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Articoli 18/10/2007

372 episodi analizzati nel dettaglio, la maggior parte dei quali al nord (55.4%)
Nel mirino, soprattutto, Polizia e Carabinieri (39.2 e 39.8%), ma non sfugge la Polizia Locale (21.6%)

Tantissimi gli episodi legati ad uso di alcol e sostanze stupefacenti (55.1%) e quelli nei quali si è fatto uso di armi proprie o improprie (21%): gli stranieri autori del 41.9% degli eventi
Fenomeno in espansione

Premessa: cos’è l’osservatorio
L’idea – abbiamo detto più volte – nasce dalla sensibilità acquisita con l’osservazione costante della cronaca. Il concetto racchiuso in un graffito, sul muro di una grande città: “sbirri pikkiati”. Subito è stato aperto un cassetto vuoto o, come diciamo oggi nell’era dell’informatica, una “cartella”, riempitasi già il primo giorno. “Calci e pugni” le parole più frequenti, e poi “alcol”, “droga”, “armi”. Uomini e donne in divisa presi a botte da pregiudicati e da casalinghe, segno di un’insofferenza crescente che deve essere analizzata. Così, mentre la cartella si riempiva, la Facoltà di psicologia dell’Università di Bologna ha studiato i primi dati da noi raccolti ed i vari corpi hanno attinto le informazioni per mettere a punto nuove strategie. All’indirizzo e-mail arrivano segnalazioni, storie, particolari che hanno segnato pesantemente la vita della gente in divisa, presa a calci e pugni, a bottigliate, coltellate, colpi d’arma da fuoco o investita. Nella storia di questo Osservatorio, uno dei tanti dell’Asaps, abbiamo saputo di auto fatte saltare, di caserme prese a pistolettate, di pazzi che scagliano massi sulle pattuglie in transito, di casalinghe che aggrediscono agenti impegnati a far attraversare i bambini sulle strisce davanti a scuola o fatti attaccare da cani feroci. L’ordinario è ancora più semplice, con scariche di botte innescate dai fumi dell’alcol, dalla rabbia di essersi sentiti chiedere la patente, o di essere finiti nel mirino di un telelaser. Un gesto – quello incivile della trasgressione – che sembra essere stato assunto a modello legittimo, l’esatto contrario di quello che invece è – ormai nell’immaginario – l’atto di chi contrasta l’illecito. Insomma, “beccare” chi viaggia forte, chi è fuori regola, è considerato un atto vigliacco  l’unico modo di far valere “il proprio diritto violato” è quello di reagire con la forza. Una realtà diversa che pare essere quasi ordinaria, che l’Asaps si è sentita in dovere di raccontare e di analizzare. Senza vittimismo, ma con la voglia di capire “perché”. Una risposta ancora non ce l’abbiamo: l’osservatorio vive da molti anni e si è evoluto con noi. Oggi la puntuale analisi dei fatti di cronaca ci permette di archiviare centinaia di episodi, che sappiamo essere – purtroppo – solo la punta di un iceberg. Speriamo di venirne a capo, speriamo di poterne cavare qualcosa: intanto capire la motivazione di questa violenza, crescere dunque la nostra professionalità e infine sperare che qualcuno prenda provvedimenti. Che insomma, ci tuteli.

