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Notizie brevi 22/12/2016

Terrorismo, il nuovo schema di Minniti: "Sindaci e polizia locale ci aiuteranno a fermare i lupi solitari"

Il neo ministro dell'Interno vara una nuova strategia di prevenzione e difesa: "Dobbiamo decentralizzare sul piano locale i nostri strumenti di sicurezza"
Minniti alla riunione del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza di Roma

ROMA - Anche per il nostro Paese, non è più questione del "se". O, almeno, non lo è più da tempo. Da quando la strategia degli appelli dello Stato Islamico a colpire "i crociati" ovunque e dovunque se ne presenti l'opportunità, con gli strumenti e nei modi che l'opportunità consente, non prevede più zone franche e scommette su una platea di potenziali martiri non individuabili con le normali routine di polizia e intelligence. Soprattutto perché spinti da un micidiale cocktail di emulazione e autoradicalizzazione. La strage di Berlino obbliga dunque a ripensare la dottrina di prevenzione antiterrorismo del nostro Paese. A infittirne le maglie e a mettersi a specchio rispetto all'ulteriore salto di qualità della minaccia. E martedì scorso, al Viminale, nella riunione del Comitato di Analisi Strategica Antiterrorismo, i vertici delle nostre forze dell'ordine e della nostra Intelligence hanno misurato l'urgenza del cambio di passo dalle parole di Marco Minniti, il nuovo ministro dell'Interno che, non più tardi dell'autunno scorso, da Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alla sicurezza nazionale, avvertiva di quanto fosse "ragionevole l'aspettativa di un nuovo attentato in Europa".

Minniti ha battezzato la nuova dottrina come "prevenzione collaborativa", immaginando un coinvolgimento pieno degli amministratori locali, i sindaci in primis, e dei corpi di polizia municipale delle città, affiancati da questori e prefetti. I soli in grado di rendere efficaci e capillari quelle forme di vigilanza attiva e di difesa passiva delle aree urbane di fronte alla minaccia del lupo solitario.

"Berlino - ha detto Minniti durante la riunione del Casa - ripropone in maniera estrema la sfida che abbiamo imparato a conoscere a Nizza. Se possibile, con modalità ancora più semplificate. Perché il minimo di pianificazione che pure era stata necessaria in Francia, non appare esserci stata in Germania. Una cosa è affittare un camion, fare dei sopralluoghi e quindi colpire una folla di innocenti riunita per un evento di festa previsto e annunciato. Altro è salire su un camion scelto casualmente, accoltellarne l'autista e poi lanciarsi su un mercato di strada. È una differenza cruciale, che rende la minaccia ancora più imprevedibile e per certi versi impermeabile ai tradizionali strumenti di prevenzione. A maggior ragione, poi, se, come è accaduto ad Ankara o ancora prima in Giordania e in Germania, si scopre che qualche "lupo solitario" comincia ad esserci anche negli apparati di sicurezza di quegli Stati tradizionalmente alleati nella guerra allo Stato Islamico e dunque per definizione impermeabili al radicalismo".

Se questo è il presupposto - e l'analisi del ministro, forte di tre anni a Palazzo Chigi come sottosegretario, ha trovato il conforto dei suoi interlocutori nel Casa - il corollario suona così. "L'imprevedibilità della minaccia portata al suo estremo richiede, per forza di cose, che la prevenzione, fermo restando l'eccellente lavoro di forze dell'ordine e intelligence che, evidentemente, proseguirà, deve prescindere dall'attività investigativa". "Il che - ha proseguito il ministro dell'Interno - tradotto nella pratica, significa decentralizzare sul piano locale i nostri strumenti di sicurezza attiva e passiva". Ai sindaci, agli assessori, ai corpi di polizia municipale, come del resto a questori e prefetti viene dunque devoluto, nella nuova dottrina, un potere ancora maggiore di modellare la prevenzione in forme capillari in grado di stabilire il valore simbolico di una piazza, piuttosto che la necessità di proteggere, e in che modo, una fiera, un evento sportivo. Per il Viminale, la cultura dei suoi prefetti, una "rivoluzione" a suo modo copernicana, perché ribalta il tradizionale rapporto tra il "centro" e la "periferia". Caricando di responsabilità, ma anche di autonomia nella scelta, i territori, le aree metropolitane. E che, del resto, ha avuto ieri anche un suo primo momento simbolico con la partecipazione del ministro dell'Interno al Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica di Roma. Cosa che si ripeterà il 29 dicembre, quando Minniti siederà nel Comitato provinciale di Milano.

Il tempo dirà se la scommessa di Minniti è destinata a funzionare. "E da questo - ha sottolineato il ministro - dipenderà molto anche il punto di equilibrio tra nuove forme di prevenzione e diritti di libertà", che sono poi quelli in gioco ogni volta che, in coda a una nuova strage, si avverte l'urgenza di una nuova stretta. A ben vedere, è un vecchio pallino di Minniti, il figlio del Pci rispettato dalla destra. Un mantra ripetuto spesso in questi anni.

"Non è vero che la sicurezza sia materia di elezione della destra. La sinistra ha più strumenti per trovare un punto tra sicurezza e libertà". E ora, quell'aggettivo - "collaborativa" - accanto alla parola prevenzione vuole esserne il banco di prova.

 


Cambia finalmente il modo di pensare la sicurezza. E’ ora di una svolta con una “nuova dottrina” della gestione della sicurezza. (ASAPS)
Ai sindaci, agli assessori, ai corpi di polizia municipale, come del resto a questori e prefetti viene dunque devoluto, nella nuova dottrina, un potere ancora maggiore di modellare la prevenzione in forme capillari in grado di stabilire il valore simbolico di una piazza, piuttosto che la necessità di proteggere, e in che modo, una fiera, un evento sportivo. Per il Viminale, la cultura dei suoi prefetti, una "rivoluzione" a suo modo copernicana, perché ribalta il tradizionale rapporto tra il "centro" e la "periferia".

Giovedì, 22 Dicembre 2016
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