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Notizie brevi 22/02/2005

VERONA - UNA NOTTE TRAGICA TOGLIE LA VITA A DUE AGENTI, FEDELI INTERPRETI DEL LORO RUOLO AL SERVIZIO DELLA SICUREZZA. Il comportamento inspiegabile di un esperto delle armi. Anche troppo. Non è stata sufficiente la grande professionalità dei poliziott

 

VERONA
UNA NOTTE TRAGICA TOGLIE LA VITA A DUE AGENTI, FEDELI INTERPRETI DEL LORO RUOLO AL SERVIZIO DELLA SICUREZZA.
Il comportamento inspiegabile di un esperto delle armi. Anche troppo.
Non è stata sufficiente la grande professionalità dei poliziotti.


di Lorenzo Borselli.

È un bilancio da notte irachena, quello di Verona. Una storia terribile, dai risvolti ancora peggiori, nata sul disagio di un uomo che diventa assassino furioso, di una donna disgraziata che vendeva il suo corpo per due lire e di due giovani con la divisa della Polizia che si sono trovati sotto il fuoco di una calibro nove. Hanno reagito, hanno risposto, ma il silenzio ha finito col dominare questa ennesima scena del crimine italiano. Tutti morti.
Giuseppe Cimarrusti e Davide Turazza erano in servizio di volante notturno, nella zona periferica di Verona. Poco prima delle 2 e 24, l’ora in cui la Centrale Operativa ha annotato la richiesta di soccorso inoltrata via radio da Giuseppe, i due agenti stavano perlustrando la strada Brescianina, quando hanno notato che attorno ad una Panda c’era una donna a terra.
Si trattava di Galyna Shafranek, una prostituta ucraina di 29 anni, clandestina, già agonizzante per 3 colpi di pistola che l’hanno colpita quando si trovava ancora all’interno dell’utilitaria, come sarebbe stato dimostrato dal sopralluogo della Polizia Scientifica.
Le ricostruzioni della terribile dinamica sono ancora in atto, ma è proprio Giuseppe Cimarrusti, a scendere per primo dalla volante, che coi potenti fari aveva illuminato a giorno l’abitacolo della Panda.
È un attimo di silenzio, prima che Andrea Arrigoni, giovane investigatore privato, decide di chiudere la partita all’attacco. Estrae la pistola, una Glock 9 per 21, arma corta di tremenda efficacia, scende dall’abitacolo e spara con una freddezza da professionista, svuotando il caricatore verso gli agenti. A terra, resteranno 16 bossoli usciti dalla sua arma: 15 nel caricatore ed uno in canna.
Giuseppe e Davide però reagiscono immediatamente, e sparano 19 colpi contro l’assassino, colpendolo con cinque proiettili al torace, due al bacino e tre ad una coscia. Quando il suo corpo rovina sull’asfalto è già morto.
Per un attimo, la scena resta silenziosa, e poi Giuseppe raggiunge la radio e lancia l’allarme, provando anche a chiedere conforto al 113, ma la voce gli si strozza in gola.
Nel giro di pochi minuti, volanti, gazzelle e ambulanze arrivano sul posto. Arrigoni è già morto, mentre la giovane donna e i due poliziotti respirano ancora.
Inutili, però, le corse agli ospedali. Nessuno sopravvive.
Che dire? C’è spazio per la cronaca e poco, ancora, per una riflessione a freddo. La strage appare insensata, e anche se fosse stata innescata da una lite tra l’assassino e la giovane prostituta, lite finita in tragedia, la decisione di aprire il fuoco contro due agenti dovrà essere oggetto di valutazioni da parte degli inquirenti, ma chi poteva fornire la vera interpretazione dei fatti, non c’è più.
Come Liboni, Arrigoni ha impugnato un’arma ed ha fatto incetta di vite.
