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TRIBUNALE DI VENEZIA

Ebbrezza-vessatoria la clausola assicurativa di esclusione della responsabilità

CASSETTO: Giuridico/File: Web/0018



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI VENEZIA - SEZIONE DISTACCATA DI DOLO


II Giudice Dott. Gianmarco Marinai ha pronunciato la seguente


SENTENZA


nella causa civile n. 13031/2000 Ruolo Generale Oggetto: risarcimento danni da incidente stradale promossa da

R. Z., con avv. Beneforti e Biasibetti, come da procura in atti
PARTE ATTRICE

contro

S. S., contumace
PARTE CONVENUTA

contro

C. S.A.S. DI S. A. E C, con avv. Benassi, come da procura in atti
PARTE CONVENUTA

contro

ASSICURAZIONI GENERALI S.P.A., con avv. Sacco, come da procura in atti
PARTE CONVENUTA

contro

C.P. E MILANO ASSICURAZIONI S.P.A. (GIÀ LA PREVIDENTE ASSICURAZIONI S.P.A.), con avv. Alessandri, come da procura in atti
TERZI CHIAMATI

In data 1 luglio 2002 la causa veniva posta in decisione sulle conclusioni pre- cisate come da verbale di udienza del 17.4.2002

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione ritualmente notificato il 31.1.2000, R. Z. conveniva davanti al Tribunale di Venezia - sezione distaccata di Dolo S. S., C. s.a.s. di S. A. e C. e la Assicurazioni Generali s.p.a., chiedendone la condanna al risarcimento dei danni (biologico, morale, patrimoniale) subiti in conseguenza dell’incidente stradale avvenuto il 26.12.1997 in Mira sulla nazionale Padova-Venezia, per esclusiva responsabilità di Simone Stigliano, il quale, alla guida dell’autovettura SAAB 900 SE, targata ***, di proprietà di C., s.a.s. di S. A. e C., si immetteva sulla nazionale dalla Via Miranese, senza rispettare l’obbligo di dare la precedenza con semaforo lampeggiante, con repentina manovra di svolta a destra; Simone Stigliano invadeva la corsia opposta di pertinenza dei veicoli che viaggiavano in direzione Padova-Venezia, scontrandosi frontalmente con l’auto condotta da C.P., sulla quale era trasportato a titolo di cortesia R. Z., arrecando allo stesso gravi lesioni personali e danni al veicolo.

S. S., benché ritualmente citato, non si costituiva in giudizio e pertanto veniva dichiarato contumace.

Radicatesi il contraddittorio, Assicurazioni Generali s,p.a. contestava la do- manda attorca, della quale chiedevano la reiezione deducendo che l’evento dannoso non si era verificato per la colpa esclusiva di R. Z.;

contestava altresì il quantum richiesto e deduceva l’inoperatività della polizza assicurativa, essendo stato accertato che lo S. aveva guidato sotto l’influsso di sostanze alcoliche e stupefacenti. Chiedeva, in via riconvenzio- nale, che C s.a.s. di S. A. e C. fosse condannata a rilevarla indenne di quanto eventualmente fosse stata condannata a pagare a R. Z.

C. s.a.s. di S. A. e C. contestava la responsabilità esclusiva di R. Z. nella causazione dell’evento, e chiedeva di chiamare in causa C.P., conducente dell’altra auto coinvolta nel sinistro, il quale viaggiava senza rispettare i limiti di velocità imposti, nonché la sua assicurazione Milano Assicurazioni s.p.a. (già La Previdente Assicurazioni s.p.a.).

C.P. e la Milano Assicurazioni s.p.a. eccepivano la prescrizione del credito risarcitorio e l’improcedibilità dell’azione non essendo stata inviata la rituale raccomandata ex art. 22 1. 990/69. Antecedentemente alla prima udienza di comparizione, la Assicurazioni Generali s.p.a. corrispondeva all’attore la somma di £. 160.000.000 (euro 82.633,10) a titolo transattivo, che l’avv. Beneforti accettava a titolo di acconto.

Alla prima udienza di trattazione, fissata ai sensi dell’ari. 183 c.p.c., le parti non comparivano di persona e quindi non poteva essere esperito il tentativo di conciliazione.

