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Corte di Cassazione 04/12/2007

Giurisprudenza di legittimità - Facoltatività del risarcimento diretto

Tribunale Torino, sez. IV civile, sentenza 11.10.2007 n° 6070

Con la recente sentenza n. 6070/2007, dell’11 ottobre 2007, il Tribunale di Torino affronta in un sol colpo le diverse questioni e problematiche sorte con l’introduzione del risarcimento diretto previsto dagli artt. 141 (e 149) del Codice delle Assicurazioni.
Il caso nasce a seguito di un ricorso notificato da un trasportato il quale, avendo subito lesioni in conseguenza ad un sinistro, intraprende l’azione non nei confronti del proprio vettore e della di lui compagnia assicuratrice come previsto dall’art. 141 ma, bensì, contro colui che ritiene civile responsabile del danno e la società assicuratrice di quest’ultimo. Stante le eccezioni sollevate dalla assicurazione costituitasi in giudizio, il Tribunale di Torino cerca di sciogliere i dubbi che attanagliano gli operatori del settore oramai da diversi mesi.

Il caso fortuito
Poiché l’art. 141 C.d.A., al primo comma, prevede che il terzo trasportato sia risarcito dall’impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo, salva l’ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito, il Giudice affronta in primo luogo questa questione, ovvero: il fatto del terzo deve considerarsi caso fortuito? Il Tribunale, pur riconoscendo che la giurisprudenza e la dottrina concordino nel ricondurre il fatto del terzo alla nozione di caso fortuito, ha ritenuto che l’art. 141 del D.Lgs. 209/2005 avrebbe accolto una nozione più restrittiva di caso fortuito, escludendo, pertanto, che nella fattispecie del sinistro stradale previsto dall’art. 141 C.d.A., tale categoria giuridica non ricomprenda il fatto del terzo. Sempre secondo il Tribunale questa sarebbe l’unica interpretazione possibile poiché, altrimenti, non sarebbe stato rispettato il dettato dell’art. 4 lett. B) delle Legge Delega, poiché si costringerebbe il trasportato (che, dovrebbe identificarsi nel consumatore previsto dal citato art. 4) ad individuare esattamente il responsabile civile prima d’intraprendere l’azione.
Naturalmente, l’interpretazione data dal Tribunale di Torino presta il fianco a numerose critiche (il caso è fortuito in base alla sua dinamicità e non certo in base alle conseguenze giuridiche che da esso ne derivino) ma appare l’unica possibile. Se si dovesse ritenere che il fatto del terzo escludesse già di per se l’applicabilità dell’art. 141 C.d.A., tale norma non avrebbe più motivo d’esistere. L’errore, ancora una volta, l’ha commesso il frettoloso legislatore il quale non ha pensato al fatto che nel caso fortuito andava ricondotto anche il fatto del terzo. Ma poiché nella nozione consolidata di caso fortuito rientra anche il concorso colposo del creditore, ci si dovrà chiedere se, quando il trasportato concorra a cagionare il proprio danno (poiché, ad esempio, non indossi le cinture di sicurezza), potrà comunque invocare l’applicazione dell’art. 141 C.d.A.. Ovviamente anche in quel caso, se si dovesse sposare la tesi estensiva data la Tribunale di Torino, dovrebbe trovare applicazione l’art. 141 C.d.A., con buona pace di decenni d’interpretazione giurisprudenziale e dottrinale.

