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Articoli 28/03/2006

Spunti di riflessione sull’omissione di soccorso alla luce della sentenza n. 3397 del 02/02/2005 della Cassazione Penale, Sezione V.


Sotto la denominazione comune di omissione di soccorso (art. 593 C.P.) come è noto il codice penale accomuna tre figure autonome di reato: a) l’omesso soccorso di incapaci (articolo 593, c. 1), b) l’omesso soccorso di pericolante, che è l’aspetto da approfondire maggiormente per il riflesso che comporta sul nostro lavoro, ed infine c) l’omesso soccorso seguito dalla morte o lesioni.

Occorre precisare da subito che il codice penale colloca l’omissione di soccorso di cui all’articolo 593 tra i reati contro la vita e l’incolumità individuale, ed è espressione del principio solidaristico, di un dovere generale di prestare soccorso, diretto od indiretto.

Questo principio si è atteggiato in modi molto diversi nei secoli, a noi basti il riferimento alla Carta Costituzionale, e precisamente all’articolo 2, nella parte in cui accanto al riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo, richiede altresì l’adempimento di doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale[1].

Entrando subito nel merito, l’omesso soccorso di pericolante consiste nel fatto di “chi, trovando un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero una persona ferita o altrimenti in pericolo, omette di prestare l’assistenza occorrente o di darne immediato avviso all’Autorità” (articolo 593, comma secondo).

L’articolo 593 al comma terzo individua una ulteriore autonoma figura di reato, consistente nel fatto che dalla suddetta condotta omissiva sia derivata una lesione personale o la morte della persona non soccorsa.

Accanto a queste figure l’ordinamento affianca l’articolo 189 del codice della strada, che punisce l’utente della strada che in caso di incidente comunque collegabile al suo comportamento, non si ferma e non presta l’assistenza occorrente, a coloro che, eventualmente, abbiano subito danno alla persona (vittime dell’incidente).

Particolare interesse riveste lo studio e l’approfondimento di questa fattispecie descritta dall’articolo 593, c. 2-3 per la sua applicabilità a quei soggetti che, non avendo cagionato, dolosamente o colposamente, la situazione di pericolo, leggi incidente stradale, e che dunque non rientrano nel disposto dell’articolo 189 C.d.S., ciononostante vengono meno a quel dovere di solidarietà imposto dalla norma penale, ponendo in essere una condotta omissiva che l’ordinamento valuta con disvalore.

Nelle fattispecie dell’illecito penale di cui all’articolo 593 c. 2-3, rileviamo che il soggetto attivo è “chiunque”, dunque la norma impone alla generalità dei consociati il dovere di soccorso.

Due sono i presupposti della condotta rilevante per integrare la fattispecie dell’omissione di soccorso[2]: 1) l’esistenza di una situazione di pericolo concreto per la vita o l’incolumità della persona bisognosa di soccorso e 2) il ritrovamento del soggetto pericolante.

Una precisazione preliminare: se il corpo rinvenuto è con certezza ormai privo di vita (es. decapitazione) il reato di cui all’articolo 593 cp non è configurabile, in ossequio al principio di offensività, altrimenti degraderebbe a reato di mera disobbedienza.

Per corpo inanimato si deve quindi intendere il corpo inanimato di persona vivente.

Nel caso di incertezza, il ritrovatore dovrà, nell’altrui e nel proprio interesse, prestare il soccorso. Questo per la difficoltà oggettiva di poter successivamente provare in giudizio che non si trattava di soggetto pericolante ai sensi dell’art. 593 cp.

Il concetto di ritrovamento necessita di precisazione, in quanto secondo la migliore dottrina[3] deve essere inteso nel senso lato sia di imbattersi in persona già versante in situazione di pericolo, e questo avviene in tutti i casi di percezione diretta, sensoria, sia il trovarsi presso il pericolante, anche senza la diretta percezione sensoria (es. l’automobilista fermato da altri perché trasporti il ferito all’ospedale, ma non visibile dall’auto).

Rientra ancora nel concetto di ritrovamento del soggetto pericolante il trovarsi già nel luogo ove nasce la situazione di pericolo es. incidente stradale del quale siamo testimoni.

Tutto questo porta a concludere che non rientri nel concetto di ritrovamento il semplice venire a conoscenza in via indiretta o magari del tutto occasionale, su informazione altrui, della situazione di pericolo.

Questo naturalmente vale per la generalità dei soggetti, il “chiunque” della norma dell’articolo 593 c. 2-3.

Se invece si tratti di soggetto qualificato pubblicisticamente, es. un medico del pronto soccorso durante il servizio, egli non risponderà del delitto sopra indicato, ma del ben più grave reato di cui all’articolo 328 cp (rifiuto di atti di ufficio).

A mio giudizio, la qualifica di Agente o Ufficiale di pubblica sicurezza, rivestita da determinati soggetti conformemente all’ordinamento di appartenenza (per la Polizia Municipale vedi la l. 65/1986, con le ben note limitazioni territoriali, ma non temporali) ai sensi dell’articolo 1 TULPS[4] fa si che il dovere di soccorso sia per loro particolarmente stringente.

