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Corte di Cassazione 16/05/2013

Incidenti stradali: risarcimento danni - rivalutazione credito risarcitorio

(Cass. Civ., sez. III, 13 febbraio 2013, n. 3563)

La parte che lamenta la rivalutazione monetaria del credito risarcitorio effettuata nel giudizio di merito deve indicare quale rivalutazione avrebbe dovuto essere correttamente riconosciuta: solo in questo modo dimostra di avere un interesse concreto e non teorico all´impugnazione.

 

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - 13 FEBBRAIO 2013, N. 3563

 

1. A. A. conveniva dinanzi al Giudice di pace di Roma l´impresa assicuratrice XXX e B. B., chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni patiti in conseguenza di un sinistro stradale attribuito alla responsabilità della seconda. Il giudice di pace accoglieva la domanda liquidando il danno secondo equità, il A. A. impugnava la sentenza allegando che il giudice di pace aveva:

a) liquidato il danno patrimoniale, consistito nei costi di riparazione del veicolo danneggiato in misura inferiore a quella risultante dalle prove raccolte senza tenere conto del danno "da fermo tecnico", e senza tenere conto dell´IVA;

b) non tenuto conto del danno "da fermo legale" consistito nell´avere tenuto il veicolo danneggiato a disposizione dell´assicuratore per la stima del danno;

c) errato nel liquidare il danno in un importo globale comprensivo della svalutazione monetaria;

d) omesso di risarcire una parte del danno per spese mediche pari ad euro 37,96;

e) omesso di precisare la misura del grado di invalidità permanente posta a base della liquidazione del danno biologico;

f)errato nell´individuazione del criterio per la liquidazione del danno biologico adottando le "Tabelle del Giudico Unico" (sic), in luogo dei parametri imposti dall´art. 5 L. 57/2001;

g) omesso di personalizzare il risarcimento del danno biologico;

h) liquidato le spese di lite in misura interiore al dovuto.

Chiedeva pertanto la condanna delle controparti al risarcimento degli ulteriori danni non risarciti (ovvero risarciti in misura inferiore al dovuto) dalla sentenza di primo grado.

2. Con la sentenza oggetto del presente ricorso depositata il 12 luglio 2006 e notificata il 5 gennaio 2007, il Tribunale di Roma rigettava "in ogni sua parte" l´impugnazione dell´A. A. (si veda l´ultima parte della motivazione, che è più chiara sul punto visto che il dispositivo impropriamente si riferisce a rigetto della domanda, da intendersi evidentemente come proposta in appello). Il A. A. propone ricorso per cassazione, sulla base di undici motivi cui resiste l´impresa assicuratrice XXX, con controricorso, chiedendone il rigetto.

3. Queste le censure proposte dal A. A. (ed illustrate con memoria), con i relativi quesiti:

a) Art. 360, n. 3 c.p.c.: violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2702, 2727, 2729, 2909, 2043, 9056, 1223 e 1226 c.c. art. 24 Cost. artt. 112, 113, 115, 116, 132, 342, 343, 345 e 346 c.p.c.;

b) Art. 360, n. 4 c.p.c.: nullità della sentenza e/o del procedimento;

c) Art. 360, n. 5 c.p.c.: omessa insufficiente, contraddittoria illogica e perplessa motivazione, circa un finto controverso e decisivo per il giudizio. In ordine ai vizi qui rubricati formula i seguenti quesiti:

1)"Se, in diletto di impugnazione incidentale, il Giudice di appello possa criticare la statuizione del Giudice di primo grado in ordine alle prove da questi poste a fondamento del proprio convincimento circa la quantificazione dei danni e per tale via, affermare che la domanda di risarcimento non avrebbe dovuto essere accolta in primo grado e quindi rigettare l´appello proposto in ordine a detta quantificazione senza esaminare nel merito la questione";

2) "Se violi il divieto di reformatio in peius il Giudice di appello che ritenga l´ammontare del risarcimento liquidato in prime cure superiore al danno dimostrato pur in difetto di impugnazione incidentale sul punto";