L’analisi del fenomeno
Non è attualmente possibile, per l’Asaps, effettuare osservazioni diverse: la ricerca è stata improntata all’analisi degli episodi per i quali potesse essere certa la dinamica. 372 episodi, tutti rilevati dalla nostra rete di referenti sul territorio italiano, pervenuta e corredata di adeguate garanzie sulla veridicità delle informazioni su un apposito account di posta elettronica e, infine, dall’analisi della cronaca.
È possibile affermare, con certezza, che gli episodi più gravi finiscano nel nostro archivio, ma è altrettanto vero che si tratta della punta minuscola di un iceberg immenso, in continua espansione.
Si tratta di reati per i quali l’accertamento della colpevolezza è relativamente più semplice rispetto a molte altre fattispecie di reato: insomma, chi aggredisce un tutore della legge, dovrebbe sapere che le conseguenze sono certe, eppure nel 2002 le persone denunciate per reati di violenza e resistenza a pubblico ufficiale sono state 19.256, divenute 25.800 nel 2004. Il trend è confermato dal numero di persone condannate per questi tipi di reati: nel 2000 erano state 6.866, nel 2001 8.973, nel 2002 8.805, nel 2003 10.101 e, infine, nel 2004 ben 10.928. Questi dati sono stati estratti dall’annuario delle Statistiche Giudiziarie Penali redatto da Istat nel 2006.
Ciò che rende “cieca” questa violenza è in larga parte l’assunzione di alcol (o droga) da parte dei protagonisti: se infatti un operatore di polizia è addestrato a misurarsi con le figure criminali, tanto che il rigido rispetto delle tecniche operative mette spesso al sicuro gli operatori dall’azione/reazione di un delinquente, la persona in stato di ebbrezza (cosa assolutamente diversa dall’ubriachezza), ha invece reazioni inaspettate: l’organismo umano risente pesantemente degli effetti depressivi esercitati dall’alcol sul sistema nervoso centrale che, nel giro di pochi istanti, possono trasformare un soggetto apparentemente inoffensivo in una belva, che rende l’aggressività così amplificata in vera e propria arma.
Si pensi dunque alle effettive dimensioni del fenomeno e si capirà che il numero di episodi monitorati dall’osservatorio è effettivamente basso rispetto alla reale consistenza della fattispecie criminale.
Abbiamo potuto notare che una buona parte di questi fenomeni, come si potrà evincere scorrendo il report (sul sito www.asaps.it) trova origine in contesti di controllo della circolazione stradale, ma non mancano episodi legati al controllo del territorio: per questo motivo, i tutori dell’ordine più a rischio sono gli operatori della Polizia di Stato (in larga parte Polizia Stradale e Squadra Volanti) e dei Carabinieri (Territoriale e Nucleo Radiomobile), seguiti dalla Polizia Locale.
A differenza di quanto rilevato nel corso delle precedenti rilevazioni, nelle quali era stata la Polizia a far registrare il numero maggiore di aggressioni, il primo semestre del 2007 ha evidenziato una sostanziale parità tra 113 e 112, con un leggero svantaggio dei Carabinieri, oggetto di 148 episodi di violenza a carico di appartenenti all’Arma (39.8%), rispetto a 146 denunce elevate nei confronti di violenti nei confronti delle “Giacche Blu”, bersaglio del 39.2% di attacchi. Il prezzo pagato è evidentemente dovuto al fatto che la presenza di operatori delle due forze di polizia è articolata nell’arco delle 24 ore. Le unità di pronto intervento rispondono infatti alla maggior parte di richieste ed eseguono il maggior numero di interventi territoriali. A carico della Polizia Locale (in prevalenza Vigili Urbani), abbiamo preso in considerazione 80 violenze (21.6%). A questo proposito, dobbiamo ringraziare Stefano Mingoia (SULPM di Bologna), che collabora giornalmente alla raccolta dati.
Come al solito, abbiamo rilevato una certa incidenza di violenze subite da altri rappresentanti dello pubblica amministrazione in genere (14%) che, nell’esercizio delle proprie funzioni, rivestono la qualifica di Pubblico Ufficiale (o Incaricato di Pubblico Servizio) nonché quella di Ufficiale ed Agente di Polizia Giudiziaria: ci riferiamo alle altre polizie dello stato (Guardia di Finanza, Polizia Penitenziaria e Corpo Forestale dello Stato), ma anche ai Vigili del Fuoco, ai Sanitari del 118, alle Guardie particolari giurate nel corso di specifici servizi di vigilanza, oltre a tranvieri o ferrovieri.
A proposito di questa distribuzione, dobbiamo chiarire che le percentuali – sommate tra loro – non conducono al 100%: questo perché in molti singoli episodi, le FFPP intervenute sono più di una, ma tutte prendono puntualmente “calci e pugni”.
Il maggior numero di eventi vede il Nord Italia nettamente più “pericoloso”, con 206 eventi (55.4%), seguito a pari merito Centro del paese e dal Mezzogiorno, curiosamente con 83 episodi ciascuno (22.3%).
Questo particolare trova spiegazione nella maggior quantità di controlli stradali relativi a velocità e stato di ebbrezza, con il conseguente prelievo forzato di punti dalle patenti di guida: ci sembra evidente che dove la presenza delle polizie è maggiormente avvertibile viene poi rilevata questa crescente aggressività nei loro confronti.
Un’ulteriore conferma, per gli esperti del settore, viene dai fattori scatenanti, nei quali l’alcol – che nell’incidentalità viene stimato causa di 1/3 dei sinistri – vanta l’assoluto primato. Dei 372 eventi monitorati, infatti, ben 205 (55.1%) ha avuto come caratteristica peculiare l’assunzione di alcol (o droga) da parte del/dei protagonista/i. Dunque, più di uno su due.
Ciò corrobora la nostra vecchia tesi: se consideriamo che una buona parte dei restanti attacchi violenti, 167 in tutto (44.9%) sono connessi in larghissima parte a puri atti delinquenziali per i quali le forze dell’ordine erano entrate in azione, possiamo tranquillamente sostenere che le divise pagano in prima persona lo scotto di un crescente disagio sociale alcol-correlato.
Ma a questo disagio sociale se ne lega un altro: a differenza delle precedenti rilevazioni, abbiamo infatti deciso di rilevare il numero di violenze commesse da cittadini stranieri. In tutto, nel primo semestre, ne abbiamo osservate 156, il 41.9% del totale: una cifra considerevole, sul cui merito non possiamo esprimere giudizi. La maggior parte di essi, sono comunque legati all’uso di alcol, a dimostrazione di quanto rilevante sia anche questo problema e di quanto i vari mali del nostro tempo siano in effetti collegati tra loro.
78 eventi (21%) hanno avuto come caratteristica peculiare l’uso di strumenti d’offesa da parte degli aggressori. Precisiamo che, nella nostra ricerca, è considerata arma qualsiasi oggetto che estenda il potenziale offensivo dell’aggressore: veicolo lanciato contro gli agenti o bottiglie rotte, alla stregua di armi da taglio (si è fatto uso anche di machete) o da sparo.  

