Giurisprudenza di legittimità A fondamento del ricorso si
deduce: - la violazione dell’art, 63 comma
primo c.p.p. perché la sentenza impugnata avrebbe tratto la prova che il
ricorrente si trovasse alla guida della sua autovettura dalle dichiarazione
rese agli agenti di polizia giudiziaria senza che venissero osservate le regole
indicate nella norma citata; - la mancanza e manifesta
illogicità della motivazione sia con riferimento alla prova, ritenuta esistente
dal tribunale, che il ricorrente aveva condotto l’autovettura; sia con
riferimento all’esistenza dello stato di ebbrezza ed in particolare al
superamento della soglia. II. – il primo motivo di ricorso è
privo nel presente giudizio. La sentenza impugnata, pur facendo
cenno alle dichiarazione rese dall’impugnato, fondo la sua valutazione che C.
si trovasse alla guida della sua autovettura sulla circostanze di fatto
accertate dagli operanti che constatarono, al momento del loro intervento, che
era avvenuto un incidente tra due autovetture (una delle quali appartenente al
ricorrente) e che l’imputato era intento a sostituire la ruota forata del suo
veicolo assai verosimile danneggiato nell’incidente. Il convincimento del giudice è
quindi fondato su argomentazione logiche idonee a supportare, da sole, la sua
valutazione indipendentemente delle dichiarazione spontanee dell’imputato che
sarebbero inutilizzabili in dibattimento per il disposto dell’art. 350 comma
settimo c.p.p. III. – Il secondo motivo è in
parte inammissibile e in parte fondato. E’ inammissibile nella parte in
cui si chiede al giudice di legittimità di rivalutare i fatti accertati dal giudice
di merito e dai quali è stata tratta, come si è già accennato, la conclusione
che, prima dell’incidente, C. si trovasse alla guida della sua autovettura; la
valutazione del tribunale, su questo punto, è infatti esente da vizi logici e
la diversa ricostruzione prospettata in ricorso non può essere fatta valere
davanti al giudice di legittimità. IV. – E’ invece fondato il motivo
nella parte che si riferisce all’accertato stato di ebbrezza in cui si sarebbe
trovato il ricorrente al momento dell’intervento degli operanti che, occorre
ribadirlo, non avevano a disposizione l’etilometro. E’ noto che, per giurisprudenza
costante della Corte di cassazione, per accertare lo stato di ebbrezza del
conducente del veicolo non è indispensabile l’utilizzazione degli strumenti
tecnici di accertamento previsti dal codice della strada e dal regolamento ben
potendo il giudice di merito – in un sistema che non prevede l’utilizzazione di
prove legali – ricavare l’esistenza di tale stato da elementi sintomatici quali
l’alito vinoso, l’eloquio sconnesso, l’andatura barcollante, le modalità di
guida o altre circostanze che possono far fondatamente presumere l’esistenza
dello stato indicato. La giurisprudenza di legittimità è
uniforme nell’affermazione di questo principio che è stato esteso fino al punto
di ritenere che il giudice possa disattendere l’esito dell’esame alcolimetrico
(si vedono, tra le altre, cass., sez. IV, 4 maggio 2004, n. 39057, Ciacci, RV
229966; 9 giugno 2004, n. 32961, Massacesi, RV 229087; sez. VI, 27 gennaio 2000
n. 2644, Caldaras, RV 215650). Ma questo principio non può
estendersi fino a ritenere che qualunque manifestazione riconducibile all’uso
di sostanze alcoliche possa far ritenere integrata la fattispecie contestata.
Anche perché il sistema che disciplina la materia non vieta indiscriminatamente
a chi abbia fatto uso di bevande alcoliche di porsi alla guida di un veicolo ma
prevede una soglia di assunzione oltre la quale scatta il divieto in questione. Ne consegue che, per poter
ritenere provato lo stato di ebbrezza al di là della soglia normativamente
prevista, occorre che gli elementi sintomatici di tale stato siano
significativi, al di là di ogni ragionevole dubbio, di una assunzione di
bevande alcoliche in quantità tale che si possa affermare esistente il
superamento della soglia prevista dalla legge. Non è quindi sufficiente
l’esistenza di un solo elemento sintomatico di significato ambiguo e non
decisivo. E di significato ambiguo e non
decisivo sembrano proprio i due elementi sintomatici indicati nella sentenza
impugnata. E’ ambiguo l’elemento tratto dalla dichiarazione del verbalizzante
secondo cui «l’odierno imputato non sembrava molto in sè» non essendo
specificate, nella sentenza, le ragioni che consentono di ricondurre questo
stato all’abuso di alcool (tanto più in presenza di un incidente in cui era
rimasto coinvolto). Non ha invece carattere di
decisività l’accertamento dell’alito vinoso, sicuramente riconducibile
all’assunzione di bevande alcoliche ma inidoneo a dimostrare, da solo, il
superamento della soglia (tra l’altro all’epoca superiore a quella di 0,5
attualmente vigente). V. – Consegue alle considerazioni
svolte l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Macerata
che accerterà, in base ai principi indicati, non solo se l’imputato avesse
fatto uso di alcool ma se gli elementi sintomatici siano idonei a ritenere
provato anche il superamento della soglia. (Omissis). [RIV-0605P516] |
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