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Articoli 21/01/2008

Contromano Analisi di un fenomeno sempre più diffuso.

 

Contromano
Analisi di un fenomeno
sempre più diffuso.

Di Lorenzo Borselli*

Introduzione +

La molteplicità di eventi infortunistici stradali, nel corso dei quali perdono la vita utenti della strada, è in continuo e costante aumento. In più di un’occasione ci siamo chiesti in quale modo poter arginare il fenomeno, contenerlo il più possibile in attesa di affilare armi efficaci da utilizzare nell’azione più semplice e scontata possibile, ma anche utopica: impedire che si verifichino.
Il nostro metodo investigativo si basa sull’analisi della molteplicità di eventi, partendo da una prima distinzione dei fenomeni infortunistici che sulla strada ci troviamo a fronteggiare: urto contro ostacolo accidentale, tamponamento, salto di carreggiata, scontro frontale, uscita dalla sede stradale, investimento e, non certo ultimo, il contromano.

Le drammatiche sequenze dei soccorsi conseguenti a un incidente di un veicolo che percorreva contromano l’autostrada, nel quale una persona ha perso la vita e una è rimasta gravemente ferita.

In più di un’occasione ci siamo soffermati ad analizzare il fenomeno contromano nella sua complessità, andando a scavare tra le ragioni – soggettive ed oggettive – che innescano manovre talmente distruttive, così clamorosamente grossolane, ed al tempo stesso apparentemente difficili da contrastare e irrimediabilmente annientatrici.

L’insieme delle regole che dovrebbero disciplinare la normale circolazione stradale sembra cadere quando si è in presenza di certi accadimenti, e puntualmente organi politici o operativi – sulla spinta dell’emotività popolare o mediatica – richiamano al maggior rispetto delle norme, forniscono risposte e propongono rimedi.

È, a nostro parere, una reazione isterica, avulsa da una visione complessiva del fenomeno infortunistico, accesa da un singolo episodio e strillata per promettere, inutilmente, che la tragedia, in quel modo, non avrà da consumarsi più. Come se la lestezza a proporre un quid affatto risolutivo – aggiungiamo noi – fosse dettata da una reazione istintuale, priva di un pensiero realmente cosciente e quindi per niente aperto alla conoscenza della vera ragione di un evento, del meccanismo evolutivo che lo ha attivato e che ne ha caratterizzato la fase antecedente, quella culminante e quella successiva.

Inoltre abbiamo il dovere di lamentare una vera e propria mancanza di capacità (e voglia) osservativa, che in un sistema di traffico evoluto come il nostro è a dir poco deprecabile. L’ignoranza su ciò che accade sulla strada e il colpevole ritardo con cui le istituzioni tergiversano a voler studiare con metodo scientifico la sinistrosità, hanno il pericoloso effetto di restringere il campo di osservazione e di nascondere ipotesi risolutive spesso banali: con l’effetto di vanificare ogni attività di contrasto.

L’analisi del fenomeno contromano
e la fattispecie autostradale


È necessario dare nuovamente una definizione della fenomenologia: il contromano è in linea generale un atto illegittimo e innaturale della circolazione; è caratterizzato dal moto direzionale di un veicolo che improvvisamente si aliena dalla realtà oggettiva del traffico ed assume una traiettoria inversa alla comune direttrice di marcia.
Dirla così sembrerebbe semplice, ma in realtà il contromano non è un gesto unico, preciso.

Si tratta di un evento descritto nella letteratura infortunistica, ricostruito spesso nelle aule dibattimentali e ricorrente nelle pagine di cronaca in concomitanza ad alcuni clamorosi episodi avvenuti soprattutto sulle autostrade, anche se non è solo nel contesto della grande viabilità che si registrano eventi di questo tipo, anzi.

Ogni scontro frontale tra due veicoli, infatti, trova origine da un contromano, magari dovuto ad un sorpasso prolungato o azzardato, o da una perdita di controllo.

L’Asaps ha di fatto istituito una sorta di osservatorio sulla fenomenologia, ponendo le basi per uno studio epidemiologico iniziato nel 2002, con una prima indagine che partiva dalla distinzione dello scenario potenziale, distinguendo dalla rete ordinaria classica, e cioè una carreggiata a due corsie, una per ogni senso di marcia, a tipi di viabilità più complessa, fino a quella autostradale o altre tipologie di strada o di scenario contestuale, primo fra tutti il tunnel.