La condotta omissiva consiste nell’omettere di prestare l’assistenza occorrente o di dare immediato avviso all’Autorità.

Anche qui, una precisazione necessaria, alla luce della sentenza della Cassazione in commento.

Al fine di delineare la condotta corretta che il soggetto deve tenere, al fine di non integrare la fattispecie del 593, c. 2-3, occorre comprendere che nel momento in cui la situazione concreta richieda la effettiva prestazione dell’assistenza, non è sufficiente il mero avviso all’Autorità.

Il giudice potrà quindi condannare sia per l’ipotesi della mancata prestazione del soccorso, sia per la insufficiente prestazione del soccorso in rapporto alla situazione concreta di bisogno del pericolante, sia per la ritardata prestazione del soccorso, se questo poteva essere efficace e tempestivo, e concretamente possibile per il soccorritore (ad impossibilia nemo tenetur!!).

Dalla sentenza n. 3397/05 della Sezione V della Cassazione Penale in commento emerge che “nel concetto di prestazione di assistenza non può non rientrare, innanzitutto, l’adozione di quelle cautele atte a limitare il danno già riportato dalla parte offesa, ovvero a scongiurare la sua ulteriore esposizione al pericolo”.

La migliore dottrina[5] ritiene non applicabile il dovere di cui all’articolo 593 nei confronti degli autori della situazione di pericolo mediante un fatto di reato, doloso o colposo, “perché rispetto a tali soggetti la funzione incentivante del soccorso è già svolta dalla minaccia delle più severe pene dell’omicidio o delle lesioni se essi non si attiveranno per impedire che la creata situazione di pericolo si converta nell’evento mortale o lesivo. (…)

L’obbligo del soccorso di cui all’articolo 593 è dunque sussidiario, avendo come destinatari soltanto i soggetti che, non avendo cagionato, dolosamente o colposamente, la situazione di pericolo, non sottostanno già all’obbligo penale prioritario, sancito dalle norme incriminanti la stessa creazione della situazione di pericolo, e comunque l’omicidio o le lesioni”.

Oggetto giuridico del reato di cui all’articolo 593 è la vita o l’incolumità individuale, l’offesa consistendo nella persistenza o aggravamento per effetto dell’omissione, della situazione di pericolo.

Si punisce cioè il non aver rimosso, oppure il non aver impedito l’aggravamento del pericolo in atto, allorché tale pericolo era attenuabile o eliminabile attraverso l’intervento tempestivo del soccorritore.

Per ciò che attiene l’elemento soggettivo, la fattispecie di cui all’articolo 593 c. 2-3 delinea reati a dolo generico, essendo necessaria la coscienza del ritrovamento e la coscienza e volontà di omettere di prestare l’assistenza occorrente o di darne immediato avviso all’Autorità.

Sulla base di quanto si è detto sopra, emerge che l’omissione di soccorso di cui all’articolo 593 c. 2- 3 si differenzia  dall’omesso soccorso stradale di cui all’articolo 189 C.d.S., in quanto vi è un rapporto di incompatibilità parziale tra le fattispecie di reato riguardando l’articolo 189 la situazione di pericolo creata dall’utente della strada che poi omette il soccorso, mentre l’articolo 593 riguarda le situazioni di pericolo non causate da condotta dolosa o colposa dell’omittente il soccorso.

Se invece si ritenga che l’articolo 593 si possa riferire anche alle situazioni di pericolo create dall’omittente, come può essere nel caso di incidente stradale ricollegabile al suo comportamento, il rapporto tra le due fattispecie sarà di specialità, per la presenza degli elementi specializzanti di cui all’articolo 189 che renderà applicabile all’omittente soltanto la norma del CdS.

L’apparato sanzionatorio dell’articolo 593 prevede la reclusione fino ad un anno o la multa fino a 2500 euro per le fattispecie individuate dai primi due commi, e pene aumentate o addirittura raddoppiate per le ipotesi del terzo comma, rispettivamente della lesione personale o per l’ipotesi della morte.

Sono opportune in chiusura le note procedurali, in quanto per l’articolo 593 cp l’arresto ed il fermo di indiziato di delitto, nonché le misure cautelari personali non sono consentiti, l’Autorità giudiziaria competente è il Tribunale monocratico, e la procedibilità d’ufficio.

Per la fattispecie di cui all’articolo 189 del codice della strada, occorre distinguere l’ipotesi del comma 6 (fuga) e quella del comma 7 (omissione di soccorso).

L’utente della strada che in caso di incidente stradale con danno alla persona comunque ricollegabile al suo comportamento, non ottemperi all’obbligo di fermarsi, è punito con la reclusione da 3 mesi a 3 anni, oltre che con la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da 1 a 3 anni.

In questo caso sono applicabili le misure cautelari coercitive indicate nello stesso articolo 189 cds (sono misure che determinano forme di privazione o di limitazione della libertà personale).

