Domenica 12 Maggio 2024
area riservata
ASAPS.it su
Corte di Cassazione 25/02/2006

FALSITA’ IN ATTI – FALSITA’ IDEOLOGICA O MATERIALE DI DOCUMENTI PER LA CIRCOLAZIONE STRADALE – PATENTI – RILASCIO DI PATENTI A SEGUITO DI DATI FALSI FATTI INSERIRE NELL’ARCHIVIO NAZIONALE PATENTI – REATO DI FALSITA’ IDEOLOGICA – SUSSISTENZA.

(Cass. Pen., sez. V, 23 gennaio 2006, n. 2711)

Giurisprudenza di legittimità

CORTE DI CASSAZIONE PENALE

Sezione V, 23 gennaio 2006, n. 2711

 

 

FALSITA’ IN ATTI – FALSITA’ IDEOLOGICA O MATERIALE DI DOCUMENTI PER LA CIRCOLAZIONE STRADALE – PATENTI – RILASCIO DI PATENTI A SEGUITO DI DATI FALSI FATTI INSERIRE NELL’ARCHIVIO NAZIONALE PATENTI – REATO DI FALSITA’ IDEOLOGICA – SUSSISTENZA.*

 

Configura falso ideologico l’inserire nell’archivio nazionale patenti del Ministero dei trasporti i dati anagrafici di persone cui poi vengono intestate le patenti ideologicamente false in quanto emesse in favore di soggetti non abilitati, ovvero inserire nelle posizioni di determinati titolari di patente l’indicazione di categorie superiori rispetto a quelle effettivamente conseguite, così da consentire il rilascio di duplicati ideologicamente falsi, ovvero effettuare variazioni nelle posizioni relative a patenti già annullate per errori formali, ovvero inserire i dati anagrafici di altri soggetti.

 

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

 

ha pronunciato la seguente

 

Sentenza

 

Svolgimento del processo

        A. F., D. S. F. F., P. R., P. L., E. L., P. N., C. M. A., P. S. F., S. M., I. M., C. M., P. A., R. F. ed altri erano chiamati a rispondere, innanzi al Tribunale di Milano, dei reati loro rispettivamente ascritti, come di seguito specificati.

 

1) A. F.:

 A) del reato di cui agli arti. 81, 110, 321 in relazione all’art. 319 c.p. poiché, in qualità di titolare dell’omonima autoscuola, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in concorso con i beneficiari dei falsi duplicati di patente sottoindicati, consegnava al pubblico ufficiale U. P., dipendente della M.C.T.C. di Milano, indebite somme di denaro al fine di indurlo a compiere atti contrari ai doveri d’ufficio ed in particolare per fargli inserire nell’archivio nazionale patenti del Ministero dei trasporti i dati anagrafici di persone cui poi venivano intestate le patenti ideologicamente false in quanto emesse in favore di soggetti non abilitati ovvero per fargli inserire nelle posizioni di determinati titolari di patente l’indicazione di categorie superiori rispetto a quelle effettivamente conseguite, così da consentire il rilascio di duplicati ideologicamente falsi; ottenendo le somme indicate dalle persone pur esse nominativamente specificate.

 B) del reato di cui agli artt. 81 cpv., 110 e 483 c.p. per aver concorso con le persone indicate al capo che precede, istigandole a denunciare falsamente lo smarrimento della patente.

 C) del reato di cui agli artt. 81 cpv., 110 e., 491 bis, 48 e 480 c.p. poiché, in concorso con U. P., dipendente della M.C.T.C. di Milano abilitato all’accesso all’archivio nazionale patenti del ministero dei trasporti e quindi pubblico ufficiale, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, forniva a quest’ultimo i nominativi di cui al capo A) per effettuare variazioni nell’archivio meccanografico della M.C.T.C. di Milano, in particolare facendovi inserire nelle posizioni relative a patenti già annullate per errori formali i dati anagrafici dei suddetti aspiranti ovvero nelle posizioni di determinati titolari di patente l’indicazione di categorie superiori rispetto a quelle effettivamente conseguite, così da consentire ai predetti di ottenere un duplicato falso in quanto emesso in favore di persone non abilitate, così traendo in errore il Prefetto di Milano che formalmente rilasciava i documenti in questione.

  In Milano fino all’inverno 1996.

 

2) C. M.:

A) del reato di cui agli artt. 321 in relazione al 319 c.p. per avere corrisposto, tramite A. F., la somma di lire 3.500.000 a U. P. dipendente della M.C.T.C. di Milano, al fine di indurlo a compiere atti contrari ai doveri d’ufficio ed in particolare per fargli inserire nell’archivio meccanografico i dati anagrafici del richiedente allo scopo di consentire la successiva emissione di un duplicato di patente in suo favore.

 B) del reato di cui agli artt. 61 n. 2, 110 e 483 c.p. poiché, in concorso con U. P., dipendente della M.C.T.C. e A. F., denunciava falsamente agli organi di Polizia lo smarrimento della patente - in realtà mai posseduta - al fine di commettere il reato di cui al capo che precede.

