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Rassegna stampa Alcol e guida del 10 dicembre 2006

A cura di Alessandro Sbarbada e Roberto Argenta

 L’ADIGE

Domani niente scuola, stasera si beve 

Tanta birra e voglia di ridere Una serata fra i giovanissimi

di SILVIA CESARO

«Il vero problema di Rovereto è che ci si annoia, e se uno non ha altro da fare comincia a bere, a fumare…». Non possono non tornare alla mente le parole di un giovane roveretano pronunciate come risposta a « come ci si diverte a Rovereto? », durante una nostra scorsa inchiesta. È la serata di giovedì 7 dicembre: uscita libera per i giovanissimi roveretani che il giorno successivo non devono andare a scuola. Meta prediletta da questi ragazzi il « bar Rialto », tanto frequentato come discusso. Sono le 22 quando arriviamo in via Rialto. Ci stiamo avvicinando al locale e da lontano si sente già che la gente è molta. Fuori dal bar si contano più di cinquanta persone. Non possiamo conoscere l’età media, ma a vista si potrebbe azzardare un 16 anni. Tanti, tantissimi a occupare tutta l’ampiezza della strada. La scusa è quella della sigaretta, ma la vita del «Rialto » sembra essere rigorosamente all’esterno del locale. Ogni tanto una macchina di qualche residente, un’occhiata di rimprovero perché costretto a fermarsi e ad aspettare che lo lascino transitare. E poi il regolare passaggio della polizia municipale. «Schiamazzi», intitoliamo così il quadro di una serata fuori dal «Rialto », ma come immaginarla silenziosa con più di cinquanta giovani stipati in una via del centro storico cittadino dopo le 22 e magari con qualche birra di troppo in corpo? Se oggi l’alcol non è un problema legato al mondo dei giovani, ma alla nostra cultura, al «Rialto» diventa inevitabile pensare che abbiamo insegnato loro a bere. «Ho finito i fusti di birra, mi resta solo quella in lattina», queste le parole della barista ad un’ora dalla chiusura. E così «birra» potrebbe diventare l’altra parola chiave della serata. Servita in bicchieri di plastica per soddisfare l’esigenza di chi, la maggior parte, decide di non rinunciare all’amica sigaretta e passare la serata fuori dal locale. Diventa una moda: quattro, cinque bicchieri, quanti se ne possono trasportare con due mani? L’amico li ordina e li porta agli altri, che aspettano fuori. Finita la bevanda il bicchiere vuoto si butta per terra. Si sente il suono della plastica che viene calpestata e si frantuma, a volte qualcuno decide perfino di giocarci: «Questo era il tuo bicchiere?» e poi un calcio divertito. Nessuna rissa, nessuno spiacevole ricordo di una grossa bevuta, in tanti si conoscono e sembrano andare d’accordo. Chiacchiere, baci, abbracci e qualche ragazzo un po’ alticcio che decanta «Il Purgatorio» di Dante tra le risa degli amici. Alle 23.30 non sono più così tanti coloro che si fermano fuori dal locale e all’interno i tavolini cominciano a restare vuoti. Chiusura puntualissima alle 24.30, anticipata dalla barista, che alle 24.10 comincia a chiedere di lasciare il locale. Cronaca di una serata di giovani roveretani un po’ annoiati.


L’ADIGE

«Sempre onti» a caccia di dritte sui bar

«Ai minorenni tirano un casino di mene... xò basta approfittare degli amici ultra18». Con la tastiera del computer sono più sinceri che a tu per tu con un adulto, e se c’è da consigliare un bar dove poter bere alcolici anche se minorenni, i ragazzi di Rovereto non si nascondono dietro le perifrasi. Sul forum di www.studentirovereto.it l’argomento più cliccato è il settore del tempo libero, e la classifica dei locali preferiti è ancora aperta ai voti. Tramite una tastiera e un collegamento internet, i ragazzi si scambiano opinioni e consigli su come trascorrere una serata «alla grande» nella Città della Quercia e dintorni. E così sui bar del centro e delle borgate lagarine fioccano critiche e apprezzamenti, giudizi e stroncature. «Nel locale x fanno i cocktail più buoni del mondo», «Nel pub y vendono la birra a prezzo più conveniente»; «Al bar z fanno la serata con il Montenegro a un euro, andateci!». C’è chi si lamenta dell’assenza di alternative e dice: «A Rovereto non ci sono locali, ci sono solo i bar e non resta che ubriacarsi»; e le «recensioni» dei diversi punti di distribuzione bevande non spaziano molto, non discostandosi dall’elenco delle bibite e dal loro prezzo. « Sempre onti anca co la patente a ponti », è lo slogan di chi ha già firmato più di duecento messaggi sul forum. E al ventenne che chiede lumi sui «locali carini a Rovereto», un poco più che maggiorenne consiglia un determinato pub: «Lì trovi un’ottima Guinness!!!», scrive, aggiungendo il nome di un altro locale del centro, «indiscusso bar degli ubriaconi». Ma non è dato sapere se l’osservazione sia una critica o la preziosa indicazione di un posto dove i ragazzi possono trovare quello che stanno cercando.