3) "Se in diretto di impugnazione incidentale il Giudice di appello possa negare valore probatorio agli indizi posti dal Giudice di primo grado a base del proprio convincimento circa la quantificazione dei danni materiali ed escluderne altresì riutilizzabilità ai tini della valutazione delle censure mosse dall´appellante in ordine alla misura del risarcimento riconosciuta in primo grado";

4) "Se ai fini della quantificazione dei danni subiti da un veicolo in conseguenza di un sinistro stradale possa avere valore di indizio il preventivo di spesa fornito dal danneggiato pur senza che il relativo autore sia stato chiamato in giudizio quale teste, a confermarlo";

5) "Se in diletto di contestazioni delle controparti, sia comunque necessario che l´autore del preventivo di spesa confermi in giudizio, quale teste, tale documento";

6) "Se il Giudice del merito possa quantificare il risarcimento dei danni subiti dal veicolo in conseguenza di un sinistro stradale limitandosi ad indicare le somme relative al costo dei pezzi di ricambio dei materiali di consumo e della manodopera, senza precisare a quali parti danneggiate e a quali riparazioni tali voci facciano riferimento onde verificare la coerenza del complesso delle voci riconosciute";

7)"Se ai fini della qualificazione di una fonte di prova quale indizio sia sufficiente una valutazione astratta od occorra valutarne nella sostanza la valenza cd efficacia probatoria";

8) "Se i requisiti della precisione, gravità e concordanza di cui all´art. 2729 c. c. possano essere ricercati in riferimento singolo a ciascuno degli indizi o debbano invece, essere ricercati in relazione al complesso degli indizi sottoposti a valutazione globale ed esplicitando in motivazione il ragionamento seguito".

1) Art. 360, n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 1226, 1223, 2043, 2056, 2058, 2697, 2727, 2729, c.c. art. 2, 23, 24 e 42 cost. artt. 61, 112, 113, 115, 116 e 132 c.p.c.;

2) Art. 360, n. 5 c.p.c. omessa insufficiente, contraddittoria illogica e perplessa motivazione circa un ratto controverso e decisivo per il giudizio e rispetto ai vizi così rubricati formula i seguenti quesiti:

1) "Se il danneggiato da sinistro stradale sia obbligato a riparare, a proprie spese, il veicolo danneggiato";

2) "Se, ai fini del risarcimento dei danni materiali subiti dal veicolo in conseguenza di un sinistro stradale, possa ritenersi conditio sine qua non la prova dell´avvenuta riparazione del mezzo a cura e spese dello stesso danneggiato e dell´esborso delle relative somme".

1) Art. 360, n. 3 c.p.c.: violazione e falsa applicazione degli artt. 1226, 1223, 2043, 2056, 2058, 2697, 2727, 2729 c.c. art. 2, 23, 24 e 42 Cost., artt. 61. 112, 113, 115, 116 e 132 c.p.c.;

2) Art. 360, n. 5 c.p.c.: omessa insufficiente, contraddittoria illogica e perplessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Formula, al riguardo i seguenti quesiti:

1) "Se sia possibile il ricorso all´art. 1226 cc. o allo strumento della CTU laddove il veicolo non sia stato riparato e il danneggiato non possa, quindi fornire lettura quietanzata ma solamente preventivi dettagliati di spesa";

2)"Se ai fini dell´art. 1226 c.c. o al ricorso allo strumento della CTU possa ricondursi ad ipotesi di impossibilità di prova il caso di mancanza della fattura quietanzata dovuta al fatto che l´entità del danno comporti rilevanti esborsi e quindi grandi difficoltà di sostenere preventivamente la spesa";

3) "Se la CTU possa assumere valore di oggettiva fonte di convincimento ove trattasi di fatti rientranti nell´ambito strettamente tecnico, quali la valutazione delle attività occorrenti per la riparazione del mezzo sinistrato e quindi del materiale di consumo e della manodopera necessari e, altresì, ove il CTU sia chiamato a esaminare il preventivo di riparazione dettagliato, onde valutarne la congruità anche in riferimento a prezzi medi di mercato praticati sulla medesima piazza dagli autoriparatori appartenenti alla stessa fascia dell´autore del preventivo per tutte le voci in tale documento esposte".