Si rileva la applicabilità di misure cautelari coercitive non custodiali, che limitano cioè la libertà di locomozione dell’individuo, ma non la sopprimono, (art. 281 cpp divieto di espatrio, art. 282 cpp obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, art. 283 cpp divieto ed obbligo di dimora) e di misure cautelari coercitive custodiali (art. 284 cpp arresti domiciliari) che comportano la privazione della libertà di locomozione e che devono essere eseguite in luoghi circoscritti, l’uscita dai quali integra il reato di evasione.

Tali misure saranno applicabili anche al di fuori dei limiti previsti dall’articolo 280 cpp (condizioni di applicabilità delle misure coercitive), ed inoltre vi è la possibilità per la P.G. di procedere all’arresto ai sensi dell’art. 381 cpp (arresto facoltativo in flagranza) dell’utente della strada datosi alla fuga in caso di incidente con danno alla persona ricollegabile al suo comportamento.

L’art. 189 c. 1-7 delinea il reato di omesso soccorso stradale, prevedendo per l’utente della strada che non ottemperi all’obbligo di prestare l’assistenza occorrente alle persone ferite, la pena della reclusione da 6 mesi a 3 anni, applicandosi inoltre la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da 1 anno e 6 mesi a non più di 5 anni.

La giurisprudenza ha chiarito che l’obbligo di prestare soccorso deve essere adempiuto con immediatezza, configurandosi il reato anche nell’ipotesi in cui si sia tornati sul luogo dell’incidente, dopo un primo immediato allontanamento (Cass. Pen. Sezione IV, n. 680/73)[6].

Tale attività deve essere inoltre idonea al caso concreto, e quindi non frettolosa o superficiale (Cass. Pen. Sezione IV, n. 6426/78)[7].

Questa sentenza costituisce sicuramente un precedente rilevante rispetto alla sentenza in commento.

In caso di violazione di entrambi i doveri previsti dalla norma del cds in commento, ricorre l’ipotesi del concorso materiale di reati.

Ai sensi del comma 8 dell’art. 189 cds prevede il non assoggettamento all’arresto in flagranza per i reati di omicidio e di lesioni colpose in caso di assistenza prestata.

Mi sia consentita una riflessione conclusiva.

Recenti fatti di cronaca, debitamente riportati sulle prime pagine di tutti i giornali, dimostrano come il problema dei “pirati della strada”, cioè di coloro che dopo aver causato un incidente stradale, fuggono, sia sempre di sconvolgente attualità.

Questo denota un vero abbassamento della soglia dei valori della civiltà nella quale viviamo, e desta allarme la crisi della solidarietà verso gli altri.

Ritengo pertanto che sia una priorità ed un dovere per chi opera ad ogni livello nella formazione per la sicurezza stradale delle nuove generazioni (mi riferisco alle scuole, alle autoscuole, ed anche al personale della Polizia Municipale nel momento in cui effettua corsi di sicurezza stradale presso le scuole dell’obbligo) che si cerchi di sviluppare nei nuovi utenti della strada la coscienza del rispetto degli altri.

Il progresso sul tema della sicurezza stradale lo si avrà principalmente attraverso l’educazione stradale, attraverso il rispetto sostanziale dei valori della nostra società, in mancanza del quale l’apprendimento astratto delle norme di comportamento del codice della strada, magari giusto per superare l’esame per l’abilitazione alla guida, appare a dir poco riduttivo.

 

 *ASAPS Forte dei Marmi



[1] MANTOVANI F., Diritto Penale, parte speciale, Delitti contro la persona, ed. CEDAM, pag. 234ss., evidenzia come già le Leggi di Platone prevedessero numerosi obblighi di soccorso, con pene per gli omittenti e premi per gli adempienti; il Diritto penale della Chiesa introdusse invece un vero e proprio DOVERE GENERALE DI SOCCORSO, includendo tra i precetti non solo il neminem laedere, ma anche l’omnes quantum potes adiuva. L’interesse per il dovere di soccorso riprende terreno tra gli studiosi del diritto naturale, propensi a limitare la rilevanza penale dell’omissione ai soli titolari di obblighi speciali verso il pericolante. Sarà con la seconda metà dell’Ottocento che le fattispecie penali dell’omissione di soccorso troveranno sede nella maggior parte delle legislazioni.

[2] MANTOVANI F. Diritto Penale, Parte speciale, Delitti contro la persona, Ed. CEDAM, pag. 239ss.

[3] MANTOVANI F. Diritto Penale, Parte Speciale, Delitti contro la Persona, Ed. CEDAM, pag. 237-238.

[4] Art. 1 TULPS “(l’autorità di pubblica sicurezza veglia al mantenimento dell’ordine pubblico, alla sicurezza dei cittadini, alla loro incolumità e alla tutela della proprietà)

[5] MANTOVANI F. Diritto Penale, Parte Speciale, Delitti contro la persona, Ed. CEDAM, pag. 242, 243.

[6] DELVINO F., NAPOLITANO G., “NUOVO CODICE DELLA STRADA COMMENTATO, Maggioli, pag. 676ss.

[7] DELVINO F., NAPOLITANO G., “NUOVO CODICE DELLA STRADA COMMENTATO, Maggioli, pag. 676ss.

 

 


di Simoni dott. Michele

Martedì, 28 Marzo 2006
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