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Insidia stradale: esclusione della responsabilità civile ex art. 2051 c.c. della P.A.

Tribunale Brindisi, sentenza 13.04.2005 n° 50
da "Altalex"

Insidia stradale: esclusione della responsabilità civile ex art. 2051 c.c. della P.A.
Tribunale Brindisi, sentenza 13.04.2005 n° 50 (Ottavio Carparelli)

Non è configurabile un obbligo di custodia ex art. 2051 c.c. a carico dell’ente proprietario di una strada comunale facente parte del c.d. demanio accidentale comunale ex art. 822 comma 2, e 824 cod. civ. e, pertanto, aperta all’uso generale della collettività - che si esercita mediante la fruizione uti civis delle utilità che dal bene è possibile trarre secondo la sua propria destinazione e attitudine; una strada pubblica, infatti, per la sua estensione e per l’apertura all’uso generale della collettività, non consente all’ente il realistico esercizio di quei poteri di controllo e vigilanza destinati a prevenire l’insorgenza di processi generatori di eventi lesivi di diritti ed interessi dei terzi.

In materia di responsabilità civile della P.A., per danni cagionati a coloro che transitano su strade pubbliche, la valutazione della sussistenza della insidia e/o trabocchetto integra una tipica valutazione in fatto, da effettuare in concreto sulla scorta della disamina delle circostanze di tempo e di luogo, ed è riservata al giudice di merito, il cui apprezzamento, se congruamente motivato, è immune da censure di legittimità. Nella valutazione in parola assume rilievo preminente la diretta osservazione del luogo di causa, effettuata mediante ispezione giudiziale o disamina di idonee riproduzioni fotografiche offerte dalla parte in assolvimento all’onere probatorio di cui all’art. 2697 c.c.

Va esclusa la responsabilità della P.A. per danni provocati da c.d. insidia o trabocchetto stradale (nel caso di specie, una buca) ex articolo 2043 c.c., nel caso in cui - ancorché il sinistro sia accaduto in ora notturna - da un lato l’impatto si sia verificato contro una buca di rilevanti dimensioni, in quanto tale, visibile al conducente che diligentemente abbia attivato i dispositivi di illuminazione imposti dagli artt. 152 e 153 del C.d.S. e, dall’altro, la particolare angustia della carreggiata, oggettivamente riscontrabile dalle riproduzioni fotografiche, prodotte in giudizio, imponesse una velocità particolarmente moderata, in forza del combinato disposto degli artt. 142 comma 4 e 141 comma 3 del C. d. S.

Sono questi i principi stabiliti dal Tribunale di Brindisi – Sezione Distaccata di Fasano, con la sentenza n. 50 del 13 aprile 2005.
Il Giudice ha inoltre precisato che nel caso in cui la buca sulla carreggiata sia di rilevanti dimensioni, tale circostanza di fatto costituisce ex se un indice oggettivo di visibilità: è difficile negare che una entità naturalistica risulti tanto più visibile quanto più estesa.

(Altalex, 6 maggio 2005. Nota di Ottavio Carparelli)

N.27/2002 R.G. TRIB.; Sent. N.50/2005
TRIBUNALE DI BRINDISI
SEZIONE DISTACCATA DI FASANO
Sentenza 13 aprile 2005 n. 50
- G.U. Dott. Munno -


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale di Brindisi – Sezione Distaccata di Fasano, in persona del Giudice Unico dott. Alberto Munno, ha pronunciato la seguente ha pronunciato la seguente

SENTENZA


Nella causa civile iscritta nel ruolo generale affari contenziosi sotto il numero d’ordine 27 dell’anno 2002
TRA

Giampaolo I., elettivamente domiciliata alla via T. Vasco n.4 in Monopoli presso lo studio dell’avv. Fabrizio Pugliese, dal quale è rappresentata e difesa come da mandato a margine dell’atto introduttivo;


ATTORE
CONTRO


Comune di Fasano in persona del legale rappresentante protempore, elettivamente domiciliato al Corso Roma n.84 in Brindisi presso lo studio dell’avv. Antonio Caiulo, dal quale è rappresentato e difeso come da mandato a margine della comparsa e risposta

CONVENUTO
E NEI CONFRONTI DI


M. Giampiero, nella qualità di titolare di ditta individuale Edil Mar corrente in Conversano alla via G. Puccini civico n.52, elettivamente domiciliata alla via Fogazzaro n.132 in Fasano presso lo studio dell’avv. Giovanni Cofano, dal quale è rappresentata e difesa come da mandato in calce alla copia passiva dell’atto di citazione per chiamata di terzo;

TERZO CHIAMATO

Lloyd Adriatico spa in persona del legale rappresentante protempore, corrente in Trieste al largo Ugo Irneri n.1, elettivamente domiciliato al Corso Vittorio Emanuele n.106 in Fasano presso lo studio dell’avv. Ditoma, unitamente all’avv. Pierfelice Annese del Foro di Monopoli, dal quale e rappresentato e difeso come da manato a margine della comparsa di costituzione e risposta;

TERZO CHIAMATO

OGGETTO: azione risarcitoria da illecito aquiliano;

All’udienza dell’13-01-2005 la causa era riservata per la decisione sulle conclusioni prese dalle parti come da verbale e riportate in narrativa.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 14-02-2002 Giampaolo I. evocava in giudizio il Comune di Fasano chiedendone la condanna al pagamento in proprio favore della somma di £. 6.465.832, oltre a rivalutazione monetaria ed interessi legali e spese e competenze i lite, a titolo di risarcimento dei danni materiali riportati dalla vettura di sua proprietà Opel Tigra tg. XXXXXX allorché, nella notte tra il 17 ed il 18 agosto 2001, percorrendo in direzione mare-monti la strada comunale Egnazia che collega il lungomare della c.da Capitolo di Monopoli alla S.P. 163, finiva in una grossa buca ivi esistente e non segnalata, sbandando ed andando a collidere con un muretto.

Si costituiva il Comune di Fasano con comparsa di risposta, contrastando la domanda attorea e deducendo la insussistenza nella fattispecie degli estremi della insidia e trabocchetto, indispensabili per la configurazione di una responsabilità civile dell’ente proprietario della strada.

