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Notizie brevi 28/03/2006

da Altalex - Il Comune non ha poteri contro l’abbandono di rifiuti nei luoghi chiusi

Consiglio di Stato , sez. V, sentenza 03.02.2006 n° 439

In base all’art. 14 del D.Lgs. n. 22 del 1997, il Sindaco è tenuto ad ordinare ai soggetti obbligati di rimuovere i rifiuti e di procedere in danno degli stessi soggetti in caso di inadempienza all’ordine, allorché si tratta, come testualmente emerge dall’esame del primo e del terzo comma della norma in esame, di abbandono o di deposito di rifiuti "sul suolo e nel suolo".

Il primo comma dell’art. 14, infatti, dispone che "l’abbandono e il deposito di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati". Il terzo comma, attribuisce al sindaco il potere di adottare i provvedimenti necessari alla rimozione dei rifiuti in caso di violazione del divieto di cui al primo comma.

La disposizione individua i soggetti tenuti alla rimozione dei rifiuti, indicati nell’autore dell’abbandono e, in solido, nel proprietario o nel titolare di altri diritti reali o personali "sull’area" al quale la violazione sia ascrivibile a titolo di dolo o di colpa, e stabilisce che "il sindaco dispone con ordinanza le disposizioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate".

Con la decisione che qui si commenta, i Giudici di Palazzo Spada hanno accolto le censure mosse alla sentenza di primo grado (T.A.R. Veneto, III Sezione, sentenza 24 novembre 2004, n. 4326) dalla parte soccombente (nella specie, un Comune) che si era visto sanzionare l’obbligo di rimozione di pile di carta da macero presenti all’interno di un edificio, la cui permanenza all’interno della proprietà veniva deplorata dalla ditta subentrante nella titolarità del diritto di proprietà, la quale si era infine rivolta proprio all’ente comunale alla ricerca di una tutela.

In una fattispecie molto comune e frequente – a fronte della quale la cittadinanza è molto sensibile e che rappresenta una delle più ripetute lamentele sollevate sull’igiene dei territori comunali – il Consiglio di Stato ha avuto l’occasione di chiarire che l’amministrazione locale ha il dovere di rimuovere i rifiuti abbandonati quando tali rifiuti si trovino “sul suolo e nel suolo” («tale da configurare una discarica a cielo aperto o interrata, che rappresenta il presupposto per l’intervento del Sindaco», ricorda il Collegio), per cui è dovere del sindaco adottare i necessari e dovuti provvedimenti, utili al ripristino dell’igiene e della salubrità ambientale.

Il giudice amministrativo pare dunque aderire non tanto ad una visione generale ed obiettiva dell’abbandono dei rifiuti – basata sull’oggettiva presenza di materiali di scarto od oggetti di rifiuto lasciati soprattutto all’interno di proprietà private senza alcuna cura per prevenire la contaminazione dell’ambiente circostante – ma, piuttosto, ad una concezione speciale e soggettiva, quale fattispecie in cui (la segnalazione del) l’abbandono di materiali anche nelle proprietà private non è di per sé presupposto sufficiente all’obbligo per il sindaco di attivarsi per la rimozione dei rifiuti, ma le circostanze di abbandono dei medesimi debbono essere tali da integrare gli estremi della “discarica a cielo aperto”.

Un indirizzo francamente opinabile e poco condivisibile se si pensa che, allora, l’abbandono clandestino di rifiuti ben può essere posto in essere semplicemente lasciando i materiali in vecchi cascinali o capannoni di attività industriali dismesse di cui l’Italia è piena; in questo modo, cioè, si pone a carico di chi successivamente entri nella titolarità degli immobili l’obbligo e l’onere di sgomberare i luoghi quando, invece, un sistema di raccolta e smaltimento delle immondizie e degli scarti più efficiente, ben organizzato dalle amministrazioni locali ed agevole per la cittadinanza, potrebbe prevenire a monte il problema dell’abbandono.

A meno che il Consiglio di Stato non intenda in qualche modo coprire e deresponsabilizzare chi abbandona i rifiuti, si pone senz’altro l’esigenza di modulare e rivedere con la massima attenzione i principi giurisprudenziali qui troppo grossolanamente applicati.

(Altalex, 21 marzo 2006. Nota di Alessandro Del Dotto)


Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 3 febbraio 2006 n. 439

(Pres. Elefante, Est. Marchitiello)

FATTO

La S. Guarnizioni, s.r.l., con atto notificato in data 29.6.2004, diffidava il Comune di Ronco all’Adige a provvedere alla rimozione dei rifiuti, consistenti in carta da macero (per mc. 7416), rinvenuti in un capannone di sua proprietà, sito in via Fontanelle, che la ditta "Decreto 22", s.r.l., società conduttrice dell’immobile, non aveva provveduto ad eliminare dopo la risoluzione del contratto di locazione.

Il Comune di Ronco all’Adige, aderendo alla richiesta, intimava con ordinanza del 9.8.2004, n. 764, alla Ditta "Decreto 22" di provvedere alla rimozione e allo smaltimento dei rifiuti.

La S. Guarnizioni, ritenendo inevasa la diffida, adiva il T.A.R. del Veneto per far dichiarare l’obbligo del Comune di eseguire la rimozione rivalendosi per le spese nei confronti della società obbligata.

Il Comune di Ronco all’Adige si costituiva in giudizio opponendosi all’accoglimento del ricorso con eccezioni in rito e nel merito.

Il T.A.R. del Veneto, III Sezione, con la sentenza del 24.11.2004, n. 4326, accoglieva il ricorso.