Gli eventi che abbiamo monitorato sono tanti e di vario genere: si va dall’anziano che ha innescato una manovra sans retour, fino al giovinastro che imbocca contromano la superstrada in sella ad uno scooter per dimostrare il proprio ardimento, per arrivare alla carenza segnaletica o al deficit infrastrutturale.

Non abbiamo tralasciato, ovviamente, la condizione tossicologica dell’attore, la ricorrenza di un malore e persino di intenzioni suicide. Il dato che emerge è davvero allarmante.
Vediamo prima qualche elemento, con la raccomandazione che – come tutti i freddi numeri – non può essere rappresentativo di ciò che ci interessa realmente analizzare.

L’Istat ha pubblicato dati che sono stati analizzati e rielaborati dalla nostra redazione: il contromano ha causato, nel 1997, il 5% degli incidenti complessivi, con un indice di mortalità altissimo (8.3% dei decessi), pari a 5,3 morti per 100 incidenti.

Il 1997 fissa un punto intermedio in un arco temporale che va dal 1992 al 2002, ultima rilevazione che abbiamo avuto modo di esaminare con organicità.

Si tratta di un dato in continua regressione, ma non sempre la statistica ci conforta: se infatti nel 1992 il numero complessivo di vittime rimaste esanimi sulla crime scene di un contromano è stato di 787 unità, nel 1998 il bollettino si è fermato a 486.

Nel 2002 i decessi sono stati 351, mentre i feriti 8.613: in tutto 5.232 incidenti. Un decremento importante, ma quello che sembra invece crescere è la distruttività del fenomeno o la portata di un singolo evento.
Il più classico di questi, secondo un mortale stereotipo, è lo scontro frontale su rete ordinaria, innescato da un contromano favorito o provocato da un colpo di sonno, una guida distratta o alterata dall’ingestione di alcolici o dall’utilizzo di stupefacenti, un malore o un guasto meccanico e, quasi sempre, la velocità eccessiva. Per una qualsiasi delle ragioni sopradette un veicolo lascia la sua traiettoria ed invade la porzione di carreggiata riservata alla direttrice di marcia opposta.

Anche a velocità ridotta l’urto assume sempre dimensioni considerevoli e le conseguenze sono puntualmente catastrofiche. Le rispettive velocità dei veicoli infatti, e questo aspetto vale per ogni tipo di scontro susseguente a manovra contromano, causano impatti che cineticamente traggono origine da velocità elevatissime.

Ma il contromano che a noi interessa è quello che si verifica sulla grande viabilità, ove si viaggia su carreggiate separate e dove, quindi, le conseguenze sono incredibilmente più elevate. In questi scenari il risultato di uno scontro frontale si associa a fattori consequenziali che ne peggiorano gli esiti in una mortale reazione a catena: sulla carreggiata a senso unico di marcia il traffico canalizzato vive l’anomalia del veicolo contromano in maniera assolutamente unica.

La scorrevolezza garantita da un sistema viario di questo tipo comporta l’assoluta e naturale impreparazione psicologica a doversi confrontare con un elemento destabilizzante di questo genere: insomma, basta ripensare ai nostri frequenti spostamenti in autostrada, in cui al massimo ci si trova a dover evitare un ostacolo fisso. Trovarsi davanti un veicolo lanciato in velocità contro di noi non è un’emergenza alla quale si può essere preparati.

Una volta avvenuto l’impatto, lo scenario non resta statico, ma mostra una vorticosa evoluzione che aumenta di criticità con il flusso di traffico presente in quella circostanza: una strada ad alto TGM (Traffico Medio Giornaliero) come una normale autostrada, vive le fasi successive allo scontro frontale come un sistema che collassa in relazione a quanti più veicoli sopraggiungono improvvisamente in quello spazio già occupato dai mezzi coinvolti nella fase culminante “zero”, originando altre fasi antecedenti-culminanti-susseguenti senza soluzione di continuità.