In via subordinata luceva la responsabilità della EdilMar di M. Giampiero, ditta appaltatrice dei lavori di manutenzione della rete stradale urbana ed extraurbana del comune di Fasano, giusto contratto del 03-08-1999 con il relativo capitolato speciale del 05-11-1998, e, per l’effetto, chiedeva autorizzazione alla chiamata di essa ditta appaltatrice dalla quale voleva essere manlevava per il caso di condanna ai sensi degli artt.106 e 269 c.p.c., con i favori delle spese di lite.

Differita la prima udienza di comparizione ai sensi degli artt.106 e 269 cpc, con decreto emesso dal G.I. in data 18-4-2002, si costituiva all’udienza del il 10-10-2002 M. Giampiero, titolare di omonima ditta individuale Edil Mar, contestando il fondamento della chiamata e chiedeva al G.I., ottenendone la autorizzazione alla chiamata in causa del Lloyd Adriatico Assicurazioni spa per la udienza del 05-03-2003, dalla quale intendeva essere garantito, autorizzazione che, a richiesta del M., veniva reiterata in tale udienza per la successiva del 05-06-2003, a causa di errore materiale nella indicazione del terzo chiamato, identificato erroneamente nella “Piemontese Assicurazione spa”.

Alla udienza del 05-06-2003 costituiva il Llyod Adriatico Assicurazioni spa, eccependo e deducendo: a) il difetto i legittimazione passiva per difetto di operatività della polizza assicurativa n.81200895 stipulata con il chiamante M. Giampiero, non comprensiva dei rischi derivanti dalla esecuzione del contratto di appalto intercorso l’assicurato ed il Comune di Fasano; b) la nullità del contratto di assicurazione ai sensi degli artt. 1892 e 1893 cod.civ., per inesatte e reticenti dichiarazioni rese in sede di stipula dell’assicurato che affermava la pendenza di pochi giudizi di modesto valore; c) la insussistenza ei presupposti della invisibilità oggettiva ed imprevedibilità soggettiva, necessari per la configurabilità di una insidia e/o trabocchetto, potenzialmente generatori a carico dell’ente proprietario ella strada della responsabilità civile verso terzi; d) la ascrivibilità del fatto alla colpevole disattenzione della conducente attrice, per difetto della ordinaria diligenza di cui all’art.1227 comma 2 cod. civ.. Nelle memorie autorizzate ai sensi dell’art.183 ultimo comma cod.civ. all’esito della udienza i trattazione ella causa, la parte attrice precisava che la domanda risarcitoria era fondata in via principale sulla ordinaria ipotesi di responsabilità aquilana di cui all’art.2043 cod.civ. e, in via subordinata, sulla disposizione di cui all’art.2051 cod.civ.

All’esito, con ordinanza emessa ex art.184 c.p.c. il 29-03-2004, il G.U. ammetteva i mezzi i prova richiesti alle parti. Espletati i quali il giudizio era rinviato per la precisazione delle conclusioni.

MOTIVI DELLA DECISIONE

I.- Preliminarmente deve essere dichiarata la irricevibilità della comparsa conclusionale depositata da M. Giampiero solo il 15-03-2005, e, pertanto, oltre il termine perentorio del 14-05-2005 assegnato dal G.U. con la ordinanza emessa il 13.01.2005.

Nel merito occorre rilevare come nell’atto di citazione la parte attrice fondi la propria domanda sulla asserita violazione del neminem laedere da parte della P.A., essendo essa venuta meno al dovere di mantenere le strade pubbliche in condizioni di regolare viabilità evitando al contempo la insorgenza di asperità costituenti insidia e/o trabocchetto per l’utente, come si desume dal tenore letterale dell’atto introduttivo: “…poiché la responsabilità del sinistro ricade esclusivamente sul Comune di Fasano, il quale ometteva di osservare il controllo sulla manutenzione e viabilità del tratto stradale in questione…”

Così facendo parte attrice evoca indiscutibilmente la ipotesi generale di cui all’art.2043 cod.civ., atteso che elemento costitutivo del giudizio di responsabilità fondato sulla predetta disposizione e, tra gli altri, la condotta dolosa o colposa del danneggiante, correttamente identificata dalla parte attrice nella omissione dell’obbligo di manutenzione elle strade.

Soltanto nella memoria di trattazione depositata ai sensi dell’art.183 ultimo comma del c.p.c., e destinata alla emendatio libelli, la parte attrice fonda la propria domanda sulla diversa ipotesi normativa i cui all’art.2051 cod.civ. che, richiedendo per la imputazione del fatto dannoso la sola accertata sussistenza del nesso di causalità tra questo e la condotta lesiva, e relegando il ruolo della colpa a mera causa esimente della detta responsabilità, consentendo al convenuto i provare la addebitabilità del fatto al caso fortuito anche con il c.d. metodo indiretto, ovverosia ricorrendo anche con il c.d. metodo indiretto, ovverosia ricorrendo alla equazione casus=non culpa, introduce una vera e propria mutatio libelli,1 inammissibile per esser la fase di trattazione destinata alla sola precisazione della domanda già proposta con l’atto introduttivo, e non anche alla formulazione di una nuova , a meno che questa non sia conseguenza immediata e diretta delle eccezioni sollevate dal convenuto.

In ogni caso la fattispecie dedotta in giudizio dall’attore non può esser ricondotta nell’alveo di operatività segnato all’art.2051 cod.civ..

E’ infatti provato agli atti che il sinistro si è verificato su di una strada comunale – via Egnazia in agro di Fasano – facente parte del c.d. demanio accidentale comunale ex artt.822 comma 2 e 824 cod.civ. e, pertanto, aperta all’uso generale delle collettività che si esercita mediante la fruizione uti civis delle utilità che al bene è possibile trarre secondo la sua propria estinazione e attitudine.

Nei confronti i siffatti beni non è configurabile una responsabilità ex art. 2051 cod.civ. a carico dell’Ente proprietario in quanto essi, per la loro estensione e per la apertura all’uso generale della collettività, non consentono all’Ente il realistico esercizio di quei poteri di controllo e vigilanza destinati a prevenire l’insorgenza dal determinismo della cosa di processi generatori di eventi lesivi di diritti ed interessi dei terzi2.

