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Dici “gioco”, ma è una malattia:
Gioco d’Azzardo Patologico (GAP)

In alcune aree di servizio spuntano slot e videopoker, mettendo tutti noi alla mercè di una nuova forma di dipendenza dagli effetti identici a quelli di una sbronza o degli stupefacenti

di Lorenzo Borselli*

“Alle tre del mattino l’odore di un casinò, il fumo e il sudore danno la nausea. A quell’ora, il logorio interiore tipico del gioco d’azzardo – misto di avidità, paura e tensione nervosa – diventa intollerabile. I sensi si risvegliano e si torcono per il disgusto.”

 

Ian Fleming, Casinò Royale, 1953

 

(ASAPS) L’auto è la fuori, parcheggiata, sotto uno dei lampioni dell’area di servizio, accanto a una fila di autotreni. Là fuori il rumore di fondo è intenso, perché il traffico non si ferma mai e dentro, tra le chiacchiere degli avventori, il bip del registratore di cassa e del macinacaffè, c’è un altro rumore che si distingue bene: è quello dei gettoni che cadono da una parte all’altra delle slot-machine e dei videopoker, la cui presenza si sta “pericolosamente” (e ora spieghiamo perché) propagandosi anche nelle aree di servizio.
Puoi vedere l’espressione di chi perde e puoi sentire le imprecazioni del giocatore, che si è fatto prendere la mano dall’insana certezza che il colpo dopo sarà quello vincente.
Quando i soldi sono finiti, l’espressione diviene disperazione.

 

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da il Centauro n. 166

 

 

 

Giovedì, 16 Maggio 2013
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