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Articoli 19/04/2018

di Lorenzo Borselli*
Rudy, Lorenzo e una notte di vent’anni fa

Faceva molto freddo, una notte di una ventina di anni fa. Eravamo vicini alle nostre due auto, una arrivava da sud, una da nord: vicini al cofano, per scaldarci un po’.
Avevamo qualcosa da fare insieme ad altri, nella notte stellata dell’inverno valdostano, col giubbotto di pelle così intirizzito che quasi le braccia erano tutt’uno col tronco.
Faceva un freddo mortale.
È questo il ricordo, per ora l’unico, che mi viene in mente adesso.

È riaffiorato qualche giorno fa, quando, anche dalla riservatezza di suo fratello Mirco, era divenuto chiaro cosa mi avrebbe aspettato alle due e trentasei del mattino, alla notizia che il respiro di Rudy si era mescolato a quello della primavera.
Ancora non riesco a ricostruire cosa accadde di preciso quella notte lontana. Riportammo a casa qualcuno, che arrivò barcollando da noi dicendoci che non sarebbe mai riuscito a tornarci da solo.
I nostri capipattuglia non avrebbero voluto, ma noi cominciammo a ridere così tanto, mi sembra di ricordare, che loro rimasero lì, di sasso, con una delle due macchine mentre noi ci improvvisammo barellieri o tassisti, e dopo essere saliti su quella più vicina, risalimmo veloci le curve del Beauregard fino alla casa di quel soggettone, che scese e infilò la porta quasi senza nemmeno aver capito chi in realtà eravamo.
Tassisti, forse...
Manco ci salutò.

E poi al matrimonio di Mirco o al suo cinquantesimo, quando Rudy impose a molti di noi di cercare, ognuno nei nostri archivi, le foto degli anni passati, per preparare una festa di quelle memorabili, che solo in Valle si possono ancora fare.
Rudy è lì, incastonato, incorniciato in due o tre acquerelli della memoria, fissati in chissà quale ansa del mio cervello.
Non andai alla festa di Mirco, nemmeno mi ricordo il motivo del forfait all’ultimo secondo.
Avrei dovuto, perché oggi avrei un momento più  fresco da rivivere.

Mi resta, di Rudy, l’ultima chiacchierata di qualche mese fa, al telefono, prima di una cura nella quale mi aveva detto di sperare molto.
Mentre parlava me lo immaginavo a vestirsi di un’armatura, affilare una spada, lucidare l’elmo per la sfida.
Rudy era un Uomo coraggioso e io, per quello che conta, lo ricorderò per il suo Valore.
Oltre che per il suo dolce sorriso e per quella freddissima notte di una ventina di anni fa.

 


*Sovrintendente Capo della Polizia di Stato
Responsabile nazionale comunicazione di ASAPS


Lorenzo Borselli ricorda le sue pattuglie con Rudy Ciccarese. (ASAPS)


Giovedì, 19 Aprile 2018
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