L’ADIGE

«I concerti aiutano a combattere l’alcolismo»

«L’offerta a prezzi popolari di alcune bevande non comporta necessariamente una maggiore assunzione individuale di alcol, se accompagnata da comportamenti corretti, in primo luogo evitare di servire avventori già alticci». Si sente sotto attacco Giuseppe Germinario, gestore del Caffé Rialto nella omonima via del centro storico. Qualcuno infatti si era detto preoccupato dell’alta affluenza di giovani nel suo locale, un’affluenza calamitata ad esempio il giovedì sera dalla vendita di birra ad un euro (*). «Ma noi prestiamo molta attenzione ai nostri clienti, chiudiamo da tempo in largo anticipo e cerchiamo di allargare l’offerta a pasti e consumazioni tipiche e di miglior qualità, per spingere più alla degustazione che al consumo indiscriminato», si difende il signor Germinario. Da sempre difficile, la coesistenza fra locali pubblici e residenti si fa ancora più tesa quando nel mirino è la distribuzione di alcol, ritenuta causa scatenante di episodi di vandalismo e di violenza. «Il problema dell’abuso di alcol esiste, come pure il disagio creato per il vicinato dall’assembramento di decine di persone - ammette Germinario - ma noi abbiamo migliorato la situazione rispetto a qualche tempo fa. Sul problema dell’alcolismo, noi baristi siamo solo una delle parti in causa, siamo disposti al confronto ma non accettiamo processi sommari». Germinario teme infatti che le generiche accuse ai baristi portino a vietare le attività musicali e i concerti, «che potrebbero essere invece un contributo importante allo stare insieme in allegria senza eccessi». Nell’augurarsi più collaborazione con i colleghi, Germinario promette ai vicini ogni disponibilità a controllare ove possibile gli eccessi dei clienti.

(*) Nota: per abbassare i consumi di alcol l’OMS suggerisce di alzare i prezzi delle bevande alcoliche.

La birra a un euro certamente comporta un innalzamento dei consumi.


GAZZETTA DEL SUD

Cagliari Guardia giurata, con la sua pistola

Ammazza la moglie che voleva separarsi

CAGLIARI Ha scaricato contro la moglie l’intero caricatore di una pistola semiautomatica calibro 40, alcuni colpi hanno raggiunto la donna alla schiena, in fuga nel disperato tentativo di mettersi in salvo: colpi mortali che hanno trasformato in tragedia un violento litigio tra coniugi in crisi. È accaduto ieri pomeriggio ad Assemini, nell’hinterland cagliaritano. L’uxoricida, una guardia giurata di 52 anni, Roberto Mura, si è costituito nella caserma dei carabinieri poco dopo il fatto.

La vittima, Roberta Serra, di 49 anni, sembra che avesse deciso di mettere fine al matrimonio e questo era motivo di continue discussioni con il coniuge, che sfociavano anche in violenti scatti d’ira da parte dell’uomo, in maltrattamenti forse legati all’abuso di alcol.

La gelosia sarebbe il movente dell’omicidio: Roberto Mura non avrebbe accettato la separazione e il fatto che la moglie si potesse legare a un altro uomo.

L’ultimo fatale litigio tra i due è scoppiato ieri sera intorno alle 17 nella loro abitazione in via Trento, una zona centrale di Assemini. Secondo la ricostruzione dei carabinieri, la guardia giurata, al culmine della discussione, ha puntato la sua pistola, una semiautomatica calibro 40 usata in servizio, contro la moglie. Roberta Serra ha capito che suo marito faceva sul serio: le ha dato le spalle e ha tentato di scappare. Ma l’uomo ha sparato: 13 i colpi contati dagli investigatori nell’appartamento, l’intero caricatore, alcuni dei quali hanno raggiunto la donna alla schiena, colpita a morte. Poi la corsa fuori casa e la decisione di Mura di costituirsi ai carabinieri. Nessuno dei tre figli della coppia – una ragazza di 24 anni e due gemelli di 17 – erano nell’abitazione al momento del fatto.

Sul posto per i rilievi i carabinieri di Assemini e i militari del reparto operativo del comando provinciale di Cagliari. Il magistrato che coordina le indagini, il sostituto procuratore del tribunale del capoluogo sardo Luca Forteleoni, ha disposto l’autopsia sul cadavere della vittima affidando la perizia al medico legale Roberto Demontis.


IL GAZZETTINO (Padova)

LA LETTERA 

«Cerchiamo di educare contro le stragi del sabato e poi troviamo legalizzato ciò che combattiamo»

 Riceviamo e pubblichiamo sul problema degli orari dei bar del centro la seguente lettera.

