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Corte di Cassazione 01/08/2006

Giurisprudenza di legittimità - Guida in stato di ebbrezza – Accertamento – Possibilità di ricorrere ad elementi di prova diversi dall’etilometro - Limiti

(Cass. Pen., sezione IV, 12 ottobre 2005, n. 36922)

Giurisprudenza di legittimità
Corte di Cassazione Penale
Sez. IV, 12 ottobre 2005, n. 36922

 Guida in stato di ebbrezza – Accertamento – Possibilità di ricorrere ad elementi di prova diversi dall’etilometro - Limiti.

 Ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all’art. 186 del codice della strada (D.L.vo 30 aprile 1992 n. 285), per accertare lo stato di ebbrezza del conducente del veicolo non è indispensabile l’utilizzazione degli strumenti tecnici di accertamento previsti dal codice della strada e dal regolamento (etilometro), ben potendo il giudice di merito – in un sistema che non prevede l’utilizzazione di prove legali – ricavare l’esistenza di tale stato da elementi sintomatici quali l’alito vinoso,l’eloquio sconnesso, l’andatura barcollante, le modalità di guida o altre circostanze che possano far fondatamente presumere l’esistenza dello stato indicato; anzi, in questa prospettiva, essendo consentito al giudice finanche di disattendere l’esito dell’esame alcolimetrico. Peraltro, questo principio non può estendersi fino a ritenere che qualunque manifestazione riconducibile all’uso di sostanze alcoliche possa far ritenere integrata la fattispecie incriminatrice, anche perché il sistema che disciplina la materia non vieta indiscriminatamente a chi abbia fatto uso di bevande alcoliche di porsi alla guida di un veicolo, ma prevede una soglia di assunzione oltre la quale scatta il divieto in questione. Per l’effetto, in difetto dell’esame alcolimetrico, per poter ritenere provato lo stato di ebbrezza penalmente rilevante, occorre che gli elementi sintomatici di tale stato siano significativi, al di là di ogni ragionevole dubbio, di una assunzione di bevande alcoliche in quantità tale che si possa affermare il superamento della soglia prevista dalla legge, non bastando al riguardo l’esistenza di elementi sintomatici di significato ambiguo (quali, nella specie, sono stati ritenuti, la generica dichiarazione del verbalizzante secondo cui l’imputato «non sembra molto in sé», non risultando chiarita in sentenza la ragione che potesse consentire di ricondurre questo stato all’abuso di alcool, e la riferita presenza dell’alito vinoso, trattandosi di elemento riconducibili all’assunzione di bevanda alcoliche ma inidoneo a dimostrare, da solo, il superamento della soglia vietata).

 La Corte osserva:

 I. – C. G. ha proposto ricorso avverso la sentenza 1° dicembre 2003 del Tribunale di Macerata che l’ha condannato alla pena ritenuta di giustizia per il reato di cui all’art. 186 comma secondo del codice della strada per guidato un’autovettura malgrado si trovasse in stato di ebbrezza.

A fondamento del ricorso si deduce:

- la violazione dell’art, 63 comma primo c.p.p. perché la sentenza impugnata avrebbe tratto la prova che il ricorrente si trovasse alla guida della sua autovettura dalle dichiarazione rese agli agenti di polizia giudiziaria senza che venissero osservate le regole indicate nella norma citata;

- la mancanza e manifesta illogicità della motivazione sia con riferimento alla prova, ritenuta esistente dal tribunale, che il ricorrente aveva condotto l’autovettura; sia con riferimento all’esistenza dello stato di ebbrezza ed in particolare al superamento della soglia.

II. – il primo motivo di ricorso è privo nel presente giudizio.

La sentenza impugnata, pur facendo cenno alle dichiarazione rese dall’impugnato, fondo la sua valutazione che C. si trovasse alla guida della sua autovettura sulla circostanze di fatto accertate dagli operanti che constatarono, al momento del loro intervento, che era avvenuto un incidente tra due autovetture (una delle quali appartenente al ricorrente) e che l’imputato era intento a sostituire la ruota forata del suo veicolo assai verosimile danneggiato nell’incidente.

