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Articoli 02/04/2003

Il trasporto dei rifiuti nel contesto del Decreto n. 22/97: illeciti su strada e procedure di controllo

(2^parte)
Il trasporto dei rifiuti nel contesto del Decreto n. 22/97: illeciti su strada e procedure di controllo
(2^parte)


A cura del Dott. Maurizio Santoloci (Magistrato)

Il trasporto come percorso unico
Il gestore polivalente per percorsi frazionati

 

Sul tema prioritario del trasporto dei rifiuti, la Corte di Cassazione sta elaborando (da tempo) una giurisprudenza coerente e sistematica tendente a rendere operativo il sistema sanzionatorio creato dalla normativa di settore fornendo di volta in volta principi chiarificatori su punti nodali oggetto di dubbio e dibattito. Con due sentenze molto importanti la III Sezione penale del Supremo Collegio va ad incidere su alcuni punti addirittura vitali del sistema di trasporto, determinando un "giro di vite" sanzionatorio e repressivo di notevole spessore. Confermando così una politica giudiziaria tesa a contrastare in modo deciso ogni tipo di illegalità in questo delicato settore. Le due sentenze in questione sono: 4 maggio 2000, n. 1134 e 22 maggio 2000, n. 1040.

Si rileva che un primo punto estremamente rilevante delle citate sentenze (ed in particolare di quella del 22 maggio 2000), va ricercato nel passaggio in cui la Corte di Cassazione stabilisce che, contrariamente a quanto molti ritengono e all’uso comune diffuso, il viaggio del trasportatore deve essere unico a livello di formulario nel percorso sviluppato tra il luogo di prelevamento dal produttore/detentore verso il sito (predeterminato) di destinazione finale dei rifiuti. In pratica, non può ipotizzarsi il fatto che un trasportatore esegua durante lo stesso viaggio diversi prelievi presso una serie di produttori/detentori e poi realizzi alla fine un viaggio conclusivo verso il sito "collettivo" di destinazione finale utilizzando un solo formulario per tutte le ditte committenti. Dovrà invece utilizzare un formulario per ogni ditta conferente.

 

La censurati con unico formulario  a dei percorsi frazion

 

Sul punto, la Corte rileva che "il modello di formulario di identificazione stabilito dal competente Ministero con D.M. 1° aprile 1998 n. 145 è concepito per documentare il trasporto dei rifiuti da un solo produttore/detentore ad un solo destinatario". Inoltre, lo spazio "dedicato alle annotazioni ove specificare eventuali variazioni di percorso" secondo la Corte non è certamente destinato a contenere una serie di variabili di percorso per realizzare un giro di raccolta iniziale presso diversi siti aziendali ma trattasi di uno spazio di eventuale ricorso in casi particolari. La Corte dunque sottolinea che tale spazio può essere riempito "nel caso in cui il trasportatore sia costretto a cambiare destinatario, ad esempio perché quello previsto è impossibilitato a ricevere il rifiuto"; in tale particolare caso "il nuovo percorso e il nuovo destinatario, nonché i motivi della variazione, devono essere riportati nell’apposito spazio del formulario riservato alle annotazioni". Questo principio è importante poiché appare radicalmente diverso dall’opinione diffusa che vuole il viaggio del trasportatore praticamente soggetto a tappe di prelevamento susseguenti in modo libero con un unico formulario relativo ad un complessivo viaggio di destinazione finale. In pratica, si riteneva comunemente che il trasportatore sarebbe libero di effettuare nel viaggio di partenza una serie di carichi presso diverse aziende con un solo formulario "generale", anche mescolando i relativi rifiuti, per poi realizzare al termine di tale giro di raccolta un viaggio unico e finale verso il sito di destinazione. Tali principi naturalmente valgono oggi anche e soprattutto per il trasporto di "rifiuti liquidi costituiti da acque reflue" i quali, va ancora una volta sottolineato, vedono la loro disciplina estraniarsi dal decreto acque per essere ricompresa forzatamente nel decreto rifiuti sulla base dell’interfaccia fra le due normative, rappresentata dalla norma ponte dell’art. 36 decreto n. 152/99. Ciò appare in realtà incoerente ed impossibile come peraltro conferma la struttura stessa del formulario. Molti avevano ritenuto, erroneamente, che lo spazio delle annotazioni potesse essere liberamente utilizzato per variare a piacere i percorsi (e quindi cesellare il viaggio con più prelievi in andata). Ma la Corte ha precisato che non è così, e lo spazio delle annotazioni deve essere sì compilato con un percorso alternativo ma solo in caso di deroga eccezionale all’unico viaggio produttore-sito finale per motivi eccezionali. Del resto, la costruzione generale del viaggio del trasportatore è coerente con questa linea sancita dalla Suprema Corte. In proposito, si ricorda che i Ministeri dell’ambiente e dell’industria con la Circolare del 4 agosto 1998 su registri e formulari ritenevano addirittura che "in caso di trasbordo parziale del carico su mezzo diverso effettuato per motivi eccezionali, il trasportatore dovrà emettere un nuovo formulario relativo al quantitativo di rifiuti conferito al secondo mezzo di trasporto".

