È
un bilancio da notte irachena, quello di Verona. Una storia terribile,
dai risvolti ancora peggiori, nata sul disagio di un uomo che
diventa assassino furioso, di una donna disgraziata che vendeva
il suo corpo per due lire e di due giovani con la divisa della
Polizia che si sono trovati sotto il fuoco di una calibro nove.
Hanno reagito, hanno risposto, ma il silenzio ha finito col dominare
questa ennesima scena del crimine italiano. Tutti morti.
Giuseppe Cimarrusti e Davide Turazza erano in servizio di volante
notturno, nella zona periferica di Verona. Poco prima delle 2
e 24, l’ora in cui la Centrale Operativa ha annotato la richiesta
di soccorso inoltrata via radio da Giuseppe, i due agenti stavano
perlustrando la strada Brescianina, quando hanno notato che attorno
ad una Panda c’era una donna a terra.
Si trattava di Galyna Shafranek, una prostituta ucraina di 29
anni, clandestina, già agonizzante per 3 colpi di pistola
che l’hanno colpita quando si trovava ancora all’interno
dell’utilitaria, come sarebbe stato dimostrato dal sopralluogo
della Polizia Scientifica.
Le ricostruzioni della terribile dinamica sono ancora in atto,
ma è proprio Giuseppe Cimarrusti, a scendere per primo
dalla volante, che coi potenti fari aveva illuminato a giorno
l’abitacolo della Panda.
È un attimo di silenzio, prima che Andrea Arrigoni, giovane
investigatore privato, decide di chiudere la partita all’attacco.
Estrae la pistola, una Glock 9 per 21, arma corta di tremenda
efficacia, scende dall’abitacolo e spara con una freddezza
da professionista, svuotando il caricatore verso gli agenti. A
terra, resteranno 16 bossoli usciti dalla sua arma: 15 nel caricatore
ed uno in canna.
Giuseppe e Davide però reagiscono immediatamente, e sparano
19 colpi contro l’assassino, colpendolo con cinque proiettili
al torace, due al bacino e tre ad una coscia. Quando il suo corpo
rovina sull’asfalto è già morto.
Per un attimo, la scena resta silenziosa, e poi Giuseppe raggiunge
la radio e lancia l’allarme, provando anche a chiedere conforto
al 113, ma la voce gli si strozza in gola.
Nel giro di pochi minuti, volanti, gazzelle e ambulanze arrivano
sul posto. Arrigoni è già morto, mentre la giovane
donna e i due poliziotti respirano ancora.
Inutili, però, le corse agli ospedali. Nessuno sopravvive.
Che dire? C’è spazio per la cronaca e poco, ancora,
per una riflessione a freddo. La strage appare insensata, e anche
se fosse stata innescata da una lite tra l’assassino e la
giovane prostituta, lite finita in tragedia, la decisione di aprire
il fuoco contro due agenti dovrà essere oggetto di valutazioni
da parte degli inquirenti, ma chi poteva fornire la vera interpretazione
dei fatti, non c’è più.
Come Liboni, Arrigoni ha impugnato un’arma ed ha fatto incetta
di vite.
Il destino, poi, si è accanito ancor più crudelmente,
perché Davide Turazza aveva già perso un fratello,
Massimiliano, freddato nel 1994 nel corso di una sparatoria seguita
ad un suo intervento libero dal servizio nei pressi di una banca,
dove aveva notato alcuni uomini armati, risultati poi affiliati
alla mala del Brenta, che si apprestavano a fare un colpo. A distanza
di 11 anni da quel terribile giorno, il campanello della sua famiglia
è squillato ancora una volta nel cuore della notte, per
annunciare la tragedia e per dire a una mamma che aveva perso
tutto quello che aveva.
Giuseppe Cimarrusti, 26 anni, viveva invece la sua professione
con la speranza di essere presto trasferito più vicino
alla sua terra d’origine, in Puglia, dove aveva una casa
a Conversano, anche se per il momento viveva a Verona con la giovanissima
moglie Rossella, 23 anni e già vedova di un caduto della
Polizia di Stato.
E anche Giuseppe, come spesso accade tra quelli come noi, non
era il primo della famiglia a fare questo mestiere. Il fratello,
Raffaele, è Carabiniere in Toscana.
L’assassino era invece un detective privato, titolare della
“Mercury Investigazioni” di Bergamo, città dalla
quale proveniva: 36 anni, diploma di liceo classico, ex parà
con missioni in Somalia nel curriculum, esperto di armi, era considerato
nel suo settore come un professionista esperto ed affidabile,
con un’unica denuncia a suo carico dopo una violenta litigata
con la ex fidanzata.
Cosa dire, allora?
Il padre dell’uomo, Alberto, 65 anni, distrutto dal dolore,
assiste incredulo alla tragedia, chiedendo rispetto e chiarezza
sulla dinamica, alla quale – ricorda insieme all’altro
figlio Marco – non ci sono testimoni e che quindi deve essere
ancora chiarita, pur confermando la propria fiducia nell’operato
delle forze dell’ordine.
Della giovane ragazza uccisa, si sanno poche frammentarie notizie.
Sembra certo che i colpi che l’hanno uccisa, sono quelli
esplosi dalla pistola di Arrigoni, dentro la macchina dell’investigatore
privato che tutti coloro che lo conoscevano hanno descritto come
un uomo a posto, educato, che non aveva mai preso nemmeno una
multa.
Le indagini sono portate avanti dalla Squadra Mobile della questura
scaligera il cui capo, dr. Marco Odorisio, lavora sotto la direzione
del Procuratore Capo di Verona Guido Papalia e del suo Sostituto
Fabrizio Celenza. “Quanto successo dovrebbe far riflettere
sulla possibilità di rilasciare molte autorizzazioni a
portare le armi”, ha detto lo stesso procuratore Papalia,
anche se gli strumenti legislativi a disposizione di chi dovrebbe
fare controlli sono davvero esigui.
Di fatto, gli unici armati a sottoporsi a training psicotecnici,
sono proprio gli uomini delle Forze di Polizia e dei corpi armati
dello Stato, ma il seme della follia è sempre in agguato,
dietro l’angolo.
Tuttavia, fanno sapere dalla Mobile, sono al vaglio tutti i particolari
della vita di Arrigoni, per non tralasciare alcun particolare
o l’eventuale coinvolgimento di terzi in questa assurda ma
tragica notte.
“È una tragedia, che ha avuto come vittime due giovani
che hanno solo fatto tutto il loro dovere e davanti ai quali ci
dobbiamo togliere il cappello”, ha detto il vice capo della
polizia, Luigi De Sena, commentando con i giornalisti la sparatoria
di Verona. “Due giovani – ha detto ricordando Turazza
e Cimarrusti – che avevano a cuore i valori importanti di
una società, quelli del dovere, della sicurezza e della
convivenza civile”. I funerali di Stato, mercoledì
alla presenza del Ministro Pisanu e del Capo della Polizia Gianni
De Gennaro.
L’Asaps sarà presente per la condivisione di questo
momento di grave dolore per tutta la Polizia di Stato.
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