L’esclusione in parola trova il proprio fondamento nel principio ad impossibilia nemo tenetur3 e nella ratio su cui è fondata la responsabilità per cose in custodia ex art.2051 cod.civ.. richiedendo questa pur sempre la esigibilità dal custode di una condotta di controllo e vigilanza astrattamente idonea ad impedire la propagazione dalla cosa del determinismo produttivo dell’evento dannoso di talchè ogniqualvolta risulti in concreto la impossibilità per il custode di esercitare un siffatto potere, viene ad essere processualmente prova la sussistenza del caso fortuito, inteso come evento dotato di autonoma efficacia etiologica sulla produzione dell’evento dannoso, e che il custode era impossibilitato ad evitare.

La speciale ipotesi di responsabilità di cui all’art.2051 cod. civ. è infatti ricondotta dalla dottrina e dalla giurisprudenza nell’alveo delle ipotesi i responsabilità oggettiva, connotate da rapporto di specialità con il paradigma generale della responsabilità civile costituito dall’art.2043 cod.civ. che, tra i propri elementi costitutivi, esige invece la accertata sussistenza dell’elemento psicologico del dolo o della colpa.

Siffatto rapporto di specialità si estrinseca innanzitutto nella diversità dei presupposti, essendo la ricorrenza ella fattispecie di cui all’art.2051 cod.civ. fondata sul rapporto di custodia con la res, e sulla produzione di un evento annoso per i terzi che sia il risultato etiologico di una serie causale che abbia come fattore produttivo proprio la cosa custodita.

Laddove, invece, la generale ipotesi di responsabilità aquiliana è fondata sull’azione antigiuridica colposa e dolosa produttiva di un danum iniuria datur.

I tratti differenziali più marcati si apprezzano tuttavia essenzialmente in tema di onere della prova, nella fattispecie speciale dovendo l’attore-danneggiato provare solo il nesso i causalità tra la cosa e l’evento lesivo, e non già, come nella ipotesi generale, la esistenza di una azione antigiuridica colposa o dolosa del custode, mentre quest’ultimo, per liberarsi, dovrà provare l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale e, cioè, un fattore esterno – che può essere anche il fatto di un terzo o dello stesso danneggiato – che presenti i caratteri del fortuito e, quindi, dell’imprevedibilità e dell’eccezionalità4.

Nondimeno siffatta prova liberatoria, che non può evidentemente ridursi ad un vera e propria probativo diabolica, potrà essere efficacemente fornita non solo in modo diretto, attraverso la prova positiva del fortuito accidentale verificatosi, ma anche in modo indiretto secondo la nota equazione casus=non culpa, ovverosia dimostrando la oggettiva impossibilità di esercitare un effettivo esercizio del potere di controllo sulla cosa custodita, tale da poter efficacemente escludere la operatività dalla causa esterna produttiva dell’evento dannoso.

E proprio grazie a questa seconda e corretta lettura della ipotesi speciale di responsabilità si comprende agevolmente la ratio della esclusione in parola: la vasta estensione dei beni in parola rende impossibile5 e, quindi inesigibile la osservanza di quei poteri doveri di controllo e vigilanza sul determinismo della res che il custode può e deve porre in essere al fine di scongiurare la propagazione di serie causali produttive i eventi lesivi di diritti ed interessi dai terzi; attività di controllo e vigilanza che, invece, sono realisticamente esercitabili e, pertanto, esigibili, in relazione a beni demaniali e/o patrimoniali che coniughino la più ridotta estensione con l’interdizione all’uso indiscriminato della collettività6.

Tanto, tuttavia, non esclude la responsabilità della P.A. e, in genere, dell’ente proprietario dei beni di si vasta estensione, dovendo questa esser fondata sul precetto generale del neminem laedere imposto dall’art.2043 cod. civ., in forza del quale saranno sempre sindacabili dal giudice ordinario i comportamenti della P.A. e dell’Ente proprietario dei beni di vasta estensione che non siano ossequiosi delle apposite discipline e delle regole di comune prudenza e cautela, rivolte a preservare la integrità dei diritti ed interessi dei terzi7; e che la mancata osservanza da parte della P.A. delle regole e discipline in parola, potrà configurare a suo carico una responsabilità civile ogni qualvolta la omissione dell’assolvimento dell’obbligo di manutenzione determini sui beni in parola la insorgenza di una situazione di insidia o trabocchetto8.

E’ così necessario esaminare se gli elementi costitutivi della responsabilità aquiliana fondata sull’art.2043 cod.civ. siano rinvenibili nella odierna vicenda; e, naturalmente, l’onere ella prova incomberà integralmente a carico ella parte attrice, dovendo in difetto soccombere ai sensi dell’art.2697 cod.civ..

II. – La valutazione della sussistenza della insidia e/o trabocchetto integra una tipica valutazione in fatto da effettuare in concreto sulla scorta della disamina delle circostanze di tempo e di luogo, e è riservata al giudice di merito il cui apprezzamento, se congruamente motivato, è immune da censure di legittimità.

Nella valutazione in parola assume rilievo preminente la diretta osservazione del luogo di causa, effettuata mediante ispezione giudiziale o disamina di idonee riproduzioni fotografiche offerte dalla parte in assolvimento all’onere probatorio di cui all’art.2697 cod.civ..
Dalle fotografie prodotte nel fascicolo attoreo si evince che la buca è ubicata in prossimità del margine destro della carreggiata lungo una curva sinistroconvessa (o destrosa che dir si voglia), subito dopo seguita da una seconda curva estroversa (o sinistrorsa).

E’ di rilevanti dimensioni – “notevoli” nella deposizione del teste Pepe Tommaso -, il che costituisce ex se un indice oggettivo di visibilità: è difficile negare che una entità naturalistica risulti tanto più visibile quanto più estesa.

E se pur il fatto è accaduto in ora notturna e, quindi, in assenza di visibilità naturale ed artificiale, non può revocarsi in dubbio come la predetta buca fosse senz’altro visibile al conducente che diligentemente avesse attivato i dispositvi di illuminazione imposti agli artt.152 e 153 del C.d.S.