Le tipologie

del contromano


Abbiamo selezionato una serie di eventi tra quelli monitorati dal nostro osservatorio che permettono un’analisi critica di ciò che è stato e di ciò che avrebbe potuto non essere. Come vuole la miglior tradizione cabalistica del non c’è due senza tre, i primi che proponiamo sono avvenuti in un lasso di tempo piuttosto ristretto, all’inizio dello scorso mese di novembre.

Il 2 novembre 2003, a Teramo, un 56enne di Giulianova è stato intercettato dalla Polizia Stradale dopo che aveva percorso 5 chilometri sulla Ascoli-Mare. L’evento è stato caratterizzato da una serie di microincidenti originati dai numerosi tentativi, da parte degli utenti in transito, di evitare l’impatto con la Fiat 127 condotta dall’uomo. Lo stesso ha riferito agli agenti di non essersi accorto – complice l’oscurità dei luoghi – di aver imboccato l’arteria in senso contrario.

Le cronache riportano altri episodi simili, all’origine dei quali – tra le concause – molti protagonisti avevano lamentato la scarsa illuminazione degli svincoli.

Il 7 novembre 2003, poco dopo le 12, un pensionato ha imboccato l’autostrada del Sole contromano, partendo dal casello di Cassino: la sua corsa si protrae per 30 chilometri, con l’aggravante dell’altissima velocità, e viene interrotta con bravura e coraggio dagli uomini della Specialità, che ne constatano l’evidente stato di ebbrezza.

Il 10 novembre 2003, a Nuoro, c’è voluto un elicottero del 7° reparto volo della Polizia di Stato, con sede ad Abbasanta, per fermare un conducente di 85 anni, che ha percorso 20 chilometri della superstrada Cagliari-Sassari dalla parte sbagliata, ripreso anche da una telecamera con immagini diffuse poi al telegiornale. Agli agenti della Stradale, che a fatica lo hanno fermato e gli hanno ritirato la patente ha dichiarato candidamente di non essersi accorto di nulla.

L’autostrada è però teatro di un’altra terribile fattispecie di contromano, che vede co-protagonista il bypass. L’attraversamento del varco (detto comunemente taglio) può essere accidentale o volontario.

Il 25 dicembre 2003, a Bussolengo (Verona), una uomo albanese di 49 anni effettua inversione di marcia in prossimità di un bypass. Stava percorrendo la carreggiata nord della A22, quando si è accorto di aver “mancato” l’uscita. La Nissan Primera a bordo della quale viaggiava insieme alla moglie di 49 anni ed alla figlia 14enne era ancora di traverso, contromano, quando è stata centrata in pieno da un’Audi: le due donne sono morte sul colpo.
Il 3 gennaio 2004, a San Benedetto del Tronto, un piccolo veicolo commerciale condotto da un 72enne percorre la carreggiata sud dell’A14.

Per cause che non potranno mai essere del tutto chiarite il camion ha sbandato verso il centro della carreggiata, infilando in pieno il bypass e finendo contromano sulla direttrice opposta. È l’inferno: si scontra frontalmente con una Land Rover e poi sopraggiungono una Punto, una Polo e un’Audi A4. Un morto e sei feriti gravi il bilancio.
Il 4 luglio 2004 i destini di 6 persone si danno appuntamento in A1, a Modena. In pieno esodo, vicino a Modena Sud, una Citroen con due occupanti a bordo sbanda ed effettua un salto di carreggiata in corrispondenza di un varco del new jersey centrale.

L’impatto avviene con una Multipla su cui viaggia una serena famiglia di 4 persone diretta in vacanza in Valle d’Aosta. Muoiono tutti. Non dimenticheremo mai quelle valigie sulla strada, quell’orsacchiotto fra le lamiere. Quelle morti per estrazione in una lotteria nella cui urna qualcuno ha messo e fatto estrarre i nomi di quella famiglia, sono la faccia crudele della strada quando vuole colpire anche gli incolpevoli.
Abbiamo selezionato 6 episodi, due dei quali con esiti mortali e catastrofici. Ma anche nei quattro casi in cui tutto è filato liscio, solo un’incredibile serie di coincidenze e, spesso, il tempestivo intervento degli agenti, hanno evitato il ripetersi della tragedia.

