(ASAPS)
ROMA – Il concetto stesso di omissione di soccorso, potrebbe
essere presto rivisto, in chiave ancora più garantista
verso le vittime di sinistri stradali. Quello che alcuni organi
di stampa hanno definito un giro di vite contro la pirateria,
rischia di trasformarsi in una mutazione completa, in chiave
evolutiva, del precedente concetto, e tutto per una sentenza
nel merito da parte della Cassazione. La Suprema Corte ha infatti
deciso che i soccorsi vanno attesi vicino alle vittime di un
incidente stradale per non essere condannati per omissione di
soccorso. Non basta, dunque, fare una semplice telefonata di
emergenza, ma bisogna rimanere accanto alle vittime dello scontro
e prendersene cura finché non arrivano i soccorritori.
E questo, anche se non si è direttamente coinvolti nell’incidente.
Forse, siamo davanti ad un pronunciamento che rischia di diventare
una vera e propria “convenzione di Ginevra” della
strada: un atto che ora invoca a sé un remake della legge
che disciplina la materia. La sentenza in questione è
la 3397, nella quale la Suprema Corte ha confermato la condanna,
ovviamente per omissione di soccorso, di una coppia di romani,
che alcuni anni fa si trovarono a passare sul luogo di un terribile
incidente. Al centro della strada che percorrevano, nel cuore
della notte, c’era un motociclista in condizioni disperate.
Probabilmente il centauro era stato investito da un pirata,
che ovviamente non si era fermato. I due scesero dalla loro
macchina e chiamarono i soccorsi, ma al primo rimbombare delle
sirene se ne andarono, lasciando il disgraziato agonizzante
da solo. Il motociclista non ce la fece e morì poco dopo
il ricovero in ospedale. Quella loro “omissione” era
stata dunque (almeno sulla carta) solo parziale, ma è
costata loro una dura e definitiva condanna. L’arringa
del difensore ha inutilmente cercato di evidenziare come in
realtà i due si comportarono chiamando i soccorsi, ma
la Suprema Corte non ha condiviso questa tesi, spiegando che
in casi come questi, non basta contattare Polizia Stradale e
sanitari, ma si deve “presidiare il posto allo scopo di
evitare che altre vetture possano investire l’infortunato”,
precisando che “nel concetto di prestazione di assistenza
non può non rientrare, innanzitutto, l’adozione
di quelle cautele atte a limitare il danno già riportato
dalla parte offesa, ovvero a scongiurare la sua ulteriore esposizione
al pericolo”. Vi fu, dunque “omissione di soccorso”
da parte dei due: una condotta che, sempre secondo la Cassazione,
“integra perfettamente il reato, in quanto avrebbero dovuto
trattenersi sul posto nel quale rinvennero il motociclista fin
quando altri non avessero potuto assumerne la vigilanza e la
cura”. (ASAPS).