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Notizie brevi 20/10/2004

da "Il Giornale di Brescia" - Più di 120 vittime in dieci mesi Morti sulle strade: è giunta l’ora di dire «Basta».

da "Il Giornale di Brescia"

Più di 120 vittime in dieci mesi
Morti sulle strade: è giunta l’ora di dire «Basta».

Perché nessuno alza la mano e invita a sollevare il piede dall’acceleratore? Perchè di fronte a quella che è una vera e propria inutile dispersione di vite umane, una vera e propria semina di tormenti in chi è vittima ed in chi ha generato la vittima, si continua a tacere? Perchè si tollera una vera e propria dissipazione di risorse per gli ingenti costi sociali che la cura e la riabilitazione delle vittime comporta (una giornata in rianimazione per un ferito costa alla comunità circa mille euro ed una giornata di ricovero la metà) cui si aggiungono il danno cosiddetto biologico nelle famiglie, private prima soprattutto degli affetti che non riavranno mai più e poi di risorse spesso indispensabili? Perchè continuiamo a lasciar correre, a piangere il lunedì pomeriggio con il rischio che, se non è una è l’altra domenica, si ritorni a piangere poco più tardi? Se quella di San Zeno è una storia purtroppo a sé, con quella del bimbetto di tre mesi investito su una carrozzina in Valle Camonica nell’inutile contabilità di queste cose, che peraltro sta adagio adagio migliorando sensibilmente rispetto al passato, erano più di centoventi le vittime della strada dentro o fuori la provincia; e le cause sono sempre le stesse: da una parte la velocità e dall’altra «quel cocktail - come lo definisce monsignor Francesco Beschi, vescovo ausiliare di Brescia - di cultura della vita, quella maniera irresponsabile di molti giovani di porsi di fronte al futuro ed alle responsabilità verso sé e verso gli altri e pensare che, se è destino, deve succedere, anche se ciascuno di noi il destino lo pilota. Leggerei in questi comportamenti una fatica a sperare». Ed anche, di conseguenza, una voglia di trasgredire, che purtroppo non è solo dei giovani e che si esalta in passaggi pedonali non rispettati, sorpassi con la doppia riga, limiti di velocità abbondantemente scavalcati, precedenze non assegnate, corse folli come cantava Lucio Battisti «a fari spenti nella notte per vedere se è proprio così difficile morire», protervia stradale diffusa, distrazioni conscie e inconscie, caduta estesa del rispetto degli altri per cui tra decidere se far ruzzolare un ciclista e rischiare di grattare l’auto in molti non hanno dubbi, scegliendo la prima delle opzioni; semafori gialli o rossi non rispettati, piste ciclabili occupate, portiere che si aprono senza guardare se qualcuno sta arrivando, auto sui marciapiedi. L’elenco di questa caduta di buona educazione, potrebbe esser altrettanto lungo. Come opporsi a tutto ciò? Con i «messaggi», i testimonial che non si trovano, le parole meditate che si sentono ai funerali, ma che durano lo spazio di una cerimonia e il tempo di far asciugare le lacrime prima che tutto torni poi come prima, il rigore delle norme e dei controlli, la persuasione? Certamente impopolare, ma l’impressione è che solamente la severità delle norme e la quantità dei controlli possano bloccare questa innarrestabile perdita di risorse umane: il modello di norme che regolano la viabilità in altre nazioni (sanzioni, ma soprattutto patenti ritirate) sui numeri di vittime e incidenti che diminuiscono ma che sono sempre alti si rivelano una scelta azzeccata. «In nove mesi e mezzo - ricorda il comandante la Polizia stradale di Brescia Basile - abbiamo decurtato 60mila punti». Immaginando di dividere per venti questo numero equivarrebbero a tremila guidatori che devono ricominciare da capo. Effetto di una normativa in continua evoluzione, il codice sulla contabilità degli incidenti stradali incomincia a mostrare risultati: «Sulle nostre rilevazioni - aggiunge il comandante della Polstrada di Brescia - tra gennaio 2003 e questi giorni di ottobre 2004 i decessi sono diminuiti del 38% e gli incidenti dell’11%. Credo che un ruolo importante possa esser individuato nella formazione ed in questo la Polizia Stradale di Brescia è giunta a trecento corsi per formatori, primo anello tra i giovani e quella indispensabile cultura, che deve esser diffusa e consapevole, del rispetto del codice della strada». Consapevolezza delle norme che passa da un’infinità di comportamenti: il casco, la velocità, il rispetto del codice che molti giovani, purtroppo, scordano per cause differenti. «Occorrono meccanismi che blocchino questi comportamenti - commenta Romana Caruso, psichiatra in Poliambulanza - che all’origine hanno vuoti esistenziali, presentano giovani che sentono la necessità di cercare il pericolo, alle spalle hanno vuoti di cui un certo tipo di società soffre; ma queste sono giustificazioni accademiche contro le quali forse occorre ricercare norme più adatte». Che, magari, vengano anche rispettate da guidatori più prudenti.

Camillo Facchini



Mercoledì, 20 Ottobre 2004
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