Il tutto anche considerando come, sia la ora notturna, che il tratto di strada curvilineo, che l’assenza di illuminazione artificiale, e la particolare angustia della carreggiata (“…la strada dove è avvenuto il sinistro è piuttosto stretta e è a doppio senso di marcia…”) oggettivamente riscontrabile dalle riproduzioni fotografiche, imponessero una velocità particolarmente moderata, in forza del combinato disposto degli articoli 142 comma 5 e 141 3 del C.d.S.

La velocità prudenziale così determinata, unitamente al rispetto dell’obbligo di mantenere la distanza di sicurezza dal veicolo che precedeva l’auto condotta dalla attrice – imposto dall’art.149 C.d.S. -, avrebbero certamente consentito alla sig.ra Giampaolo I. di poter affrontare al meglio la asperità che era certamente visibile perché illuminata dal fascio di luce dei proiettori anabbaglianti

Ma ulteriori elementi emersi dalla istruttoria depongono in senso sfavorevole all’accoglimento della domanda.

La vettura condotta dalla attrice era, infatti, preceduta da altro veicolo che ha felicemente superato l’asperità senza mostrare “…alcun tipo di sbandamento o di inusuale manovra…” (teste Trisolino Loredana), nonostante le dimensioni “notevoli” (teste Pepe Tommaso) della buca, ubicata in una strada “piuttosto stretta” (teste Pepe Tommaso) costringevano necessariamente il veicolo alla seguente alternativa: o impattare nella buca, o evitare la buca con una manovra ‘emergenza che certamente non sarebbe passata inosservata alla attenzione ella signora Trisolino Loredana.

Proprio l’assetto di marcia costante conservato dal veicolo precedente la vettura condotta dalla attrice, costituisce prova logica della inoffensività della asperità presente sul fondo stradale.

Posto che il conducente precedente non ha compiuto alcuna manovra d‘emergenza per evitare la buca, è così evidente come, date le sue dimensioni rapporte alla angustia della carreggiata, essa ha potuto tranquillamente essere attraversata dal veicolo seguito dalla attrice senza imprimergli alcuna alterazione nella condotta di marcia.

Il che è confermato dal teste Pepe Tommaso che dichiarava: “preciso che ho visto soltanto lo sbandamento dell’auto; posso tuttavia affermare che nella buca citata ci sono finito io stesso, riuscendo comunque a controllare l’auto.”

Il testimone, pertanto, non solo non ha visto il momento di materiale collisione dell’autovettura della Giampaolo con il muretto – evento al quale solo possono evidentemente imputarsi i danni materiali assertivamente riportati dal veicolo della attrice -, ma ha pure attraversato la buca senza subire conseguenze di sorta, così come aveva fatto anche il conducente dei veicolo che precedeva quello della attrice.

Il quadro probatorio ostativo all’accoglimento della domanda si completa con ulteriori rilievi.
Delle fotografie prodotte si evince che la buca era ubicata lungo il margine interno della curva sinistroconvessa – o destrorsa -, e, pertanto, il veicolo che la affrontava doveva necessariamente procedere con l’asse longitudinale diretto verso il centro della carreggiata, tangente alla semicirconferenza delineata dal margine interno della curva.
Ditalchè un eventuale sbandamento laterale del veicolo in proiezione quasi ortogonale al latitante muretto in pietra.
Senonchè dalle fotografie della Opel Tigra si evince che le lesioni sono presenti lungo tutto il paraurti anteriore, e persino sullo spigolo sinistro, che si trovava in posizione diametralmente opposta all’ipotetico punto di impatto tra la Opel Tigra ed il muretto latitante.

Secondo la narrazione della attrice, infatti, l’urto non avrebbe potuto che verificarsi tra lo spigolo anteriore destro dell’auto e il muretto, mentre la diffusione delle lesioni su tutto il paraurti anteriore, incluso lo spigolo anteriore sinistro, è indice di un impatto di tipo frontale, con l’asse longitudinale della Opel Tigra perfettamente perpendicolare ed ortogonale al corpo sui cui il veicolo va ad impattare.
Ditalchè appare oggettivamente inverosimile che le lesioni raffigurate dalle fotografie prodotte siano state causate da un incidente così come descritto dalla parte attrice.

E’ così evidente che l’incidente in parola o non si è verificato affatto o è ascrivibile al fatto e colpa esclusiva della attrice9 per effetto del principio di autoresponsabilità che costituisce la frontiera estrema della responsabilità civile, normativamente segnata dal primo comma dell’art.1227 cod.civ., in forza del quale ognuno deve risentire sulla propria sfera giuridica delle conseguenze della mancata adozione delle cautele e delle regole di comune prudenza che identificano il contenuto di diligenza esigibile dal soggetto giuridico nei comportamenti adottati nella vita sociale.

In presenza di negligenza e disattenzione dell’utente della pubblica via, ogni asperità, anche la più insignificante, può trasformarsi in una insidia e/o trabocchetto idonei a fondare la responsabilità civile della P.A..

Ne consegue che la buca deve considerarsi visibile quanto meno ai fini di escludere la circostanza della “invisibilità” oggettiva che, unitamente alla imprevedibilità soggettiva, deve sempre caratterizzare la asperità del fondo stradale affinché questa possa configurare la ipotesi di insidia10 generatrice di responsabilità a carico dell’Ente proprietario della strada stessa, oberato ex lege dell’obbligo di custodia nei limiti in cui esso è esigibile in relazione alla estensione dei beni da vigilare11; e che, pertanto, essa buca non costituisca insidia stradale12 poiché per le circostanze in cui si è verificato l’accaduto, era dall’attore concretamente visibile ed evitabile mediante l’esercizio doveroso dei poteri di controllo e vigilanza che devono contrassegnare la diligente condotta di chi utilizza uti civis i beni demaniali aperti alla fruizione della generalità dei consociati13.

III.- La domanda attrice deve così essere rigettata per infondatezza, con condanna della sig.ra Giampaolo alla rifusione delle spese e competenze legali in favore del Comune di Fasano.