«Sono una mamma di tre figli, vivo a Este, sono un’insegnante e mi ritrovo dunque a vivere per gran parte della giornata con i giovani, con le loro idee, le loro aspirazioni, i loro desideri, le loro mode e i loro credo. Questo mio sfogo è stato suscitato dalla notizia di mercoledì 6 dicembre ’06 apparsa sulla cronaca di Este che, con un titolone che grida vittoria e una soddisfazione malcelata da parte del cronista, annuncia che l’amministrazione comunale ha emesso un’ordinanza che consente ai bar di tenere aperto e di servire alcolici fino alle 4 del mattino durante le festività natalizie.

Due le cose che mi sono venute in mente mentre leggevo l’articolo: la prima è che l’ordinanza non può che essere dettata dagli interessi economici dei gestori dei bar; la seconda è che gli stessi membri dell’amministrazione comunale siano parti in causa, cioè giovani fruitori di questi servizi che desiderano mettere in pratica questo stile di vita anche nella propria città. Mi è difficile pensare infatti che dei maturi padri di famiglia si sarebbero preoccupati di legalizzare anche nella loro città certi atteggiamenti, certe mode, certe consuetudini e stili di vita che sottovalutano, pur conoscendole, le notizie che puntualmente i telegiornali ci danno sulle stragi del sabato sera e sul sempre più diffuso problema dell’abuso di alcolici. Come possiamo noi educatori, insegnanti e prima di tutto genitori sperare di poter essere ascoltati e creduti dai nostri figli e dai nostri studenti quando nella vita di ogni giorno trovano accettati e addirittura legalizzati comportamenti che noi cerchiamo di combattere?

Personalmente forse potrei anche fare a meno di preoccuparmi in questo momento, visto che ho ancora figli piccoli, ma guardo al loro futuro, vado oltre questa temporanea concessione data dal Comune. Sono convinta che questo provvedimento preso nella nostra piccola città, anche se è una goccia che si perde nel mare di un costume già diffuso, avvalora il pensare che lo stare fuori fino a tardi e il concedersi un bicchiere in più sia normale, accettato e condiviso. Posso forse essere tacciata da solita madre bacchettona e critica nei confronti delle nuove tendenze e delle abitudini giovanili, ma parliamo tanto di stragi del sabato sera e costantemente assistiamo alla tv a servizi che ci mostrano discoteche piene, forze dell’ordine che fermano ragazzi per far la prova del palloncino e magari commentiamo dicendo che "le pattuglie sono troppo poche e che lo Stato dovrebbe fare di più". Lo Stato! E’ sin troppo facile per noi genitori delegare allo stato la tutela dei nostri figli. Mai come oggi si parla di prevenzione, di monitoraggio, di attenzione ai bisogni, di ruolo fondamentale che la scuola e la famiglia hanno nell’educazione ai valori, nella crescita e nella formazione dei nostri figli. Mi sembra che molto spesso siamo solo bravi a parlare, e vediamo il problema lontano da noi, ma nel nostro piccolo seguiamo il flusso, legalizzando comportamenti che in teoria , ma solo in teoria, non condividiamo».

C.B.


IL GAZZETTINO (Padova)

ESTE Il Codacons condanna l’ordinanza del Comune che permette ai locali di abbassare le serrande alle 4, in controtendenza con quanto deciso da Padova 

«Bar aperti di notte, più rischi per i giovani» 

Maria Chiara Crivellari: «I ragazzi si mettono in macchina in un orario pericolosissimo. Non me lo aspettavo dal centro sinistra» 

Este

La condanna più dura all’ordinanza, emanata a fine novembre, che permette ai locali e ai bar di tenere aperte le serrande fino alle quattro di notte, arriva dal Codacons. «È in controtendenza con quello che succede in giro, come a Padova e in altre città taglia corto la responsabile atestina del Codacons, Maria Chiara Crivellari soprattutto in un momento storico in cui c’è un allarme diffuso in tutti i settori della società per l’aggravarsi dell’alcolismo tra i giovani. Noi del Codacons da sempre siamo molto sensibili sull’argomento, figuriamoci cosa possiamo pensare di un’iniziativa del genere».

La Crivellari, nel corso degli anni, si è sempre schierata perché l’amministrazione anticipasse addirittura l’orario di chiusura dei locali, spostandolo se possibile attorno alla mezzanotte, per favorire i residenti del centro storico, ma in questo caso è la salute a stare più a cuore all’associazione. «Spostando l’orario di chiusura alle quattro del mattino il rischio per la salute dei giovani aumenta in modo vertiginoso spiega e non solo per i problemi legati all’assunzione diretta di alcol, visto che la gente poi non dorme al bar».

«I ragazzi si mettono in macchina in un orario pericolosissimo e non possiamo affidarci troppo alle forze dell’ordine continua la responsabile perché il territorio di competenza è enorme ed il personale è ridotto all’osso».