Al termine dell’istruttoria, espletata mediante produzioni documentali, interrogatorio formale, prova testimoniale, CTU medico-legale, le parti precisavano le conclusioni, come da’ verbale di udienza del 17.4.2002 e il giudice tratteneva la causa in decisione, a norma dell’ari. 281-quinquies c.p.c., assegnando i termini per il deposito delle memorie conclusionali e delle memorie di replica.


MOTIVI DELLA DECISIONE


In primo luogo deve rilevarsi che la domanda principale è procedibile, ai sensi dell’art. 22 1. 990/1969, dato che R. Z. ha provveduto regolarmente a richiedere alla Assicurazioni Generali s.p.a. il risarcimento dei danni, mediante raccomandata in data 2.1.98.

Improcedibile è, invece, la domanda proposta da C. s.a.s. di S. A. e C. nei confronti di C.P. e di Milano Assicurazioni s.p.a. (già La Previdente Assicurazioni s.p.a.), non essendovi alcuna prova dell’avvenuto invio della raccomandata di cui all’ari. 22 1. 990/69.

Com’è noto, in tema di responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli e natanti, per i quali vi è l’obbligo di assicurazione a norma della 1. 24 dicembre 1969 n. 990, l’art. 22 di tale legge, il quale subordina la proponibilità dell’azione risarcitoria, inclusa quella formulata soltanto contro il responsabile, alla richiesta del danno all’assicuratore, nonché al decorso di sessanta giorni da tale richiesta, trova applicazione, tenendo conto del difetto di espresse limitazioni e della ratio della disposizione medesima (favore per il soddisfacimento stragiudiziale delle istanze di risarcimento), anche con riguardo alla domanda riconvenzionale avanzata dal convenuto che assuma a sua volta la responsabilità dell’attore (Cass., sez. Ili, 01-12-1998, n. 12189).

A maggior ragione, pertanto, tale norma deve ritenersi operativa per la domanda proposta nei Confronti di soggetto non presente in causa, come nella fattispecie in esame.

Nel merito, dalla documentazione in atti e dalla espletata istruttoria è risultato che S. S., giunto all’intersezione tra la Via Miranese e la Nazionale, svoltò a destra e si immise repentinamente su quest’ultima strada senza dare la prescritta precedenza, invase la corsia di pertinenza dell’auto condotta da C.P., su cui l’attore era trasportato e si scontrò quasi frontalmente con essa.

Nessun teste ha confermato l’iniziale ricostruzione del sinistro effettuata da C.s.a.s. di S. A. e C., secondo cui C.P. avrebbe viaggiato a velocità sostenuta.

Le circostanze devono anche ritenersi ammesse da S. S., il quale non è comparso a rendere l’interrogatorio formale.

Nessuna infrazione è stata rilevata a suo carico e nessun’altro elemento può far pensare ad una sua eccessiva velocità.

Il sinistro, pertanto, dev’essere interamente ascritto al comportamento colposo di S. S., al quale, peraltro, è stata elevata contravvenzione per violazione degli artt. 143 comma 12 c.d.s. per aver occupato contromano un tratto di strada curva a scarsa visibilità e 145 e. 4 e 10 per aver omesso di concedere la dovuta precedenza all’incrocio.

In più, in conseguenza degli accertamenti cui S. S. si è volontariamente sottoposto, è stato accertato che lo stesso ha violato gli artt. 186 e. 2 c.d.s. (guida in stato di ebbrezza) e 187 e. 2 e 4 c.d.s. per aver guidato sotto l’influsso di sostanze stupefacenti.

Quanto all’ammontare del danno alla persona, dalla C.T.U. medico legale è risultato che, nel sinistro di cui è causa, R. Z. ha riportato un trauma cranico non commotivo, escoriazioni al cuoio capelluto, la frattura all’acetabolo sinistro e un distacco lamellare all’astragolo destro, da cui è derivata un’invalidità temporanea totale di giorni 210, un’invalidità temporanea parziale di giorni 60 al 50 %, con postumi permanenti, che incidono sulla capacità lavorativa specifica del soggetto quale operaio metalmeccanico nella misura del 20 % e sull’integrità psicofisica nella percentuale del 21 %, sotto il profilo del danno biologico. Il CTU ha, però, anche accertato che non sussistono postumi permanenti particolari all’attività lavorativa di R.Z., qualora lo stesso venga definitivamente confermato nel ruolo di commesso comunale al municipio di Venezia, attività che lo stesso svolge dall’anno 2000.

