Giurisprudenza
di legittimità
CORTE
DI CASSAZIONE CIVILE
Sezione
III, 30 gennaio 2006, n. 1874
DEPENALIZZAZIONE
- VERBALE DI CONTESTAZIONE - ART. 2700 CC - VALORE
PROBATORIO DEI FATTI ATTESTATI - PROVA FINO A QUERELA DI FALSO - VALORE DEI
FATTI ACQUISITI DE RELATO - VALORE INDIZIARIO.
I verbali redatti dai pubblici ufficiali
fanno prova, secondo la disposizione contenuta nell’art. 2700 CC, dei fatti che
il verbalizzante attesta essere avvenuti in sua presenza o stati da lui
compiuti, mentre le altre circostanze che egli indica di avere accertato, per
averle apprese "de relato"
(ovvero che siano frutto di sue deduzioni), costituiscono materiale indiziario
soggetto al libero apprezzamento del giudice, il quale può valutarne
l’importanza ai fini della prova, ma mai attribuire loro il valore di vero e
proprio accertamento (Cass. 25 giugno 2003, n. 10128, 14 dicembre 2002, n.
17949, 25 luglio 2002, n. 10898).
CORTE
DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - 30 GENNAIO 2006, N. 1874
LA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE
TERZA CIVILE
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Svolgimento
del processo
Con
sentenza 20 marzo - 15 maggio 2001 la Corte d’Appello di Roma rigettava
l’appello proposto da P. G. avverso la decisione n. 313 del 1998 del Tribunale
di Roma che aveva respinto la domanda di risarcimento del danno proposta dallo
stesso nei confronti del Comune di Roma e della impresa XXX, nella rispettiva
qualità di proprietario della strada e di società incaricata della manutenzione
stradale.
Nell’atto
introduttivo del giudizio il P. G. aveva esposto che il giorno 14 novembre
1989, alla guida della propria autovettura, percorreva la via P. quando, a
causa di una buca del manto stradale (in corrispondenza di un tombino), aveva
perduto il controllo dell’autovettura che, uscendo fuori strada, aveva
riportato dei danni.
I
giudici di appello rilevavano che dalla documentazione agli atti era risultato
che il tombino contro il quale il P. G. deduceva di avere urtato, era più basso
della sede stradale di un solo centimetro, anziché di 9 centimetri, come
sostenuto dall’appellante. L’esistenza di un dislivello maggiore avrebbe dovuto
essere dimostrata dal P. G. attraverso la richiesta di sentire in
contraddittorio i verbalizzanti, e non attraverso la produzione di
corrispondenza diretta intercorsa tra il difensore dell’appellante e la Polizia
stradale.
In
mancanza di prove circa il nesso di causalità tra il dislivello del manto
stradale e l’incidente, la domanda del P. G. doveva essere rigettata.
Avverso
tale decisione il P. G. ha proposto ricorso per cassazione sorretto da tre
motivi, illustrati da memoria.
Resistono
la impresa XXX ed il Comune di Roma. Quest’ultimo ha proposto anche ricorso
incidentale condizionato.
Il
difensore del ricorrente ha discusso la causa alla udienza odierna.
Motivi
della decisione
Con
il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme
di diritto (artt. 2700 codice civile e 221 codice di procedura ci vile) in
relazione all’art. 360 n. 3 codice di procedura civile.
I
giudici di appello avevano ritenuto che la nota proveniente dall’Ufficio
Infortunistica della sezione Polizia Stradale di Roma contenente una
interpretazione dei dati del verbale risalente a nove anni prima (14 novembre
1989) potesse essere valutato liberamente senza tener conto che invece tale
atto, in considerazione della provenienza da pubblico ufficiale, avrebbe potuto
essere impugnato solo attraverso una querela di falso.
Le
considerazioni svolte in sentenza, pertanto, si ponevano in aperta contrasto
con la disciplina processuale vigente.
Essendo
stata fornita la prova certa della causa dell’incidente attraverso la
produzione di tale documento, sarebbe stato preciso onere dei resistenti
offrire la prova contraria.
Con
il secondo motivo il ricorrente denuncia contraddittoria motivazione in punto
di violazione e falsa applicazione della legge (art. 231 codice di procedura
civile) in relazione all’art. 360 n. 3 codice di procedura civile.
I
giudici di appello avevano affermato che l’acquisizione di una circostanza di
fatto così rilevante, tale da modificare radicalmente gli accertamenti compiuti
in primo grado (quale la profondità del tombino), avrebbe dovuto essere
effettuata attraverso l’audizione diretta dei verbalizzanti.
In
tal modo, tuttavia, la Corte d’Appello aveva dimenticato la disposizione
dell’art. 231 codice di procedura civile, secondo la quale il giudice può
richiedere d’ufficio alla Pubblica Amministrazione, le informazioni scritte
relative ad atti e documenti dell’Amministrazione che è necessario acquisire al
processo.
Con
il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione di norme di diritto in
relazione all’omesso esame degli atti di causa nonché omessa motivazione , in
relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 codice di procedura civile.
Nè
il Tribunale né la Corte d’Appello avevano esaminato la consulenza tecnica di
parte attrice, destinata ad integrare gli atti pubblici con alcune foto che
lasciavano ben poco all’interpretazione.
In
esse il tombino era pienamente visibile ed anche senza l’ausilio di alcun mezzo
meccanico sarebbe stato ben possibile individuare la profondità che, anche se
inferiore ai 9 centimetri, non poteva dirsi in alcun modo di 1 centimetro.
