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Alcol, sostanze & guida: i giovani e i meno giovani

Alcol, sostanze & guida: i giovani e i meno giovani

Di Franco Taggi*

Nel mondo ogni anno circa 5 milioni di persone perdono la vita per traumi. Di questi, circa uno su quattro muore in seguito ad incidente stradale (in Italia, uno su tre).
Per ogni morto in incidente stradale ci sono poi 2-3 invalidi molto gravi, 20 ricoverati, più di 250 accessi al Pronto Soccorso.
Attualmente, in Italia, secondo le stime dell’Osservatorio Nazionale “Ambiente e Traumi” (ONAT) dell’ISS, queste cifre annuali si traducono in:

- 6.000 morti;

- 15.000 invalidi (molto gravi);

- 120.000 ricoveri;

- più di un milione di accessi al Pronto Soccorso.

 

Il problema degli incidenti stradali è particolarmente cruciale per i giovani:

- più di un decesso su tre riguarda soggetti con meno di 30 anni;

- in certe classi di età si muore prevalentemente per incidente stradale (più della metà di coloro che muoiono a 18 anni, muoiono in seguito ad incidente stradale);

- l’incidente stradale è la prima causa di morte per i maschi sotto i 40 anni;

- l’incidente stradale è la prima causa di invalidità grave dei giovani.

 