Dev’essere in primo luogo riconosciuto il diritto al risarcimento del danno biologico, alla stregua della sentenza n. 184/1986 della Corte Costituzionale e del costante indirizzo della Corte di Cassazione (ormai pacifico).

Questo giudice aderisce ai criteri di liquidazione del danno adottati dal Tribunale di Venezia.

Deve, peraltro, ricordarsi che la recente 1. 5.3.2001, n. 57, all’ari. 5, commi 2 e seguenti, ha introdotto un criterio normativo di liquidazione del danno alla persona di lieve entità (entro il 9% di invalidità permanente), derivante da sinistri conseguenti alla circolazione di veicoli a motore e dei natanti, avvenuti successivamente alla data di entrata in vigore della legge (non contenendo alcuna disposizione specifica in tema di vacatio legis, ed essendo stata pubblicata sulla G.U. del 20.3.2001, la legge è entrata in vigore il 4.4.2001), sia per il danno da invalidità permanente, sia per quello da invalidità temporanea.

Dovendo la liquidazione del danno aderire a criteri equitativi, questo giudice ritiene equo utilizzare i parametri stabiliti dal legislatore, anche in casi non strettamente rientranti nell’ambito di applicazione di tale legge.

Non sembra, infatti, ammissibile che situazioni in tutto e per tutto analoghe siano trattate in modi molto diversi, cosa che avverrebbe se si continuassero acriticamente ad utilizzare i parametri stabiliti in assenza di indicazioni normative, sulla base di criteri di esperienza.

In base a tali considerazioni, appare equo liquidare, per il danno da invalidità temporanea, £. 70.000 al giorno, che, rivalutato ai sensi del comma 6 del succitato art. 5, corrisponde a £ 71.646 (€ 37).

Il danno biologico, pertanto, vista l’età di R. Z. al momento del sinistro (nato il 26.1.1964), deve essere quantificato in € 8.880 "quanto all’invalidità temporanea e in € 43.364. quanto all’invalidità permanente, per un totale di € 52.244.

Per il risarcimento del danno morale, senz’altro dovuto, originando il pregiudizio da un fatto qualificabile come reato (lesioni colpose), si reputa equa la somma complessiva di € 26.122 in moneta attuale, corrispondente al 50% del danno biologico, considerati il patema d’animo sofferto, la durata della malattia e l’entità dei postumi residuati e la provata impossibilità di R. Z. di dedicarsi, in futuro, alle stesse attività ricreative e sportive che era solito praticare.

Quanto al danno patrimoniale, spetta a R. Z. sia il risarcimento per il periodo di invalidità temporanea, nel quale non è stata svolta alcuna attività lavorativa, sia per la perdita di capacità lavorativa specifica.

L’attore ha prodotto il proprio libretto di lavoro dal quale si evince che lo stesso, dal 1987 al 1997 ha svolto, quasi ininterrottamente attività lavorative rientranti lato sensu nell’ampia categoria di operaio metalmeccanico.

Alla data del sinistro R. Z. era disoccupato.

Il CTU ha accertato la perdita della capacità lavorativa specifica nella misura del 20 %.

La circostanza che successivamente R. Z. sia stato assunto (a quanto sembra, con contratto a tempo determinato) come commesso al Comune di Venezia non sembra poter esimere il responsabile del sinistro dal risarcire il danno derivante dalla perdita di capacità lavorativa specifica dell’attore.

Che succederebbe, infatti, in caso di licenziamento (o di non assunzione a tempo indeterminato)?

