È difficile immaginare che uno spiraglio d’aria abbia
questo potere. È difficile pensare che 737 giorni di sbarre possano fare
quest’effetto. Ma tant’è.
Benvenuti a Cesena, amici di Ivan, benvenuti in una
piccola stradina di periferia romagnola, dove in un negozio di moto vedi
muoversi senza catene Ivan Liggi, ex poliziotto della Stradale di Rimini,
finito in carcere al termine di una discussa (e discutibile, per molti versi)
vicenda giudiziaria.
Non aggiungiamo altro alla polemica.
Ivan esce dal carcere di Forlì al mattino, sale sulla sua
auto e arriva da Belletti Moto. Indossa una felpa e si mette al lavoro, per
cercare di rifarsi una vita nuova.
Compito non facile, visto il peso che ha sulle spalle e
soprattutto vista la serie di regole ferree che deve seguire per non perdere i
benefici che gli sono stati concessi in attesa della semilibertà: non può usare
il cellulare, non può navigare su internet. Gli è vietato rilasciare interviste
e uscire dagli itinerari prestabiliti.
Basta poco per perdere tutto e ricominciare daccapo.
Non vogliamo fare il punto sulla sua condizione di
carcerato in permesso di lavoro. È l’uomo che ci interessa e che siamo andati a
trovare.
Una stretta di mano gli è concessa: gliela dà il
presidente dell’Asaps Giordano Biserni, un po’ commosso per la situazione
davvero particolare e per lo sguardo malinconico di Ivan, raggiante per gli
scampoli di vita dei quali è tornato a godere.
Resta il dramma di ciò che è successo, che nessuno vuole e
può cancellare.
Un ricordo che non abbandona nessuno, nemmeno lui, Ivan
Liggi, libero e prigioniero secondo le lancette dell’orologio.
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Alle 19,40 il carcere
è ancora la casa dell’ex poliziotto
Alla sera torna in auto verso la sua stanza con le sbarre,
aspettando con ansia il giorno feriale che verrà.
I festivi sono ancora scanditi coi ticchettii sommessi
della casa circondariale e dal suono acuto delle mandate di mille serrature,
che si chiudono al tuo passaggio e ti tolgono dalla circolazione.
Il carcere è questo: lo sappiamo noi e lo sa bene lui, che
un giorno si è tolto la divisa bicolore per una tuta da ginnastica, un kit di
asciugamani, una scopa ed una cassettina.
Non c’è finale lieto in questa storia. Solo la speranza
che tutto finisca al più presto e che il sole torni a illuminare lo sguardo di
Ivan.