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Firenze - Patteggia un anno ed 8 mesi di reclusione l’omicida “colposo” di Sergio Romeo, il poliziotto falciato da un ubriaco nel gennaio 2006

L’investitore era in stato di ebbrezza da alcol e stupefacenti

 


L’auto dell’Agente Sergio Romeo in via Francesco Baracca: il poliziotto, 28 anni, è spirato sul colpo

(ASAPS) FIRENZE, 20 marzo 2007 – Un anno, 8 mesi e 20 giorni, da scontare con la condizionale: è questo il valore della vita di un ragazzo di nemmeno 28 anni ucciso all’alba da un ubriaco e drogato? Perché lui, M.B., 40 anni, aveva bevuto tantissimo ed aveva assunto sostanze stupefacenti. Eppure si era messo alla guida della sua auto senza nessun controllo. Per giunta recidivo, accettò il rischio che dalla sua condotta potessero derivare danni gravi, gravissimi. O irreparabili. Invase la corsia opposta, all’alba dell’Epifania di un anno fa, ed uccise Sergio Romeo, 28 anni, agente di Polizia all’VIII Reparto Mobile di Firenze, che si stava recando a prendere servizio. Sabato mattina (17 marzo) ha patteggiato la pena, stabilita per l’appunto a nemmeno due anni di carcere, che ovviamente (presumiamo) non rivedrà. Diciamo “rivedrà” perché la Polizia Municipale, intervenuta sul posto per i rilievi ed i primi soccorsi al collega vittima del pirata, lo arrestò. Il rapporto stilato convinse il Pubblico Ministero a spiccare un provvedimento cautelare e dopo una notte trascorsa in ospedale gli vennero aperte le porte del carcere di Sollicciano. Ma durò poco. È la nostra legge che dice questo, e non c’è da prendersela con nessuno. Certo però, che suonerà male, malissimo, il verbo “patteggiare” ai genitori di Sergio, o alla sua giovane fidanzata. Suonerà come un affronto il fatto che la vita di un ragazzo che stava andando a lavorare all’alba di un giorno di festa, sia stata falciata da una persona che ha mostrato così poco rispetto per il prossimo. L’incidente, terribile, ha lasciato in tutta la città un forte sdegno. Chi l’aveva provocato, aveva già subito il ritiro della patente di guida per lo stato di ebbrezza, ma come sempre capita ne tornò presto in possesso, divenendo capace – a suo modo – di uccidere una persona. Qualcuno obietterà: l’uccisore aveva già saldato il suo debito, oblando l’ammenda. Vero. Ma è anche vero che non possiamo più permetterci di dare licenza di uccidere a tutti. Non possiamo accettare che in uno stato democratico e civile una persona che non è in grado, venga comunque legittimata a guidare. La guida in stato di ebbrezza è un reato di pericolo e quando la si accerta, senza conseguenze, deve essere presa come un campanello d’allarme. L’ebbro deve essere controllato. Dovrebbe cessare, dal momento in cui viola la legge, la sua credibilità e dovrebbe essere messo in condizione di dover dimostrare il più spesso possibile la sua ritrovata condizione psicofisica. Lo si fa nello sport, col controllo antidoping (ci spiace che il riferimento trovi assonanza con qualche proclama politico dei giorni scorsi), perché non farlo sulla strada? Ora la parola passa al GIP, che deciderà se ratificare il patteggiamento ed emettere la sentenza. (ASAPS)

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Martedì, 20 Marzo 2007
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