Alla luce di tutti gli eventi di cui disponiamo informazioni, possiamo affermare con assoluta certezza che all’origine dei contromano ci siano prevalentemente fattori di due tipi:

1. casuali, originati sempre da un errore di manovra o dalla carenza infrastrutturale;
2. volontari, originati dalla precisa manovra del conducente attore.

Nella seconda ipotesi possiamo operare un’ulteriore differenziazione, tra chi pone in essere tale condotta per uccidersi, per mettersi alla prova o per allontanarsi dalla scena di un crimine.

Il primo e terzo caso non ci interessano, perché sono assolutamente imprescindibili dalla capacità di contrastarli. Nel caso invece di persone che intendano dar prova del proprio coraggio, la questione diviene squisitamente psicologica.
L’8 novembre 2003 due ragazzini, mai identificati, hanno imboccato contromano la superstrada Ascoli-Mare puntando i veicoli che provenivano dalla parte opposta. Secondo le decine di telefonate giunte ai centralini di Polizia Stradale e Carabinieri il conducente dello scooter non si sarebbe affatto curato delle ripetute segnalazioni e delle brusche frenate da parte di chi tentava di evitare l’impatto. All’arrivo delle pattuglie i due giovinastri si erano già volatilizzati.

Le cause del contromano

Qualcosa ci dice che noi non lo faremmo mai. Eppure qualcuno, come abbiamo appena visto, per un motivo e per l’altro ci finisce davvero, dalla parte più sbagliata del traffico.
Dalla disamina dei dati in nostro possesso, dalle circostanze di cui leggiamo sulle cronache e che ci vengono riferite dai nostri referenti Asaps sparsi su tutto il territorio, abbiamo però raggiunto alcune prime conclusioni.

In Italia non ci risulta che siano stati condotti studi specifici sull’argomento, ma in Austria una ricerca ha appurato che un quinto dei conducenti sorpresi contromano in autostrada aveva effettuato la manovra intenzionalmente, per recuperare un congiunto, un animale domestico o un bagaglio (capita anche questo), lasciati in un parcheggio o in un’area di servizio. Si tratta di atteggiamenti assunti da persone poco esperte della guida, i cosiddetti autisti della domenica, in prevalenza anziani o giovanissimi o ancora utilizzatori occasionali della rete autostradale. In Italia, come abbiamo avuto modo di rammentare in altre occasioni, la conferma dell’esistenza di gente disposta a questo ci giunge dalla frequenza con cui vengono contestate infrazioni circa la retromarcia in autostrada, in prossimità di svincoli e aree di servizio dimenticate o superate per una distrazione che potremmo definire “scarsa applicazione nel corso della guida”. Secondo la Gendarmeria austriaca l’85% degli automobilisti in contromano sarebbe di sesso maschile: la metà di questa percentuale, sotto i 40 anni, in stato di ebbrezza. Il restante è over 65.

In ogni caso assistiamo ad una vera e propria perdita dell’orientamento, dovuto alla incapacità di condurre un veicolo che si concretizza in una manovra sbagliata. Il momento critico di questo evento, la fase in cui comincia l’errore, è in prossimità degli imbocchi, sugli svincoli, dove il conducente non riconosce la strada giusta. Il conducente, in preda al proprio deficit psicofisico, si trova in una posizione contraria al flusso del traffico, ancora in preda a dubbi che ne avevano obnubilato la condotta poco prima. Questa è la fase davvero critica, alla quale non si dovrebbe mai arrivare: il conducente è colto da un successivo disorientamento al quale si aggiungono stupore, presa di coscienza della situazione, panico, terrore e infine il tentativo istintuale di uscire da quella situazione. Sono stati registrati, in alcuni casi, fattori estranei alla condizione psicofisica del conducente: parliamo di meteorologie avverse, di segnaletica