«A questo punto facciamo in modo che i bar possano mantenere un’apertura continua, ventiquattro ore al giorno è la provocazione del Codacons - dato che c’è chi chiude alle quattro e chi apre un’ora dopo per le colazioni, ma ai cittadini chi ci pensa?».

Secondo la battagliera portavoce del coordinamento delle associazioni per la difesa dei diritti dei consumatori deve contare sempre un principio di equità nei confronti di chi vive nei dintorni dei locali, costretto magari a svegliarsi alle sei della mattina per andare a lavorare.

«E poi temo che questa di dicembre avverte sia solo una prova generale per permettere un’apertura allargata fino a notte fonda durante i mesi estivi, quando la convivenza con il chiasso diventerà davvero impossibile».

La Crivellari racconta infatti di aver raccolto parecchie opinioni in centro storico, parlando con persone che avevano firmato, solo un paio d’anni fa, una petizione contro i fracassoni. «Ho sentito un senso di delusione fra la gente è l’ultima frecciata, diretta al Comune io stessa mi ritengo di sinistra e per questo sono ancora più critica nei confronti di chi è al governo cittadino: siamo andati in peggio rispetto alla precedente amministrazione, di centro destra. Vorrei sapere se gli assessori sono i baristi o chi è stato eletto».

Ferdinando Garavello


IL GAZZETTINO (Venezia)

Mobilitazione a Torresella di Concordia Sagittaria per salvare un diciannovenne di Fossalta di Portogruaro 

Incastrato nell’auto finita nel fossato 

Estratto dalle lamiere è stato ricoverato all’ospedale. Ne avrà per una quarantina di giorni

Portogruaro

Diciannovenne incastrato nell’auto finita nel fossato. Massima mobilitazione per salvarlo. È accaduto ieri, pochi minuti dopo le 5 del mattino in via Valdagno a Torresella di Concordia: D.V., 19 anni di Fossalta di Portogruaro, stava rincasando a bordo di una Fiat 600 con al suo fianco A.L. 18 anni,anche lui di Fossalta. Improvvisamente l’auto ha sbandato, finendo nel fossato che costeggia l’opposta corsia di marcia. Nell’urto l’auto si è cappottata e il conducente è stato sbalzato parzialmente fuori dall’abitacolo. Quando, poco dopo, sono arrivati i Vigili del fuoco il dicianvovenne era agonizzante. Difficili le operazioni di soccorso. Il giovane aveva le gambe incastrate nell’abitacolo. La testa era immersa in circa 20 centimetri d’ acqua e i pompieri hanno dovuto sollervarla per permettere al ragazzo di respirare. Per estrarlo dalle lamiere hanno chiesto una gru dei colleghi di Mestre. Ma per fare prima, sul posto sono arrivati gli addetti al soccorso stradale Rado con una grossa gru e i sanitari del Pronto soccorso di Portogruaro. Almeno quindici i partecipanti alle operazioni di soccorso, che hanno lavorato per quasi mezzora per liberare il ragazzo. Una volta sollevata l’auto il ragazzo è stato trasferito all’ospedale. Si trova ora ricoverato ma pare che le sue condizioni stiano migliorando. Ne avrà comunque per almeno 40 giorni. Il diciannovenne è risultato positivo all’alcol test. Ne avrà per 15 giorni l’altro di prognosi per l’altro giovane che viaggiava con lui.

Ieri notte sono stati almeno quindici gli incidenti stradali sulle strade del Portogruarese in poche ore. Guida in stato di ebbrezza, asfalto bagnato e alta velocità potrebbero essere le cause. Il bilancio finale è di quasi venti persone ferite, quasi tutte di giovane età. Poco dopo le 2 altri tre giovani, tutti residenti a Caorle, sono rimasti feriti. Provenienti da via Noiari e giunti in via Montecassino a Summaga di Portogruaro sono finiti con una Volkswagen Polo contro un platano che ha comunque evitato che l’auto e i suoi occupanti finissero nel profondo fiume Reghena. Il più grave è B.G., 19 anni, ricoverato a Portogruaro in prognosi riservata. Per il conducente della vettura, S.T. di 22 anni, 30 giorni di prognosi e per H.L., ragazza di origini cinesi, 15 giorni. Anche in questa circostanza il conducente è risultato positivo al test alcolimetrico. Un’altra uscita di strada, intorno alle 21 di venerdì, sulla strada regionale 53 "Postumia". Un uomo di Portovecchio di Portogruaro è finito con la sua Fiat Punto sulla scarpata attigua dopo un volo di 8 metri. Per lui solo graffi.

Negli altri incidenti solo conseguenze lievi per le persone coinvolte. Ovunque Carabinieri e Polizia per accertare dinamiche e responsabilità, con rinforzi arrivati anche da Mestre.