 C) del reato di cui agli artt. 110, 491 bis in relazione agli arti. 476, 48 e 480 c.p. per essere concorso con U. P., dipendente della M.C.T.C. e A. F., nella falsificazione dell’archivio informatico della M.C.T.C., inserendovi nelle posizioni relative a patenti già annullate per errori formali i dati anagrafici del richiedente che, dopo aver fittiziamente denunciato lo smarrimento della patente recante il numero seriale di quella annullata, otteneva il documento da considerarsi ideologicamente falso in quanto emesso in favore di persona non abilitata e comunque in sostituzione di altro intestato a soggetto diverso, tosi traendo in errore il Prefetto di Milano che formalmente rilasciava il documento in questione.

  In Milano fino alla primavera del 1996.

 

3) C. M. A.:

 A) del reato di cui agli artt. 81, 110, 321 in relazione al 319 c.p. poiché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in concorso con T. E., consegnava a dipendente della M.C.T.C. di Milano non identificato, la somma di lire 3.000.000, al fine di indurlo a compiere atti contrari ai doveri d’ufficio ed in particolare per fargli inserire nell’archivio nazionale patenti del Ministero dei Trasporti i dati anagrafici del predetto T. E., persona a cui poi veniva intestata la patente ideologicamente falsa in quanto emessa in favore di soggetto non abilitato, così da consentire il rilascio di un duplicato ideologicamente falso.

 B) del reato di cui agli artt. 61 n. 2, 110 e 483 c.p. per aver concorso con le persone indicate al capo che precede, istigando T. E. a denunciare falsamente lo smarrimento della patente.

 C) del reato di cui agli artt. 81, comma 1, 110, 491 bis„ 48 e 480 c.p. poiché, in concorso con un dipendente della M.C.T.C non identificato, abilitato all’accesso all’archivio nazionali patenti del Ministero dei Trasporti e quindi pubblico ufficiale, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, forniva il nominativo di T. E. per effettuare la variazione nell’archivio meccanografico della M.C.T.C. di Milano, in particolare, inserendovi nelle posizioni relative a patenti già annullate per errori formali i dati anagrafici del predetto T. E., così da consentire allo stesso di ottenere un duplicato falso in quanto emesso in favore di persona non abilitata, così traendo in errore il Prefetto di Milano che formalmente rilasciava il documento in questione.

  In Milano fino alla primavera del 1996.

 

4) D. S. F. F.:

 A) del reato di cui agli artt. 81, 110, 321 in relazione all’art. 319 c.p. poiché, in qualità di titolare dell’omonima autoscuola, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in concorso con i sottoelencati beneficiari dei falsi duplicati di patente, consegnava al pubblico ufficiale U. P., dipendente della M.C.T.C. di Milano, indebite somme di denaro al fine di indurlo a compiere atti contrari ai doveri d’ufficio ed in particolare per fargli inserire nell’archivio nazionale patenti del Ministero dei trasporti i dati anagrafici di persone cui poi venivano intestate le patenti ideologicamente false in quanto emesse in favore di soggetti non abilitati ovvero per fargli inserire nelle posizioni di determinati titolari di patente l’indicazione di categorie superiori rispetto a quelle effettivamente conseguite, così da consentire il rilascio di duplicati ideologicamente falsi; ottenendo le somme indicate dalle persone pur esse nominativamente specificate.

 B) del reato di cui agli artt. 81 cpv., 110 e 483 c.p. per aver concorso con le persone indicate al capo che precede, istigandole a denunciare falsamente lo smarrimento della patente.

 C) del reato di cui agli artt. 81 cpv, 110, 491 bis, 48 e 480 c.p. poiché, in concorso con U. P., dipendente della M.C.T.C. di Milano abilitato all’accesso all’archivio nazionale patenti del Ministero dei Trasporti e quindi pubblico ufficiale, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, forniva i nominativi di cui al capo A) per effettuare variazioni nell’archivio meccanografico della M.C.T.C. di Milano, in particolare facendo inserire nelle posizioni relative a patenti già annullate per errori formali i dati anagrafici dei suddetti aspiranti ovvero nelle posizioni di determinati titolari di patente l’indicazione di categorie superiori rispetto a quelle effettivamente conseguite, così da consentire ai predetti di ottenere un duplicato falso in quanto emesso in favore di persone non abilitate, così traendo in errore il Prefetto di Milano che formalmente rilasciava i documenti in questione.

  In Milano fino all’inverno 1996.

 

5) I. M.:

 A) del reato di cui agli arti. 321 in relazione al 319 c.p. per avere corrisposto, tramite M. G., la somma di lire 3.000.000 a U. P. dipendente della M.C.T.C. di Milano, al fine di indurlo a compiere atti contrari ai doveri d’ufficio ed in particolare per fargli inserire nell’archivio meccanografico i dati anagrafici del richiedente allo scopo di consentire la successiva emissione di un duplicato di patente in suo favore.

 B) del reato di cui agli artt. 61 n. 2, 110 e 483 c.p. poiché, in concorso con U. P., dipendente della M.C.T.C. e M. G., denunciava falsamente agli organi di Polizia lo smarrimento della patente - in realtà mai posseduta - al fine di commettere il reato di cui al capo che precede.

 C) del reato di cui agli artt. 110, 491 bis in relazione agli artt. 476, 48 e 480 c.p. per essere concorso con U. P., dipendente della M.C.T.C. e M. G., nella falsificazione dell’archivio informatico della M.C.T.C, inserendovi nelle posizioni relative a patenti già annullate per errori formali i dati anagrafici del richiedente che, dopo aver fittiziamente denunciato lo smarrimento della patente recante il numero seriale di quella annullata, otteneva il documento da considerarsi ideologicamente falso in quanto emesso in favore di persona non abilitata e comunque in sostituzione di altro intestato a soggetto diverso, così traendo in errore il Prefetto di Milano che formalmente rilasciava il documento in questione.