R. Z. si troverebbe, a circa 40 anni, in grave difficoltà nel reperire un posto di lavoro a lui adatto, non potendo svolgere alcun tipo di lavoro di fatica. La causa della difficoltà sarebbe indubbiamente da ascrivere alle conseguenze del sinistro di cui è causa e pertanto non si capisce per quale motivo lo stesso attore non dovrebbe essere risarcito: in pratica l’attore sarebbe penalizzato dalla sua intraprendenza, dimostrata dalla circostanza che lo stesso si è adoperato per rinvenire un posto di lavoro. Tanto più che lo stesso CTU ha affermato che appare molto probabile, col passare degli anni, l’insorgenza di una patologia artrosica che interesserà l’articolazione coxo-femorale sinistra e tale patologia, interessando la capacità di deambulazione dello R.Z., potrebbe incidere sulla capacità di svolgere anche le mansioni di commesso, ricoperte nel 2001 dall’attore.

Per la quantificazione del reddito da risarcire, essendo R. Z. disoccupato al momento del sinistro, dev’essere utilizzato il parametro di cui all’ari. 4 e. 3 d.l. 23 dicembre 1976 n. 857, conv. in 1. 26 febbraio 1977 n. 39,dell’aumento di lire novecentosettantacinquemila (€ 503,75) previsto dall’art.2, 2° comma, 1. 15 aprile 1985 n. 140 (la Cassazione è pacifica: v., da ultimo,Cass., sez. Ili, 01-06-2000. n. 7275).

L’ammontare annuo della pensione sociale, che occorre considerare al fine di liquidare il danno da invalidità permanente e temporanea, riferito al 1998 (anno di consolidamento dei postumi), è di € 8.513.

R. Z. ha pertanto diritto al risarcimento dei danni causati per il forzato riposo cui è stato costretto per 210 giorni e per la ridotta attività che ha potuto svolgere nei successivi 60 giorni di inabilità temporanea parziale al 50%, nella misura complessiva di € 5.598.

L’indagine volta alla determinazione del risarcimento dovuto per danni fisici arrecati alla persona è particolarmente delicata e non consente di giungere a conclusioni precise. Per stabilire, con l’inevitabile approssimazione, il pregiudizio patrimoniale conseguente alla diminuita capacità lavorativa appare equo utilizzare, sia pure soltanto in via orientativa, il parametro costituito dal reddito del danneggiato, da ridurre in proporzione alla misura dell’invalidità permanente accertata e da moltiplicare per il numero di anni di presumibile vita lavorativa che questi avrebbe avuto davanti a sé. A questo proposito, il sistema più attendibile è costituito dal riferimento alle tabelle di capitalizzazione delle rendite vitalizie, approvate con r.d. 9 dicembre 1922, n. 1043, e dalla riduzione in via equitativa della somma risultante di una percentuale variabile, in relazione all’età del soggetto leso, per adeguarle all’oggetto dell’indagine che riguarda la sola vita lavorativa e non l’intera vita fisica (cfr.Cass., 23 giugno 1993, n. 6941).

Pertanto tenendo presente il reddito annuo come sopra calcolato, la misura dell’invalidità accertata, l’età al momento del consolidamento dei postumi permanenti ed il relativo coefficiente di capitalizzazione, nonché il presumi- bile scarto tra vita fisica e lavorativa, il danno conseguente alla diminuita capacità lavorativa deve essere determinato, con prudente apprezzamento, in € 26.721.

La somma totale (€ 32.318), rivalutata ad oggi è pari a € 35.290. Ai suddetti importi deve essere aggiunto quello di complessivi € 3.000 in moneta attuale per spese di vario genere, in parte documentate e in parte presumibili e notorie quali normali effetti dell’evento lesivo. Pertanto il danno subito da R. Z. ammonta a complessivi € 116.656.

Deve peraltro rilevarsi che i convenuti hanno versato a titolo di acconto, in data 10.5.2000, la somma di £. 160.000.000 (€ 82.633,10). In applicazione del principio stabilito dalle Sezioni Unite della Corte di Cas- sazione con la sentenza n. 1712 del 17.2.1995, sulle somme dovute a titolo di risarcimento del danno devono poi essere riconosciuti gli interessi - dalla data dell’illecito fino alla data della presente pronuncia quale corrispettivo del mancato tempestivo godimento, da parte del danneggiato, dell’equivalente pecuniario del debito di valore.

Ed invero, la corresponsione degli interessi costituisce uno dei criteri di liquidazione del predetto lucro cessante, la cui sussistenza può ritenersi provata alla stregua anche di presunzioni semplici.

