In
un anno gli automobilisti italiani per fare benzina spendono il 10% in
più. Un maggior esborso che incide in media fra i cinque e i sette
euro per ogni pieno sui bilanci delle famiglie. In un anno si spende in
più dai 175 ai 245 euro considerando una media di 35 pieni. Nel
2003, il 16 maggio, i prezzi consigliati dalle compagnie e riportati dal
ministero delle Attività Produttive oscillavano fra 1,042 e 1,048
euro: oggi viaggiano fra 1,142 e 1,154 euro al litro, circa 0,112 euro
in più, pari a 216 vecchie lire. Alla pompa, con il sovrapprezzo
praticato dai gestori, si arriva a valori di 1,155-1,160 euro al litro
ma fuori città e in alcune aree di servizio, ci si può anche
imbattere in picchi record di 1,170 euro al litro, ben 2.265 vecchie lire.
Ma quanto pesa il caro-pieno sulle tasche degli italiani? Rispetto a un
anno fa, dal confronto realizzato dall’agenzia Adnkronos emerge un quadro
decisamente allarmante. Anche per chi utilizza le ’due ruote’. Per fare
il pieno al motorino si spendono oggi circa 0,7 euro in più, 1.350
vecchie lire. Per la moto, il conto è più salato, circa
1,5 euro, quasi 3 mila lire mentre per la city car si va a 3,5 euro, quasi
6.800 lire. La famiglia ’tipo’, con station wagon spende 7 euro in più,
circa 13.500 lire in più mentre il fuoristrada pesa sulle tasche
per circa 15.500 lire, pari a 8 euro.
Un salasso che, con l’arrivo dell’estate, rischia di rendere amari i weekend
al mare e le vacanze e potrebbe anche ripercuotersi sul turismo, tenuto
conto che l’Italia è fra i paesi più cari d’Europa per il
costo della benzina. Ma non solo. proprio in questi giorni l’Istat ha
segnalato che in soli quattro mesi la benzina è cresciuta del 5%
contribuendo a tenere accesa l’inflazione. La benzina è infatti
una delle componenti di peso del costo della vita e incide anche sui trasporti,
ripercuotendosi, a catena, sul prezzo dei viaggi ma anche dei prodotti
finiti.
E secondo gli esperti, con questa situazione dovremo fare i conti ancora
a lungo sia a causa dell’effetto-Iraq, sia per il boom della domanda in
Cina ma soprattutto per l’insufficiente capacità di raffinazione
negli Usa. Analisti e osservatori, sottolinea la Staffetta Quotidiana,
sembrano abbastanza concordi nell’affermare che dietro le recenti impennate
dei prezzi del petrolio, ed in particolare della benzina, non ci siano
solo la paura e le decisioni dei signori del greggio, i produttori dell’Opec.
"E opinione diffusa -sottolinea il quotidiano specializzato sui temi
energetici- che la ragione principale sia da ricercarsi in una crisi della
raffinazione che prende le mosse nei primi anni 90".
Emblematico il caso degli Stati Uniti dove nell’arco degli ultimi 20 anni
sono stati chiusi i due terzi delle raffinerie oggi in grado di lavorare
intorno ai 17 milioni di barili al giorno rispetto ai quasi 20 milioni
dei primi anni ’90. In Europa dal 1980 ad oggi, è stato tagliato
il 25% della capacità. Inoltre, questo anno, complici le molte
fermate per manutenzioni, non si è riusciti a tenere dietro ad
una domanda stimata intorno ai 9,5 milioni di barili al giorno a cui i
raffinatori americani hanno cercato di fare fronte spingendo sulle importazioni
che, infatti, in questi ultimi mesi hanno viaggiato costantemente al ritmo
di un milione di barili al giorno.
La ’sete’ di benzina degli Stati Uniti ha fatto impennare i prezzi. Così,
anche in questa settimana tutte le compagnie hanno alzato i listini. L’industria
petrolifera sottolinea però di non aver ancora recuperato completamente
i rincari registrati sui mercati internazionali. Secondo il presidente
dell’Unione Petrolifera, Pasquale De Vita, in questi ultimi cinque mesi
le compagnie hanno esercitato la "massima moderazione" nelle
variazioni dei prezzi dei carburanti rispondendo agli inviti del governo
ribaditi nei giorni scorsi dal sottosegretario alle Attività Produttive
Giovanni Dell’Elce. I 12,6 centesimi di euro maturati in questo arco di
tempo -osserva De Vita- sono stati trasferiti solo in parte sul prezzo
finale (circa 8,5 centesimi al netto dell’Iva).
E mentre i consumatori scendono in piazza per protestare contro il caro-pieno,
come martedì scorso a Roma, il governo promette rimedi. Il ministro
delle Attività Produttive Antonio Marzano e Dell’Elce hanno confermato
che è allo studio un intervento calmiere sul fronte accise. Ma
entrambi hanno sottolineato che "su questo tema l’ultima parola spetta
al dicastero dell’Economia". Nei giorni scorsi il sottosegretario
Manlio Contento ha osservato che l’erario negli ultimi mesi ha incassato
34,5 milioni in più per il gettito dei carburanti.
Resta il fatto che il caro-energia è un problema sentito in tutta
Europa e sul quale è scesa in campo anche la Bce. L’allarme per
la corsa dei prezzi del greggio (che venerdì a New York ha superato
il record dei 41,5 dollari al barile) e dei riflessi sulle economie nazionali,
sarà molto probabilmente al centro di uno scambio informale di
opinioni tra i ministri dell’Energia e dell’Industria al Consiglio Energia
Ue in Lussemburgo, il 10 giugno. Nell’occasione, i ministri potranno contare
anche sull’esito dell’International Energy Forum del 22-24 maggio, ad
Amsterdam, della probabile riunione dell’Oil Supply Group ma anche delle
decisioni del vertice dei paesi dell’Opec, convocato il 3 giugno che potrebbe
decidere di ’allentarè i rubinetti del greggio.
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