  In Milano fino alla primavera del 1996.

 

6) P. S.:

 A) del reato di cui agli artt. 110, 491 bis in relazione agli artt. 476, 48 e 480 c.p. per essere concorso con M. G. e U. P., dipendente della M.C T.C., nella falsificazione dell’archivio informatico del citato ufficio, facendo inserire nella posizione relativa alla sua patente di guida cat. "B" la dicitura cat. "CE" e dopo aver fittiziamente denunciato lo smarrimento di tale, mai ottenuta, patente "CE", otteneva un duplicato da considerarsi ideologicamente falso in quanto emesso in favore di persona non abilitata per tale categoria di patente, così traendo in errore il Prefetto di Milano che formalmente rilasciava il documento in questione.

 B) del reato di cui agli artt. 61 n. 2, 110 e 483 c.p. poiché, in concorso con M. G. e U. P. dipendente della M.C.T.C., denunciava falsamente agli organi di Polizia lo smarrimento della patente cat. "CE" - in realtà mai posseduta - al fine di commettere il reato di cui al capo che precede (48 e 480 c.p.).

 C) del reato di cui agli artt. 321 in relazione al 319 c.p. per avere corrisposto, tramite M. G. a U. P. funzionario M.C.T.C., una indebita somma di denaro corrispondente a lire 3.000.000, al fine di indurlo a compiere atti contrari ai doveri d’ufficio ed in particolare a compiere l’attività descritta ai capi che precedono.

  In Milano fino all’inverno del 1996.

 

7) P. L.:

 A) del reato di cui agli artt. 110, 491 bis in relazione agli artt. 476, 48 e 480 c.p. per essere concorso con A. F. titolare di autoscuola e U. P., dipendente della M. C. T. C, nella falsificazione dell’archivio informatico del citato ufficio, facendo inserire nella posizione relativa alla sua patente di guida cat. "CE" la dicitura cot. "DE" e dopo aver fittiziamente denunciato lo smarrimento di tale, mai ottenuta, patente "DE", otteneva un duplicato da considerarsi ideologicamente falso in quanto emesso in favore di persona non abilitata per tale categoria di patente, tosi traendo in errore il Prefetto di Milano che formalmente rilasciava il documento in questione.

 B) del reato di cui agli arti 61 n. 2, 110 e 483 c.p. poiché, in concorso con U. P. dipendente della M.C.T.C. e A. F., denunciava falsamente agli organi di Polizia lo smarrimento della patente cot. "DE" - in realtà mai posseduta - al fine di commettere il reato di cui al capo che precede (48 e 480 c.p.).

 C) del reato di cui agli artt. 321 in relazione al 319 c.p. per avere corrisposto, tramite A. F. a U. P. funzionario M.C.T.C., una indebita somma di denaro corrispondente a lire 1.500.000, al fine di indurlo a compiere atti contrari ai doveri d’ufficio ed in particolare a compiere l’attività descritta ai capi che precedono.

  In Milano fino all’inverno del 1996.

 

8) P. A.:

 A) del reato di cui agli artt. 81, 110, 321 in relazione al 319 c.p. poiché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in concorso con i beneficiari dei falsi duplicati di patente sottoindicati, consegnava al pubblico ufficiale non indicato, dipendente della M. T. C. di Milano, indebite somme di denaro al fine di indurlo a compiere atti contrari ai doveri d’ufficio ed in particolare per fargli inserire nell’archivio nazionale patenti del Ministero dei Trasporti i dati anagrafici di persone cui poi venivano intestate le patenti ideologicamente false in quanto emesse in favore di soggetti che non avevano conseguito alcuna abilitazione ovvero per far inserire nelle posizioni di determinati titolari di patente l’indicazione di categorie superiori rispetto a quelle effettivamente conseguite, così da consentire il rilascio di duplicati ideologicamente falsi. Somme ottenute dalle persone nominativamente indicate e per gli importi specificati.

 B) del reato di cui agli artt. 61 n. 2, 110 e 483 c.p. per aver concorso con le persone indicate al capo che precede, istigandole a denunciare falsamente lo smarrimento della patente.

 C) del reato di cui agli artt. 81, comma l, 110, 491 bis, 48 e 480 c.p. poiché, in concorso con un dipendente della M.C.T.C. non identificato, abilitato all’accesso all’archivio nazionali patenti del Ministero dei Trasporti e quindi pubblico ufficiale, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, forniva i nominativi di cui al capo A) per effettuare variazioni nell’archivio meccanografico della M C. T C. di Milano, in particolare inserendovi nelle posizioni relative a patenti già annullate per errori formali i dati anagrafici dei suddetti aspiranti ovvero nelle posizioni di determinati titolari di patente l’indicazione di categorie superiori rispetto a quelle effettivamente conseguite, così da consentire ai predetti di ottenere un duplicato falso in quanto emesso in favore di persone che non avevano conseguito alcuna abilitazione, tosi traendo in errore il Prefetto di Milano che formalmente rilasciava il documento in questione.