La possibilità d’evocare in giudizio il responsabile civile del danno
La seconda questione che il Tribunale affronta è se il ricorrente avesse o meno la facoltà di esercitare l’azione direttamente anche nei confronti del civile responsabile, conducente-proprietario dell’altro veicolo.
Anche in questo caso viene data risposta positiva. Infatti, sempre secondo il Tribunale, poiché l’art. 141 D.Lgs. 209/2005non reca alcuna espressa preclusione in tal senso” deve ritenersi che il legislatore non abbia voluto escludere le azioni precedentemente esperibili ai sensi degli artt. 2043 e 2054 c.c..
Se ciò può considerarsi pacifico, resta aperta la questione (alla quale il Giudice non poteva dare risposta poiché non interpellato sul punto) se, qualora in giudizio fosse stata citata la sola compagnia del vettore, ai sensi dell’art. 141 C.d.A., anche il vettore medesimo (conducente-proprietario) dovesse essere convenuto ancorchè non responsabile nella causazione del sinistro.
Secondo la logica seguita dal Tribunale di Torino, poiché si ritiene che convenire in giudizio il responsabile civile ex art. 144 D.Lgs. 209/2005 sia una facoltà, mentre nulla si dice sull’obbligatorietà (o facoltatività) del convenire in giudizio il vettore non responsabile (il quale non è stato nella fattispecie chiamato in causa), è da escludere che tale chiamata in giudizio debba-possa avvenire. Pertanto, se il vettore non responsabile non deve partecipare al giudizio (del resto, ciò non è previsto neppure dall’art. 141 D.Lgs. 209/2005) ci si trova nella bizzarra situazione di una possibile causa intrapresa nei confronti della sola compagnia assicuratrice (quella del vettore), che non rappresenta neppure il soggetto responsabile, con tutte le implicazioni procedurali che ciò comporta. Avremmo un danneggiato che agisce per ottenere il risarcimento del danno nei confronti di un solo soggetto (la compagnia assicuratrice del vettore non responsabile) con la quale non ha alcun rapporto neppure di natura contrattuale. E la compagnia assicuratrice medesima non avrebbe neppure la possibilità di chiamare in causa il responsabile del danno (conducente-proprietario del veicolo antagonista) per farsi “raccontare” quanto meno la propria versione dei fatti. Ciò costituisce un grave limite del diritto di difesa per la compagnia assicuratrice, ma potrebbe comportare anche un grave problema per il ricorrente stesso che si troverebbe nella spiacevole situazione di dover provare i fatti a fondamento della propria pretesa risarcitoria senza avere nessuno a cui deferire l’interrogatorio formale. In attesa che il legislatore rimedi alla propria miopia giuridica, non si potrà se non attendere le decisioni sul punto delle Corti Superiori, ivi inclusa quella costituzionale.

La facoltatività del risarcimento diretto
La questione principale che il Tribunale ha dovuto affrontare è stata però quella relativa alla possibilità di convenire in giudizio non la compagnia assicuratrice del vettore come previsto dall’art. 141 D.Lgs. 209/2005, ma bensì la compagnia assicuratrice del responsabile civile. La risposta a tale quesito è di fondamentale importanza poiché tale impostazione giuridica, per analogia, non riguarda solo il danno al trasportato ma anche tutti i danni previsti dall’art. 149 C.d.A.. Infatti, sia l’art. 141 D.Lgs. 209/2005 che l’art. 149 D.Lgs. 209/2005, fanno riferimento all’art. 145 D.Lgs. 209/2005 al fine di consentire l’azione diretta nei confronti anche della compagnia assicuratrice.
Detto questo, il Tribunale di Torino non ha affrontato tutte le questioni di illegittimità costituzionale sollevate in passato dalla dottrina, ma si è limitato ad una, ovvero: poiché l’art. 4 quinquies della Direttiva 2005/14/CE ha previsto che “gli Stati membri provvedono affinchè le persone lese a seguito di un sinistro, causato da un veicolo assicurato ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della Direttiva 72/166/CE, possano avvalersi di un diritto di azione diretta nei confronti dell’impresa che assicura contro la responsabilità civile la persona responsabile del sinistro”, poiché l’art. 4 della legge delega 29.7.2003 n. 229 nel dettare i principi e criteri direttivi ai quali il Governo avrebbe dovuto attenersi nell’emanare il C.d.A., vi era l’adeguamento della normativa alle disposizioni comunitarie e agli accordi internazionali e poiché gli artt. 141 e 149 D.Lgs. 209/2005 non rispecchiano quanto previsto dalle direttive comunitarie, detti articoli sono da ritenersi anticostituzionali non avendo il Governo rispettato i limiti previsti dall’art. 76 della Costituzione.
Da ciò, secondo il Tribunale di Torino, possono sorgere due conseguenze ben precise: la prima, la rimessione degli atti alla Corte Costituzionale affinchè ne dichiari, appunto, l’incostituzionalità; la seconda, la disapplicazione degli artt. 141 e 149 C.d.A., consentendo al danneggiato d’agire direttamente nei confronti della compagnia assicuratrice del civile responsabile.
Il Tribunale di Torino (a differenza del Giudice di Pace di Montepulciano e del Giudice di Pace di Pavullo del Frignano che hanno rimesso gli atti alla Corte Costituzionale) ha ritenuto d’aderire a questa seconda tesi. Ciò, ovviamente, apre un nuovo scenario anche per tutta la fase stragiudiziale. Infatti, a questo punto, se gli artt. 141 e 149 C.d.A., in base alla interpretazione “Costituzionalmente orientata” del Tribunale di Torino sono disapplicabili, nessuno sarà più costretto a chiedere il risarcimento alla compagnia del vettore (in caso di trasportato) o alla propria (in caso di risarcimento diretto ex art. 149 D.Lgs. 209/2005) ma potrà rivolgersi alla compagnia del responsabile civile ai sensi dell’art. 144 C.d.A., con tutte le conseguenze del caso.

