Interessante in alcuni passi – in altri discutibile
- la sentenza del Giudice di Pace di Borgo San Lorenzo n. 432 emessa in data 22
maggio 2007 su una questione relativa ai danni derivanti dal ritardo
nell’assistenza, dovuta per legge, in caso di difettosità del prodotto venduto
al consumatore. La questione riguardava la richiesta di
risarcimento dei danni subiti dall’attore a causa di un guasto – occorso
durante il periodo di garanzia biennale – alla propria auto acquistata dalla
concessionaria convenuta. Di particolare interesse risultano due statuizioni
una in limine litis relativa alla legittimazione passiva della
convenuta, l’altra nel merito della controversia relativamente alla
risarcibilità dei danni derivanti dai “notevoli inconvenienti” causati al consumatore
dall’intempestivo intervento per la riparazione del bene difettoso. Quanto alla prima statuizione occorre precisare che
la convenuta aveva eccepito l’insussistenza della propria legittimazione
passiva insistendo sul fatto che il concessionario di automobili è un mero
mandatario che agisce per conto del produttore. La tesi è decisamente respinta
dal giudicante, il quale, correttamente inquadrata la fattispecie, identifica
nel concessionario il “venditore” del bene facendo riferimento al rapporto negoziale
tra compratore e concessionario ed al fatto che si tratta di una vendita
cosiddetta “a catena” ove il concessionario non è mero mandatario – o agente –
del produttore ma da questo acquista per rivendere, a suo rischio, a terzi onde
ne consegue la sua diretta responsabilità per i vizi della cosa venduta. Interessante, però, dicevamo anche
l’interpretazione estensiva del dettato normativo dell’articolo 1519 quater del codice civile
(rectius adesso articolo 130, comma 5, Codice
del Consumo. La norma in questione prevede che: “le riparazioni o
le sostituzioni devono essere effettuate entro un congruo termine dalla
richiesta e non devono arrecare notevoli inconvenienti al consumatore,
tenendo conto della natura del bene e dello scopo per il quale il consumatore
ha acquistato il bene”. Orbene, il giudicante tenendo in debito conto lo
scopo del bene in questione (un’automobile, per definizione un bene utilizzato
per gli spostamenti) ragionevolmente ha riconosciuto che cinque giorni per la
riparazione non rientravano nel congruo termine e creavano un notevole
inconveniente al consumatore. Ha poi riconosciuto che la violazione di detta
normativa implica l’obbligo a risarcire i danni conseguenti al suo mancato
rispetto. Fin qui, il ragionamento pare coerente ed in linea con la normativa
in vigore. Più discutibili appaiono invece le altre
statuizioni del Giudice. L’Attore aveva chiesto che fossero riconosciuti e
liquidati in via equitativa i danni causati dallo stress e dalla vacanza
rovinata a seguito del vizio presentato dal bene acquistato. Il Giudice si è
limitato a respingere tale richiesta sulla base del fatto che il danno da
vacanza rovinata sarebbe risarcibile solo se causato dalla vendita di pacchetti
turistici. Ora, se da un lato, è vero che la risarcibilità del cosiddetto
“danno da vacanza rovinata” è stata introdotta nel nostro ordinamento proprio
in connessione con la vendita di pacchetti turistici, è altrettanto vero che
copiosa è ormai la giurisprudenza che fa rientrare nell’ambito dell’articolo
2043 - ovvero nell’articolo 2059 - del codice civile la
risarcibilità del danno da sofferenza morale – nella sub-specie del danno
cosiddetto “esistenziale” - patito per fatto e colpa del terzo danneggiante,
anche in costanza di rapporto negoziale. Così come nella sentenza 23 novembre
2006 del Giudice di Pace di Catanzaro dove è riconosciuto il risarcimento del
danno esistenziale, anche a colui il quale abbia subito uno stress a seguito
del verificarsi di difetti e vizi connessi alla fase di installazione del modem
della linea Alice, ma anche nella sent. n. 65/2001 del Giudice di Pace di