IV.- La domanda di garanzia impropria proposta dal Comune di Fasano contro M. Giampiero titolare di omonima impresa individuale Edil Mar, in forza del contratto di appalto stipulato inter partes, è subordinata all’accoglimento della domanda attrice; ed ugualmente è a dirsi in ordine alla domanda dispiegata dalla Edil Mar contro la Lloyd Adriatico Assicurazioni spa.

Quest’ultima deve essere rigettata per infondatezza, in accoglimento delle argomentazioni difensive dispiegate da essa compagnia assicuratrice, con condanna del chiamante alla rifusione di spese e competenze di lite in favore della chiamata.

Il contratto di assicurazione stipulato da M. Giampiero ha infatti ad oggetto la responsabilità aquiliana incombente sull’imprenditore per fatti relativi alla esecuzione dei contratti di lavoro autonomo stipulati.

Nella vicenda sottoposta a giudizio, invece, il Comune di Fasano deduce la responsabilità contrattuale del M., al quale si addebita di non aver adempiuto alle obbligazioni derivanti dal contratto di appalto stipulato con esso Comune di Fasano.

Ne consegue che la polizza assicurativa copre i rischi derivanti dal “facere” dell’imprenditore, e non già da quelli inerenti il “non facere”, rilevanti solo nel rapporto contrattuale interno esistente tra l’appaltante Comune e l’appaltatore, mentre nei confronti dei terzi risponderà sempre e solo il Comune proprietario della res dannosa.

La reiezione della domanda principale determina la sopravvenuta carenza di interesse nelle domanda dispiegata dal convenuto Comune di Fasano, contro M. Giampiero, e la parte attrice deve sentirsi condannare alla rifusione di spese e competenze anche in favore di queste ultima14.

V.- Le altre domande ed eccezioni delle parti, in quanto infondate, devono essere rigettate.

VI.- Nella redazione della presente sentenza si è tenuto conto dell’obbligo imposto dall’art.112 c.p.c. al giudice di pronunciare su tutti i capi autonomi di domanda, e su tutte le eccezioni ritualmente sollevate dalle parti su questioni non rilevabili di ufficio; purchè, naturalmente, i primi e le seconde siano entrambi proposti entro i termini imposti dalla maturazione delle c.d. preclusioni assertive, coincidenti con lo spirare della fase di trattazione della causa di cui all’art.183 c.p.c., essendo la tardiva proposizione rilevabile anche d’ufficio e pur in assenza di opposizione della controparte15, mentre il mancato rilievo non integra il vizio di omessa pronuncia poiché nessun potere-dovere incombe sul giudice per effetto della formulazione di domande inammissibili16.

In forza del principio dispositivo iudes iuxta provata et alligata iudicare debet, mentre la parte è signore del fatto, che ha l’onere di allegare nei termini perentori imposti dalla maturazione delle c.d. preclusioni assertive17, e successivamente provare, il giudice è signore del diritto, con la conseguenza di vedere la operatività del principio c.d. del chiesto e pronunciato limitata dal concorrente principio iura novit curia, che consente al giudice, nell’ambito dei fatti materiali allegati e provati delle parti, di attribuire qualificazioni giuridiche differenti da quelle impiegate dalle parti, qualificando autonomamente l’azione proposta anche in difformità del nomen iuris adottato dalla parte18, ed utilizzando principi giuridici anche non invocati negli scritti difensivi, ferma restando la cristallizzazione del thema decidendum all’esito del compimento della fase di trattazione della causa.

Principio quello del iura novit curia, che spiega i suoi effetti anche nel grado di appello19, pur se in tema di qualificazione della domanda operata dal primo giudice incombe sulla parte l’onere di proporre sul punto uno specifico motivo di gravame20.

E la corretta distinzione tra fatti addotto a sostegno della pretesa e qualificazione giuridica dei medesimi, conduce a escludere che il giudice alteri la natura dell’azione proposta – restando di conseguenza escluso il vizio di ultra petizione – quando si limiti ad effettuare una diversa valutazione giuridica della causa pretendi, senza mutare officiosamente i fatti materiali allegati dalla parte, che soli contribuiscono ad individuarla come elemento costitutivo della azione21, unitamente alle parti ed al petitum, con consequenziale sensibile riduzione dell’ambito di operatività dell’ultrapetizione22.

Nella stesura della motivazione si è altresì tenuto conto dello insegnamento giurisprudenziale secondo cui questa deve consistere nella esposizione delle argomentazioni in fatto ed in diritto poste a fondamento della adottata decisione, fedelmente riproduttive dell’iter logico-giuridico seguito dal giudice, senza necessità di soffermarsi nella disamina di tutte le argomentazioni sviluppate dalle parti23, che debbono così intendersi come ritenute non pertinenti e non risolutive ai fini della definizione del giudizio qualora non espressamente richiamate nei motivi della decisione.

Ugualmente è a dirsi in relazione all’obbligo di motivare sulla valutazione del materiale probatorio raccolto, che non deve certamente avvenire passando analiticamente in rassegna tutte le risultanze istruttorie ma, in un ordinamento giuridico che non conosce una gerarchia tra i mezzi di prova24 e che limita a poche ipotesi i casi di c.d. prova vincolante, deve consistere nella semplice indicazione degli elementi che hanno condotto il giudicante al convincimento esternato nella decisione25, dovendosi ritenere implicitamente disattesi quelli non espressamente richiamati e che con i primi siano incompatibili.

Dalla inconfigurabilità di un obbligo di confutare analiticamente ogni argomentazione in fatto e diritto sviluppata dalle parti di causa, discende la insussistenza di ogni ipotesi di omessa pronuncia quando il giudice adotti nel dispositivo una statuizione di accoglimento o rigetto su di un autonomo capo di domanda, formulandola anche solo implicitamente mercè l’assorbimento in altre statuizioni decisorie incompatibili26, e pur in assenza di una apposita argomentazione nella parte motiva27.

VII. – In merito al regolamento delle spese di lite, nella liquidazione degli onorari si è tenuto conto non solo della natura e del valore della controversia, ma anche e soprattutto dell’importanza e del numero delle questioni trattate, e dell’attività effettivamente svolta dall’avvocato.

