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Viadotto Polcevera: niente sarà più come prima. Ed è giusto che ora tutto cambi

(ASAPS) – Il crollo del viadotto Polcevera - Morandi ha trasformato tutto e niente sarà più com’era prima.
A differenza delle grandi tragedie italiane del dopoguerra (e potremmo citarne davvero tante), qui c’è, è chiaro, una corda che si è spezzata trascinando tutti nell’abisso. E l’abisso, come la parola stessa suggerisce, è vischioso, oscuro.
Noi non siamo economisti, né cronisti di un Paese, il nostro, che ora è davvero diviso: tra chi difende quello che oggi appare a tutti come un potentato economico che noi stessi abbiamo sovvenzionato col nostro quotidiano biglietto ritirato al casello, e un Popolo arrabbiato con una classe politica che accusa di tradimento, incredulo d’aver affidato la sua libertà di circolazione a una ristretta cerchia di manager che ci “grassa” qui ma che riscuote le prebende in un francobollo di  staterello che si chiama Lussemburgo, come scritto su alcune testate.

Non siamo economisti, dicevamo, e quindi a noi del popolino suonava strano aver affidato la nostra libertà di circolazione ad un insieme di società che dalla privatizzazione delle reti autostradali e con lo smantellamento dell’IRI, hanno stretto accordi al sicuro del segreto, prorogandosi a volte le concessioni, altre volte nemmeno facendolo.
A “Report”, ad aprile scorso, ci avevano fatto un’inchiesta e anche i giornalisti de “Il Fatto Quotidiano” ci hanno scritto parecchio.
La sintesi è semplice: IRI ha costruito gran parte delle autostrade e poi, quando il lavoro era bello che fatto, sono arrivati i privati (in larga parte Benetton e Gavio); i quali non comprano, ma prendono in concessione, come accade nelle spiagge, sugli impianti di risalita, nei porti e negli aeroporti.
Puntuale, ad ogni inizio d’anno, il biglietto rincara, notevolmente e immotivatamente, almeno per noi del popolino.
I bilanci sbandierati ancora a bollettino provvisorio di vittime, spaventano quasi quanto il numero delle vittime stesse: miliardi di euro di fatturati, l’83% dei quali proveniente dal pedaggio, cioè dal popolo.

La fame di denaro è stata così tanta che anche le ambulanze hanno dovuto pagare in questi anni, perfino quelle – ci dicono – che hanno fatto la spola tra il letto del Polcevera in piena di calcestruzzo sbriciolato e gli ospedali della Genova ferita, attonita e sconvolta più del resto d’Italia, più del mondo che ci ha guardato probabilmente senza capire. C’è voluto un provvedimento, per stornare quei biglietti.
Confessiamo che tra tutte le concessionarie, ASPI ci è sempre sembrata tra le più attive ed efficaci sul fronte della sicurezza stradale come la intendiamo noi dell’ASAPS e non possiamo dimenticare che la mortalità era diminuita tantissimo sul suo asfalto, grazie anche al Tutor; questo ci era sembrato rappresentare qualcosa, l’aver restituito un beneficio alla collettività alla quale si era sostituita come ente proprietario della strada. Pardon: concessionario.

La strada è di tutti: è della gente che ci viaggia, dei cantonieri che ci lavorano, dei poliziotti che la pattugliano e noi siamo tra quelli.
È del popolo.
Ma di proletario, questa tragedia, ha ben poco. Forse, solo il fatto che alle 11:36 del 14 agosto, 43 persone, (camionisti, famigliole serene in viaggio vacanza, studenti, operai)  forse più, sono morte tutte insieme e ora il popolo vuole sapere perché. (ASAPS)
 


 

A differenza delle grandi tragedie italiane del dopoguerra (e potremmo citarne davvero tante), qui c’è, è chiaro, una corda che si è spezzata trascinando tutti nell’abisso. E l’abisso, come la parola stessa suggerisce, è vischioso, oscuro. La dura analisi della tragedia secondo ASAPS

 

Lunedì, 20 Agosto 2018
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