Marco Corazza


IL GAZZETTINO (Padova)

IN PIAZZA DUOMO

Hanno riferito ai genitori di essere stati aggrediti e picchiati da un balordo in piazza Duomo. Una cosa è certa: i protagonisti dell’episodio, due ragazzini di 15 anni, sono stati accompagnati dalle madri al pronto soccorso per essere medicati. Il fatto, accaduto giovedì alle 18,30, si sarebbe svolto sotto gli occhi di decine di passanti nessuno dei quali è però intervenuto per difendere i minorenni. Gli aggrediti presentano ferite al volto e in altre parti del corpo che i medici dell’ospedale hanno giudicato guaribili in 6 giorni. I due adolescenti hanno descritto l’aggressore come un uomo barcollante, alterato probabilmente dai fumi dell’alcol, e con atteggiamenti da esibizionista. Secondo la ricostruzione,i ragazzini sarebbero stati prima insultati, poi colpiti a cazzottate. È però inquietante che all’episodio abbiano assistito parecchie persone che però non hanno avuto il coraggio di intervenire per paura di essere a loro volta coinvolte.

La prognosi impone ora che da parte dei genitori vi sia una querela: atto indispensabile perchè possa essere aperta un’inchiesta penale. I genitori potrebbero presentarsi in Questura o al comando dei carabinieri nei prossimi giorni.


CORRIERE ADRIATICO

Ferito alla mano da un paziente ubriaco che si stava staccando le flebo.

Il responsabile Polonara chiede un presidio di polizia anche di notte

Aggredito un medico del pronto soccorso. “Non siamo protetti”

ANCONA - “Quel ragazzo era agitato e aggressivo, cercava di uscire dalla stanza e non aveva oggetti contundenti. In quel momento ero da solo, gli infermieri erano più distanti. Lui si è strappato di dosso la flebo e veniva verso di me, io ho reagito”. Racconta come si è procurato una lesione tendinea a un dito della mano G.L.., 56 anni, medico dell’ospedale regionale di Torrette, nel corso di una notte turbolenta al pronto soccorso. Verso le due del mattino di venerdì la polizia ha accompagnato al reparto emergenze del nosocomio A.C, anconetano di 22 anni, che era stato soccorso da un’ambulanza in piazza Pertini, in evidente stato di ubriachezza. E’ stato trasportato a fatica a Torrette dove non sono bastate le prime cure dei sanitari per riportarlo alla calma. Si è alzato dal lettino staccandosi le flebo e nel tentativo di fermarlo, ovviamente per il suo bene, il medico s’è lesionato un tendine della mano. Poco dopo una volante della polizia, richiamata all’ospedale, ha fermato il giovane mentre vagava nei pressi dell’ospedale. “Quel ragazzo aveva un’alcolemia elevata, era emerso dagli esami di laboratorio”, ricorda il medico ferito. “Non so se farò denuncia, dovrò sentire il mio avvocato”. Ma non è tanto l’episodio, nè le condizioni del dito - la prognosi è di trenta giorni - a preoccuparlo, ma il senso di sicurezza con cui chi lavora al pronto soccorso di notte deve fare i conti. “Non è la prima volta che succedono queste cose con pazienti agitati, o addirittura tossici. Effettivamente c’è un problema sicurezza”.

Dopo le 20 il posto di polizia resta sguarnito, gli agenti devono cercare di garantire l’ordine sulle strade e la coperta dell’organico resta corta. E l’ospedale dopo il tramonto si scopre più insicuro. “Rispetto a molti anni fa quando c’erano due strutture ciascuna con poco personale - sottolinea il medico responsabile del pronto soccorso Stefano Polonara - la sicurezza è aumentata perché di notte ci sono almeno sei persone, due medici e quattro infermieri. A volte anche di più”. Ma, aggiunge Polonara, “un posto di polizia non guasterebbe, tutti i grossi ospedali lo hanno”. Presenza che servirebbe da importante deterrente, in un luogo dove spesso capita di avere a che fare con personaggi scorbutici. “Per noi certi episodi sono tutto sommato abitudinari”, dice Polonara. “Purtroppo per il collega ha avuto un esito spiacevole”. Certo non ci si può affidare alla benevolenza del destino, e la questione deve essere in qualche modo risolta. Il grosso ostacolo, riprende il responsabile del pronto soccorso, “è che dicono che mancano gli uomini, anche la polizia ha problemi di organico”. A dimostrazione che il tema non è nuovo, Polonara ricorda che “due anni fa abbiamo avuto un incontro in prefettura per parlare della necessità di mettere il presidio per 24 ore ma poi per carenza di organico non è stato più possibile”. E l’ospedale di Torrette scopre il fianco a gesti sconsiderati. “E ’ una città di pazienti ricoverati, e al pronto soccorso di notte si va da un minimo di 30 a un massimo di 70 persone - rimarca Polonara -. Rispetto al passato la situazione è migliorata, siamo in un numero cospicuo e c’è un servizio di metronotte. Ma sarebbe meglio avere la polizia”. E infatti “di giorno la sola presenza della divisa nel 90% dei casi tranquillizza”. E “dopo le 20 non c’è più nessuno”.