P. Q. M.

Il Tribunale di Brindisi-Sezione distaccata di Fasano, in persona del Giudice Civile Monocratico, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da Giampaolo I. nei confronti del Comune di Fasano; sulla domanda proposta dal Comune di Fasano contro M. Giampiero, e sulla domanda da questi proposta contro Lloyd Adriatico Assicurazioni Assicurazioni spa, così provvede:

VIII.- rigetta la domanda di Giampaolo I., e la condanna al pagamento di spese e competenze di lite in favore del Comune di Fasano, che liquida in euro 160,00 per borsuali, euro 1400,00 per diritti, euro 1900,00 per onorari, oltre a rimborso forfetario del 12,5% su diritti ed onorari, oltre a cna ed iva come per legge, oltre a spese di registrazione della sentenza;

IX. - dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse la domanda proposta dal Comune di Fasano contro M. Giampiero;

X. - condanna Giampiero I. alla rifusione di spese e competenze legali in favore di M. Giampiero, che liquida in euro 160,00 per borsuali, euro 1400,00 per diritti, euro 1900,00 per onorari, oltre a rimborso forfetario del 12,5% su diritti ed onorari, oltre a cna ed iva come per legge;

XI.- Rigetta la domanda proposta da M. Giampiero contro il Llyod Adriatico Assicurazioni spa;

XII. – condanna M. Giampiero alla rifusione di spese e competenze legali in favore di Llyod Adriatico Assicurazione spa, che liquida in euro 160,00 per borsuali, euro 1400,00 per diritti, euro 1900,00 per onorari, oltre a rimborso forfetario del 12,5% su diritti ed onorari, oltre a cna ed iva come per legge;


Così deciso nella camera di consiglio del Tribunale di Brindisi Sez.Dist. di Fasano in data 7 aprile 2005

Il Giudice
dott. Alberto Munno


Depositata in Cancelleria il 13 aprile 2005



Note:

1 “L’azione di responsabilità per custodia ex art 2051 cod.civ. presuppone sul piano etiologico e probatorio accertamenti diversi, e coinvolge distinti temi di indagine rispetto all’azione di responsabilità per danni a norma dell’art.2043 cod.civ., trattandosi di accertare, in quest’ultimo caso, se sia stato attuato un comportamento commissivo o omissivo dal quale è derivato un pregiudizio a terzi, e dovendosi prescindere invece, nel caso di responsabilità per danni da cosa in custodia, dal profilo del comportamento del custode, che è elemento estraneo alla struttura della fattispecie normativa di cui all’art.2051 cod.civ., nella quale il fondamento della responsabilità è costituito dal rischio che grava sul custode per i danni prodotti dalla cosa che non dipendano dal caso fortuito. Ne consegue che proposta in primo grado domanda di risarcimento danni ex art.2043 cod.civ., subordinata in primo grado, è soggetta in appello al divieto dello ius novorum, trattandosi di domanda che comporta il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato e che, modificando l’oggetto sostanziale dell’azione e i termini della controversia, pone in essere una pretesa diversa da quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si sia svolto in quella sede il contraddittorio “ (Cass. Civ.Sez.III n.12329 del 06-07-2004; conformi Cass.Civ.Sezioni Unite n.10893 del 07-08-2001, Cass.Civ.Sez.III n.7938 del 12-06-2001)


2 “La presunzione di responsabilità per danni cagionati dalle cose in custodia, di cui all’art.2051 cod.civ. non si applica agli enti pubblici ogni qualvolta il bene, sia esso demaniale o patrimoniale, per le sue caratteristiche – estensione e modalità d’uso – è oggetto o di una utilizzazione generale e diretta da parte di terzi che limita in concreto la possibilità di custodia e vigilanza sulla cosa. “ (Cass.Civ.Sez.III sent. n.265 del 15-01-1996 Ferrovie dello Stato c. Enel, Cass.Civ.Sez.III sent.n.5990 del 16-06-1998).

“La presunzione di responsabilità di cui all’art.2051 cod.civ. non opera nei confronti della P.A. per danni cagionati a terzi da beni demaniali sui quali è esercitato un uso ordinario, generale e diretto da parte dei cittadini, quando l’estensione del bene demaniale renda impossibile l’esercizio di un continuo ed efficace controllo che valga ad impedire l’insorgenza di cause di pericolo per i terzi “ (Cass.Civ. Sez.III sent.10759 del 28-10-1998 Anas c. Agostino).


3 “In materia di responsabilità civile per i danni conseguenti ad omessa o insufficiente manutenzione di strade pubbliche – nel caso, strada comunale – l’art.2051 cod.civ. trova applicazione nei confronti della P.A. – nel caso, Comune – non solo nelle ipotesi in cui essa svolga una determinata attività sulla strada, ma ogni qualvolta non sia ravvisabile l’oggettiva impossibilità di un esercizio del potere di controllo dell’ente sulla strada in custodia, in dipendenza del suo uso generale da parte dei terzi e della notevole estensione del bene” (Cass.Civ.Sez.III n.11446 del 23-07-2003).


4 Cass.Civ.Sez.III n.2062 del 04-02-2004.


5 “La presunzione di responsabilità di cui all’art.2051 cod.civ. non opera nei confronti della P.A. per danni cagionati a terzi da beni demaniali sui quali è esercitato un uso ordinario generale e diretto da parte dei cittadini, quando l’estensione del bene demaniale renda impossibile l’esercizio di un continuo ed efficace controllo che valga ad impedire l’insorgenza di cause di pericolo per i terzi. Tali principi sono applicabili pure nell’ambito del demanio stradale nel quale debbono intendersi comprese, oltre alla sede stradale, le zone limitrofe che siano anch’esse di proprietà della stessa P.A.” (Cass.Civ.Sez.III n.11366 del 31-07-2002).

6 “E’ configurabile a carico della P.A. una responsabilità ex art.2051 cod.civ. in relazione a beni, demaniali o patrimoniali, non soggetti ad uso generale della collettività, i quali consentano, per effetto della loro limitata estensione territoriale, un’adeguata attività di vigilanza e controllo da parte dell’ente ad essi preposto. “ (Cass.Civ.Sez.III n.6515 del 02-04-2004).