Pertanto, tenuto conto dell’epoca del fatto, della redditività media del denaro durante la "mora debendi" (mora "ex rè", ai sensi dell’ari 1219’, n.l, e.e.) e considerati gli aumenti nominali del capitale corrispondenti alla graduale progressione della svalutazione monetaria, appare equo seguire l’indirizzo delle Sezioni Unite della Cassazione e calcolare gli interessi legali sulla somma rivalutata annualmente.

Il totale da liquidare al 10.5.2000 sarebbe stato, pertanto, di € 119.923, per cui, detratto l’acconto corrisposto, residuavano € 37.290, i quali, effettuato il calcolo di rivalutazione e interessi in base alla citata sentenza delle sezioni unite, sono pari a € 41.708.

Sulla complessiva somma liquidata in moneta attuale - comprensiva del risarcimento del danno per lucro cessante come sopra calcolato - gli interessi sono invece dovuti nella misura legale dalla data della sentenza al saldo.

Quanto alla domanda di rivalsa avanzata da Assicurazioni Generali s.p.a. nei confronti di C. s.a.s. di S. A. e C., a causa dell’asserita non operatività della garanzia assicurativa, per essere il conducente dell’autoveicolo sotto l’influsso di sostanze stupefacenti e aver guidato in stato di ebbrezza, la stessa è infondata.

Nella polizza sottoscritta da C.s.a.s. di S. A. e C. e datata 30.4.1997 (prodotta dalla stessa C.s.a.s. di S. A. e C.) si legge che "il contratto [...] è regolato dalle condizioni generali di assicura- zione (parte seconda), che formano parte integrante del presente contratto, trascritte: - nella sezione «A» - Condizioni generali riguardanti i rischi della responsabilità civile per i quali è obbligatoria l’assicurazione [...]". Segue l’indicazione di varie altre sezioni delle condizioni generali che si intendono richiamate.

Nelle condizioni generali di assicurazione (parte seconda), sezione «A», all’art. 2 - Esclusioni e rivalsa, si legge: ’’l’assicurazione non è operante: [...] f) nel caso di veicolo guidato da persona in stato di ebbrezza o sotto l’influenza sostanze stupefacenti, ovvero alla quale sia stata applicata una sanzione ai sensi degli artt. 186 e 187 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 e successive modificazioni ed integrazioni [...]". A parere di questo giudice, la clausola delle condizioni generali di assicurazione, art. 2, lett. f) non può ritenersi valida ed efficace.

Tale clausola, innanzitutto, appare vessatoria ai sensi dell’art. 1341 e 1342 c.c., dato che concerne una limitazione di responsabilità e pertanto doveva essere approvata specificamente per iscritto. Nella polizza assicurativa esiste esclusivamente un generico rimando a tutte (o quasi) le condizioni generali di contratto senza che, però, nello spazio riservato alla doppia sottoscrizione del contraente vi sia il richiamo esplicito alla clausola di cui trattasi.

Non è, poi, sostenibile la tesi secondo cui la clausola non costituirebbe una limitazione di responsabilità dell’assicuratore, dato che - allo stesso modo - l’assicuratore potrebbe allora, unilateralmente e senza bisogno di approvazio- ne specifica, limitare 1’opej.atività della polizza a qualsiasi caso di violazione delle nonne del codice della strada, rendendo, di fatto, sempre inoperante la copertura assicurativa. Non sembra, infatti,’che l’aver violato gli art. 186 e 187 c.d.s. sia ontologicamente diverso o più grave dell’aver violato l’art. 141 c.d.s. (eccesso di velocità) o, com’è avvenuto nell’incidente di cui è causa, gli artt. 143 comma 12 c.d.s. per aver occupato contromano un tratto di strada curva a scarsa visibilità e 145 e. 4 e 10 per aver omesso di concedere la dovuta precedenza all’incrocio.

Ma v’è di più: l’art. 1469-bis c.c. (pienamente applicabile al caso di specie, essendo stata la polizza assicurativa stipulata successivamente all’entrata in vigore della legge 52/96) stabilisce che "[...] si presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno per oggetto o per effetto di: [...] 10) prevedere l’estensione dell’adesione del consumatore a clausole che non ha avuto la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto".