  In Milano fino all’inverno del 1996.

 

9) R. F.:

 A) del reato di cui agli artt. 110, 491 bis in relazione agli artt. 476, 48 e 480 c.p. per essere concorso con dipendente della M.C.T.C. non identificato, nella falsificazione dell’archivio informatico del citato ufficio, facendo inserire nella posizione relativa alla patente di guida intestata a G. F. di cat. "B " la dicitura cat. "C’ e quest’ultimo dopo aver fittiziamente denunciato lo smarrimento di tale, mai ottenuta, patente "C’, otteneva un duplicato da considerarsi ideologicamente falso in quanto emesso in favore di persona non abilitata per tale categoria di patente, così traendo in errore il Prefetto di Milano che formalmente rilasciava il documento in questione.

 B) del reato di cui agli artt. 61 n. 2, 110 e 483 c.p. poiché, in concorso con dipendente della M.C.T.C. non identificato, istigava G. F. a denunciare falsamente agli organi di Polizia lo smarrimento della patente cat. "C’ -.in realtà mai posseduta - al fine di commettere il reato di cui al capo che precede (48 e 480 c. p.).

 C) del reato di cui agli artt. 321 in relazione al 319 c.p. per avere corrisposto a funzionario M. C. T. C. non identificato, una indebita somma di denaro corrispondente a lire 2.500.000, al fine di indurlo a compiere atti contrari ai doveri d’ufficio ed in particolare a compiere l’attività descritta ai capi che precedono.

        In Milano fino all’inverno del 1996.

 

10) S. M.:

 A) del reato di cui agli artt. 81, 110, 321 in relazione all’art. 319 c.p. poiché, in qualità di titolare dell’autoscuola "P.", con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in concorso con i beneficiari dei falsi duplicati di patente sottoindicati, consegnava ai pp. uu. U. P. e P. N., dipendenti della M. G T. C. di Milano, indebite somme di denaro al fine di indurlo a compiere atti contrariai doveri d’ufficio ed in particolare per far inserire nell’archivio nazionale patenti del Ministero dei trasporti i dati anagrafici di persone cui poi venivano intestate le patenti ideologicamente false in quanto emesse in favore di soggetti non abilitati ovvero per fargli inserire nelle posizioni di determinati titolari di patente l’indicazione di categorie superiori rispetto a quelle effettivamente conseguite, tosi da consentire il rilascio di duplicati ideologicamente falsi; ottenendo le somme indicate dalle persone pur esse nominativamente specificate.

 B) del reato di cui agli artt. 81 cpv., 110 e 483 c.p, per aver concorso con le persone indicate al capo che precede, istigandole a denunciare falsamente lo smarrimento della patente.

 C) del reato di cui agli artt. 81 cpv., 110, 491 bis, 48 e 480 c.p. poiché, in concorso con U. P., dipendente della M.C.T.C. di Milano abilitato all’accesso all’archivio nazionale patenti del ministero dei trasporti e quindi pubblico ufficiale, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, forniva i nominativi di cui al capo A) per effettuare variazioni nell’archivio meccanografico della M.C.T.C. di Milano, in particolare inserendovi nelle posizioni relative a patenti già annullate per errori formali i dati anagrafici dei suddetti aspiranti ovvero nelle posizioni di determinati titolari di patente l’indicazione di categorie superiori rispetto a quelle effettivamente conseguite, così da consentire ai predetti di ottenere un duplicato falso in quanto emesso in favore di persone che non avevano conseguito alcuna abilitazione, così traendo in errore il Prefetto di Milano che formalmente rilasciava i documenti in questione.

  In Milano fino all’inverno 1996.

 

11) P. R.:

 A) del reato di cui agli artt. 110, 491 bis in relazione agli artt. 476, 48 e 480 c.p. per essere concorso con A. F. titolare di autoscuola e U. P., dipendente della M. C T C, nella falsificazione dell’archivio informatica del citato ufficio, facendo inserire nella posizione relativa alla sua patente di guida cat. "B" la dicitura cat. "CE" e dopo aver fittiziamente denunciato lo smarrimento di tale, mai ottenuta, patente "CE, otteneva un duplicato da considerarsi ideologicamente falso in quanto emesso in favore di persona non abilitata per tale categoria di patente, così traendo in errore il Prefetto di Milano che formalmente rilasciava il documento in questione.

 B) del reato di cui agli artt. 61 n. 2, 110 e 483 c.p. poiché, in concorso con U. P. dipendente della M.C.T.C. e A. F., denunciava falsamente agli organi di Polizia lo smarrimento della patente cat. "CE" - in realtà mai posseduta - al fine di commettere il reato di cui al capo che precede (48 e 480 c .p.).

 C) del reato di cui agli artt. 321 in relazione al 319 c.p. per avere corrisposto, tramite A. F. a U. P. funzionario M.C.T.C., una indebita somma di denaro corrispondente a lire 3.000.000, al fine di indurlo a compiere atti contrari ai doveri d’ufficio ed in particolare a compiere l’attività descritta ai capi che precedono.

  In Milano fino all’inverno del 1996.

