Foto carabinieri.it (ASAPS) VERONA – C’è un’altra Nassiryia, che si consuma
vita dopo vita, scontro dopo scontro, bicchiere dopo bicchiere. È la sconfitta
della sicurezza stradale, la sconfitta dell’impegno di pochi contro l’ottusità
di un sistema che dovrebbe creare una zona di sicurezza un centimetro fuori la
porta di ogni casa e che invece stenta a partire. O meglio, solo una delle
tante Nassiryia, visto quello che leggiamo ogni giorno sui giornali. Ieri
mattina, nella chiesa di San Michele Arcangelo di Verona, una folla di uomini e
donne ha reso l’ultimo commosso saluto a Ciro de Vita, l’appuntato 48enne dei
Carabinieri, travolto e ucciso all’alba di domenica scorsa da un uomo in stato
di ebbrezza. Ciro, purtroppo, è solo l’ultimo di una lunga serie di uomini in
divisa uccisi senza un motivo, condannati a morte senza appello dalla
sconsideratezza criminale di chi decide di bere e guidare, di chi decide di
violare una legge spesso sapendo che non dovrà praticamente scontare nulla o
quasi della propria colpa. Vicino al feretro avvolto nel tricolore, c’era il
comandante generale dell’Arma, Luciano Gottardo, ed il comandante della regione
Carabinieri Veneto, Massimo Iadanza. A loro, ai colleghi più vicini a Ciro, è
toccato consolare la vedova, i due figli e la madre del militare, caduto senza
nemmeno un perché, falciato mentre stava controllando un automobilista appena
fermato in un posto di controllo. L’appuntato era in forza alla stazione di
Sommacampagna (Verona), e nonostante fosse un veterano della strada non aveva
rinunciato a fare il suo dovere con la stessa abnegazione di una recluta.
Pesante e severo, il commento del vescovo di Verona, Flavio Roberto Carraro, che
ha espresso un pesante giudizio sulla perdita del senso del valore e del
rispetto per la propria ed altrui vita che sempre più spesso la società moderna
esprime: “l’ebbrezza di cui Ciro De Vita è stato vittima – ha detto nell’omelia
– è segno anche di un’ubriachezza ben più profonda che dilaga nelle nostre
città, tra le nostre famiglie, e che minaccia tutti noi. Siamo ubriachi, sazi
di troppo, introdotti da mille mezzi in una vita virtuale che ci fa perdere il
vero senso della vita reale, delle sue responsabilità”. Del resto non poteva essere altrimenti: nel
breve volgere di poche ore gli ubriachi al volante hanno commesso nella
provincia scaligera un consistente numero di nefandezze: una coppia di
fidanzati in moto era stata travolta e uccisa da un altro serial killer del
volante. “Non possiamo tacere di fronte a queste tragedie – ha aggiunto
monsignor Carraro – ed è ormai necessaria una riflessione sui nostri stili di
vita, sui criteri e le modalità con cui crescono i nostri figli e come vengono
educati. Per fortuna - ha concluso – c’è chi vigila sulla nostra sicurezza, ma
non basta. L’appuntato Ciro De Vita era come una sentinella e la notte della tragedia era lì, sulla strada,
a vegliare, a compiere il suo dovere di sempre. Era lì anche per noi, per vegliare
sulla nostra incolumità”. Il vescovo, commosso, ha concluso la sua omelia con
un ringraziamento particolare, che ha suscitato profonda commozione in tutti i
partecipanti: “…grazie appuntato Ciro De Vita, perchè ti sei offerto per noi”.
E la nostra redazione rivolge un pensiero a tutti i suoi caduti, che sono poi i
caduti di tutti. L’ultimo, il nostro Pierluigi Giovagnoli, il cui carnefice fu
colto ubriaco dalla Polizia Stradale anche il giorno del processo, quando aveva
accompagnato l’unico testimone della tragedia, un suo amico, in aula per essere
sentito. Un articolo sulla cerimonia è stato pubblicato ieri sul sito
istituzionale dei Carabinieri, www.carabinieri.it. (ASAPS) |
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