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Articoli 22/05/2019

di Lorenzo Borselli*
L’incendio di Mirandola, il dito mozzato al poliziotto di Torino, le offese ai “celerini” di Bologna. Nel clima di crescente odio che divide il nostro Paese, la polizia è sempre in mezzo

Ci sono quattro episodi sui quali vorremmo porre la vostra attenzione. I primi tre vengono dalla cronaca che ieri mattina ha intasato le nostre reti social; il quarto è invece una circostanza puramente sociologica, che traiamo da uno dei nostri primi osservatori, quello che abbiamo a suo tempo battezzato con il termine “sbirripikkiati”.
Allora: a Mirandola, piccolo centro della provincia modenese, il comando della Polizia Municipale, che ha sede in una palazzina residenziale di via Roma, è andato a fuoco in piena notte. L’incendio, appiccato pare da un immigrato nordafricano, ha ucciso due donne, l’anziana Marta Goldoni, 86 anni e la sua badante di 74, Yaroslava Kryvoruchko, mentre una ventina di persone sono rimaste intossicate. Tra queste, gravissimo, il marito dell'86enne, ricoverato in camera iperbarica a Fidenza.

Il “presunto” autore del gesto, fermato e arrestato dai Carabinieri mentre si allontanava (aveva con sé un giubbotto antiproiettile e un telefono cellulare, entrambi rubati  all’interno del comando della Locale) avrebbe agito per vendetta, poiché fermato dagli agenti mirandolesi alcuni giorni prima e sottoposto a non meglio precisati provvedimenti.
Il secondo episodio è invece avvenuto a Torino, presso il Gabinetto Regionale di Polizia Scientifica, dove un immigrato nigeriano ha staccato a morsi l’anulare della mano destra ad un poliziotto che doveva  (“doveva”, non “voleva”) prendergli le impronte.
L’uomo è stato arrestato.

La terza storia arriva da Bologna, dove in occasione del solito annunciato comizio di Forza Nuova (presenti una trentina di manifestanti), i cosiddetti “antagonisti” si sono scontrati con la polizia. A noi hanno fatto specie, più che le cariche e i lanci di lacrimogeni, le grida di una signora, vestita con un parka, che rivolgendosi ad una squadra del Reparto Mobile schierata a chiusura di una strada, poneva agli agenti l’insistente domanda “da che parte state?”, salvo poi spintonarli ripetutamente e dare loro dei “fascisti di merda” e degli “assassini”, o così ci è sembrato di capire.
La signora, che in certi momenti diceva di avere 50 anni, in altri 55, comunque molto ben portati a giudicare dall’energia e dal tono della voce, è stata poi “inglobata” dalla linea di poliziotti, identificata e infine lasciata tornare verso la sua parte, con tanto di gesto dell’ombrello finale (ovviamente rivolto alle giacche blu).
Alla domanda della signora, rispondiamo tra qualche riga, perché prima vorremmo ricordare che nel 2018 le Forze di Polizia (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia Penitenziaria e Polizie a ordinamento locale), hanno registrato “almeno” 2.646 aggressioni, più di 7 al giorno, una ogni 3 ore e mezzo, il 47,8% delle quali causate da stranieri, il 28,1% da ubriachi (tra questi anche cittadini esteri), il 15% con armi proprie o improprie (brandite anche in questo caso da italiani e forestieri).

Ed ecco che ora possiamo rispondere alla curiosità della esagitata signora: dove stiamo noi? Noi stiamo in mezzo.
Si chiama “linea del dovere”, meglio nota nel mondo anglosassone come “line of duty”.
Stiamo in mezzo ai fascisti ed a quelli che intonano “Bella ciao”, tra i padroni che licenziano gli operai o delocalizzano le loro imprese (per dirla alla Pasolini senza tirare di nuovo in ballo i suoi scritti sugli scontri di Valle Giulia), in mezzo a chi chiude i porti e chi i porti li vorrebbe forzare. Sempre a prendere sputi, offese, mazzate, morsi e qualche volta anche pistolettate.
Quelli che stanno nel mezzo, però, avrebbero qualcosa da dire e riguarda l’odio che sentono.
Sì, certo, quando siamo in sella a una BMW che scortiamo i corridori c’è sempre qualcuno che ci offre un arrosticino, quando tagliamo il guinzaglio di un cane abbandonato e legato al guardrail ci fanno l’articolo sul giornale, quando salviamo qualcuno che vuole suicidarsi ci premiano e ciò accade perfino quando arrestiamo qualche criminale.
Ma nella normalità della quotidianità, abbiamo la sensazione che si sia perso il sentimento di riconoscenza gratuita per ciò che facciamo ogni giorno e che crediamo di meritare, visti anche i nostri stipendi.

Vittorino Andreoli, lo psichiatra e criminologo, rispondendo in un’intervista, ha detto che  “la superficialità porta l'identità a fondarsi sul nemico. Se uno non ha un nemico non riesce a caratterizzare se stesso”.
Ecco. noi non siamo il nemico, però una parte di persone ci odia: stranieri e italiani, perché a dirla tutta non è che ci prendono a cazzotti solo gli immigrati, non è che ci sputano addosso solo loro.
I fatti che commentiamo oggi, sono quelli avvenuti ieri, ma già stamattina potremmo ripetere la manfrina con nuove storie.
E non si pensi che oggi siamo più tutelati perché al momento c’è un ministro piuttosto di un altro: noi siamo al servizio del Paese, dello Stato. Noi siamo lo Stato, siamo la linea del Reparto Mobile che divide i neri dai rossi, per impedire che si ammazzino tra loro a sprangate e che nel mezzo ci finisca qualcuno che con quei colori, in quel momento, non c’entra niente.
Come se alla polizia fosse simpatico l’uomo che dal microfono inneggia all’odio o come se, improvvisamente, la polizia dovesse aprirsi per consentire un linciaggio o una battaglia.
Si chiama “democrazia”.

È così allo stadio, è così a Scampia come a Quarto Oggiaro, è così sulle strade quando togliamo 5 punti per una cintura o quando ritiriamo una patente per un etilometro positivo, quando pizzichiamo un ladruncolo che borseggia in centro o quando sfondiamo la porta di un latitante mafioso.
Anche quando si rimette in libertà chi ha commesso le più assurde nefandezze e tutti si sprecano in proclami e promesse sul “cambieremo se eleggete me” e poi non cambia nulla.
È così da sempre e se questo è il prezzo che dobbiamo pagare per il nostro Dovere, speriamo che non cambi mai, perché noi non cambiamo.

*Ispettore della Polizia di Stato Responsabile
Comunicazione di ASAPS


La lucida analisi del nostro Lorenzo Borselli sugli episodi ormai di violenza seriale contro le divise nel nostro Paese, da Mirandola a Torino e Bologna, i poliziotti sempre “in mezzo”. Da leggere. (ASAPS)

Mercoledì, 22 Maggio 2019
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