1) Art. 360, n. 4 c.p.c.: Nullità della sentenza e/o del procedimento. Ultrapetizione. Violazione del giudicato interno.

2) Art. 360, n. 3 c.p.c.: Violazione e falsa applicazione degli artt. 342, 343, 345, 346, 112, 132 c.p.c., 2909 c.c. Violazione del divieto di reformatio in peius e dei principi in materia di formazione del giudicato.

3) Art. 360, n. 5 c.p.c.: omessa insufficiente contraddittoria, illogica e perplessa motivazione, circa un punto decisivo della controversia. Pone quindi il seguente quesito di diritto: "Se ricorra l´ipotesi di correzione della motivazione lasciando immutato il decisum e senza violare il divieto di reformatio in peius, nel caso in cui il Giudice di appello, pur riconosciuta la necessità di liquidare un´ulteriore voce di danno si limiti ad affermare che essa debba ritenersi inclusa nell´ammontare del risarcimento liquidalo in prime cure in quanto questo risulterebbe superiore al danno dimostrato pur in difetto di impugnazione incidentale in merito".

1) Art. 360, n. 3 c.p.c.: violazione e/o falsa applicazione degli att. 2043, 2056, 1223, 1226, 2697, 2727 e 2729 c.c., 112, 113, 115, 116, 132 c.p.c.;

2) Art. 360, n. 5. c.p.c.: omessa insufficiente contraddittoria, illogica e perplessa motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione al c.d. fermo tecnico, e formula il seguente quesito: "Se il danno da fermo tecnico possa essere liquidato anche in via equitativa indipendentemente da una prova specifica e in difetto di elementi di prova contraria specie laddove il Giudice riconosca ed indichi le ore di manodopera necessarie per le riparazioni."

1) Art. 360, n. 4: Nullità della sentenza o del procedimento. Omessa pronuncia;

2) Art. 360, n. 3 c.p.c.: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043, 2056, 223, 1226, 2697, 2727 e 2729 c.c. 112, 113, 115, 116, 132 c.p.c.;

3) Art. 360, n. 5. c.p.c.: omessa insufficiente contraddittoria illogica e perplessa motivazione, circa un punto decisivo della controversia in relazione al c.d. fermo legale e formula il seguente quesito: "Se il Giudice d´appello possa omettere di pronunciarsi su una specifica doglianza dell´appellante circa l´altrettanto omessa pronuncia da parte del Giudice di prime cure in ordine al risarcimento di una voce di danno di cui si è chiesto il ristoro o debba esaminarla e provvedere in merito" non tengono conto del tatto che il Giudice si è trovato di fronte alla mancata prova quanto al fermo legale.

1) Art. 360, n. 3 c.p.c.: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043. 2056, 1223, 1226, 2697, 2727, 2729 c.c. artt. 112, 113, 115, 116 e 132 c.p.c.;

2) Art. 360, n. 5, c.p.c.: omessa, insufficiente contraddittoria, illogica e perplessa motivazione circa un punto decisivo della controversia in ordine alle spese per terapia farmacologica risultanti dal rapporto di P.S. Pone quindi il seguente quesito di diritto: "Se il Giudice del merito possa esaminare, a fini probatori solo una porzione del contenuto di un documento, prescindendo del tutto dal resto".

1) Art. 360, n. 3 c.p.c.: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043, 2056,. 1223, 1224, 1226 e 2697 c.c. 112, 113, 115, 116, 132 c.p.c.;

2) Art. 360, n. 5, c.p.c.: omessa insufficiente contraddittoria illogica e perplessa motivazione, circa un punto decisivo della controversia. Pone quindi il seguente quesito di diritto: "Se il giudice del merito possa affermare che la rivalutazione sia ricompressa negli interessi legali senza offrire motivazione circa il criterio e ragionamento utilizzato per pervenire a tale affermazione".

