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Notizie brevi 03/04/2020

Coronavirus, è morto Beppe il tassista: portava infermieri e pazienti all’ospedale San Paolo

Prima vittima del Covid-19 tra i conducenti, era il riferimento del quartiere Famagosta. «Uomo d’altri tempi»

Era il «tassista del San Paolo» Giuseppe Allegri, 63 anni, decano delle auto bianche milanesi. Si era ammalato di Sars-Cov-2 all’inizio del mese, da una ventina di giorni era ricoverato in terapia intensiva. Beffa del destino è morto proprio lì, all’ospedale verso cui faceva avanti e indietro dalle piazzole del quartiere Famagosta, portando medici di guardia, infermieri e pazienti, in quei lunghi turni notturni al volante che non lo vedevano mai tirarsi indietro neanche davanti a chiamate dagli angoli più bui e malfamati della Barona e di Rozzano.

Ex vigile, sempre elegante, sempre impeccabile, i colleghi lo ricordano come un tassista — e un uomo — «d’altri tempi». Dedito alla pulizia delle sue Peugeot, marchio di cui era cultore, negli ultimi dieci anni aveva guidato una 308 e una 3008, nome di servizio «Lima 57», fedele alla centrale radio del 6969. E poi le soste al posteggio taxi del metrò di via Famagosta, suo «quartier generale», dove i colleghi sapevano di trovarlo per un caffè, per una parola, nonostante fosse uomo discreto, quasi pudico nella sua riservatezza. Perché, essendo uno «vecchio stampo», sempre lì tornava, spesso rifiutando le corse del centro, anche quelle «più patinate» del sabato sera a lui vicine, dall’Auditorium di corso San Gottardo alla movida di via Torricelli, clientela ambita dalla categoria ma non da lui. Lui preferiva il quartiere. Il suo. Di cui era punto di riferimento, residente in via Boffalora. «Era un signore», afferma lo storico tassista del 6969 Gege Mazza, «un bravo amico, un collega corretto», stimato dalla categoria. «Uno che non si lamentava, che non si faceva intimidire neppure dai balordi che circolano alla notte».

Lascia la moglie 60enne, oggi in quarantena, e una figlia di 34 anni, Valentina, per un virus che non l’aveva spaventato. Aveva continuato a portare gli operatori sanitari, a offrire le corse di servizio per l’Areu, a cui i tassisti sono soggetti. «Vogliamo continuare a dare un contributo a chi è sul fronte — dice Mazza — e anche Beppe ha proseguito a farlo fino all’ultimo. Il rischio c’è, ma ora che il servizio è ridotto all’osso, ci sembra il minimo impegnarsi comprando i medicinali agli anziani e trasportando i medici». Ma con un virus che ruba anche il sollievo di un addio, spetterà ora ai colleghi dedicargli una corsa in via Famagosta. Con il nastro nero che sventola dall’antenna.

LA LETTERA DEI COLLEGHI
Un eroe caduto in servizio. Anche noi abbiamo i nostri eroi. Colleghi caduti in servizio perché vittime di balordi. Colleghi investiti mentre stavano soccorrendo persone coinvolte in incidenti stradali. Colleghi e amici che si ammalano di questo maledetto virus, perché in questo grave momento di difficoltà non vogliono fare mancare il loro servizio ad una cittadinanza in difficoltà. In ogni città, anche nelle piccole provincie il tassista rimane al suo posto e presidia il territorio, spesso effettuando un numero ridotto di corse, a volte anche gratuite, ma essenziali per chi ha urgenza di spostarsi. In questi giorni i nostri pochi clienti non stanno certamente andando ad una festa o ad un ricevimento, sono le persone che per lavoro, quasi sempre legato ai servizi sanitari o di soccorso, hanno evidenti necessità di spostamento. Con queste poche righe vogliamo ricordare Giuseppe e tutti quei tassisti che si stanno prodigando a mantenere attivo questo servizio, troppo spesso dimenticato ma essenziale per la comunità.

I tassisti Milanesi

di Giacomo Valtolina
da corriere.it


Il taxista galantuomo se n’è andato, anche lui vittima del Covid-19.  “Ex vigile, sempre elegante, sempre impeccabile, i colleghi lo ricordano come un tassista — e un uomo — «d’altri tempi».” (ASAPS)

Venerdì, 03 Aprile 2020
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