Avellino che ha riconosciuto il danno da stress in caso di inadempimento
contrattuale delle Poste Italiane (entrambe le sentenze su Altalex). La
Consulta ha poi anche sussunto il cd danno da stress all’interno del precetto
normativo di cui all’articolo 2059 c.c svincolando tale precetto
dalla presenza di reato, normalmente richiesta per la risarcibilità del
cosiddetto danno morale o pretium doloris (Corte Costituzionale
233/2003). Non appare quindi condivisibile – ma altresì piuttosto sbrigativa -
la motivazione di rigetto del Giudice di Pace soprattutto nella parte in cui
rigetta il danno consequenziale, quando – nella forma del danno da stress –
viene orami riconosciuto piuttosto pacificamente da dottrina e giurisprudenza. Discutibile appare anche il rigetto della parte
relativa alle spese sostenute dalla fidanzata dell’attore sulla base dell’assunto
che non sarebbe provato che a pagare sarebbe stato l’attore e che non c’è norma
che impone all’uomo di pagare il soggiorno alla donna. Se quest’ultimo assunto
è vero, altresì è vero che al giorno d’oggi è facile verificare – con i mezzi
di pagamento elettronici – chi abbia sostenuto effettivamente la spesa, tra
l’altro il proprietario dell’automobile che è legato al trasportato da un
contratto di trasporto e che quindi deve tenere indenne il trasportato dalle
spese che questi abbia a subire in conseguenza di disguidi nel trasporto
medesimo. Non solo, la riduzione della richiesta risarcitoria alla metà del
costo del pernottamento è anch’essa contraria alle norme di comune esperienza
essendo di palmare evidenza che una camera doppia costa meno del doppio di una
camera singola (o anche di una doppia uso singola) e quindi anche la
quantificazione risulta viziata da un errore di fondo. Non solo, ma il
ragionamento del Giudicante appare altresì paradossale perché, se la fidanzata
avesse ceduto il credito all’attore, questo sarebbe divenuto allora sì
riconoscibile in quanto non più legato dalla situazione del “chi paga” ma solo
dall’azionabilità del credito ceduto. Una riflessione merita anche la statuizione sulle
spese. Il Giudice di Pace ha provveduto alla compensazione tra le parti a
seguito di un’asserita “reciproca soccombenza”. Il commentatore è
consapevole che la giurisprudenza di legittimità attribuisce una quasi totale
discrezionalità al giudice in tema di ripartizione delle spese ma altresì non
può astenersi dal sottolineare come l’uso – orami indiscriminato – della
compensazione delle pese da parte della giudicatura di pace stia finendo col
frustrare proprio i diritti azionati in giudizio. Nella fattispecie poi la
motivazione relativa alla reciproca soccombenza appare infondata dal momento
che si ha reciproca soccombenza quando tutte (o parte) della domande proposte
dalle parti nel medesimo giudizio non trovano accoglimento: ma la
concessionaria convenuta non ha proposto al giudice alcuna domanda essendosi
limitata a chiedere di respingere le domande attoree. Non si può infatti
parlare di soccombenza reciproca quando una sola parte proponga un certo numero
di domande e solo alcune trovino accoglimento da parte del Giudice. (Altalex, 9 agosto 2007. Nota di Agostino Gori) Giudice di Pace Repubblica italiana IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Giudice di Pace di Borgo San Lorenzo, in persona
dell’avv. Cosimo Pekelis, nella causa civile promossa da: R. A. con l’avv.
Walter Cabras Attore R. S.r.l. Conclusioni per entrambe le parti: come in atti. Motivi della decisione Legittimazione passiva della convenuta. AN DEBEATUR. Non possono essere riconosciute le spese per i
pasti, perché l’attore avrebbe comunque dovuto nutrirsi in quel luogo o in
altro. Miglior sorte non possono trovare le spese per i taxi, non essendo stata
chiarita la causa e la necessità d quegli spostamenti. P.Q.M. II Giudice di Pace avv. Cosimo Pekelis |
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