(ASAPS)
PIANO D’ORTA (Pescara), gennaio 2007 – Il
nostro lavoro, a volte, ha qualcosa di speciale. Per chi ci crede, per chi lo
fa sul serio, con convinzione, è una professione dura, che non è solo mestiere.
È una vocazione, come quella che induce a vestire l’abito talare, che spinge
donne e uomini a scegliere come casa una missione nel cuore dell’Africa,
ignorando il pericolo del machete o dell’ebola. La Stradale scorta organi e
medicinali da oltre 50 anni, ma ogni volta che i centauri sono chiamati a
missioni di questo tipo – meno frequenti da quando c’è maggior disponibilità di
aerei ed elicotteri – viene sempre la pelle d’oca. Come nel caso di Piano
d’Orta, un piccolo centro in provincia di Pescara, dove resiste un
distaccamento della Specialità. Alle 6,40 del primo gennaio, il telefono di due
pattuglianti del reparto squilla con insistenza. Si attacca alle 7 in punto, ma la poliziotta
in servizio di piantone sollecita l’equipaggio della “Verona” (sigla radio
delle pattuglie della Stradale) ad arrivare prima. Gli assistenti Orlando Galli
e Sabatino Monaco sono già per strada, e pochi minuti dopo ricevono la
consegna. All’ospedale di Pescara li aspettano per affidare loro la borsa della
speranza, una valigetta che contiene gli organi da trapiantare. La sirena serve
a poco, a quell’ora di capodanno. Chi trovi per strada, di solito, torna a casa
dopo il veglione. Una dottoressa li accoglie ed affida loro il rene sinistro di
una bambina. Racconta loro la storia tragica di un’undicenne rimasta vittima di
un incidente stradale, sopravvissuta poche ore dopo il ricovero in ospedale.
Poche ore prima, una pattuglia del distaccamento di Penne (Pescara), aveva
scortato gli specialisti che si accingevano a trascorrere la notte di San
Silvestro in una sala operatoria per l’espianto del rene, e poi delle cornee,
del fegato e di un cuore che di lì a poco avrebbe smesso di battere nel
corpicino di “un angelo biondo”, così lo definisce il poliziotto di Piano
d’Orta che ci ha raccontato la storia così tragica ed al tempo stesso piena di
speranza. Storia di un mondo che non si ferma, che corre troppo veloce, al
ritmo degli adulti che in qualche modo hanno spento la vita della bambina.
Orlando e Sabatino si mettono in viaggio verso l’ospedale Bambin Gesù di Roma,
sirena aperta, ripensando alla carcassa di un’auto vista la sera del 30
dicembre sulla A25. Un “bolide contorto senza più motore né anima, appeso ad un
carro attrezzi”, rimorchiato verso il deposito giudiziario dopo l’ennesimo
schianto del 2006. Là sopra viaggiava l’angelo biondo, là sopra era morto, ed
ora, a tutta velocità, ciò che restava di lei viaggiava spedito sulla pattuglia
della Polizia Stradale. Un incidente finito sulle agenzie e sulle prime pagine
dei giornali: urto contro il guardrail, divelto come burro, col motore ed il
cambio staccati dalla massa sospesa del veicolo e scagliati come sassi da una
fionda sulla carreggiata opposta, per colpire altre due ignare auto. Quella
lama assassina, assassina come la velocità, aveva ucciso anche lei. I due
poliziotti ricordano una ciocca di capelli rimasta sul guardrail penetrato
nell’abitacolo e rimasto immobile accanto al contachilometri, inchiodato sui
170 all’ora. Mentre la pattuglia corre, la vita continua. L’appuntamento è con
l’equipaggio della sottosezione di Pratola Peligna, ma all’ultimo momento
l’ennesima nota d’incidente. Tutti a Roma Est, altri due incidenti mortali. La
sirena s’interrompe al casello di Carsoli: altri due poliziotti prendono in
consegna la borsa col rene del piccolo angelo biondo e un’altra sirena prende a
suonare. Al Bambin Gesù lo attendono con
ansia, si prova a salvarne un altro. Orlando e Sabatino allacciano la cintura e
tornano verso il Gran Sasso. Non c’è Natale, non c’è Capodanno non c’è Befana.
C’è solo tanta, tantissima tristezza. (ASAPS) |