La Compagnia Carabinieri di Imperia, ha deciso di adottare la Tolleranza Zero proprio nei confronti di chi insulta un proprio militare, sostenendo che tale condotta integra il reato di resistenza a Pubblico Ufficiale. Sono anni che gli uomini e le donne in divisa devono subire umiliazioni ed offese – soprattutto da quando il reato di oltraggio è stato depenalizzato – facendo venire meno la certezza di essere rispettati: tuttavia, la classica goccia di troppo è arrivata nella serata dello scorso 5 agosto, quando uno studente di 25 anni, fermato per un controllo da una pattuglia del Nucleo Radiomobile, ha detto al sottufficiale che gli chiedeva i documenti: “Anziché rompermi i coglioni, perché non vai a farti ammazzare a Nassiriya?
La frase, di per sé, sarebbe già fin troppo offensiva, ma quel Carabiniere era davvero davanti alla Base “Maestrale” al momento dell’attacco e così – dopo aver visto morire 28 persone (19 italiani e 9 iracheni) – ha denunciato il giovane per resistenza. Altro che ingiurie e minacce: l’insulto o la minaccia proferiti prima della stesura del verbale, implicano un tentativo di impedire al pubblico ufficiale di proseguire con il suo lavoro, quindi c’è la resistenza, che può comportare anche l’arresto immediato.


© asaps.it

Di Lorenzo Borselli

Osservatorio “Sbirri pikkiati”, al setaccio il primo semestre 2007
Giovedì, 18 Ottobre 2007
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