1) Art. 360, n. 3 c.p.c.: violazione e/o falsa applicazione degli art. 90, 91, 113 e 132 c.p.c. nonché della L. 794/1942 e del D.M. 127/2004;

2) Art. 360, n. 5. c.p.c.: omessa insufficiente contraddittoria, illogica e perplessa motivazione in punto di liquidazione delle spese di lite. Pone il seguente quesito di diritto: "Se il Giudice nel pronunciare condanna alle spese di lite, ex art. 91 c.p.c., ponendole a carico della parte ritenuta soccombente, possa condannare quest´ultima al relativo pagamento anche in favore della parte rimasta contumace per l´intero giudizio".

1)Art. 360, n. 3 c.p.c.: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 90, 91 e 113 c.p.c., nonché della L. 794/1942 del D.M. 585/1994 e del D.M. 127/2004;

2) Art. 360, n. 5, c.p.c.: omessa, insufficiente, contraddittoria, illogica e perplessa motivazione, in punto di liquidazione delle spese di lite. Pone quindi, il seguente quesito di diritto: "Se il Giudice adito possa, pur in assenza di notula di parte liquidare le spese di lite in misura superiore a quella ricavabile dall´applicazione delle Tariffe Professionali Forensi vigenti ratione temporis e comunque senza motivare in merito a tale superiore quantificazione anche in relazione alle Tariffe Professionali Forensi dette".

1) Art. 360, n. 3 c.p.c.: violazione e/o falsa applicazione degli arti. 90, 91 e 113 c.p.c., nonché della L. 794/1942 del D.M. 585/1994 e del D.M. 127/2004;

2) Art. 360, n. 4: Nullità della sentenza e/o del procedimento;

3) Art. 360, n. 5 omessa insufficiente, contraddittoria, illogica e perplessa motivazione in punto di liquidazione delle spese di lite. Pone i seguenti quesiti:

1) "Se gli onorari di avvocato devono essere liquidati in base alla tariffa vigente al momento in cui l´opera complessiva è stata condotta a termine con l´esaurimento o la cessazione dell´incarico professionale";

2) "Se i diritti di cui alla Tariffa Professionale Forense devono essere liquidati in base alla tariffa vigente al momento del compimento della singola attività cui ineriscono";

3) "Se i diritti di partecipazione all´udienza di cui alla Tariffa Professionale Forense devono essere liquidati al difensore costituito in giudizio per udienze in cui questi abbia delegato un collega a sostituirlo nella relativa attività processuale".


4. Ad eccezione del nono motivo che è fondato stante l´evidente contraddizione tra la motivazione (in cui si dà atto della contumacia della B. B.) ed il dispositivo (in cui è indicata unitamente alla compagnia assicuratrice costituita, come beneficiaria della condanna alle spese del secondo grado) - tutti gli altri motivi del ricorso sono inammissibili tenuto conto della mancanza dei - "momenti di sintesi" in relazione ai motivi ed alle parti di essi che deducono vizi motivazionali e dell´inidoneità dei quesiti di diritto formulati in relazione agli altri profili di doglianza.

4.1. Infatti, l´art. 366 - bis cod. proc. civ. nel testo applicabile ratione temporis (la sentenza impugnata è stata depositata il 12 luglio 2006) prevede le modalità di formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, disponendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso se in presenza dei motivi previsti dai numeri 1, 2, 3 e 4 dell´art. 360. primo comma, cod. proc. civ. ciascuna censura deve, all´esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di diritto la cui enunciazione (e formalità espressiva) va funzionalizzata, come attestato dall´art. 384 cod. proc. civ., all´enunciazione del principio di diritto ovvero a dicta giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare importanza: mentre, ove venga in rilievo il motivo di cui al n. 5 dell´art. 360 cod. proc. civ. (il cui oggetto riguarda il solo iter argomentativo della decisione impugnata) è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una illustrazione che pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso (nella specie invece, i ricorrenti riferiscono i vizi a "punti" controversi e nel terzo motivo non indicano neanche specificamente quale) - in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria - ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione (Cass n. 4556/09).