Il destino, poi, si è accanito ancor più crudelmente, perché Davide Turazza aveva già perso un fratello, Massimiliano, freddato nel 1994 nel corso di una sparatoria seguita ad un suo intervento libero dal servizio nei pressi di una banca, dove aveva notato alcuni uomini armati, risultati poi affiliati alla mala del Brenta, che si apprestavano a fare un colpo. A distanza di 11 anni da quel terribile giorno, il campanello della sua famiglia è squillato ancora una volta nel cuore della notte, per annunciare la tragedia e per dire a una mamma che aveva perso tutto quello che aveva.
Giuseppe Cimarrusti, 26 anni, viveva invece la sua professione con la speranza di essere presto trasferito più vicino alla sua terra d’origine, in Puglia, dove aveva una casa a Conversano, anche se per il momento viveva a Verona con la giovanissima moglie Rossella, 23 anni e già vedova di un caduto della Polizia di Stato.
E anche Giuseppe, come spesso accade tra quelli come noi, non era il primo della famiglia a fare questo mestiere. Il fratello, Raffaele, è Carabiniere in Toscana.
L’assassino era invece un detective privato, titolare della “Mercury Investigazioni” di Bergamo, città dalla quale proveniva: 36 anni, diploma di liceo classico, ex parà con missioni in Somalia nel curriculum, esperto di armi, era considerato nel suo settore come un professionista esperto ed affidabile, con un’unica denuncia a suo carico dopo una violenta litigata con la ex fidanzata.
Cosa dire, allora?
Il padre dell’uomo, Alberto, 65 anni, distrutto dal dolore, assiste incredulo alla tragedia, chiedendo rispetto e chiarezza sulla dinamica, alla quale – ricorda insieme all’altro figlio Marco – non ci sono testimoni e che quindi deve essere ancora chiarita, pur confermando la propria fiducia nell’operato delle forze dell’ordine.
Della giovane ragazza uccisa, si sanno poche frammentarie notizie. Sembra certo che i colpi che l’hanno uccisa, sono quelli esplosi dalla pistola di Arrigoni, dentro la macchina dell’investigatore privato che tutti coloro che lo conoscevano hanno descritto come un uomo a posto, educato, che non aveva mai preso nemmeno una multa.
Le indagini sono portate avanti dalla Squadra Mobile della questura scaligera il cui capo, dr. Marco Odorisio, lavora sotto la direzione del Procuratore Capo di Verona Guido Papalia e del suo Sostituto Fabrizio Celenza. “Quanto successo dovrebbe far riflettere sulla possibilità di rilasciare molte autorizzazioni a portare le armi”, ha detto lo stesso procuratore Papalia, anche se gli strumenti legislativi a disposizione di chi dovrebbe fare controlli sono davvero esigui.
Di fatto, gli unici armati a sottoporsi a training psicotecnici, sono proprio gli uomini delle Forze di Polizia e dei corpi armati dello Stato, ma il seme della follia è sempre in agguato, dietro l’angolo.
Tuttavia, fanno sapere dalla Mobile, sono al vaglio tutti i particolari della vita di Arrigoni, per non tralasciare alcun particolare o l’eventuale coinvolgimento di terzi in questa assurda ma tragica notte.
“È una tragedia, che ha avuto come vittime due giovani che hanno solo fatto tutto il loro dovere e davanti ai quali ci dobbiamo togliere il cappello”, ha detto il vice capo della polizia, Luigi De Sena, commentando con i giornalisti la sparatoria di Verona. “Due giovani – ha detto ricordando Turazza e Cimarrusti – che avevano a cuore i valori importanti di una società, quelli del dovere, della sicurezza e della convivenza civile”. I funerali di Stato, mercoledì alla presenza del Ministro Pisanu e del Capo della Polizia Gianni De Gennaro.
L’Asaps sarà presente per la condivisione di questo momento di grave dolore per tutta la Polizia di Stato.

 


Martedì, 22 Febbraio 2005
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