ANSA.IT

Irrompe in guardia medica e danneggia locali, denunciata

Pretendeva dei farmaci, ha preso a calci porta rompendola

(ANSA) - ORISTANO, 10 DIC - Una donna di Ghilarza, 31enne, disoccupata, e’ stata denunciata per aver danneggiato l’ambulatorio della Guardia medica. La donna, in evidente stato di ebbrezza, si e’ presentata all’ambulatorio pretendendo la consegna di alcuni farmaci: allontanata dalla guardia giurata in servizio perche’ con le sue urla disturbava i pazienti, se n’e’ andata prendendo a calci la porta d’ingresso e rompendo il vetro. 


 

IL MESSAGGERO (Pesaro)

Non si era mai rassegnato…

Non si era mai rassegnato alla fine del loro amore e aveva cercato di farglielo capire in tutti i modi, tornando alla carica in più di un’occasione. Ma quello che ha fatto l’altra sera D.V., 42 anni di Orciano, celibe e operaio, le ha superate tutte. Avrà modo di pensarci su, almeno così sperano i carabinieri che l’hanno arrestato, in una cella del carcere di Villa Fastiggi dove è stato rinchiuso con l’accusa di violazione di domicilio aggravata.

E’ successo l’altra sera alle 22 a Mondavio. La sua ex compagna lavora in un bar e vive con una figlia nata da un altro matrimonio. D.V. si è presentato a casa sua quando non c’era nessuno: lei era al lavoro, la figlia era fuori. Prima ha forzato un infisso, poi ha rotto il vetro di una portafinestra, è entrato dentro e ha cominciato ad aspettare. Alle 22 la donna è tornata a casa, ha aperto la porta e lui, che si era nascosto appunto dietro la porta, è saltato fuori: a torso nudo e ubriaco fradicio. Non ha avuto nemmeno il tempo per tentare qualsiasi approccio (né galante, né violento): la barista ha cominciato a gridare chiedendo aiuto ai vicini. L’ex convivente, vista la brutta piega che stava prendendo il suo improbabile tentativo di riconciliazione, è scappato via a piedi. Poco dopo è stato rintracciato da una pattuglia dei carabinieri, che lo hanno arrestato per violazione di domicilio. La decisione dell’arresto è stata presa, in particolare, sia per la gravità del fatto (l’uomo, una volta entrato, avrebbe potuto commettere qualche sciocchezza), sia per cercare di fargli capire la china pericolosa che stavano prendendo i suoi approcci. La donna tra l’altro, lavorando in un bar, non aveva modo di sottrarsi alle sue continue visite ed era ormai esasperata.


CORRIERE ADRIATICO

Lorenzo Bramucci era ubriaco

Il processo slitta per un malore

Tenta di sfondare a pugni e calci il portone dei carabinieri di via Piave

Assalta la caserma, giovane arrestato

L’ambulante ha aggredito i poliziotti intervenuti per fermarlo

ANCONA - Prendeva la rincorsa e poi caricava come un ariete, cercando di sfondare con calci e pugni il portoncino della caserma dei carabinieri di via Piave. Aveva già spaccato due vetri e inanellato una serie infinita di contumelie contro l’Arma, quando sono arrivati i poliziotti di due pattuglie a neutralizzarlo, insieme ai carabinieri, dopo un impegnativo corpo a corpo. Lorenzo Bramucci, anconetano di trent’anni, commerciante ambulante, è stato arrestato ieri alle cinque del mattino per una filza di reati: danneggiamento aggravato, resistenza a pubblico ufficiale, vilipendio delle forze armate, rifiuto di fornire dati sull’ identità personale e ubriachezza molesta. Il ragazzo, non nuovo a imbestialirsi alla vista di divise, aveva dato l’assalto alla caserma di via Piave, a quell’ora della notte ancora chiusa. Dentro c’era solo un piantone, che ha dato l’allarme al pronto intervento, raccolto da una Volante della polizia, che nella distribuzione dei turni tra forze dell’ordine l’altra notte garantiva il servizio di pubblica sicurezza in centro.

Alla vista dei poliziotti Bramucci non s’è affatto placato, anzi. Ubriaco e furibondo, s’è scagliato contro gli agenti e ne ha colpiti un paio, senza fare danni, poi è stato arrestato. Ieri mattina si sarebbe dovuto tenere il processo per direttissima, ma poche ore dopo l’arresto, dopo aver dato in escandescenze anche nella camera di sicurezza della questura, Bramucci si è sentito male ed è stato accompagnato in ospedale per una serie di controlli.