 

12) P. N.:

 174. A) del reato di cui agli artt. 81 cpv 110 e 319 c.p. poiché, in qualità di funzionario della M.C.T.C. di Milano, in concorso con i colleghi U. P. e Z. P., con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, al fine di compiere atti contrari ai doveri d’ufficio ed in particolare di inserire nell’archivio nazionale patenti del Ministero dei trasporti ed in specie nelle posizioni di determinati titolari di patente l’indicazione di categorie superiori rispetto a quelle effettivamente conseguite, così da consentire il rilascio di duplicati ideologicamente falsi, riceveva da diverse persone, alcune delle quali sotto indicate, le somme di denaro specificamente indicate.

 174.B) del reato di cui agli artt. 81, 110, 491 bis in relazione al 479 e 480 c.p. poiché, nella qualità anzidetta e in concorso con U. P., Z. P. e con beneficiari del falso duplicato di patente, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, faceva inserire, tramite U. P. e Z. P., nell’archivio nazionale patenti ed in specie nelle posizioni di determinati titolari di patente l’indicazione di una categoria superiore rispetto a quella effettivamente conseguita, così da consentire a questi ultimi di ottenere un duplicato da considerarsi ideologicamente falso, tanto da trarre in errore il Prefetto di Milano che formalmente rilasciava i documenti in questione.

 174.C) del reato di cui agli artt. 81, 110 e 483 c.p. poiché, nella qualità e in concorso come sopra, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, concorreva, mediante istigazione, con Gelo Giuseppe, S. M. e gli altri soggetti indicati al capo 174.A) nel far denunciare falsamente lo smarrimento della patente effettivamente conseguita, al fine di ottenere un duplicato di categoria superiore.

  In Milano fino alla primavere 1996.

 

13) E. L.:

 A) del reato di cui agli artt. 110, 491 bis in relazione agli arti. 476, 48 e 480 c.p. per essere concorso con A. K. A. M. e U. P., dipendente della M.C.T.C., nella falsificazione dell’archivio informatico del citato ufficio, facendo inserire nella posizione relativa alla sua patente di guida cat. "C" la dicitura cat. "CE" e dopo aver fittiziamente denunciato lo smarrimento di tale, mai ottenuta, patente "CE", otteneva un duplicato da considerarsi ideologicamente falso in quanto emesso in favore di persona non abilitata per tale categoria di patente, così traendo in errore il Prefetto di Milano che formalmente rilasciava il documento in questione.

 B) del reato di cui agli artt. 61 n. 2, 110 e 483 c.p. poiché, in concorso con U. P. dipendente della M.C.T.C. e A. K. A. M., denunciava falsamente agli organi di Polizia lo smarrimento della patente cat. "CE" - in realtà mai posseduta al fine di commettere il reato di cui al capo che precede (48 e 480 c.p.).

 C) del reato di cui agli artt. 321 in relazione al 319 c.p. per avere corrisposto, tramite A. K. A. M. a U. P. funzionario M.C.T.C., una indebita somma di denaro corrispondente a lire 3.000.000, al fine di indurlo a compiere atti contrari ai doveri d’ufficio ed in particolare a compiere l’attività descritta ai capi che precedono.

  In Milano fino all’inverno del 1996.

 

        I fatti in contestazione riguardavano un complesso sistema fraudolento volto ad ottenere, con la corruzione di funzionari della Motorizzazione Civile di Milano, false patenti ovvero patenti di categoria superiore a quella dovuta, senza l’espletamento dei prescritti esami di guida. II sistema consisteva nell’individuazione dei numeri di patenti in precedenza annullate per errori di stampa, che venivano quindi rivelati ai titolari delle autoscuole, che, a loro volta, li comunicavano agli utenti-corruttori. Questi ultimi, poi, si attivavano sporgendo falsa denuncia di smarrimento di patente con il numero identificativo loro comunicato e, mediante esibizione di tale falsa denuncia agli uffici della Motorizzazione, riuscivano ad ottenere un duplicato emesso con la numerazione anzidetta, previa manipolazione dell’archivio informatico.

        I numerosi imputati chiamati a rispondere dei fatti anzidetti erano, quindi, raggruppabili in tre distinte categorie:

- i funzionari corrotti, tra cui U. P., giudicato separatamente, e P. N.;

- i titolari di autoscuole, come A. F., D. S. F. F. Felice, S. M.; i beneficiari delle falsi patenti e corruttori, come P. L., P. R., E. L., Stefano, I. M., C. M.;

- i c.d. intermediari, titolari di agenzie di pratiche automobilistiche, come R. F., che facevano da trait d’union tra i privati interessati ad avere le falsi patenti verso esborso di danaro, ed i titolari di autoscuola che curavano i rapporti illeciti con i funzionari della motorizzazione.

 

        Con sentenza del 18 aprile 2002, il Tribunale dichiarava gli imputati anzidetti (a parte il P. S. F.) colpevoli dei reati loro rispettivamente ascritti, unificato con il vincolo della continuazione; dichiarava, altresì, lo stesso P. S. F. responsabile del reato di cui agli artt. 110, 491 bis c.p. in relazione all’art. 476 c.p. e per l’effetto li condannava alle pene di seguito indicate:

        A. F. ad anni quattro e mesi tre di reclusione; D. S. F. F. Felice ad anni quattro e mesi tre di reclusione; P. N., previa concessione delle attenuanti generiche, alla pena di anni due, mesi dieci e giorni quindi di reclusione;

        P. A., previa concessione delle attenuanti generiche, alla pena di anni due e mesi tre di reclusione;

        S. M. alla pena di anni due e mesi dieci di reclusione;

        C. M., C. M. A. (?), E. L., I. M., P. L., P. R., R. F., previa concessione delle attenuanti generiche, alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione ciascuno.