A fronte di questa situazione assai sconfortante dello stato delle cose, è naturale chiedersi quali siano le cause, e se tali cause possano essere controllate al fine di ridurre questo drammatico quadro di perdite di vita e di salute che, in base a stime diverse, costa al nostro paese in termini sanitari e sociali più di 35 miliardi di euro all’anno (avete letto bene: miliardi di euro, non milioni).
Come la ricerca epidemiologica ha da tempo mostrato, le cause di questo fenomeno sono molteplici.
Tuttavia, tra le tante, una prevale: la guida in stato di ebbrezza, cui può essere indicativamente attribuito – in termini di causa determinante – circa il 30% degli incidenti stradali gravi o mortali (uno su tre).
E’ bene dire subito che il guidare in stato di ebbrezza alcolica non è un fenomeno caratteristico solo dei giovani: questa perniciosa abitudine riguarda anche gli adulti; anzi, ancor più gli adulti.
La cosa non deve sorprendere, in quanto – secondo valutazioni a suo tempo diffuse dalla Società Italiana di Alcologia – nel nostro paese ci sono circa un milione di alcolisti e tre milioni di bevitori eccessivi.
Il problema specifico dei giovani è che l’uso di alcol è spessissimo accompagnato da quello di sostanze d’abuso (leggi: droghe), con quel che ne consegue per la sicurezza stradale in quanto gli effetti congiunti dell’alcol e delle droghe sul cognitivo del conducente non si sommano, ma si moltiplicano.
In base ai risultati degli studi nazionali svolti tra il 1998 e il 2005 dall’ONAT, relativi a più di 30.000 giovani, e in base ad altri studi, possiamo affermare che, in termini di massima, attualmente più di tre giovani su quattro fanno uso di bevande alcoliche, più di un giovane su tre ha fatto nella vita esperienza con le droghe e uno su cinque continua ad usarle. Tra i maschi che bevono alcol, circa quattro su dieci consumano anche droghe (nelle femmine la quota si riduce un poco, a una su tre).
Sempre riferendoci agli studi dell’ONAT sui conducenti molto giovani (18-19 anni), circa un soggetto maschio su cinque riferisce di aver guidato almeno una volta in stato di ebbrezza nell’ultimo mese (nelle femmine di analoga età questa quota scende a una su trenta).
Tenendo conto che i giovani rappresentano intorno ad un quinto delle patenti attive (che sono circa 35 milioni), e ricordando che la guida in stato di ebbrezza è un problema anche per gli adulti, si comprende bene come la sicurezza della circolazione sia oggi “fuori controllo” per quel che riguarda il fattore “Alcol, Sostanze & Guida”.
Gli studi svolti dal reparto “Ambiente & Traumi”, oltre ad interessarsi delle dimensioni del fenomeno (attività specifica dell’ONAT), hanno prodotto importanti risultati che forniscono indicazioni precise in termini di “terapia”.
Al di là di indicazioni ovvie, dettate anche dal buonsenso, come elevare il numero dei controlli su strada per la guida in stato di ebbrezza o sotto l’influenza di sostanze psicotrope (articolo 186 e 187 del Codice della Strada), ne emergono altre meno scontate, tra cui segnaleremo ora quelle di maggior interesse.
In primo luogo, è necessario che a fronte di queste violazioni i periodi di sospensione della patente di guida seguano una progressione geometrica: ad esempio, nel caso di controlli su strada (e quindi in assenza di incidente stradale) se alla prima infrazione la sospensione è di sei mesi, la seconda volta dovrà essere di un anno; la terza di due; la quarta di quattro, e così via.
In questo modo, chi non rispetta le regole e si propone costantemente come elevato rischio per gli altri utenti della strada, viene automaticamente – e per sua scelta - allontanato dalla guida per periodi sempre più lunghi.
Ovviamente, in caso vi fosse responsabilità nell’aver causato un incidente stradale mortale o con feriti, tale regola dovrà essere necessariamente resa più dura, sino a pervenire in alcuni casi alla definitiva revoca della patente.
In secondo luogo, è necessario (lo è da anni, come più volte da noi segnalato) che le Commissioni Mediche Locali (CML), che si occupano specificamente dei soggetti che incorrono in questo grave tipo di violazioni del Codice della Strada, facciano tutte riferimento ad un data base comune che riporti l’intera storia del soggetto, come pure a regole comuni di giudizio. Non deve più accadere che ci siano persone cui viene restituita la patente tre, quattro, cinque o più volte dopo essere stati trovati dai controlli su strada delle FF.OO. a guidare in stato di ebbrezza alcolica o sotto l’influenza di sostanze. Quale che sia la CML che esamina il caso, deve essere prontamente disponibile per chi deve giudicare quello che il soggetto ha commesso in passato, indipendentemente dalle CML che se ne sono occupate.
Il caso emblematico di questo stato di cose – che deve essere modificato quanto prima rendendo disponibile un’informazione ora frammentata - è quello recente di un camionista cui, nonostante si fosse reso responsabile della morte di 11 persone (sic!) guidando in stato di ebbrezza, è stata restituita la patente ben 7 volte.
In terzo luogo, è bene riflettere sulle strategie di comunicazione.
La comunicazione tramite media dei rischi della guida sotto l’influenza di alcol e/o sostanze, è molto importante, ma è anche assai costosa; e quindi va impiegata con un granello di sale, evitando di cadere in ingenue speranze miracolistiche.
La comunicazione è certo utile in termini di attenzione al problema, e per una sua maggiore conoscenza da parte del pubblico, ma – anche in termini di buosenso – essa appare completamente inutile per il target maggiormente pericoloso. Può qualcuno pensare seriamente che un alcolista o un bevitore eccessivo (o un dipendente da sostanze) cambi le proprie abitudini vedendo uno spot televisivo o un messaggio su un giornale o su una rivista? Non scherziamo.
Chi beve in un certo modo (o in un certo modo usa sostanze), non lo fa perché poi deve guidare: bere e/o usare sostanze è parte della sua vita. Lo fa, e basta. E poi, magari, può trovarsi o meno a guidare un veicolo.
La comunicazione non può aiutarci a risolvere i problemi di questo “target”. Possono farlo invece gli alcologi e gli esperti di tossicodipendenze, una volta identificati questi soggetti: prima deve essere risolto il loro rapporto problematico con l’alcol e/o con le sostanze; poi si potrà considerare l’eventuale restituzione della patente.
In questo senso, la strada appare in effetti un importante punto di partenza per il contrasto dell’alcolismo e dell’uso di sostanze.
Ben diverso è il caso dell’educazione (dei giovani, intendiamo): la prevenzione del fenomeno “Alcol, Sostanze & Guida” nasce principalmente dalle azioni di prevenzione (in tutte le forme) dell’alcolismo e del bere problematico, come pure dell’uso delle sostanze. E’ questa la strada maestra per colpire il fenomeno alla sua base, come peraltro più volte ribadito, sin dagli anni ’80, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Il problema che abbiamo dinanzi è assai complesso; tuttavia, se affrontato con concretezza e serietà, il suo peso sanitario e sociale può essere verosimilmente ridotto.
E agire alla radice del problema, informando seriamente e correttamente i giovani, come pure allontanando dalla strada gli “irriducibili”, sembra la direzione più razionale da seguire per far sì che i nostri “desiderata” abbiano a concretizzarsi e non restino nel limbo delle buone intenzioni.

*Direttore del reparto “Ambiente e Traumi
Coordinatore dell’Osservatorio Nazionale Ambiente e Traumi (ONAT)
Dipartimento “Ambiente e connessa Prevenzione Primaria”
Istituto Superiore di Sanità - Roma

Fonte: Ufficio Stampa dell’Istituto
Superiore di Sanità"



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Franco Taggi

Lunedì, 23 Aprile 2007
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