Il convincimento del giudice è quindi fondato su argomentazione logiche idonee a supportare, da sole, la sua valutazione indipendentemente delle dichiarazione spontanee dell’imputato che sarebbero inutilizzabili in dibattimento per il disposto dell’art. 350 comma settimo c.p.p.

III. – Il secondo motivo è in parte inammissibile e in parte fondato.

E’ inammissibile nella parte in cui si chiede al giudice di legittimità di rivalutare i fatti accertati dal giudice di merito e dai quali è stata tratta, come si è già accennato, la conclusione che, prima dell’incidente, C. si trovasse alla guida della sua autovettura; la valutazione del tribunale, su questo punto, è infatti esente da vizi logici e la diversa ricostruzione prospettata in ricorso non può essere fatta valere davanti al giudice di legittimità.

IV. – E’ invece fondato il motivo nella parte che si riferisce all’accertato stato di ebbrezza in cui si sarebbe trovato il ricorrente al momento dell’intervento degli operanti che, occorre ribadirlo, non avevano a disposizione l’etilometro.

E’ noto che, per giurisprudenza costante della Corte di cassazione, per accertare lo stato di ebbrezza del conducente del veicolo non è indispensabile l’utilizzazione degli strumenti tecnici di accertamento previsti dal codice della strada e dal regolamento ben potendo il giudice di merito – in un sistema che non prevede l’utilizzazione di prove legali – ricavare l’esistenza di tale stato da elementi sintomatici quali l’alito vinoso, l’eloquio sconnesso, l’andatura barcollante, le modalità di guida o altre circostanze che possono far fondatamente presumere l’esistenza dello stato indicato.

La giurisprudenza di legittimità è uniforme nell’affermazione di questo principio che è stato esteso fino al punto di ritenere che il giudice possa disattendere l’esito dell’esame alcolimetrico (si vedono, tra le altre, cass., sez. IV, 4 maggio 2004, n. 39057, Ciacci, RV 229966; 9 giugno 2004, n. 32961, Massacesi, RV 229087; sez. VI, 27 gennaio 2000 n. 2644, Caldaras, RV 215650).

Ma questo principio non può estendersi fino a ritenere che qualunque manifestazione riconducibile all’uso di sostanze alcoliche possa far ritenere integrata la fattispecie contestata. Anche perché il sistema che disciplina la materia non vieta indiscriminatamente a chi abbia fatto uso di bevande alcoliche di porsi alla guida di un veicolo ma prevede una soglia di assunzione oltre la quale scatta il divieto in questione.

Ne consegue che, per poter ritenere provato lo stato di ebbrezza al di là della soglia normativamente prevista, occorre che gli elementi sintomatici di tale stato siano significativi, al di là di ogni ragionevole dubbio, di una assunzione di bevande alcoliche in quantità tale che si possa affermare esistente il superamento della soglia prevista dalla legge. Non è quindi sufficiente l’esistenza di un solo elemento sintomatico di significato ambiguo e non decisivo.

E di significato ambiguo e non decisivo sembrano proprio i due elementi sintomatici indicati nella sentenza impugnata. E’ ambiguo l’elemento tratto dalla dichiarazione del verbalizzante secondo cui «l’odierno imputato non sembrava molto in sè» non essendo specificate, nella sentenza, le ragioni che consentono di ricondurre questo stato all’abuso di alcool (tanto più in presenza di un incidente in cui era rimasto coinvolto).

Non ha invece carattere di decisività l’accertamento dell’alito vinoso, sicuramente riconducibile all’assunzione di bevande alcoliche ma inidoneo a dimostrare, da solo, il superamento della soglia (tra l’altro all’epoca superiore a quella di 0,5 attualmente vigente).

V. – Consegue alle considerazioni svolte l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Macerata che accerterà, in base ai principi indicati, non solo se l’imputato avesse fatto uso di alcool ma se gli elementi sintomatici siano idonei a ritenere provato anche il superamento della soglia. (Omissis). [RIV-0605P516]


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Martedì, 01 Agosto 2006
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