        Dichiarava non doversi procedere a carico di P. S. in relazione ai reati di cui agli artt. 61 n. 2, 110 e 483 c.p., agli artt. 48 e 480 c.p. nonché, previa concessione delle attenuanti generiche, al reato di cui all’art. 321 c.p. in relazione all’art. 319 c.p., perché gli stessi sono estinti per intervenuta prescrizione. Condannava, infine, A. F., D. S. F. F., Russo e S. M., tutti titolari di autoscuole, al risarcimento dei danni nei confronti della Provincia di Milano, costituitasi parte civile, da liquidarsi in separata sede, con concessione di provvisionale a carico dei predetti, diversamente quantificata, in relazione al diverso grado di responsabilità a loro carico.

        Pronunciando sugli appelli proposti dagli imputati, la Corte d’Appello di Milano, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale riforma della pronuncia impugnata, dichiarava non doversi procedere contro A. F. e D. S. F. F. per le imputazioni di cui all’art. 483 c.p. e all’ari. 480 c.p., essendo i reati estinti per prescrizione; per l’effetto, riduceva la pena per A. F. e D. S. F. F. ad anni tre e mesi otto di reclusione per ciascuno;

        dichiarava non doversi procedere nei confronti di S. M. per le imputazioni di cui all’art. 483 c.p. ed all’art. 480 c.p., essendo i reati estinti per prescrizione e, di conseguenza, riduceva la pena ad anni due e mesi due di reclusione;

        dichiarava non doversi procedere contro C. M., C. M. A., E. L., I. M., P. L., P. R., P. A., P. N. e R. F. per le imputazioni di cui agli artt. 319/321 c.p., all’art. 483 c.p. ed all’art. 480 c.p., essendo i reati estinti per prescrizione, con conseguente riduzione di pena, nei termini seguenti:

        per P. N. ad anni uno e mesi dieci di reclusione; per Profeta ad anni uno e mesi nove di reclusione; per C. M. A. ad anni uno e mesi quattro di reclusione; per C. M., E. L., I. M., P. L., P. R. e R. F. ad un anno e due mesi di reclusione.

        Condannava inoltre gli appellanti A. F., D. S. F. F., Russo e S. M. a rifondere, in solido tra loro, alla parte civile Provincia di Milano le spese di costituzione in giudizio.

        Avverso l’anzidetta pronuncia C. M. ed E. L., personalmente, ed i difensori degli altri imputati hanno proposto ricorso per cassazione, ciascuno per i motivi specificamente indicati in parte motiva.

 

Motivi della decisione

1. - Con il ricorso proposto nell’interesse di A. F., viene eccepita la nullità della sentenza impugnata per violazione del principio del contraddittorio. Si deduce, al riguardo, che già nei motivi di gravame era stata, preliminarmente, eccepita la nullità della notifica del decreto di fissazione dell’udienza preliminare, in quanto effettuata al domicilio precedentemente eletto presso il difensore, anziché a quello successivamente eletto all’atto della dichiarazione di cui all’art. 161, comma 3. Contesta, in proposito, l’assunto della Corte di merito secondo cui l’elezione di domicilio effettuata presso il difensore prevarrebbe su quella di cui al menzionato art. 161, comma 3, presupponendo un rapporto fiduciario. Infatti, con la dichiarazione anzidetta l’A. F. aveva indicato per le notificazioni non il luogo della sua residenza o abitazione, bensì la sede dell’autoscuola, sicché si trattava di vera e propria modifica di elezione di domicilio e non già di mera dichiarazione del luogo di ordinaria reperibilità. 11 principio della prevalenza dell’elezione di domicilio presso il difensore rispetto alla dichiarazione ex art. 161, comma 3, in virtù del rapporto fiduciario con lo stesso difensore non si attagliava al caso di specie, posto che, comunque, quel rapporto era venuto meno a seguito della rinuncia al mandato da parte del difensore (con raccomandata del 14 ottobre 1997), in data anteriore alla notifica del decreto di fissazione dell’udienza preliminare (il 16 novembre 1997). D’altronde, a riprova del fatto che l’autorità procedente aveva ritenuto valida la nuova elezione di domicilio era data dal fatto che la richiesta di proroga delle indagini preliminari era stata notificata al nuovo domicilio eletto, ben un anno ed otto mesi prima della notifica del decreto di fissazione dell’udienza preliminare.

2. - Il ricorso proposto da C. M. denuncia inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità in relazione all’art. 606 lett. c) c.p.p., in particolare violazione degli artt. 161 c.p.p. con conseguente nullità ai sensi dell’art. 179 c.p.p. Deduce, in proposito, che esso istante aveva inizialmente eletto domicilio presso l’avv. S. S., difensore diverso da quello che aveva proposto l’appello, avv. Della Penna. In particolare, in uno con la nuova nomina esso istante aveva modificato l’elezione di domicilio, indicandola nella propria abitazione in via L. 7 in Milano, come da atto depositato tempestivamente nella cancelleria del primo giudice. Nondimeno, la Corte di merito non aveva notificato l’avviso d’udienza al domicilio eletto, ma in altro luogo ed a persona diversa, e cioè presso il vecchio domicilio in data 23.1.2004. Tutto ciò integrava nullità assoluta ed insanabile del procedimento e della sentenza conclusiva.