poco chiara, carente o ingannevole. Questo avviene in particolare all’imbocco dell’autostrada dopo il casello. Ma uno dei fattori sempre presenti, e quindi innescanti, è la scarsa dimestichezza che molti dei protagonisti di questi atti hanno con l’autostrada o con la grande viabilità.
In Svizzera il 44% degli errori all’origine del contromano in autostrada avviene in prossimità di incroci con strade secondarie, fattore questo che in Italia non si ripete per la presenza delle stazioni di esazione, caratterizzate da una viabilità priva di incroci liberi e dalla presenza di ampi piazzali di manovra e canalizzazione verso gli svincoli, ben illuminati e segnalati. Sulla rete del Belpaese, semmai, il rischio è di trovarsi davanti chi è ripartito contromano da aree di servizio o di sosta. Non dimenticheremo mai il camionista inglese Jhon che sulla A14 a Forlì, nel 1998, dopo un sosta all’area di servizio Bevano, in completo stato di ebbrezza accertato successivamente, percorse , per fortuna in piena notte e con scarso traffico, 30 km contromano, affiancato sulla corsia giusta da una pattuglia della Stradale con luci stroboscopiche accese, trombe bitonali in piena funzione. Niente, non ci fu niente da fare! Jhon non si voleva fermare. Ci volle anche il coraggio di un’altra pattuglia contromano per bloccarlo e farlo entrare in un’area di parcheggio dopo aver bloccato il traffico e posizionato torce a terra. Quella volta l’Angelo custode degli automobilisti fu molto vigile, così come gli agenti della Stradale. In tanti quella notte devono a loro la vita e forse neppure se ne sono resi conto.

Contromano: come evitarlo?

Alla luce di quanto abbiamo visto, proponiamo ancora una due soluzioni: innanzitutto appare doveroso rivedere l’intero sistema di radio traffic, e tramite l’utilizzo della isofrequenza operare una sorta di regionalizzazione dell’ascolto da parte dell’utenza. Pensiamo ad un canale tematico composto da un network che possa fornire informazioni in tempo reale a chi sta effettivamente transitando in un certo tratto stradale o autostradale. Fatta salva la programmazione anche su scala nazionale, crediamo che uno speaker che possa comunicare con tempestività la presenza di un’auto contromano in un determinato tratto a chi effettivamente lo sta percorrendo ignaro, potrebbe essere assai più utile di un brano musicale o di una voce che informa a chi transita sulla Salerno Reggio Calabria di una coda a tratti a Como Brogeda. Questo per un’emergenza di questo tipo o anche di altro genere. Più specificatamente appare ormai non più rimandabile un intervento consistente sulla segnaletica orizzontale e verticale delle aree di servizio o di sosta e all’imbocco delle corsie di canalizzazione ai caselli: noi pensiamo all’impiego di segnali luminosi visibili solo in un certo senso di marcia (per chi imbocca contromano, appunto), magari integrato ad un sistema automatico che si accorga del transito da parte di un veicolo nella direzione sbagliata e faccia scattare potenti segnalazioni visive e acustiche per avvertire il distratto, attivando un immediato allarme alla Polizia Stradale più vicina. Infine, e ci sembra altrettanto irrimandabile, la chiusura dei varchi aperti fra le due carreggiate. E’ vero numerosi sono stati già chiusi. Non basta! Ora si devono chiudere gli altri.

Comprendiamo che per chi, come noi, li utilizza per portare soccorso in maniera più tempestiva o per invertire la marcia rapidamente ed agganciare auto sospette o in fuga, la questione potrebbe sollevare alcuni dubbi. Ma tali perplessità non devono esserci, anzi, non possono sussistere. Per altro in altri Paesi si stanno sperimentando, con successo, varchi facilmente amovibili dalle strutture di emergenza. In alcuni tratti si potrebbero realizzare corsie di inversione, e sovrappasso, per soli mezzi di servizio con apertura comandata dalla centrale e per motivi di reale e drammatica urgenza. Si copi, si spenda, si facciano un po’ meno utili e più utilità!

Troppe morti sono state provocate da incidenti della circolazione che hanno visto veicoli infilare per sbaglio quei bypass e chiudere il proprio moto in maniera tragica o addirittura catastrofale. Di tutto questo sangue inutile, francamente, ne abbiamo abbastanza. Facciamo almeno che sia servito a qualcosa.


* Sovrintendente della Polizia Stradale


Di Lorenzo Borselli*

Lunedì, 21 Gennaio 2008
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