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Articoli 04/08/2015

LOCALI DA BALLO O LOCALI DA SBALLO?
Alcune riflessioni sulla ratio della norma,  l’art. 100 T.U.L.P.S.,  sulla base del quale il Questore ha deciso di chiudere il Cocoricò per 4 mesi

Di Ugo Terracciano*
Foto di repertorio dalla rete

Un locale da ballo, conosciuto ormai come locale dello “sballo” - il Cocoricò di Riccione - è stato chiuso dal Questore di Rimini con un provvedimento adottato ai sensi del vecchio – ma sempre attualissimo – art. 100 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1931. Il locale dovrà rimanere chiuso per quattro mesi e su tale misura è già polemica. Cosa c'entrano i gestori con i “traffici” che avvengono all'interno del locale? A quanto pare, loro, i gestori, si sono addirittura premurati di attuare un presidio sanitario per le eventuali necessità del popolo della notte che affolla il rinomato locale (circa 6000 ragazzi ogni sera). Non solo, ma hanno anche appeso all'ingresso uno striscione con “la droga uccide”. Sullo sfondo della vicenda, la morte di un ragazzo per un mix di alcool ed extasy. A giudicare dai servizi giornalistici dei giorni successivi, pare che non sia particolarmente difficile procurarsi certe pastiglie da sballo in quel locale (come in altri, per la verità).

La chiusura è stata contestata, dicevamo: per l'estraneità dei gestori rispetto a certi traffici ed anche per il danno economico che il provvedimento comporta (1,5 milioni, sui 4 totali previsti, cifre da capogiro). Sono argomenti di un certo rilievo, ma il fatto è che l'art. 100 TULPS è stato scritto per tutelare la sicurezza di tutti: non è una norma punitiva, è una norma di prevenzione. Recita l'articolo: “... il questore può sospendere la licenza di un esercizio ….  che, comunque, costituisca un pericolo per l'ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini”. Ma anche se non sia accertato che i frequentatori siano pregiudicati? La Risposta del Consiglio di Stato, sentenza 6.4.2007, n. 1563 chiarisce tutto: “L'art. 100 T.U.L.P.S. prevede non solo che il Questore possa sospendere la licenza di un esercizio nel quale siano avvenuti gravi disordini, o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose, ma che sia legittimato alla sospensione anche nel caso in cui l'operatività dell'esercizio stesso possa, comunque, costituire un pericolo per l'ordine pubblico, la moralità pubblica e il buon costume oppure per la sicurezza dei cittadini; ne consegue che non è necessario, al fine suddetto, che gli abituali frequentatori siano pregiudicati o pericolosi, potendosi adottare il provvedimento anche per la cura dell'ordine e della sicurezza pubblica”.

Questo vale anche se il titolare non ha colpe? Pare proprio di sì. Intervenuto sulla ratio della norma il Consiglio di Stato, con sentenza 22 agosto 2006, nr. 4940 ha statuito che: “Secondo quanto dispone l'art. 100 T.U.L.P.S., le ragioni che giustificano l'adozione della misura interdittiva della sospensione di una licenza, sono rappresentate da esigenze di ordine pubblico, oggettivamente considerate, a prescindere dalle eventuali responsabilità del titolare della gestione”.

A tale decisione ha fatto eco la successiva sentenza 7 febbraio 2007, n. 505, secondo cui: “Il provvedimento ex art. 100 Tulps ha prevalente natura di misura cautelare, con finalità di prevenzione rispetto ai pericoli che possono minacciare l'ordine e la sicurezza pubblica. Ne consegue che esso prescinde dall'accertamento della colpa del titolare del pubblico esercizio, essendo prevalente la finalità dissuasiva della frequentazione malavitosa indotta dal periodo di chiusura obbligatoria dell'esercizio stesso”. Insomma, le finalità che persegue la disposizione non è quella di sanzionare la condotta del gestore di un pubblico esercizio per avere consentito la presenza, nel proprio locale, di persone potenzialmente pericolose per l'ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini, ma quella di impedire, attraverso la chiusura del locale, il protrarsi di una situazione di pericolosità sociale. Per questo motivo si ha riguardo esclusivamente alla esigenza di tutela dell'ordine e sicurezza dei cittadini, prescindendo dalla responsabilità dell'esercente. Ma cosa avrebbe potuto fare il gestore per impedire che si determinasse una situazione di potenziale pericolo? Anche qui a rispondere è il Consiglio di Stato, con sentenza 1563/2007: “Ai fini della sospensione della licenza di un esercizio, l'art. 100 del T.U.L.P.S. non ha riguardo alla possibilità più o meno effettiva per il titolare dell'esercizio pubblico di conoscere la pericolosità dei clienti o i loro precedenti penali ovvero di impedire agli stessi di soffermarsi presso il proprio locale, bensì alla esigenza obiettiva di tutelare l'ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini, indipendentemente da ogni responsabilità dell'esercente; ciò che rileva, infatti, nella ratio del legislatore, è l'effetto dissuasivo sui soggetti indesiderati, i quali, da un lato, sono privati, per qualche tempo, di un luogo di abituale aggregazione, dall'altro, sono resi avvertiti della circostanza che la loro presenza in detto luogo è oggetto di attenzione da parte delle Autorità preposte”.

Ora, se di fronte a fatti di insicurezza di risalto nazionale, come del resto di rilievo nazionale è quella discoteca, il Questore abbia inteso dare uno stop (che è un semaforo giallo di una sospensione, non quello rosso di una revoca), i presupposti oggettivi sembra non manchino affatto.
Certo non possiamo trascurare tutti gli altri problemi di contesto, perché se l'Autorità pubblica interviene a ragione con misure interdittive, dall'altra parte dovrebbe svolgere una azione attiva per la prevenzione generale ed il contenimento del danno.  Come ha rilevato il Presidente dell'ASAPS, Giordano Biserni, il numero di controlli su strada per la guida sotto l'effetto delle droghe è veramente esiguo: sono coinvolte solo 19 città italiane, tra le quali non figura Milano e comunque il 10% dei fermati risulta positivo agli stupefacenti.

 

*Dirigente  della Polizia di Stato e
Docente di Politiche della Sicurezza
Presso l’Università di Bologna

 

 



Un commento in punto di diritto di Ugo Terracciano sul provvedimento del Questore di Rimini di cui si parla tanto in questi giorni. (ASAPS)

Martedì, 04 Agosto 2015
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