3. - Il ricorso proposto nell’interesse di C. M. A. denuncia violazione dell’art. 521, comma 2, c.p.p., in riferimento agli arti. 476 e 482 c.p., sul rilievo che, in sede d’interrogatorio, al ricorrente era stato contestato il reato di cui agli artt. 81, 110, 321 in relazione al 319 c.p. per il capo a); 81, 110, 483 c.p. per il capo b); 81, 110, 491 bis, 48 e 480 per i reati di cui al capo c). Invece, la sentenza di primo grado aveva condannato l’imputato per il reato di cui all’art. 476 c.p., ritenendo che la mancata contestazione fosse frutto di mera dimenticanza. Sbrigativamente la Corte di merito aveva liquidato l’eccezione con poche proposizioni, sul rilievo che si trattava di nullità relativa che andava incontro al limite dell’effetto devolutivo del gravame, siccome non dedotta nei motivi di appello. Tale assunto doveva ritenersi erroneo posto che le norme sulla contestazione e sulla correlazione hanno carattere assoluto, essendo rilevabili in ogni stato e grado del procedimento.

  Quanto, poi, al profilo della responsabilità, parte ricorrente denuncia violazione dell’art. 192 c.p.p., sul rilievo che erano state ritenute attendibili le mere dichiarazioni del coimputato benché prive di elementi di riscontro che ne confermassero l’attendibilità, avendo il giudice di merito indebitamente sostituito ai necessari riscontri meri dati congetturali, come il fatto che, non essendosi il T. E. ed il C. M. A. mai conosciuti, la visita del primo in casa del secondo non poteva avere altra giustificazione che non l’attuazione dell’accordo corruttivo, per attivare la procedura che avrebbe portato al rilascio della patente falsa.

4. - Il ricorso proposto in favore di D. S. F. F. si articola su distinti motivi.

  Il primo denuncia violazione, falsa applicazione degli artt. 25 Cost., 178 lett. a) c., con riferimento all’ordinanza dibattimentale del Tribunale di Milano del 10.5.2000.

  Ed invero, già nei motivi di gravame parte ricorrente aveva denunciato la nullità/abnormità della menzionata ordinanza del Tribunale sez. II che si era spogliato del processo rimettendolo allo stesso Tribunale sez. X, in violazione degli artt. 25 Cost. e 178 lett. a), nonostante che nel decreto di citazione a giudizio proprio la seconda sezione fosse indicata come giudice competente. Il richiamato provvedimento tabellare del Presidente, in base alla ripartizione degli affari penali in base alla materia, era del febbraio 1999, e dunque successiva alla citazione in giudizio, e non avrebbe potuto comunque avere valore vincolante con riferimento ai giudizi già assegnati alle Sezioni. Infondatamente, la Corte di merito aveva rigettato l’eccezione proposta sul rilievo che l’irregolare distribuzione degli affari all’interno di un medesimo ufficio giudiziario non costituirebbe la nullità eccepita alla luce di quanto disposto dell’art. 33, comma 2, del codice di rito. Infatti, costituiva ragione di anomalia non tanto l’assegnazione del procedimento ad altro giudice sulla base di criteri tabulari successivamente emanati dal Presidente, quanto il fatto che l’assegnazione era stata disposta direttamente dal giudice del dibattimento, senza trasmissione degli atti al presidente del Tribunale. Insomma, un procedimento già regolarmente incardinato e pendente innanzi al giudice previamente designato sulla base del decreto di citazione a giudizio non avrebbe potuto essere assegnato ad altro giudice, in quanto ciò costituiva violazione del principio costituzionale della precostituzione del giudice naturale. L’ordinanza di trasmissione del Tribunale, sulla base, peraltro, di altro provvedimento ignoto alle parti e non inserito neppure nel fascicolo per il dibattimento, era da ritenersi abnorme. Inoltre, era stato adottato da soggetto carente del necessario potere, funzionalmente incompetente, alla luce della norma di cui all’art. 7 RD 30.1.1941, come modificato dell’art. 4 d.p.r. n. 449 del 22.9.1999, a sostegno dell’assunto che solo un provvedimento del presidente del Tribunale poteva legittimare l’assegnazione di un procedimento all’una o all’altra sezione dello stesso ufficio giudiziario. Ininfluente era il richiamo effettuato dalla Corte alla norma di cui all’art. 33, comma secondo, posto che, nel caso di specie, non ci si doleva del mancato rispetto dei criteri tabellari stabiliti dal Presidente del tribunale nell’assegnazione del procedimento al giudice del dibattimento che, sulla base degli anzidetti criteri, risulterebbe incompetente; quanto, piuttosto, dell’irritualità con la quale lo stesso giudice era stato investito del processo.

