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Notizie brevi 08/11/2010

Una sentenza incomprensibile - Ubriaco uccise un motociclista, Vigile del Fuoco appena smontato dal servizio, e si accanì a calci sul corpo a terra
Condanna con patteggiamento a otto mesi

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Il Vigile del Fuoco Darwin Lupinetti

“È una sentenza sconcertante, per molti versi incomprensibile, quella che è stata pronunciata a Teramo nei confronti di un automobilista che, ubriaco, uccise un motociclista in uno scontro e poi si accanì sul suo corpo a calci, mentre era ancora vivo”. È quanto dichiara Giordano Biserni, presidente dell’ASAPS, all’indomani della decisione del Tribunale di Teramo, che ha accolto la richiesta di patteggiamento dell’automobilista in stato di ebbrezza che, la sera del 22 aprile 2010, travolse e uccise Darwin Lupinetti, Vigile del Fuoco di 34 anni, accanendosi poi a calci sul corpo morente del giovane pompiere. Il conducente è stato condannato a 8 mesi di reclusione per l’omicidio colposo, 40 giorni per la guida in stato di ebbrezza, 800 euro
di ammenda, pena sospesa e non menzione.
“Rispettiamo sempre le decisioni dei Giudici – spiega Biserni – ma non riusciamo a comprendere come sia possibile attribuire una pena così modesta per una condotta così grave, dal punto di vista comportamentale. L’investitore era in stato di ebbrezza e prese a calci la vittima dello scontro”.
La cronaca locale, nei giorni successivi, spiegò che i calci non furono causa di aggravamento della patologia traumatica che condusse alla morte Lupinetti, ma “una rapina a mano armata – aggiunge il presidente dell’Asaps – è diversamente grave se il criminale che la commette è armato di un taglierino o di un Kalashnikov. L’omicidio colposo prevede una pena da uno a 5 anni, nella sua forma semplice. Il caso di Lupinetti, non ci sembra un caso semplice”.

Biserni rammenta che a Firenze, l’agente di Polizia Municipale che nell’aprile 2009 investì e uccise con l’auto di servizio una ragazza in motorino, è stato condannato a 2 anni e 8 mesi: le sue colpe sarebbero state quelle di attraversare un semaforo rosso senza accertarsi che gli altri mezzi concedessero la precedenza e senza fare uso continuativo della sirena. “Non aveva però bevuto – dice ancora – e stava compiendo un servizio in difesa della collettività, né certamente si accanì sul corpo esanime della ragazza”.
Perché il minimo della pena? Quale differenza, nella sua condotta, con quella di una persona che, pur avendo provocato l’incidente mortale si sarebbe fermata a soccorrere la vittima, magari tamponando un’emorragia, praticare la rianimazione, chiamare i soccorsi o, anche, restare immobile? Se si fosse comportato umanamente, sarebbe stato messo sullo stesso piano? Se i calci ne avessero provocato la morte, lo avrebbero condannato ad una pena non inferiore a 21 anni: perché questa forbice?
“Attenderemo le motivazioni della sentenza per meglio argomentare la nostra posizione ma ad oggi non capiamo. Possiamo solo dire – conclude il presidente dell’ASAPS – che secondo noi la Legge dovrebbe anche rappresentare un’occasione, per il Popolo, di ricordare ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Così, invece, il Popolo non ci capisce più niente”.

Forlì, 7 novembre 2010
Ufficio stampa Asaps


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Lunedì, 08 Novembre 2010
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