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Notizie brevi 03/04/2006

COMO, IL DRAMMA DOPO UN COLPO DI PISTOLA. LA VICENDA DI UN GIOVANE IN FIN DI VITA E DI UN AGENTE DELLA POLIZIA LOCALE CHE GLI HA SPARATO PER ERRORE

È una vicenda terribile, quella avvenuta a Como. Proponiamo l’articolo di fondo di ieri (2 aprile) di un giornale locale. Un articolo toccante, nel quale ci rispecchiamo.

Quanti padri nella tragedia del ponte di San Martino. Quello di Rumesh, prima di tutto, il papà del ragazzo che lotta per la vita. Il suo dolore è immenso, come la sua dignità. E poi l’agente che ha sparato, anch’egli padre di un bambino. E il sindaco, giustamente interpellato, anche come genitore, nello studio di Espansione Tv. E tutti noi, padri e madri di figli che si affacciano a un’autonomia da grandi, che inseguono ogni giorno un po’ di libertà in più.

Il dramma di questo figlio comasco-cingalese è in assoluto il dramma di un papà, il suo. Ma la pena, la speranza che Rumesh si salvi e che possa vivere bene, sono di tutti i ragazzi e di ogni genitore. E, non possiamo nasconderlo, anche l’inquietudine è di tutti, dopo quanto di inimmaginabile è accaduto.

I figli crescono, escono, vanno per il mondo e per le strade della città. Soli, assieme ad altri. A piedi, in moto, in auto. E, finora, la preoccupazione di generazioni di padri e di madri era il loro comportamento.

Le note d’ansia riguardavano le compagnie frequentate, i rischi del traffico, il timore che i figli fossero trascinati (chissà poi perché sempre “dagli altri”) nel bere, nel fumo, anche in quello proibito. E nella guida sconsiderata.

“Quelle sere non dormirò mai”, accenna il motivo di una struggente canzone di successo, un po’ datata, che interpreta lo stato d’animo di chi attende a casa il ritorno di una figlia. Ma che i figli potessero correre pericoli per il modo di agire di chi è da sempre considerato tra i primi alleati delle famiglie, questo proprio no, nessuno di noi lo pensava.

Perché i vigili urbani (noi continuiamo a chiamarli così, non “polizia locale”) erano e sono quell’occhio in più, che per ragioni di servizio arriva dove non c’è lo sguardo dei genitori. Un occhio attento soprattutto ai più giovani, a loro stessa tutela, pur nell’economia quotidiana di tanti altri compiti. Un occhio severo, se necessario, ma capace di misura e di buon senso.

 

La tragedia del ponte di San Martino, oltre a portare un diciottenne sull’orlo della morte, crea adesso un blackout psicologico su questo versante. Il “vulnus”, la ferita aperta, è profonda. Servirà tempo perché si ricrei la giusta relazione tra l’opinione pubblica comasca dei padri e delle madri e il corpo dei vigili. Serviranno i tanti piccoli gesti del dovere quotidiano. Compiuti in silenzio, al riparo dai riflettori, caratterizzati dalla misura del rigore e dell’umanità che sono da sempre percepiti come ottimo esempio. Servirà riapprezzare la vigilanza dei vigili. Questa e null’altro.

Da IL CORRIERE DI COMO
“Padri e figli”
Di Marco Guggiari

 

 


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Lunedì, 03 Aprile 2006
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