  Il secondo motivo denuncia violazione, falsa interpretazione dell’art. 321 c.p., ed omessa motivazione della sentenza. Deduce, in proposito, che l’esistenza del contributo causale del ricorrente alla corruzione del pubblico ufficiale ed all’inserimento di dati falsi nei registri informatici della p.a. non avrebbe potuto desumersi dalla mera ammissione del D. S. F. F. di aver trattato con P. N. e U. P., senza che risultasse in atti un preciso collegamento tra la generica promessa o dazione di compenso al pubblico ufficiale e l’atto pubblico a cui la condotta era finalizzata. Non v’era la prova, insomma, di un accordo avente ad oggetto uno o più atti conformi o contrari ai doveri d’ufficio da porsi in essere in virtù del prospettato od accordato vantaggio economico. Occorreva, invece, la precisa prospettazione da parte del corruttore del reato nel quale concorreva con il p.u. (art. 318 -319 c.p.), sicché la conoscenza delle modalità di rilascio del documento e la natura stessa dell’atto sul quale il p.u. effettuava la falsificazione era circostanza decisiva nella rappresentazione del reato da parte del corruttore e, di conseguenza, del suo concorso in una o nell’altra ipotesi di corruzione. Non avrebbe potuto ritenersi, all’uopo, sufficiente la circostanza che sia stato U. P. ad inventare il meccanismo e che egli ne fosse il gestore.

5. - Il ricorso proposto in favore di I. M. denuncia inosservanza c/o erronea applicazione degli artt. 110 c.p. e 491 bis c.p., ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) c.p.p.; illogicità manifesta, anche per contraddittorietà, della motivazione della corte territoriale in ordine alla ritenuta sussistenza dei reati di cui agli artt. 110 e 491 bis in relazione agli artt. 476, 48 e 480 c. (capo C della rubrica d’imputazione), ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) c.p.p.); violazione e mancata applicazione dell’art. 530, comma 2, c.p.p., ai sensi dello stesso art. 606, comma l, lett. c) del codice di rito. Contesta, in proposito, l’assunto del giudice di merito, che in ordine alla residua imputazione di cui al capo C), dopo la declaratoria di estinzione dei reati sub A) e B) per prescrizione, aveva ritenuto irrilevante la circostanza che l’imputato non conoscesse il nome del pubblico ufficiale e le esatte modalità della falsificazione, essendo sufficiente ad integrare l’elemento psicologico del reato la generica volontà di concorrere con un pubblico ufficiale alla formazione di un atto falso. Era evidente, però, la violazione dell’art. 110 c.p., posto che l’elemento soggettivo nella partecipazione criminosa consiste nella coscienza di concorrere con altri alla perpetrazione del crimine, e ciò era dato solo dalla consapevolezza delle condotte che gli altri concorrenti hanno posto in essere o porranno in essere. La mancata coscienza delle modalità di realizzazione faceva sì che non avrebbe potuto imputarsi a chi pensava di porre in essere un reato minore, cioè un reato attuato con le modalità di cui agli artt. 3212 -319 c.p. ed arti. 483 - 480 c.p., un reato più grave, cioè quello con le modalità di cui all’art. 491 bis. L’imputato intendeva solo ottenere una patente falsa per scopo di lavoro, ma non aveva mai pensato alla falsificazione dell’archivio informatico di cui nemmeno aveva conoscenza prima delle indagini del presente procedimento. Mancava, dunque, il necessario supporto psicologico per la ritenuta contestazione e, comunque, l’incertezza al riguardo avrebbero dovuto imporre un giudizio favorevole, quanto meno ai sensi dell’art. 530, comma 2, c.p.

  Con atto d’integrazione del ricorso, il difensore ha poi dedotto l’omessa motivazione in ordine al motivo di gravame riguardante la mancata specificazione del tempo di commissione del reato di cui al capo C), genericamente indicato sino alla primavera del 1996, che non aveva consentito di ritenere prescritti i fatti -reato relativi a tale imputazione. Denuncia, altresì, la mancanza di motivazione e l’omesso esame del motivo di appello con il quale era stata denunciata la violazione dell’art. 48 c.p., in quanto l’imputato era stato indotto in errore circa la c.d. tecnica del rilascio della patente di guida mediante falsificazione del c.d. archivio informatico, convinto da altri che la patente di guida falsa gli sarebbe stata rilasciata esclusivamente in violazione dei fatti contestati ai capi A) e B) della rubrica. Insiste, dunque, nell’annullamento della sentenza e, comunque, nella dichiarazione di prescrizione del reato.

6. - Il ricorso in favore di P. S. F. denuncia la nullità della sentenza impugnata per mancanza di motivazione sul punto relativo alla mancata concessione delle attenuanti generiche, sul rilievo dell’incensuratezza e della giovane età dell’imputato all’epoca dei fatti.

7. - Il ricorso proposto nell’interesse di P. R. e P. L. si articola in distinti motivi.

  Con il primo motivo viene eccepita la nullità della sentenza per difetto di motivazione, ai sensi dell’art. 606 lett. e), in ordine al secondo motivo di appello. Con tale motivo, era stata chiesta la derubricazione del reato di cui al capo a) dell’imputazione, di cui agli artt. 491 bis in relazione all’art. 476 c.p., in quella di cui agli artt. 491 bis in relazione all’art. 482 c.p., con conseguente riduzione della pena inflitta, rilevandosi l’insufficienza della prova in ordine al fatto che l’impiegato della motorizzazione, in concorso con il quale i patentati

Sabato, 25 Febbraio 2006
stampa
Condividi


Area Riservata


Attenzione!
Stai per cancellarti dalla newsletter. Vuoi proseguire?

Iscriviti alla Newsletter
SOCIAL NETWORK