro coerentemente all’originaria differenziazione
voluta dal legislatore del 1992, nell’ambito della previsione generale di cui
all’art. 116, relativa alla guida di veicoli senza aver conseguito la patente
prescritta. Le suesposte considerazioni, se da una parte inducono a
disattendere il primo motivo di ricorso, dall’altra comportano l’accoglimento
del secondo, con il quale viene rinnovata la richiesta di dichiarare non
manifestamente infondata, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, l’eccezione
di illegittimità dell’art. 116 co. 13 e 18 C.d.S.,
nella parte riferentesi anche al comportamento di chi, in possesso di patente B
(o anche C e D), guidi motoveicoli per i quali è richiesta la patente di categoria
A. La rilevanza della questione risulta evidente,tenuto conto
dell’infondatezza del primo motivo di ricorso e dell’incontroversa circostanza
che, nel caso di specie, il ricorrente ,titolare di una patente di categoria B,
rilasciata nel 2000 (e, pertanto, successivamente all’entrata in
vigore della L. 111/88, introduttiva della
c.d. "patente europea", che aveva fatto salvi i diritti quesiti dei titolari
delle vecchie patenti), conduceva un motociclo di potenza pari a Kw
19,50,superiore dunque al limite massimo di Kw 11, e pertanto necessitante, a
termini dell’art. 116 co. 3, così come risultante dalle modificazioni in precedenza
menzionate, della patente di categoria A. La questione, d’altra parte, tenuto conto delle
particolari vicende che hanno segnato il tormentato percorso della norma in
esame, non può ritenersi manifestamente infondata. La citata sentenza n. 3197 della Corte Costituzionale
(facente seguito ad un precedente invito al legislatore, contenuto nella
sentenza n. 246/95 e rimasto inascoltato),dichiarando "l’illegittimità
costituzionale dell’art. 116, comma 13, del decreto legislativo 30 aprile l992 n.
285 (Nuovo Codice della Strada), nella parte in cui punisce con la sanzione
penale, colui che, munito di patente di categoria B, C o D, guida un veicolo
per il quale è richiesta patente di categoria A", produsse, ai sensi
dell’art. 136 Cost., l’abrogazione in parte qua, a partire dalla data
della pubblicazione della decisione, della norma sopra citata, con la
conseguenza che la condotta in questione non poteva più considerarsi
reato, come successivamente dato atto dalla giurisprudenza, anche di
legittimità (v. la già citata sentenza di questa S.C., sez.4" pen, n.
9729/97). A tal riguardo, tenuto conto del riportato, inequivoco,
tenore del giudicato costituzionale, va rilevata la palese erroneità della tesi
sostenuta nella sentenza di merito, oggetto del presente ricorso, secondo la
quale la pronunzia della Corte Costituzionale avrebbe eliminato solo la pena dell’arresto,
lasciando integra la comminatoria dell’ammenda e, pertanto, la rilevanza penale
dell’illecito, poi a pieno titolo depenalizzato dal Decreto Legislativo 30/12/99
n. 507. In realtà, avendo la suddetta condotta perso rilevanza
penale, a seguito della sentenza n. 3197 del giudice delle leggi, né avendola
più riacquistata, per effetto di successivi interventi normativi eventualmente
ripristinanti la stessa, deve ritenersi che alla data del conferimento della
delega al Governo, contenuta nell’art. 5 n1 sub a) della L. 205/99 in
precedenza citata e prevedente di "trasformare in violazioni
amministrative… i reati di cui al decreto legislativo 30
aprile 1992 n.
285 ,ad eccezione degli artt. 14, 186, 187 e 189", la guida, con
patente di categoria B, di motoveicoli richiedenti la patente di categoria A, non
rientrava tra i fatti costituenti reato, a termini della vigente disciplina
della circolazione stradale e, pertanto, non avrebbe potuto essere "depenalizzata",
vale a dire trasformata in illecito amministrativo dal previsto intervento legislativo
delegato. Conseguentemente non implausibili vano ritenute le censure
esposte dal ricorrente, quanto meno inducenti a dubitare seriamente della
legittimità costituzionale, tenuto conto delle regole dettate dall’art. 76
della Costituzione, in tema di delega del potere legislativo dal Parlamento al
Governo, in ordine all’inclusione, sia pure implicita, della condotta in questione,
tra quelle costituenti illecito amministrativo ai sensi dell’art. 116 C.d.S, nel
testo sostituito dall’art. 19 n.1 del Dlgs. n 507/99, per esorbitanza rispetto
all’oggetto della delega stessa, prevedente la trasformazione di reati in
illecito amministrativo e non anche la introduzione di nuove figure di tale
ultima categoria di illeciti. A tal riguardo deve anche precisarsi che un’eventuale
interpretazione in senso lato, tale da comprendere nell’ggetto della delega in
questione la totale revisione dei trattamenti sanzionatori già previsti nel
"Nuovo Codice della Strada”, tenuto conto della sua originaria formulazione
di cui al D.Lgs. 30.4.92 n. 285, comporta un’approfondita indagine in ordine
alle effettive finalità perseguite dal legislatore delegante, che esula dai
compiti di questa Corte, tenuta solo alla valutazione di non manifesta
infondatezza della questione. Il presente giudizio va, conseguentemente, sospeso ai
sensi dell’art. 23 L. 11.3.1953 n. 87 e
gli atti vanno trasmessi alla Corte Costituzionale, con i connessi adempimenti
di legge. Resta, infine, assorbito l’esame del terzo motivo di
ricorso, con il quale viene riproposta la questione, palesemente subordinata
rispetto a quella rimessa alla Corte Costituzionale, dell’irragionevole
disparità di trattamento sanzionatorio, in violazione dell’art. 3 Cost., della condotta
ascritta al ricorrente, in quanto sussumibile nella previsione di cui
all’art.116 co. 13 e 18 C.d.S, rispetto a quelle, oggettivamente più gravi ma
meno severamente sanzionate, configurate dall’art. 125 dello stesso codice, per
tutte le altre ipotesi di guida di veicoli con patente di categoria diversa da
quella richiesta.
P.Q.M
La Corte dichiara la rilevanza e non manifesta infondatezza
della questione di legittimità costituzionale in relazione all’art. 76 della
Costituzione, dell’articolo 116 co. 13 e 18 del Decreto Legislativo 30 aprile
1992 n. 285, così come sostituito dall’articolo 19 co. 1 del Decreto
Legislativo 30 dicembre 1999 n. 507, nella parte in cui prevede e sanziona, quale
illecito amministrativo, la condotta di chi, in possesso di patente di
abilitazione alla guida di categoria B, guidi un veicolo per il quale è richiesta la patente di categoria
A.
Sospende, conseguentemente, il presente giudizio ed ordina
trasmettersi i relativi atti alla Corte Costituzionale.
Ordina che, a cura della cancelleria, la presente
ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Procuratore Generale, nonché
al Presidente del Consiglio dei Ministri, e comunicata ai Presidenti della
Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.
Così deciso in Roma il 15 febbraio 2006
Depositata in cancelleria il 3 maggio 2006 |