Martedì 05 Novembre 2024
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di Lorenzo Borselli*
Guida e smartphone: la trappola dei social è l’ultima frontiera della violenza stradale

L’ASAPS, da qualche anno, definisce lo stato di distrazione alla guida conseguente all’utilizzo di uno smartphone come la sbornia del terzo millennio: l’incidente di Alatri – comune del frusinate – occorso il 10 settembre scorso è la conferma che non ci siamo affatto sbagliati. È stato proprio qui che ha avuto luogo l’ultimo degli schianti in diretta social, in “live” come diciamo noi “boomer”(1) ripensando alle prime dirette televisive dai teatri bellici dei fronti mediorientali. Indimenticabile quella parola inglese in sovrimpressione gialla a fianco di Peter Arnett, che dall’alba del 17 gennaio 1991 raccontò al mondo occidentale la prima guerra del Golfo, dalla postazione della CNN sul tetto dell’hotel Al-Rashid di Baghdad. Ma la diretta era un servizio per noi, incollati agli schermi in catodico di cucine e salotti e lui era lì come cronista, come professionista dell’informazione, incurante delle scie dei patriot lanciati dalle navi americane che si schiantavano sui palazzi governativi di Saddam. Insomma, era un servizio pubblico. Non uno svago, sicuramente non un gioco, anche se già allora sociologia e psicologia iniziarono a studiare la cosa come un fenomeno massmediatico dalle prospettive inquietanti. Ed ecco il presente.
L’era di internet prima, la cui propagazione deflagrò col nuovo millennio, e la diffusione capillare degli smartphone dopo, hanno messo la “diretta” in mano a tutti noi, ingenerando la smania di primeggiare sugli altri, di creare un personaggio da fiction, con la speranza di acchiappare likes e followers.

Così arriviamo al 10 settembre, sulla provinciale Santa Cecilia, poco fuori la frazione di Tecchiena, ad Alatri. Un giovane lancia la sua diretta Facebook, l’ultima di una serie, nella quale guida a tutto gas con in sottofondo il ritmo rap di Chamillionare che suona la sua versione di Ridin’ dei Krayzie Bone(2), ma soprattutto lancia la sua Audi ad una velocità sempre maggiore, fino a quando, nella più ricorrente tra le perdite di controllo, detta “sottosterzo”, finirà contromano centrando la Nissan Qasqai con a bordo una mamma e i suoi due figli.
La diretta continua, perché lo smartphone del nostro “genio” mica si rompe!
Eh no… Lo scambio dei dati con la rete si mantiene attivo, come la musica e la voce di Chamillionare, rotti dalle grida della madre che implora il figlio di 14 anni di chiamare papà. L’altra figlia, una bambina di nove, perde conoscenza e serviranno i Vigili del Fuoco per tirarla fuori dal groviglio di lamiera e plastiche. Una volta stabilizzata, la piccola sarà imbarcata su un’eliambulanza del 118 e portata in salvo. È viva.
Se a riprendere l’incidente fosse stato un passante, come quello che ha filmato col telefonino la caduta dell’Aermacchi delle Frecce Tricolori a Caselle, il filmato sarebbe divenuto virale e nessuno si sarebbe poi posto alcun problema. Ma questo movie no: va oltre e diviene spia di quel disagio patologico al quale abbiamo provveduto, noi dell’ASAPS, a conferire la definizione di cui abbiamo parlato in apertura: sbornia.

Il trentenne era anche sotto l’effetto di alcolici e stupefacenti e anche questo la dice lunga su come si fosse approcciato alla guida, con un modello che definire irresponsabile appare oltremodo eufemistico. La fisica ci dice che se quel conducente avesse guidato a 100 orari, lo spazio percorso in un secondo sarebbe stato di 36,1 metri. Una persona sobria – e non è questo il caso – secondo gli studi del britannico Transport Research Laboratory(3) impiegherebbe almeno 3 secondi per leggere un messaggio sul proprio telefono, il che equivarrebbe a percorrere alla cieca quasi 110 metri (108,3, per essere precisi) e tanto per capirci, una ricerca, ormai datata, pubblicata dalla statunitense NHTSA nel 2006(4) aveva dimostrato che il 22% degli incidenti era stato ascritto ad attività secondarie espletate dal conducente durante la guida. Nel 2006 gli smartphone erano ancora pochissimi.
Ecco: “secondary task”, attività secondarie: questa non è distrazione. Per “distrazione” si intende uno “stato del pensiero rivolto altrove, e perciò assente dalla realtà attuale e circostante”(5).
Quando ti parlano e la tua mente vaga verso altri pensieri sei distratto, ma quando invece di fare una cosa ne fai un’altra, allora siamo in un campo diverso.
Proviamo con “dissociazione”: “dividere o dividersi, di staccare o staccarsi da altri”(6).
Ecco, ora sì che va meglio. Perché le parole sono importanti ed è l’ora di prendere conoscenza di un fenomeno che è troppo pericoloso per poter essere ignorato ancora. Se il pilota di un aereo si mettesse a parlare al telefono mentre compie la virata finale in approccio all’atterraggio, cosa penseremmo di lui?
Che è un criminale? Forse no, ma di sicuro metteremmo in seria discussione la sua idoneità al compito assegnatogli, perché nelle sue mani c’è la vita di centinaia di passeggeri. Scendendo ai piani bassi della realtà, se vedessimo il conducente di un autobus guidare col telefono in mano, saremmo portati ad analoga considerazione, eppure quando si tratta di noi diventiamo incredibilmente più indulgenti.
Mentiamo a noi stessi o, meglio, ci nascondiamo alla realtà che vogliamo.
Un po’ come quando pensiamo che un bicchiere in più, in fondo, NOI lo reggiamo bene, salvo poi pensare all’ubriaco omicida stradale come ad un reietto della società, meritevole solo del carcere a vita.
La realtà è diversa: siamo caduti in una vera e propria trappola, per niente virtuale, che dalla comunicazione via etere piomba sulla strada, sotto forma di albero, di lampione, di guardrail, di altra macchina, motociclista, scooterista, ciclista, pedone o animale vagante.