Non si sa bene perché abbia tentato quell’assalto solitario alla la caserma dei carabinieri di Ancona Centro. In passato aveva giò avuto qualche disavventura giudiziaria, sempre per resistenza, ma l’ultimo precedente risaliva all’ottobre del 2004, troppo lontano per essere ricollegato alla gazzarra dell’altra notte. L’alcol, sicuramente, ha agito da detonante. Bramucci era ubriaco quando s’è scagliato contro l’ingresso di via Piave urlando offese di tutti i tipi contro l’Arma dei carabinieri. Pare che si fosse imbestialito per aver trovato la porta chiusa. I primi agenti intervenuti l’hanno visto che prendeva la rincorsa dall’altra parte della strada per riuscire a sfondare il portone, che però ha retto alla sua furia. Insieme alle due pattuglie di poliziotti, una in borghese, sono poi intervenuti anche i carabinieri per placare le ire dell’ambulante ubriaco, che domani dovrebbe essere processato per direttissima. Il 21 ottobre 2004 Bramucci venne arrestato per un episodio analogo: aveva aggredito gli agenti di una Volante che l’avevano avvicinato in via XXV aprile, accanto ai parcheggi della questura, perché il suo furgone aveva centrato un palo della luce. Patteggiò una pena di 2 mesi e 20 giorni e tornò subito libero.