I
tre motivi, da esaminare congiuntamente in quanto connessi tra di loro, non
sono fondati.
Attraverso
la denuncia di vizi della motivazione e di violazione di norme di legge,
peraltro in qualche caso (come nel terzo mezzo di impugnazione) neppure
enunciate, il ricorrente tende a richiedere a questa corte un riesame delle
risultanze processuali inammissibile in questa sede.
Deve
innanzi tutto rilevarsi che, ai fini indicati dall’art. 2700 codice civile, non
è sufficiente che l’atto provenga da una pubblica autorità.
Costituisce
principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che i verbali
redatti dai pubblici ufficiali fanno prova, secondo la disposizione contenuta
nell’art. 2700 codice civile, dei fatti che il verbalizzante attesti essere
avvenuti in sua presenza o essere stati da lui compiuti, mentre le altre
circostanze che egli indichi di avere accertato, per averle apprese "de
relato" ovvero che siano frutto di sue deduzioni, costituiscono materiale
indiziario soggetto al libero apprezzamento del giudice, il quale può valutarne
l’importanza ai fini della prova, ma non può mai attribuirgli il valore di vero
e proprio accertamento (Cass. 25 giugno 2003 n. 10128, 14 dicembre 2002 n.
17949, 25 luglio 2002 n. 10898).
Nel
caso di specie, il ricorrente richiama una nota diretta proveniente dall’Ufficio
Infortunistica della Polizia stradale di Roma, e diretta al difensore
dell’attuale ricorrente, che costituisce una semplice interpretazione dello
schizzo planimetrico e del verbale redatto all’epoca dell’incidente dalla
Polizia stradale.
La
stessa nota, compilata tra l’altro a distanza di circa nove anni dai fatti, non
rientra nel potere certificatorio stabilito dalla legge, non avendo nè
contenuto nè forma prescritti per il verbale di accertamento.
Il
principio dell’impersonalità dell’ufficio deve essere coordinato con quello
della necessità - logica prima ancora che giuridica - che quanto attestato dal
pubblico ufficiale, affinché quanto attestato possa avere pubblica fede, sia
stato oggetto di una sua percezione immediata e diretta, situazione questa non
riscontrabile nel caso di una "correzione" di un precedente verbale
di accertamento redatto circa nove anni addietro.
Da
ciò consegue che i giudici di appello, valutando la nota in oggetto alla
stregua di un qualsiasi documento probatorio ed escludendone la rilevanza sulla
base di argomentate valutazioni non sono incorsi in alcuna delle violazioni di
legge denunciate.
Valutando
complessivamente le informazioni provenienti dalla Polizia stradale, i giudici
di appello hanno precisato che la profondità di centimetri 9 era del tutto
estranea alla collocazione del tombino rispetto al piano stradale, riguardando
invece l’altezza del ciglio della strada.
Quanto
alla osservazione secondo la quale la Corte d’Appello avrebbe motivato in
maniera erronea e contraddittoria per quanto riguarda i poteri del giudice di
disporre anche d’ufficio l’assunzione di mezzi di prova si rileva che, nella
sentenza impugnata, era stata evidenziata l’opportunità di provvedere a sentire
in contraddittorio tra loro gli agenti verbalizzanti. Appare opportuno
sottolineare tuttavia, a tale riguardo, che sarebbe stato onere della parte
ricorrente chiedere eventualmente tale mezzo istruttorio.
La
disposizione dell’art. 213 codice di procedura civile, richiamata dalla difesa
del ricorrente fa espresso riferimento unicamente alla possibilità per il
giudice di ordinare la acquisizione di "informazioni scritte".
In
ogni caso, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’esercizio di
tale facoltà è rimesso alla discrezionalità del giudice di merito ed è
insindacabile in sede di legittimità.
La
giurisprudenza di questa Corte è ferma nell’affermare che l’esercizio del
potere previsto dall’art. 213 codice di procedura civile, non è sostitutivo
dell’onere probatorio che incombe sulla parte (Cass. n. 3573 del 1999, 6734 del
1988, 4907 del 1988, 2117 del 1988).
In
conclusione, sarebbe stato onere dell’attore fornire la prova della profondità
del tombino rispetto alla sede stradale e, conseguentemente, dimostrare
l’esistenza di un nesso di causalità tra il dislivello del manto stradale e
l’incidente, trattandosi di circostanza sulla quale lo stesso fondava la
propria pretesa risarcitoria.
Quanto
alle risultanze della consulenza tecnica di parte attrice, secondo il
ricorrente del tutto trascurate sia dal primo che dal secondo giudice, si
tratta - come ha osservato il Comune di Roma - di accertamenti e di fotografie
eseguiti a distanza di oltre un anno dai fatti di causa: sicché appare del
tutto corretto il rilievo, formulato dalla stessa parte, secondo il quale non
vi sarebbe alcuna certezza circa la corrispondenza dello stato dei luoghi in
essa descritto con quello relativo al momento del fatto.
Conclusivamente
il ricorso principale deve essere rigettato con assorbimento del ricorso
incidentale condizionato.
Sussistono
giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di questo giudizio tra
tutte la parti.
Per
questi motivi
LA
CORTE DI CASSAZIONE
La
Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale, assorbito
l’incidentale.
Compensa le spese del giudizio.
Così
deciso in Roma il 9 dicembre 2005
Il
presidente: FIDUCCIA Il
consigliere estensore: FILADORO
Depositata
in cancelleria il 30 gennaio 2006.
Il
cancelliere: BATTISTA
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