7 “La discrezionalità e la conseguente insindacabilità da parte del giudice ordinario dei criteri e dei mezzi con i quali l’amministrazione realizza e mantiene un’opera pubblica, trovano un limite nell’obbligo dell’amministrazione medesima di osservare, a tutela dell’incolumità dei cittadini e dell’integrità del loro patrimonio, le specifiche disposizioni di legge e di regolamento disciplinati quelle attività, nonché le comuni norme di diligenza e prudenza, con la conseguenza che l’inosservanza di dette disposizioni e norme comporta la responsabilità dell’amministrazione per i danni arrecati ai terzi” (Cass.Civ.Sez.III sent n.3631 del 28-04-1997 Ana c.Romano).


8 “L’ente proprietario della strada aperta al pubblico transito è tenuto a mantenere la stessa in condizioni che non costituiscono per l’utente – che fa ragionevole affidamento sulla sua apparente regolarità – una situazione di pericolo occulto (cosiddetta insidia o trabocchetto) caratterizzata oggettivamente dalla non visibilità e osggettivamente dalla non prevedibilità del pericolo “ (Cass.Civ.Sent.III sent. n.3630 del 28-04-1997 Anas c. Gidia)
“La configurabilità della P.A. per danni conseguenti a difetti di manutenzione delle strade è configurabile quando risulti violato il limite posto alla discrezionalità amministrativa dalla norma primaria e fondamentale del neminem laedere e, particolarmente, quando le strade a causa delle condizioni nelle quali sono tenute presentino per l’utente, che fa ragionevole affidamento sulla loro apparente regolarità, una situazione di pericolo occulto, in relazione al carattere obiettivo della non visibilità ed a quello subiettivo della non prevedibilità” (Cass.Civ. Sez.III sent. n.340 del 17-01-1996).
Cass.Civ.Sez.III sent. N.12314 del 04-12-1998.


9 “In tema di azione per il risarcimento del danno, stabilire se i danni lamentati siano stati tutti e solo conseguenza della condotta altrui o non potessero essere evitati dal danneggiato, in tutto o in parte, costituisce per il giudice esercizio del suo potere di decidere sulla domanda secondo diritto e non richiede un’eccezione del convenuto”. (Cass.Civ.Sez.III n.2154 del 14-02-2001).


10 “In tema di responsabilità da cose in custodia il concetto di insidia o trabocchetto è caratterizzato da una situazione di pericolo occulto connotato dalla non visibilità – elemento oggettivo – e dalla non prevedibilità – elemento soggettivo – e l’indagine relativa alla sussistenza di tale situazione e della sua efficienza causale nella determinazione dell’evento dannoso è demandata al giudice di merito ed è insidacabile in sede di legittimità ove la relativa valutazione sia sorretta da congrua ed adeguata motivazione.” (Cass.Civ.Sez.III sent.n.366 del 14-01-2000 Comune di Altamura c. Ras spa)


11 “Ai fini dell’accertamento della responsabilità dell’Ente pubblico proprietario di una strada per i danni subiti dall’utente a causa delle condizioni di manutenzione della stessa – accertamento da compiersi non in astratto ma in concreto, tenendo conto delle circostanze di tempo e di luogo nelle quali si è verificato il sinistro – assume rilevanza anche la condotta del danneggiato, attesa la possibilità che questi, per colpa, si sia posto in una non corretta relazione con la situazione di pericolo – nella specie una buca .- creando egli stesso le condizioni per non avvedersene e non poterla in seguito evitare.” (Cass.Civ.Sez.III sent.n.4632 del 24-05-1997 Comune di Comiso c. Schembari)


12 “Nell’esercizio del suo potere discrezionale inerente alla esecuzione e manutenzione di opere pubbliche la P.A. incontra limiti derivanti sia da norme di legge regolamentari e tecniche, sia da regole di comune prudenza e diligenza, prime tra tutte quella del neminem ledere, in ossequio alla quale essa è tenuta a far si che l’opus publicum – in particolare una strada aperta al pubblico transito – non integri per l’utente gli estremi di una situazione di pericolo occulto – cosiddetta insidia o trabocchetto -; questa situazione ricorre, in particolare, quando lo stato dei luoghi è caratterizzato dal doppio e concorrente requisito della non visibilità oggettiva del pericolo e della non prevedibilità subiettiva del pericolo stesso.” (Cass.Civ.Sez.III sent. N.5989 del 16-06-1998 Zitelli c. Comune di Maddaloni, Cass.Civ.Sez.III sent.11162 del 12-11-1997, Cass.Civ.Sez.III sent.11455 del 12-11-1998, Cass.Civ.Sez.III sent. n.6463 del 16-05-2000).


13 “Costituisce insidia stradale ogni situazione di pericolo che l’utente medio, usando la normale diligenza richiesta dalla particolare situazione in cui si trova, non può obbiettivamente prevedere: onde al fine di escludere la responsabilità risarcitoria dell’ente che abbia di fatto la gestione della strada è necessaria la dimostrazione da parte dell’ente stesso che nonostante la obiettiva esistenza della insidia l’utente fosse soggettivamente in grado di prevederla o di evitarla. Il relativo apprezzamento da parte del giudice è incensurabile in sede di legittimità ove correttamente ed adeguatamente motivato.” (Cass.Civ. Sez.III sent.n.191 del 12-01-1996 Comune Cava dei Tirreni c.Esposito).


14 “Il rimborso delle spese processuali sostenute da chi sia stato chiamato in garanzia dal convenuto legittimamente viene posto a carico dell’attore ove questi risulti soccombente nei confronti del convenuto in ordine a quella che ha provocato e giustificato la chiamata in garanzia” (Cass.Civ.Sez.II n.2330 del 01-03-1995 Semeraro c.Cirillo).


15 “Il regime di preclusioni introdotto nel rito civile ordinario riformato deve ritenersi inteso non solo a tutela dell’interesse di parte ma anche dell’interesse pubblico al corretto e celere andamento del processo, con la conseguenza che la tardività di domande eccezioni ed allegazioni e richieste deve essere rilevata d’ufficio dal giudice indipendentemente dall’atteggiamento processuale della controparte al riguardo,” (Cass.Cic.Sez.I n.4376 del 07-04-2000 De Marco c. Fapa di Pellegrini).


