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Corte di Cassazione 13/11/2006

Giurisprudenza di legittimità - DEPENALIZZAZIONE – OPPOSIZIONE A ORDINANZA INGIUNZIONE – RAPPRESENTANZA DELL’AUTORITA’ CHE HA EMESSO IL PROVVEDIMENTO OPPOSTO – CANDANNA DELL’OPPONENTE, SOCCOMBENTE, AL PAGAMENTO DI ONORARIO DI AVVOCATO IN FAVORE DELL’AUTORITA’ – ILLEGITTIMITA’ – CONSEGUENZE

(Cass. Civ., sez. I, 28 settembre 2006, n. 21054)

Giurisprudenza di legittimità
SENTENZA CORTE DI CASSAZIONE
Sezione I, 28 settembre 2006, n. 21054

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DEPENALIZZAZIONE – OPPOSIZIONE A ORDINANZA INGIUNZIONE – RAPPRESENTANZA DELL’AUTORITA’ CHE HA EMESSO IL PROVVEDIMENTO OPPOSTO – CANDANNA DELL’OPPONENTE, SOCCOMBENTE, AL PAGAMENTO DI ONORARIO DI AVVOCATO IN FAVORE DELL’AUTORITA’ – ILLEGITTIMITA’ – CONSEGUENZE.

Quando nel giudizio oppositorio, ex art. 22 L. 689/81, l’autorità, che ha emesso il provvedimento opposto, vi si costituisca personalmente o avvalendosi di un funzionario appositamente delegato, la stessa non può ottenere la condanna dell’opponente, che sia soccombente, al pagamento degli onorari d’avvocato, in difetto della relativa qualità nel funzionario amministrativo che sta in giudizio. In tal caso, l’autorità opposta ha solo diritto al rimborso delle spese diverse da quelle generali, che essa abbia concretamente affrontato per lo svolgimento della difesa, a condizione, peraltro, che tali particolari spese siano indicate in apposita nota.

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 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

 ha pronunciato la seguente

Sentenza

 FATTO E DIRITTO

1. V. G. ricorre per cassazione avverso la sentenza in data 17 marzo 2001, con la quale il GdP di Genova ha respinto l’opposizione ex art. 205 C.d.S. da lui proposta in relazione ad un’ordinanza prefettizia, che gli ingiungeva il pagamento di sanzione pecuniaria (di L. 203.200) per violazione degli artt. 7 e 158 stesso codice.

2. Con i tre motivi nei quali si articola l’odierna impugnazione, a cui resiste la Prefettura con controricorso, il ricorrente, rispettivamente, lamenta che il Giudice a quo:

a) abbia omesso di motivare in ordine alla eccezione di nullità dell’ordinanza opposta per “violazione del diritto di difesa dei cittadino”, da lui formulata in relazione al rigetto per preteso difetto di legittimazione attiva, del ricorso al Prefetto precedentemente proposto, avverso i suddetti verbali, da suo figlio G., nella qualità di “presunto trasgressore”;

b) abbia errato nel non rilevare gli ulteriori dedotti profili di nullità di quella ordinanza per difetto di motivazione e per sua emissione, comunque, sul presupposto di precedenti atti nulli, quali i due verbali di contestazione, tali perché privi di sottoscrizione autografa;

c) abbia, infine, violato l’art. 23 della L. n. 689/91 con il condannarlo alla rifusione degli onorari di avvocato in favore della Prefettura che si era costituita in giudizio tramite suo funzionario appositamente delegato e non tramite legale.

3. La prima doglianza è manifestamente infondata, poiché - contrariamente all’apodittico assunto dal ricorrente - il GdP non ha affatto omesso di esaminare la sua eccezione di “violazione del diritto di difesa”, per il profilo su riferito, e correttamente, nel respingerla, ha rilevato che il rigetto, da parte del Prefetto, del ricorso del sedicente presunto trasgressore nessun vulnus aveva arrecato al V. G., che con quella stessa ordinanza prefettizia era stato, comunque, rimesso in termini per l’opposizione alla ingiunzione, che egli aveva innanzi a quel Giudice di fatto poi, appunto, proposto. Mentre la violazione, qui ora adombrata, dell’art. 203 C.S. - in cui si assume sarebbe incorso il Prefetto nel ritenere non legittimato attivamente al ricorso il “presunto trasgressore” (non destinatario dell’ingiunzione) - avrebbe dovuto formare semmai oggetto di impugnazione da parte dell’interessato e non dell’odierno ricorrente estraneo a quel provvedimento (ed al sottostante procedimento) e da esso comunque non pregiudicato.

4. Non maggiore consistenza ha anche la successiva seconda censura, risultando l’ordinanza opposta adeguatamente motivata con il richiamo dei verbali di contestazione. Dei quali non sussiste, per altro, il profilo di nullità, per mancanza di firma autografa dell’accertatore, dedotto dal ricorrente. E ciò in quanto, nel caso di uso di sistemi informatici, come nella fattispecie, la chiara indicazione, sulla copia del verbale notificata, della firma a stampa dell’agente accertatore ne integra il requisito di validità, per il profilo individuativo dell’operante, anche senza la sua, firma autografa (cfr. n. 11499/05, da ultimo).

5. È viceversa fondato il residuo terzo motivo del ricorso.

Come, infatti, già chiarito quando nel giudizio oppositorio ex art. 22 L. 689/81 l’autorità, che ha emesso il provvedimento opposto, vi si costituisca personalmente o, come nella specie, avvalendosi di un funzionario appositamente delegato, la stessa non può ottenere la condanna dell’opponente, che sia soccombente, al pagamento degli onorari d’avvocato, in difetto della relativa qualità nel funzionario amministrativo che sta in giudizio (cfr. ex plurimis, sent. 23 settembre 1997 n. 9365). In tal caso, l’autorità opposta ha solo diritto al rimborso delle spese diverse da quelle generali, che essa abbia concretamente affrontato per lo svolgimento della difesa, a condizione, peraltro, che tali particolari spese siano indicate in apposita nota (cfr. sent, 28 gennaio 2000, n. 966/00).

Nella fattispecie, il funzionario delegato della Prefettura di Genova non era abilitato a stare in giudizio in qualità di legale (perché solo munito di delega ex art 23 comma 4 L. 689/81 a margine della comparsa di risposta) e l’Amministrazione non ha depositato alcuna nota spese, in una causa peraltro esente ex lege.

Pertanto le spese liquidate dal Giudice devono essere considerate quali “onorari" e ciò comporta, per quanto detto, la illegittimità della correlativa liquidazione, con l’accoglimento del ricorso per questa parte.

6. La sentenza impugnata va pertanto cassata senza rinvio limitatamente alla statuizione sulle spese.

7. I ridotti limiti di accoglimento del ricorso giustificano la compensazione tra le parti delle spese di questo giudizio di cassazione.

 P.Q.M.

La Corte rigetta il primo e il secondo motivo del ricorso; e in accoglimento del terzo, cassa la statuizione di condanna dell’opponente al pagamento di euro 100,00 per spese del giudizio a quo. Compensa le spese di questa fase.

 Roma, 28 giugno 2006

Depositata in Cancelleria il 28 settembre 2006


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Lunedì, 13 Novembre 2006
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