di Lorenzo Borselli*
A tutto c’è un limite: alla velocità ma anche alle parole.
Entriamo nel merito delle polemiche con tutta la nostra indignazione: i radar non sono una truffa, ma se pensate il contrario togliete ogni limite
C’è un lemma, indicato all’articolo 640 del codice penale, che descrive una particolare condotta criminale, consistente nell’ottenimento di un vantaggio a scapito di un altro soggetto, indotto in errore attraverso artifizi e raggiri; l’articolo entra nel merito e ci spiega che il perseguimento dello scopo (ovviamente criminale) è quello di un ingiusto profitto con altrui danno. Gli artifici (che fanno apparire come vera una situazione che non trova riscontro nei fatti) e i raggiri (che agiscono sulla psiche della vittima, che viene convinta mediante ragionamenti dalle false premesse che una situazione sia in un tal modo, quando ciò non è vero), portano la vittima a crearsi una falsa rappresentazione della realtà.
L’autore del reato è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni, pena destinata ad aumentare fino a 5 anni se il delitto è commesso in danno dello Stato, se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l’erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell'Autorità e via discorrendo.
Pensavamo che l’esempio classico fosse quello del reo che telefona ad una persona anziana spacciandosi per un maresciallo o un ispettore dicendo che un suo congiunto ha provocato un incidente e si trova agli arresti, misura revocabile in cambio di denaro; invece no.
L’esempio più calzante è l’autovelox!
La parola di cui parliamo, come avrete capito, è “truffa”, lemma che deriverebbe dal francese antico “trufe”, ma sì il tartufo e, “per traslato non bene spiegato – come dice la Treccani – burla, inganno”.
Siamo corsi a rinfrescarci la memoria sul dizionario qualche giorno fa, dopo aver letto una slide del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, a spiegazione sinottica del testo della revisione in corso del codice della strada. In tale slide la locuzione “Sicurezza Stradale” fa da stonatissimo preambolo ad una delle modifiche annunciate, riassunta nel titolo “BASTA AUTOVELOX TRUFFA”, col sottotitolo “via gli impianti mangiasoldi, meno burocrazia, utilizzo solo di strumenti certificati, tutelando i cittadini da multe pazze”.
Le parole hanno un significato e questo assunto è alla base del linguaggio: per questo siamo indignati.
Accostare la parola “truffa”, che connota un delitto tra i più abietti (peraltro dalla inspiegabile scarsissima valenza giuridica, nel nostro ordinamento), ad una serie di strumenti certificatissimi, progettati per misurare nella maniera più precisa possibile la velocità di veicoli, significa molte cose, ma dobbiamo essere brevi: significa non aver capito niente di cosa sia la sicurezza stradale.
Le strade hanno un limite che viene stabilito in relazione certo alle caratteristiche ed alle condizioni delle stesse, ma anche sulla base di convenzioni internazionali ormai condivise. Se il limite è violato, il conducente viola la norma; trasgredisce una regola e mette a repentaglio sé stesso e gli altri.
Dove sarebbe la truffa? Sarebbe nel controllo di un limite sbagliato?
Perché sarà anche vero che ci sono rilevatori della velocità (non dimentichiamo che “autovelox” è solo il nome di un dispositivo tra i tanti in commercio) posizionati in luoghi di non particolare pericolosità, ma se un limite c’è, questo deve essere PEDISSEQUAMENTE rispettato, e non interpretato.
Se al MIT si ritiene che gli autovelox siano dispositivi truffaldini, si vede che non hanno ben chiara una cosa: ogni postazione fissa viene installata solo dopo il via libera del Prefetto competente per territorio, al termine di un procedimento amministrativo di valutazione. Il Prefetto è un organo monocratico dello Stato, non di un comune o di una provincia.
Badate bene: anche noi ci siamo spesso battuti per limitare il numero dei radar fissi, ma solo perché sappiamo che se invece di dispositivi remoti di accertamento ci fossero, come dovrebbe essere, pattuglie sul campo, i conducenti sarebbero identificati in flagranza, con buona pace di chi appioppa i trecento all’ora al nonno o chi, semplicemente, paga il sovrapprezzo per non comunicare i propri dati.
Quindi, visti i proclami, ci aspettiamo:
1. un provvedimento che abolisca le multe per eccesso di velocità, dal momento che sono conseguenti alla commissione di truffe;
2. l’abolizione dei limiti di velocità;
3. una rivisitazione delle leggi della fisica, perché evidentemente quelle che finora ci hanno insegnato devono essere tutte sbagliate;
4. l’immediata fine delle indagini per identificare “Fleximan”, che potrà comunque invocare di aver agito nell’adempimento di un dovere sociale.
La realtà è che siamo un paese di sconsiderati, quello che nel G7 ha più vittime della strada, quello che all’estero si connota come uno stato di pirati.
E purtroppo, hanno ragione, tanto che da Austria e Svizzera vengono a divertirsi sulle nostre montagne. Buona fortuna.
(*) Ispettore della Polizia di Stato, responsabile della comunicazione di ASAPS
Forti perplessità dopo aver letto una slide del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, a spiegazione sinottica del testo della revisione in corso del codice della strada. In tale slide la locuzione “Sicurezza Stradale” fa da stonatissimo preambolo ad una delle modifiche annunciate, riassunta nel titolo “BASTA AUTOVELOX TRUFFA”, col sottotitolo “via gli impianti mangiasoldi, meno burocrazia, utilizzo solo di strumenti certificati, tutelando i cittadini da multe pazze”. Di Lorenzo Borselli. (ASAPS)
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