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Cina, lotta ai privilegi per le auto del palazzo
E' cominciata la guerra alle targhe automobilistiche militari o riconducibili alla Wujing, la Polizia Armata del Popolo, il corpo paramilitare che si occupa della sicurezza interna

Niente più sorpassi azzardati, rossi bruciati con noncuranza e sirene spiegate per aggirare il traffico. Da ieri in Cina è cominciata la guerra alle targhe automobilistiche militari o riconducibili alla Wujing, la Polizia Armata del Popolo, il corpo paramilitare che si occupa della sicurezza interna. E' l'ultimo capitolo della lotta ai privilegi e alla corruzione, riferisce AgiChina24.it, voluto dal nuovo presidente Xi Jinping, che ricopre anche la carica di presidente della Commissione Militare Centrale. Non si potrà più violare il codice della strada in nome della targa speciale che la propria auto esibisce, e neppure, come spesso accade, fare benzina gratis in nome di una ragione di Stato non meglio definibile.

 

Modelli americani, tedeschi o giapponesi con targhe militari, sono spesso offerti come regalo dai funzionari amministrativi o dagli ufficiali dell'esercito in pensione ai familiari. Che spesso ne approfittano, scatenando la reazione indignata dei cittadini. Anche perchè le targhe speciali appartengono di solito a modelli di lusso, come BMW, Jaguar, Porsche, che non avranno più diritto al trattamento preferenziale, così come tutti i modelli che costano più di 450mila yuan (55mila euro). E non potranno più beneficiare della targa "elimina-code" neppure le automobili in dotazione agli enti locali. Per completare l'opera, diminuirà poi anche il numero di brand stranieri nel parco auto del governo, con alcune agenzie governative che hanno il divieto di acquistare i modelli stranieri,  specialmente quelli della fascia top-end; e infine attraverso l'uso di un sistema elettronico di riconoscimento in dotazione al dipartimento di logistica dell'esercito, le false targhe speciali verranno immediatamente rilevate e tolte dalla circolazione. Le auto con targa speciale erano già entrate nel mirino degli internauti cinesi, che a febbraio avevano potuto ammirare su Weibo una serie di foto che documentavano diversi tipi di infrazioni commesse dai possessori dei veicoli con targhe speciali.

 

La polemica era nata da un appello del sociologo Yu Jianrong dell'Accademia di Scienze Sociali, che aveva denunciato tutti i favoritismi di cui godono i proprietari di queste vetture. Nel giro di poche ore, il web si era riempito di immagini di infrazioni stradali commesse dalle auto con targhe riconducibili all'esercito o alla Polizia Armata del Popolo. Subito si era aperto il dibattito su internet, come già successo nei mesi precedenti per altri casi di corruzione, come quelli dei funzionari collezionisti di orologi che valgono più del loro stesso stipendio o di appartamenti e ville di lusso.  Ma soprattutto, nelle stesse ore, un sondaggio condotto dall'Istituto di Sociologia dell'Accademia delle Scienze Sociali e pubblicato dal Quotidiano del Popolo svelava come la fiducia dei cittadini nel sistema sociale cinese era giunta ai minimi storici: oltre il 70% di chi aveva preso parte al sondaggio dichiarava di non fidarsi più degli estranei.

 

Un duro colpo per una società fondata sul concetto di "guangxi", il sistema di relazioni tra individui alla base del tessuto sociale stesso della Cina. "Da una società di conoscenze - scriveva il Quotidiano del Popolo - la Cina si sta trasformando in una società di estranei. Onestà e fedeltà verso i cittadini da parte del governo e delle imprese sono tra le più importanti caratteristiche da ripristinare per riottenere il consenso dei cittadini ed evitare la frammentazione sociale". Così, mentre l'economia non riesce a uscire completamente dalle secche del rallentamento, la gente non crede più nei politici e, peggio ancora, neppure nel sistema sociale che ha retto la Cina per secoli. La luna di miele di Xi Jinping con il popolo, a pochi mesi dal passaggio di consegne, sembra dunque già finita.

 

Per rinvigorire l'amore per la nazione non basta più neppure la macchina della propaganda, secondo l'opinione di Lanxin Xiang, docente di Storia Internazionale presso l'Istituto di Studi Internazionali e dello Sviluppo di Ginevra. E il "sogno cinese" di Xi Jinping potrebbe trasformarsi in uno slogan astratto come era stato in passato per altri tentativi di rinfrescare un appannato ardore patriottico nei cittadini. Usando un termine economico, nel suo editoriale comparso sul South China Morning Post di oggi, Xiang teme un "hard landing" del sogno cinese, qualora non fosse accompagnato da una campagna di trasparenza per "ricostruire la reputazione del partito". Xi Jinping ha scelto la linea della lotta alla corruzione che sembra, in mancanza di un vero disegno teorico, dare linfa al sogno cinese attraverso misure popolari. Dal successo di queste iniziative di "auto-pulizia" come le chiama lo storico di Ginevra, dipenderà il futuro politico della Cina. (AGI)
 

 

da repubblica.it

 

 


 

Giovedì, 02 Maggio 2013
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