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La sentenza della
Corte di Appello di Milano, che si commenta, sancisce un principio
particolarmente importante e meritevole di esame.Essa afferma, infatti,
che non può concretare un errore scusabile per la persona imputata, e per tale
ragione scriminante l’effetto della sanzione penale, l’assunzione di farmaci, i
quali per effetto collaterale (ove associati all’assunzione di sostanze
alcoliche) possano concorrere a produrre il superamento dei limiti sanciti ex
lege per la configurazione del reato di cui all’art. 186 CdS.In buona sostanza i
giudici d’appello, confermando il giudizio di condanna dell’imputato, reso in
primo grado, eccepiscono e sottolineano l’inoperatività di una condizione
scriminante, invocata dall’imputato e – come detto – consistente nella condotta
di assunzione di un medicamento di natura antibiotica, la quale avrebbe
concorso sul piano eziologico alla verificazione della condizione di cd.
ebbrezza del soggetto, rilevata – a seguito di controllo etilometrico - in capo
all’interessato.Il ragionamento svolto
e, indi, trasfuso nella sentenza in disamina, pare del tutto persuasivo e
condivisibile, pur in quella sua sinteticità, caratteristica che tradisce
l’intenzione di motivare operando preciso riferimento per relationem alla
sentenza del Tribunale di Como.Va, infatti,
sottolineato che, nella fattispecie, in questione, siamo in presenza di una
pluralità di prodotti (medicali e non) di cui la persona ha fatto uso quasi
contestuale, circostanza questa, che, a quanto si può ricavare dal testo del
provvedimento, priva di qualunque forma di pregio il fatto che talune delle
sostanze assunte fossero espressamente medicamentose.Anzi, pare di potere
affermare che, proprio su tale preciso abbrivio, i giudici di Milano formulino
un preciso rimprovero all’imputato.Esso, infatti, attiene
alla rilevazione e stigmatizzazione implicita di un atteggiamento di imprudenza
del soggetto inquisito, elemento che appare concretato e rilevabile proprio
dalla natura di cocktail dei prodotti ingeriti, i quali risultano tra loro
disomogenei e variegati.Il monito che la Corte
emette, nel caso di specie, appare, dunque, chiaro e nient’affatto
equivocabile, in quanto esso consiste nell’osservazione che il soggetto, il
quale intenda porsi alla guida di qualsiasi veicolo, deve porre massima attenzione
alla propria condizione psico-fisica, soprattutto, laddove egli abbia
recentemente assunto plurime sostanze che, tra loro, possano, addirittura,
risultare incompatibili (ed è proprio l’esempio del caso in questione) e
suscettive di effetti alterativi le condizioni psico-fisiche personali.A ben differenti
conclusioni, seppure temperate da precisi oneri probatori, si potrebbe, invece,
pervenire nel caso in cui la persona sottoposta al controllo sia risultata
positiva, solo ed esclusivamente in virtù dell’uso di farmaci che presentino
caratteristiche organolettiche tali da poter inquinare e distorcere l’esito del
controllo.In proposito va
ricordata, infatti, la pronunzia della Corte di Cassazione Sez. IV, 30-03-2004,
n. 45070 (rv. 230489),[ in CED Cassazione, 2004, Arch. Giur. Circolaz., 2006,
2, 191, Arch. Giur. Circolaz., 2006, 3, 279, Riv. Pen., 2006, 1, 97], la quale
ha precisato che “In tema di guida in stato di ebbrezza, l’esito positivo
dell’alcooltest costituisce prova della sussistenza dello stato di ebbrezza ed
è onere dell’imputato fornire eventualmente la prova contraria a tale
accertamento dimostrando vizi od errori di strumentazione o di metodo
nell’esecuzione dell’aspirazione, non essendo sufficiente allegare la
circostanza relativa all’assunzione di farmaci idonei ad influenzare l’esito
del test, quando tale affermazione sia sfornita di riscontri probatori”.In questa ipotesi,
infatti, il soggetto che sia in grado di assolvere all’onere di allegazione della condizione scriminante invocata
(l’ingestione di farmaci) deve essere prosciolto, in quanto la propria condotta
non risulta viziata da una situazione originaria contra legem, né emergono
fattori che possano determinare una sopravvenuta alterazione psico-fisica di
carattere illecito.Vale a dire, dunque,
che è di tutta evidenza che, il dovere assumere – in ossequio da una
prescrizione medica curativa certificata – farmaci che producano effetti
assimilabili a sostanze alcoliche, appare di effetto esimente da
responsabilità, solo se a tali sostanze non venga associato in alcun modo altro
tipo di eccipiente alcolico.L’avere bevuto vino od
altra bevanda equipollente, nella condizione descritta, cioè in un momento
contestuale all’ingestione di medicamenti, è condotta che diviene elemento di autonoma
influenza, che si pone come dato di causazione eziologicamente esclusiva del
reato, prevalendo sulla parte di condotta ritenuta lecita e ponendosi in
diretto nesso finalistico con la condizione di ebbrezza del soggetto. *Avvocato Consulente Asaps
Rimini, lì 29 Settembre 2007
App. Milano Sez. II, 07-06-2007 Fatto - Diritto P.Q.M. Svolgimento del processo - Motivi della
decisione
Con sentenza resa in data 10.5.2006, il
Tribunale di Como dichiarava l’imputato colpevole del reato lui ascritto e,
concesse le attenuanti generiche, lo condannava, con i doppi benefici, alla
pena di giorni 15 di arresto ed Euro 260,00 di ammenda, oltre alla sospensione
della patente di guida per giorni 15. Avverso tale decisione proponeva appello la
difesa del D., non contestando la storicità dei fatti, ma riproponendo la tesi,
secondo la quale il presunto stato d’ebbrezza, accertato mediante alcol-test,
era stato, in realtà, determinato dall’assunzione di farmaci antibiotici, i
quali, per effetto collaterale, avevano alterato il metabolismo delle sostanze
alcoliche, assunte in piccolissima quantità (una tazzina di caffè corretto). All’odierno dibattimento, celebrato in
contumacia dell’imputato, le parti hanno discusso il processo e concluso come
da rubrica. Tanto premesso, in fatto, osserva la Corte, in
diritto, che la decisione gravata del Tribunale di Como in danno dell’imputato
D.S. deve essere integralmente confermata per le condivise ed esaustive
motivazioni. Osserva, in particolare, che, a prescindere dalla
conoscenza o meno da parte del prevenuto degli effetti collaterali delle
medicine assunte, è certo che il tasso alcolico accertato superava il limite
consentito e che detta assunzione poteva incidere solo sui tempi di smaltimento
e non anche sul valore complessivo. Alla conferma della sentenza gravata, segue la
condanna dell’imputato-appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado.
P.Q.M. La Corte, visti gli artt. 592 e. 605 c.p.p., in
CONFERMA La sentenza emessa dal Tribunale di Como in
data 6.10.2005, appellata dall’imputato D.S., che
CONDANNA Al pagamento delle ulteriori spese del grado.
TERMINE Di giorni 30 per il deposito della
motivazione.
Così deciso in Milano il 23 maggio 2007. Depositata in Cancelleria il 7 giugno 2007.
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