16 “Il vizio di omessa pronuncia da parte del giudice di appello non è configurabile in relazione ad una domanda nuova, giacchè la proposizione di una domanda inammissibile non determina l’insorgere di alcun potere-dovere del giudice adito di pronunciarsi su di essa” (Cass.Civ.Sez.Lavoro n.11933 del 07-08-2003)


17 “Nel sistema delle preclusioni introdotto dalla legge 26-11-1990 n.353 anche per le allegazioni di parte il thema decidendum non è più modificabile dopo la chiusura della prima udienza di trattazione – art.183 comma 1 c.p.c., o la scadenza del termine concesso dal giudice ai sensi dell’art.183 quinto comma c.p.c. potendo soltanto, dopo dette scadenze, formulare istanze istruttorie per provare i fatti allegati.“ (Cass.Civ.Sez.II n.9323 del 17-05-2004).


18 “Nell’esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda, il giudice di merito non è condizionato dalla formula dalla parte, dovendo egli tener conto del contenuto sostanziale della pretesa come desumibile dalla situazione dedotta in giudizio e dalle eventuali precisazioni formulate nel corso del medesimo, nonché del provvedimento in concreto richiesto, senza altri limiti che quello di rispettare il principio della corrispondenza della pronuncia alla richiesta e di non sostituire d’ufficio una diversa azione a quella formalmente proposta.” (Cass.Civ.Sezioni Unite n.27 del 21-02-2000, Cass.Civ.Sez.II n.2908 del 27-02-2001, Cass.Civ.Sez.Lavoron.424 del 19-01-1998, Cass.Civ.Sez.II n.7941 del 29-09-1994, Cass.Civ.Sez.Lavoro n.900 del 02-02-1996, Cass.Civ.Sez.I n.383 del 15-01-1999, Cass.Civ.Sez.I n.10493 del 24-09-1999, Cass.Civ.Sez.I n.2574 del 20-03-1999, Cass.Civ.Sez.II n.8879 del 03-07-2000).


19 “Non ricorre nella violazione del principio della corrispondenza tra il richiesto ed il pronunciato il giudice d’appello che, rimanendo nell’ambito del petitum e della causa petendi, confermi la decisione impugnata sulla base di ragioni diverse da quelle adottate dal giudice di primo grado o formulate dalle parti, mettendo in rilievo nella motivazione elementi di fatto risultanti dagli atti ma non considerati o non espressamente menzioanti dal primo giudice”. (Cass.Civ.Sez.Lavoro n.3100 del 10-04-1997 Inps clemente).


20 “Il potere di qualificazione della domanda nei gradi successivi al primo va, inoltre, coordinato con i principi propri del sistema delle impugnazioni, sicchè, con riferimento all’appello, deve ritenersi precluso al giudice del secondo grado di mutare d’ufficio, in mancanza di gravame sul punto, la qualificazione operata dal primo giudice. “ (Cass.Civ.Sez.III n.6712 del 15-05-2001).


21 “Per causa pretendi debbono intendersi non solo e non tanto le ragioni giuridiche addotte a fondamento della pretesa avanzata, quanto e soprattutto l’insieme delle circostanze di fatto che la parte pone a base della propria richiesta, essendo compito del giudice individuare correttamente gli effetti giuridici derivanti dai fatti dedotti in causa. “ (Cass.Civ.Sez.I n.14142 del 27-10-2000, Cass.Civ.Sez.I n.11157 del 13-12-1996).


22 “Il vizio di ultra o extrapetizione ricorre quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti ovvero su questioni estranee all’oggetto del giudizio e non rilevabili di ufficio, attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato, fermo restando che il giudice è libero non solo di individuare l’esatta natura dell’azione e di porre a base della pronuncia adottata considerazioni di diritto diverse da quelle prospettate dalle parti, ma di rilevare altresì indipendentemente dall’iniziativa della parte convenuta la mancanza degli elementi che caratterizzano l’efficacia costitutiva o estintiva di una data pretesa, in quanto ciò attiene all’obbligo inerente la esatta applicazione della legge.” (Cass.Civ.Sez.Lavoro n.8636 del 24-06-2000, Cass.Civ.Sez.I n.4923 del 16-05-1998, Cass.Civ.Sez.III n.18236 del 28-11-2003).

“ Il principio della corrispondenza tra il richiesto e pronunciato fissato dall’art.112 c.p.c. implica unicamente il divieto per il giudice di attribuire alla parte un bene non richiesto o comunque di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella domanda, ma non osta che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostituzione dei fatti di causa, alla stregua delle risultanze istruttorie, autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti, nonché in base ad una norma giuridica diversa da quella invocata dall’istante.” (Cass.Civ.Sez.Lavoro n.6006 del 22-06-1994, Cass.Civ.Sez.Lavoro n,914 del 02-02-1996, Cass.Civ.Sez.III n.8258 del 30-08-1997, Cass.Civ.Sez.II n.2730 del 23-03-1999),


23 “Al fine di adempiere all’obbligo della motivazione, il giudice del merito non è tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze processuali e a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo aver vagliato le une e le altre nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi per implicito tutti gli altri rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata.” (Cass.Civ.Sez.Lavoro n.5748 del 25-05-1995, Cass.Civ.Sez.II n.5169 del 10-06-1997).


24 “Poiché nel nostro ordinamento non esiste una gerarchia tra i vari mezzi di prova, anche il comportamento processuale della parte può costituire unica e sufficiente fonte di convincimento del giudice il quale, in siffatta valutazione, può trarre elementi anche dalla circostanza che siano state prospettate nell’ambito dello stesso processo, tesi difensive contrastanti tra loro.” (Cass.Civ.Sez.III n.4 del 06-01-1982).


25 “E’ devoluta al giudice di merito l’individuazione delle fonti del proprio convincimento e, pertanto, anche la valutazione delle prove, il controllo della loro attendibilità e concludenza, la scelta delle risultanze istruttorie ritenute idonee ad acclarare i fatti oggetto della controversia, privililegiando in via logica taluni mezzi di prova e disattendendone altri – in ragione del loro diverso spessore probatorio -, con l’unico limite

Venerdì, 06 Maggio 2005
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