Tanti anni fa, chi scrive rilevò un incidente in cui persero la vita in cinque, tutti giovani, finiti all’alba di una domenica invernale con un’Opel Calibra – una coupé molto in voga negli anni ’90 – prima sulla cuspide di un guardrail e, dopo, sullo spigolo vivo di un tunnel autostradale. Solo appena pochi mesi dopo si occupò di intervenire sul caso di un autotreno finito giù da un viadotto. Un testimone che viaggiava in senso opposto mise a verbale di aver visto il conducente chino sullo sterzo e un altro uomo che cercava disperatamente di tenere il volante dalla cuccetta.
Tutti questi eventi letali vennero classificati frutto di probabili “distrazione” o “colpo di sonno” e del resto all’epoca non c’erano dash-cam o scatole nere e le telecamere di sorveglianza non erano certo come quelle odierne. Di più: non c’erano i telefonini.
Probabilmente, in un futuro nemmeno troppo lontano, potremo rilassarci sui social anche in autostrada, perché avremo veicoli che si guideranno da soli, ma nel frattempo dobbiamo fare i conti con la realtà e combattere questa nuova dipendenza da social.
La questione è molto semplice: lo smartphone ci permette una vita parallela, piena di gioia che deriva dalla condivisione e dalla nostra esposizione. Nei nostri dispositivi c’è tutto quello che serve: donne e uomini bellissimi che chattano con noi, ricette gustose da preparare, gente che si ammazza in diretta o che si fa molto male, animali dolcissimi, moto potenti, auto stratosferiche. E poi i likes, i followers, i guadagni facili. La celebrità.
È la trappola dei social network, che la psicologa Daniele Floria descrive esemplarmente in un suo lavoro(7).
Il successo dei social network sta nell’aver sfruttato un comportamento molto semplice dell’essere umano (muovere un dito su uno schermo) proponendoti stimoli piacevoli ed interessanti al solo scopo di tenerti incollato il maggior tempo possibile. Proprio il movimento in sé del dito, in particolare in giù quando devi ricaricare i feed, è paragonabile allo stesso gesto del giocatore di slot machine che con un movimento del braccio tira giù la leva in attesa di un possibile premio. A sua volta tale gesto è proprio quello che fu studiato con i topi da laboratorio che, chiusi in una gabbia, per prove ed errori avevano scoperto, e di conseguenza poi appreso, che tirando una leva con la zampetta ricevevano del cibo. Tale esperimento è noto come il paradigma del condizionamento operante di Burrhus Skinner, uno dei più influenti psicologi del XX secolo”.
Irresistibile, dunque e, in più, è patologico.
Se pensiamo che tutti noi (TUTTI), maneggiamo quel dispositivo in ogni momento della nostra giornata, spesso prima ancora di accendere l’abat-jour al mattino, visto che lo usiamo anche come sveglia, e prima di spegnere la luce perché ci accertiamo che l’orario sia impostato, la riflessione è d’obbligo.
La pena esemplare non è applicabile, perché dovremmo essere tutti bannati dalla guida, rinchiusi in una gabbia virtuale, come i topi del professor Skinner.

No, bisogna prevenire: limitando il funzionamento dei dispositivi in auto, anche per i passeggeri, così torneremo a parlare in presenza e non solo in chat-room o a guardare il paesaggio, e poi applicando la regola della tolleranza zero.
Le ultime modifiche al CDS ci sembrano la strada giusta, ma tra il dire e il fare, si sa, servirebbe la Polizia Stradale. In pratica, le nozze coi fichi secchi.

(*) Ispettore della Polizia di Stato,
Responsabile della comunicazione di ASAPS

 

Note
1 -  “Boomer”, Appellativo ironico e spregiativo, attribuito a persona che mostri atteggiamenti o modi di pensare ritenuti ormai superati dalle nuove generazioni, per estensione a partire dal significato proprio che indica una persona nata negli anni del cosiddetto “baby boom”, e cioè nel periodo di forte incremento demografico che ha interessato diversi paesi occidentali al termine del secondo conflitto mondiale, tra il 1946 e il 1964. Accademia della Crusca.
2 - “Alatri, positivo all’alcol provoca incidente in diretta sui social” – La Gazzetta dello Sport – Gazzetta Motori, 11 settembre 2023 (modifica il 12 settembre 2023, 09:33) - https://www.gazzetta.it/motori/la-mia-auto/11-09-2023/incidente-in-diretta-facebook-ferite-una-donna-e-i-figli-il-video.shtml, consultato in data 20 settembre 2023.
3 - "Smartphone use while driving – a simulator study”, Transport Research Laboratory, UK 2011.
4 - NHTSA, Klauer & Others, 2006.
5 - Treccani.
6 - Ibidem.
7 - “la dipendenza da social network”, Daniela Floria, 11 maggio 2021, www.danielafloria.it/2021/05/11/la-dipendenza-da-social-network/, consultato in data 20 settembre 2022.

 

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Il racconto della nostra prigionia da social come ulteriore propulsore della violenza stradale in una magistrale articolo di Lorenzo Borselli Ispettore della Polizia di Stato. Responsabile della comunicazione di ASAPS. Da il centauro n.260

 

 

 

 

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Giovedì, 26 Ottobre 2023
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