L’art. 1469-ter prevede che "[...] nel contratto concluso mediante la sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, incombe sul professionista l’onere di provare che le clausole, o gli elementi di clausola, malgrado siano dal medesimo unilateralmente predisposti, siano stati oggetto di specifica trattativa con il consumatore".

E l’art. 1469-quinquies dispone che "sono inefficaci le clausole che, quantunque oggetto di trattativa, abbiano per oggetto o per l’effetto: [...] 3) prevedere l’adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto. L’inefficacia [...] può essere rilevata d’ufficio dal giudice".

Appare pacifica, innanzitutto la qualità di consumatore e professionista dei soggetti contraenti.

Ritiene, poi, il Tribunale che, in caso di stipulazione di un contratto di assicurazione RC auto, che è obbligatoria per la circolazione, l’automobilista medio, da una parte non è in grado di apportare alcuna modifica alle condizioni di polizza, fissate unilateralmente dalla compagnia assicuratrice, e dall’altra (e proprio perché, in ogni caso, non potrebbe modificare alcunché del formulario predisposto) non è in grado di conoscere l’intero "corpus" di clausole che fanno parte di un corposo libretto separato dalla polizza, che è interamen- te dalla stessa richiamato.

Si può, dunque, ragionevolmente affermare die il contraente non abbia di fatto conosciuto la clausola che esclude l’operatività della copertura assicurativa in caso di guida in stato di ebbrezza o sotto l’influsso di sostanze stupefacenti.

La clausola, pertanto, dev’essere dichiarata inefficace e non operante nel caso di specie;

Le spese processuali seguono la soccombenza e devono essere liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale di Venezia - sezione distaccata di Dolo, definitivamente pronun- ciando sulla domanda proposta da R. Z. contro S. S., C.s.a.s. di S. A. e C. e Assicurazioni Generali s.p.a., con la chiamata in causa di C.P. e Milano Assicurazioni s.p.a. (già La Previdente Assicurazioni s.p.a.), ogni diversa istanza, eccezione e difesa disattesa e respinta, così provvede:

1) condanna S. S., C.. s.a.s. di S. A. e C. e la Assicurazioni Generali s.p.a. in solido a corrispondere a R. Z. la somma complessiva di € 41.708, oltre gli interessi legali dalla sentenza al saldo;

2) respinge la domanda di Assicurazioni Generali s.p.a. nei confronti di C.s.a.s. di S. A. e C.;

3) dichiara improcedibile la domanda proposta da C.. s.a.s. di S. A. e C. nei confronti di C.P. e Milano Assicurazioni s.p.a. (già La Previdente Assicurazioni s.p.a.);

4) condanna S. S., C.s.a.s. di S. A.e C. e la Assicurazioni Generali s.p.a. in solido a rimborsare a R. Z. le spese processuali, che liquida in complessivi € 11.800, di cui € 6.000 per onorari di avvocato, € 4.000 per diritti di procuratore, € 800 per esborsi e € 1.000 per rimborso forfettario delle spese generali, oltre I.V.A. e C.A.P. come perlegge e rimborso delle spese della C.T.U.

5) condanna C.s.a.s. di S. A. e C. a rimborsare a C.P. e Milano Assicurazioni s.p.a. (già La Previdente Assicurazioni s.p.a.) in solido le spese processuale che liquida in complessivi € 7.970, di cui €5.000 per onorari di avvocato, € 2.100 per diritti di procuratore, € 160 per esborsi e € 710 per rimborso forfettario delle spese generali, oltre I.V.A. e C.A.P. come per legge.

Così deciso in data 1 luglio 2002 dal Tribunale di Venezia - sezione distaccata di Dolo.

Il Giudice
Dott. Gian Marco Marinai

La presente sentenza è stata depositata in cancelleria oggi 11 LUG 2002

Il cancelliere
Luigi Tenca

SENTENZA REGISTRATA A DESTRE il 26.09.02

 

 

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL GIUDICE DI PACE IN GEMONA DEL FRIULI
 


 

Nella persona dell’Avv. Vincenzo Zappalà, ha pronunciato la seguente

 

 

 

 

Lunedì, 18 Novembre 2002
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