L’ADIGE

Da Carisolo a Buckingham Palace

La vita di Luigi Povinelli il maggiordomo della regina

di RENZO M. GROSSELLI

Il giorno del suo 60° compleanno è andato nel salotto buono della regina Elisabetta, ha salutato con deferenza la sua datrice di lavoro e si è pensionato. Con un paio di gaffes . Ora che di anni ne ha 80 vuole festeggiare dando alle stampe un libro con le sue memorie. Perché, come dice chi lo ha aiutato recentemente a riabilitarsi da due scoppole «alla salute» che avrebbero abbattuto un toro, «la malattia è una dimensione del sapere che può essere intesa come competenza e le memorie di Luigi sono un documento che serve a livello pedagogico». Il 19 dicembre, all’aula magna del S. Camillo alle 15, Luigi Povinelli presenterà il suo libro di memorie, curato da Daniela Rosi responsabile culturale dell’Associazione trentina sclerosi multipla Centro Franca Martini. Un modo non solo per raccontare una vita ricca di vicende a volte straordinarie ma anche per dire che il dolore, a volte, si può superare. Luigi Povinelli sa bene cosa sia il dolore: figlio senza padre, colpito dalla poliomelite ad un anno, recentemente operato per una grave malattia e poco dopo colpito da ictus. Ora però è in piedi come prima, cammina, sorride, è ancora lui. Lo deve anche alla fisiatra Rossella Siliotto che lo aiutato a credere che poteva farcela. Per questo, dopo aver vinto anche questa battaglia, Luigi ha voluto donare al mondo e al Centro Franca Martini le sue memorie. Il libro si intitola «Il più bel bambino del mondo. Viaggio di Luigi Povinelli da Carisolo a Buckingham Palace». Un regalo anche per te, per i tuoi 80 anni. «Io non festeggio i compleanni, solo i decenni. Ai 70 anni ho portato tutti al ristorante». E ai 60? Qui c’è una storia da raccontare. «I 60 anni li ho festeggiati a Londra. Fu il giorno in cui mi pensionai. Era il 13 giugno 1986, esattamente il giorno del mio compleanno. Sono andato al lavoro come tutti i giorni. Ma non ho combinato nulla. Dovevo esserci però perché avrei ricevuto i documenti della mia pensione». La cosa buffa è che quei documenti glieli consegnò Elisabetta, regina d’Inghilterra. «Era stata emessa una circolare interna a Buckingham Palace con l’ora esatta in cui io, Luigi Povinelli da Carisolo, Italia, sarei stato ricevuto dalla sovrana. Mi accompagnò il governatore di casa reale nel salotto di sua maestà. Sono entrato. Prima toccava a me salutare: " Good morning your majesty ", con un inchino. E lei: " Good morning Luigi ". Non Louis, Luigi perché gli inglesi rispettano fino in fondo la personalità degli altri». La regina a quel punto sorprese il nostro montanaro, pregando il governatore di uscire. «Rimanemmo soli e lei mi mise subito a mio agio chiedendomi della mia salute, dei miei programmi. Le dissi che tornavo a Carisolo a godermi la pensione. Lei rispose che già due volte mi aveva fatto chiedere dal governatore di rimandare il pensionamento e che adesso me lo chiedeva lei. "No maestà, sono vecchio e stanco". Era la mia prima gaffe perché sapevo che eravamo coscritti. "Non siamo affatto vecchi, Luigi" ribatté lei». A quel punto lui cercò di metterci una pezza: «Laggiù ho la mia casetta e vado a dare una mano a mia nipote che ha un albergo". "Quale delle tue nipoti?" chiese la regina. "Mariagrazia" risposi meravigliato. "Ah, quella che stava alla tua sinistra"». Solo allora il servitore di sua maestà si ricordò che sei mesi prima aveva portato a palazzo, per il ballo di Natale, le due sue nipoti. Elisabetta, memoria d’acciaio, ne ricordava ancora i nomi (l’altra nipote era Silvana). La regina insistette, non avevano ancora trovato un sostituto, uno che sapesse le lingue come Luigi. «Ma io, maestà, l’italiano non lo parlo perfettamente, mastico un poco di inglese, conosco un poco di francese. Bene, parlo solo il mio dialetto». E lei: «Non importa come parli le lingue, importa l’intuizione. Tu capisci quello che si vuole da te ed agisci». A quel punto la regina consegnò a Luigi Povinelli la foto sua, assieme al principe consorte, con le due firme. «Non fu l’ultima mia volta a Buckingham Palace, mi chiamarono a prestare servizio altre tre volte, per le visite di tre capi di stato». Per Elisabetta Luigi Povinelli lavorò per 16 anni. Ti avrà riempito di sterline? «Stipendio sindacale, la regina non può pagare più degli altri datori di lavoro. Guadagnavo come un normale capo portiere d’albergo. Solo che mi chiamavano palace attendant . Un altro ricordo del 60° compleanno. «La regina mi chiese anche dove ero stato a scuola. « High school of Carisolo " dissi e fu la seconda gaffe . «Il tuo paese ha meno di 1.000 abitanti, come fa ad avere una high school ?". "Maestà - le feci capire - volevo dire che ho frequentato la scuola di Carisolo, la costruzione più alta del paese"». Elisabetta rise di gusto. Poi mi disse: "Tu parli anche lo spagnolo. Ricordo che conversasti a lungo con Juan Carlos di Spagna"». Anche la foto con dedica della coppia reale spagnola è appesa sulla parete del salotto nella casa di Luigi. «Risposi alla regina di no. Che quella volta il re mi aveva aveva chiesto di poter parlare con me in italiano e che sarebbe stato contento se gli avessi risposto nel mio dialetto, che lui comunque capiva». Luigi Povinelli tira un lungo respiro. Sta bene, ha recuperato dopo mesi e mesi di tribolazioni. «Concluso l’incontro con la regina Elisabetta mi accommiatai. Alle 15, nel salone del palazzo era stato organizzato un farewell party , la festa del mio pensionamento. C’era il governatore che rappresentava la regina e altre 150 persone. Il primo a parlare fu lui che poi mi passò la parola. Ma ero troppo emozionato. Dissi solo che non riuscivo a dire nulla. Lui allora mi disse col riso sulla bocca: "Ripetici almeno quello che hai detto a sua maestà sulla high school di Carisolo". Rimase la barzelletta di palazzo. Si dicevano l’un l’altro: "Anche tu hai fatto le scuole alte di Carisolo?"». Il giorno seguente, il mattino del 14 giugno, Luigi Povinelli ricevette una lettera con la documentazione della sua pensione e l’assegno della liquidazione. Anche questo c’è nel libro di memorie di Luigi Povinelli, il bimbo che non chiese mai più il nome di suo padre alla sua mamma, dopo che la prima volta che lo aveva fatto la vide piangere. «Perdonami mamma se ti ho offeso. Tacerò per sempre». Ma in quel libro c’è anche il resto, la storia di una vita densa, difficile a volte ma piena di accadimenti. Luigi aveva fatto molti lavori prima di capitare a Buckingham Palace: pecoraio, ragazzo di cucina, gelataio, cameriere-autista della contessa Cicogna di Milano, poi dei conti Macola di Lazise, del marchese Ripamonti di Sanremo, il collaboratore di un fioraio, cameriere ai piani e portiere di alcuni rinomati hotel di Montecarlo, quindi di Londra. Questa fu la vera high school di Luigi Povinelli, la vita. Il dolore, certo. Il lavoro, tanto e sempre. Ma anche la caparbietà, la curiosità, la plasticità dell’intelligenza. E un pizzico di fortuna, accanto alla sfortuna. Buon compleanno Luigi Povinelli, maggiordomo della regina Elisabetta II d’Inghilterra. (*)

(*) Nota: se avete letto questo interessante articolo, forse vi starete chiedendo che cosa ci sta a fare in questa rassegna stampa.

Ho incontrato il signor Luigi Povinelli al “corso di sensibilizzazione” di Caderzone, tre mesi fa.

Luigi è un componente del Club degli Alcolisti in Trattamento di Carisolo, in qualità di familiare sostitutivo.

Mi ha colpito la testimonianza di un uomo umile, sensibile, speciale, che ha passato una vita tra la sofferenza umana e la Corte della Regina d’Inghilterra.

Penso che questo libro possa essere davvero un bel regalo per il Natale.


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Lunedì, 11 Dicembre 2006
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