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Pirateria 23/05/2016

Investì e uccise un 19enne per poi scappare: condannato a due anni e due mesi di carcere

Si è chiuso stamani il processo con rito abbreviato al responsabile della morte di Giancarlo Ravidà, travolto in via Valentini mentre attraversava la strada


Due anni e due mesi di reclusione per omicidio colposo e omissione di soccorso al marocchino di 29 anni che il 4 gennaio dello scorso anno, in via Valentini, alla guida di un'auto investì e uccise Giancarlo Ravidà, 19 anni. La sentenza è arrivata oggi, venerdì 20 maggio, al termine del processo con rito abbreviato. Per l'uomo, difeso dall'avvocato Leonardo Pugi, i pubblici ministeri Lorenzo Gestri e Antonio Sangermano avevano chiesto 3 anni. Il giudice Francesco Pallini, che ha concesso le attenuanti generiche equivalenti all'aggravante, ha disposto anche la revoca della patente di guida per 4 anni e il pagamento delle spese processuali, mentre non ha previsto il pagamento della provvisionale ai genitori costituiti parte civile, assistiti dall'avvocato Luca Brachi. Giancarlo Ravidà, studente universitario originario di Foggia, viveva da qualche tempo a Prato assieme al padre Giandomenico, medico dell'ospedale Santo Stefano. La notte del 4 gennaio era appena uscito dalla sala giochi quando, all'altezza della pizzeria Il Ragno, mentre attraversava la strada fu investito dall'auto condotta dal marocchino. In un primo momento si pensò che potesse essere stato vittima di un'aggressione ma poco dopo si capì che era stato investito. Il conducente si costituì in questura due giorni dopo e raccontò che si fermò dopo l'incidente ma che c'erano già persone attorno al ragazzo e che nel giro di pochi minuti erano arrivate due ambulanze. Si fermò ma non disse a nessuno che era il conducente dell'auto investitrice. L'avvocato Pugi ha puntato gran parte della sua tesi difensiva proprio su questo punto: “Il mio assistito si fermò, si avvicinò, sentì una donna che, urlando, ripeteva quello che le stava dicendo al telefono l'operatore del 118 e cioè di non toccare il ragazzo che era terra e respirava. Lui era lì, ha raccontato la scena dei soccorsi nei dettagli e questo testimonia la sua presenza sul posto che si è protratta per più di un'ora”. Insomma, l'avvocato ha sostenuto che non ci fu omissione di soccorso ma solo in parte il giudice gli ha dato ragione pronunciando l'assoluzione solo per l'obbligo di prestare assistenza. La procura contestava anche, nell'ambito dell'omissione di soccorso, un'ulteriore condotta: quella di non aver ottemperato all'obbligo di fermarsi allo scopo di aiutare la ricostruzione della dinamica dei fatti. L'incidente fu ricostruito solo successivamente grazie alle immagini delle telecamere installate di fronte e poco più avanti al punto dell'impatto.   



da notiziediprato.it

 


Il solito noto copione. La solita prevedibilissima condanna (con l’omicidio stradale le cose sarebbero andate diversamente). (ASAPS)
 

Lunedì, 23 Maggio 2016
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