4.2. Orbene, nel caso in esame rispetto alle ultime parti di ciascun motivo che deducono vizi motivazionali non è stato formulato il momento di sintesi. I "momenti di sintesi" come da questa Corte precisato richiedono un quid pluris rispetto alla mera illustrazione del motivo imponendo un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile (v. Cass. 18/7/2007, n. 16002). L´individuazione dei denunziati vizi di motivazione risulta perciò impropriamente rimessa all´attività esegetica del motivo da parte di questa Corte (Cass. n. 9470/08). Si deve, peraltro ribadire che è inammissibile alla stregua della seconda parte dell´art. 366 bis cod. proc. civ., il motivo di ricorso per cassazione con cui ai sensi dell´art. 360 n. 5 cod. proc. civ. la parte si limiti a censurare l´apoditticità e carenza di motivazione della sentenza impugnata in quanto l´indicata norma processuale impone la precisazione delle ragioni che rendono la motivazione inidonea a giustificare la decisione mediante lo specifico riferimento ai fatti rilevanti, alla documentazione prodotta alla sua provenienza e all´incidenza rispetto alla decisione (Cass. n. 4589/09).

4.3. Invece rispetto alle violazioni di legge ed all´error in procedendo nella prima parte di ogni motivo non sono stati idoneamente formulati i quesiti di diritto. Questi come noto, non possono consistere in una domanda che si risolva in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell´interpello della Corte in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata, ma deve costituire la chiave di lettura delle ragioni illustrate nel motivo e porre la Corte di cassazione in condizione di rispondere al quesito con l´enunciazione di una regula iuris (principio di diritto) che sia suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all´esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata.

A titolo indicativo, si può delineare uno schema secondo il quale sinteticamente si domanda alla corte se in una fattispecie quale quella contestualmente e sommariamente descritta nel quesito (fatto) si applichi la regola di diritto auspicata dal ricorrente in luogo di quella diversa adottata nella sentenza impugnata (Cass. S.U. ord. n 2658/08). E ciò quand´anche le ragioni dell´errore e della soluzione che si assume corretta siano invece - come prescritto dall´art. 366 c.p.c. n. 4 - adeguatamente indicate nell´illustrazione del motivo non potendo la norma di cui all´art. 366 bis c.p.c. interpretarsi nel senso che il quesito di diritto possa desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo poiché una siffatta interpretazione si risolverebbe nell´abrogazione tacita della norma in questione (Cass. 20 giugno 2008 n. 16941). Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede pertanto che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed averne indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto formulato in modo tale da circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (v. Cass. 17/7/2008 n. 19769: 26/3/2007 n. 7258). Occorre insomma che la Corte leggendo il solo quesito possa comprendere l´errore di diritto che si assume compiuto dal giudice nel caso concreto e quale secondo il ricorrente sarebbe stata la regola da applicare.

4.4. Non si rivelano, pertanto idonei i quesiti in questione: dato che non contengono adeguati riferimenti in fatto (né circa l´oggetto della questione controversa, né la sintesi degli sviluppi della controversia sullo stesso), né espongono chiaramente le regole di diritto che si assumono erroneamente applicate e quanto a quelle di cui s´invoca l´applicazione in ciascuno di detti quesiti si è in presenza di enunciazioni di carattere generale ed astratto che, in quanto prive di adeguate indicazioni sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, non consentono di dare risposte utili a definire la causa (Cass. SU 11.3.2008 n. 6420). Del resto, il quesito di diritto non può risolversi - come nell´ipotesi - in una tautologia o in un interrogativo circolare che già presuppone la risposta (Cass. SU 2/12/2008 n. 28536).