Il contenuto della richiesta di risarcimento e la proponibilità della domanda
L’ultima questione che il Tribunale di Torino ha affrontato è stata quella di stabilire se, la raccomandata di messa in mora dovesse contenere, a pena d’improponibilità, tutti i requisiti previsti dall’art. 148 C.d.A., ancorchè non indispensabili alla liquidazione del danno (quale, ad esempio, il codice fiscale).
E’ noto, infatti, che con la previgente legislazione, ovvero la L. 990/69, affinchè la domanda fosse proponibile, non era indispensabile dover indicare nella raccomandata di cui all’art. 22 tutti gli elementi oggi richiesti, purchè la compagnia assicuratrice fosse stata posta in grado di conoscere l’esistenza del sinistro.
Ora, invece, il vento sembrerebbe cambiato. Il Tribunale di Torino, come già aveva fatto alcuna dottrina in precedenza, ha accolta la tesi secondo cui l’art. 148, II comma, C.d.A. ha introdotto un formalismo obbligatorio per la richiesta di risarcimento, la quale deve necessariamente contenere tutte le indicazioni ivi previste. Secondo il Tribunale, le omissioni di alcune indicazioni, ancorchè irrilevanti ai fini risarcitori, costituiscono carenza del contenuto di un atto formale tipico contemplato dall’ordinamento quale condizione di proponibilità della domanda e che, in quanto tale, si sottrae alla disciplina dell’art. 156 c.p.c.. Il Tribunale sostiene che tale gravoso (ed inutile) onere non è incostituzionale poiché di fatto non costituisce una preclusione alla tutela giurisdizionale del diritto ma un semplice e giustificato (?) adempimento preliminare.
Il Tribunale, però, avrebbe dovuto valutare se tale norma di carattere processuale trovi giustificazione nella legge delega e quindi in quanto previsto dall’art. 76 della Costituzione. Se il Giudice si fosse soffermato all’esame anche di tale questione non avrebbe non potuto non rilevare l’incostituzionalità della norma. Infatti, tali inutili adempimento hanno senz’altro “peggiorato” la situazione del danneggiato-consumatore e certamente violato l’art. 4 della Legge 229/03. Inoltre, non emerge da nessuna parte che la legge delega abbia conferito al Governo il potere di introdurre norme che avessero valenza procedurale come quella in esame.
Solo per concludere dobbiamo far notare come il Tribunale di Torino abbia commesso un evidente errore laddove, nell’affermare che il danneggiato non aveva l’obbligo d’inoltrare la denuncia di sinistro avvalendosi del modulo previsto dall’ISVAP (la C.A.I., per intenderci), abbia preso come riferimento il D.P.R. 254/2006. Secondo il Giudice, poiché il D.P.R. 254/2006 è stato emanato dopo il verificarsi del sinistro per cui era causa, e poiché è in detto D.R.P. che è prevista l’obbligatorietà del modulo ISVAP, nel caso in specie, stante l’irretroattività della norma, non doveva trovare applicazione. Peccato che il D.P.R. 254/2006 riguardi solo ed esclusivamente i sinistri previsti dall’art. 149 C.d.A. e non il caso del trasportato danneggiato. In realtà l’obbligatorietà del modulo ISVAP è prevista dall’art. 143 del C.d.A., nonché dal successivo art. 148 D.Lgs. 209/2005, entrambi entrati in vigore antecedentemente al sinistro. Nulla si dice in sentenza, però, sul fatto che, ricevuta la richiesta incompleta la compagnia assicuratrice abbia o meno richiesta l’integrazione ai sensi del comma 5 dell’art. 148 C.d.A.. Infatti, se è vero che la richiesta debba essere completa ai fini della proponibilità della domanda, dovrà essere ritenuto altrettanto vero che se la compagnia non richiede l’integrazione della stessa nei termini di legge, non potrà certamente ritenersi improponibile la successiva domanda giudiziale. Altrimenti non si giustificherebbe in nessun modo il dettato del comma 5 dell’art. 148 C.d.A. il quale impone alla compagnia di richiedere la dovuta integrazione della richiesta risarcitoria incompleta. E’ evidente che la volontà del legislatore, nell’emanare il comma 5, era quella di far ritenere comunque completa la richiesta di risarcimento nel caso in cui la compagnia assicuratrice non sentisse la necessità di richiederne l’integrazione.

(Altalex, 14 novembre 2007. Nota di Fabio Quadri)

Tribunale di Torino
Sezione IV Civile
Sentenza 11 ottobre 2007, n. 6070

Massima e Testo Integrale


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Martedì, 04 Dicembre 2007
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