Il Comune di Ronco all’Adige appella la sentenza deducendone la erroneità e domandandone la riforma.

Resiste all’appello la società S. Guarnizioni chiedendo la conferma della sentenza appellata.

Alla pubblica udienza del 18.10.2005, il ricorso in appello è stato ritenuto per la decisione.

DIRITTO

Il Comune di Ronco all’Adige appella la sentenza della III Sezione del T.A.R. del Veneto del 24.11.2004, n. 4326, di accoglimento del ricorso della Scaligera Guarnizioni, s.r.l., proposto avverso la inerzia mantenuta dall’ente appellante sulla diffida a provvedere alla rimozione dei rifiuti giacenti nel capannone di proprietà della predetta società sito in via Fontanelle, ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs. 5.2.1997, n. 22.

Come esposto nella narrativa che precede, i predetti rifiuti, consistenti in carta da macero (per mc. 7416), erano stati abbandonati nel predetto fabbricato dalla ditta "Decreto 22", s.r.l., società conduttrice dell’immobile, dopo la risoluzione del contratto di locazione.

La Scaligera Guarnizioni, ritenendo che la sua richiesta non fossa stata soddisfatta dalla ordinanza del 9.8.2004, n. 764, con la quale il Comune aveva intimato alla ditta "Decreto 22" di procedere allo sgombero del locale (intimazione che reiterava altro ordine del Comune rimasto senza esito), aveva adito il T.A.R. ai sensi dell’art. 21, bis della legge 6.12.1971, n. 1034.

Secondo la società ricorrente, il Comune di Ronco all’Adige, in applicazione del citato art. 14 del D.Lgs. n. 22 del 1997, avrebbe dovuto provvedere direttamente alla rimozione dei rifiuti, salvo rivalersi per le spese nei confronti della ditta inadempiente, e non limitarsi semplicemente ad ordinare nuovamente lo sgombero del capannone.

Il T.A.R., con la sentenza appellata, ha aderito alla tesi della società ricorrente assegnando al Comune un termine per adempiere.

Le conclusioni alle quali sono pervenuti i primi giudici non sono condivise dalla Sezione.

Nella fattispecie, non sussiste il presupposto richiesto dall’art. 21 bis della legge n. 1034 del 1971, per imporre all’amministrazione di provvedere sull’istanza della società Scaligera Guarnizioni.

Il Comune non è tenuto infatti, ad adottare un provvedimento sull’istanza della società interessata.

Ed invero, in base all’art. 14 del D.Lgs. n. 22 del 1997, il Sindaco è tenuto ad ordinare ai soggetti obbligati di rimuovere i rifiuti e di procedere in danno degli stessi soggetti in caso di inadempienza all’ordine, allorché si tratta, come testualmente emerge dall’esame del primo e del terzo comma della norma in esame, di abbandono o di deposito di rifiuti "sul suolo e nel suolo".

Il primo comma dell’art. 14, infatti, dispone che "l’abbandono e il deposito di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati".

Il terzo comma, attribuisce al sindaco il potere di adottare i provvedimenti necessari alla rimozione dei rifiuti in caso di violazione del divieto di cui al primo comma.

La disposizione individua i soggetti tenuti alla rimozione dei rifiuti, indicati nell’autore dell’abbandono e, in solido, nel proprietario o nel titolare di altri diritti reali o personali "sull’area" al quale la violazione sia ascrivibile a titolo di dolo o di colpa, e stabilisce che "il sindaco dispone con ordinanza le disposizioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate".

Nella specie non si tratta, all’evidenza, di abbandono di rifiuti "sul suolo o nel suolo", tale da configurare una discarica a cielo aperto o interrata, che rappresenta il presupposto per l’intervento del Sindaco, ma di abbandono di rifiuti in un fabbricato chiuso ("per l’accesso si doveva rompere una finestra ed aprire dall’interno avendo la locataria cambiato le serrature") da parte del conduttore al momento del rilascio dell’immobile per finita locazione.

La Scaligera Guarnizioni, anziché rivolgersi all’autorità giudiziaria ordinaria per obbligare il conduttore allo sgombero del locale, avvalendosi delle norme sulla locazione che impongono al conduttore di restituire la cosa locata nello stato medesimo in cui l’ha ricevuta e per l’accertamento di eventuali danni (art. 1590 c.c.) si è rivolto al Comune.

Il Comune, andando oltre i limiti delle proprie attribuzioni in materia di rifiuti, ha già emanato due ordinanze di sgombero che non aveva l’obbligo di adottare.

Certamente, quindi, non ha l’obbligo di procedere direttamente allo sgombero dell’immobile.

Il ricorso di primo grado, pertanto, doveva essere dichiarato inammissibile non configurandosi nella specie la violazione dell’obbligo dell’amministrazione di adottare un provvedimento espresso sull’istanza del privato.

L’appello del Comune di Ronco all’Adige, in conclusione, va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, va respinto il ricorso originario proposto dalla società Scaligera Guarnizioni.

Le spese dei due gradi del giudizio, peraltro, sussistendo giusti motivi, possono integralmente compensarsi fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.

Compensa le spese dei due gradi del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso, in Roma,in Camera di Consiglio, il 18.10.2005,

con l’intervento dei signori:

Agostino Elefante Presidente

Cesare Lamberti Consigliere

Aldo Fera Consigliere

Claudio Marchitiello Consigliere Est.

Marzio Branca Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

Claudio Marchitiello Agostino Elefante

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 3 FEBBRAIO 2006.


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Martedì, 28 Marzo 2006
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