4.5. Inoltre, nonostante le ampie indicazioni risultanti dalla rubrica di ciascun motivo né nei quesiti né nella trattazione dei motivi vi è una chiara individuazione delle norme su cui si fondano le censure. Si rivelano Inoltre generiche le doglianze cumulativamente raggruppate sotto le voci di "nullità della sentenza e/o del procedimento" senza indicare se sia nulla l´una o l´altro e perché, nonché quelle di "omessa, insufficiente, contraddittoria illogica e perplessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio". Quanto a queste ultime pur prescindendo dalle dedotte illogicità e perplessità, entrambe non contemplate dalla norma di cui all´art. 360 n. 5 c.p.c., va rilevato che la motivazione se è "omessa" non può essere contraddittoria né tantomeno "illogica".

Non sussiste la reformatio in peius lamentata nel secondo punto del primo motivo, perché, come si è visto (punto 2), l´appello è stato respinto in ogni sua parte, sicché risulta confermata la sentenza di primo grado.

Le doglianze di cui al secondo ed al terzo motivo sono inammissibili anche perché il Giudice di appello, in assenza della prova oggettiva del danno, quale la perdita del valore commerciale del bene avviato alla demolizione o la spesa affrontata per la riparazione ha ritenuto non necessaria la nomina di un CTU, essendo in grado sulla scorta della documentazione agli atti di quantificare compiutamente il danno. Si tratta di argomentazioni del tutto conformi alla legge ed immuni da vizi di logicità, e costituiscono apprezzamenti di fatto non censurabili in sede di legittimità.

I quesiti relativi al quinto ed al sesto motivo non tengono conto del fatto che il Giudice si è trovato di fronte alla mancata prova che il fermo "legale" fosse effettivamente avvenuto non superata dalla circostanza che nel termine anzidetto si fosse svolta la perizia dell´assicurazione: quanto al "fermo tecnico" non superata né dalla riparazione, né dall´intenzione di riparare.

4.6. L´ottavo motivo, invece è formulato in violazione dei principi di completezza e specificità (art. 366 n. 4 c.p.c.) in quanto non consente alla Corte di cassazione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione. Non è infatti sufficiente un´affermazione apodittica (nella specie la semplice e generica invocazione di una diversa quantificazione degli accessori su determinate voci di danno senza idonei riferimenti agli effetti del contenuto dell´impugnata sentenza e di quella che si assume impropriamente determinata nella concreta quantificazione degli accessori) e non seguita da chiare e concrete dimostrazioni, dovendo il ricorrente viceversa porre la Corte in grado di orientarsi fra le argomentazioni in base alle quali ritiene di censurare la pronunzia impugnata (Cass. 31 maggio 2006 n. 12984, 16 gennaio 2007 n. 828; nonché Cass. 18 aprile 2007 n. 9245 e 16 luglio 2007 n. 15768, in motivazione). Proprio con riguardo alla rivalutazione monetaria dei crediti risarcitori ed ai fini dell´ammissibilità dei motivi di ricorso, questa Corte ha affermato che, poiché l´interesse processuale all´impugnazione deve essere concreto e non teorico e va provato dal ricorrente, questi deve necessariamente indicare quale rivalutazione avrebbe dovuto essere correttamente riconosciuta, solo così potendo dimostrare che quella liquidati dal giudice sia quantitativamente inferiore e, quindi, far risaltare il suo interesse alla censura (argomento desumibile da Cass. n. 376 del 2005 e n. 14115 del 2011 in motivazione).

5. Ne deriva l´inammissibilità dei motivi del ricorso ad eccezione del nono, che va accolto. La sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto e non essendo necessari altri accertamenti istruttori, la causa può essere decisa nel merito, con l´eliminazione della condanna alle spese del secondo grado di giudizio in livore della B. B.

6. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo nei rapporti con la compagnia assicuratrice (non "toccata" dalla decisione di accoglimento del nono motivo); nulla per le spese nei confronti dell´altra intimata la quale non ha svolto attività difensiva.

 

Per questi motivi

 

Accoglie il nono motivo del ricorso inammissibili gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e, decidendo nel merito elimina la condanna alle spese del secondo grado in favore di B. B. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nei confronti dell´impresa assicuratrice XXX, che liquida in euro 2.200,00, di cui euro 2.000,00, per onorario oltre accessori di legge.

 

da Foxpol.it

 

 

Giovedì, 16 Maggio 2013
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