Il percorso frazionato per il "trasportatore" è inibito già da diversi presupposti logici connessi alla struttura del formulario

La pronuncia della Corte si ritiene che risponda ai seguenti interrogativi:
• come potrebbe un produttore-detentore che conferisce il carico di rifiuti ad un trasportatore, sottoscrivere nel modulo di formulario attualmente in vigore (e dunque accettare sotto sua diretta responsabilità anche penale) un percorso non basato sulla destinazione diretta verso il sito finale ma un percorso articolato con successivi prelievi del trasportatore presso altre aziende, accettando che quel solo ed unico formulario possa essere utilizzato per una serie di altri prelievi presso ditte non definite?
• Cosa si scrive sul formulario?
• Il produttore-detentore accetta il rischio che, alla fine, durante il percorso (da lui praticamente incontrollabile) del trasportatore avvenga una deviazione illecita?
• Conosce quale percorso esatto seguirà il suo carico?
• L’ipotesi che il proprio carico di rifiuti venga miscelato con altri rifiuti, in quale modo viene regolata dal primo produttore-detentore?
• E se il mezzo viene fermato a metà strada e l’organo di vigilanza rileva un illecito nel carico, ove questo sia stato mescolato, il primo produttore-detentore come può dimostrare la sua estraneità e come può il trasportatore di volta in volta dimostrare la eterogeneità dei carichi all’organo di controllo?
• Cosa si scrive sull’unico formulario sul punto?
E poi lo stesso discorso vale, a catena, per il secondo, terzo, quarto etc... produttore-detentore. Pensiamo, inoltre, ai rifiuti liquidi costituiti da acque reflue (categoria per la quale la miscelazione è inevitabile). Se un autospurgo giunge presso il depuratore pubblico, il gestore del servizio idrico integrato può consentire l’accesso in deroga automatica solo se il trasportatore dimostra che il carico rispetta i valori limite per lo scarico in fognatura. Se il viaggio è relativo ad un solo mittente, la dimostrazione può essere realistica (e verificabile). Ma, se il il carico è il frutto di una serie di prelievi presso diversi punti, come si fa a dimostrare tale dato? E le conseguenze sono decisamente importanti: se i reflui non rispettano questi valori, il gestore del servizio idrico integrato, ove consenta il riversamento, rischia di essere incriminato per gestione di impianto di trattamento rifiuti (liquidi) non autorizzato ai sensi del Dlgs 22/1997 (sanzione penale). Appare dunque logico che il percorso sia ipotizzato come "unico" a livello di formulario e ciò anche per un altro motivo basilare, ma spesso sottovalutato.

Il (sottovalutato) rapporto civilistico preliminare tra produttore e sito finale nonché tra produttore e trasportatore

Infatti, affinché sussista una ipotesi di "trasporto" in senso stretto, l’attività del trasportatore deve limitarsi a tale esclusiva e precisa funzione. Cioè, si presume esista una serie di rapporti civilistici sottostanti che valgono a qualificare un soggetto quale "trasportatore" ai sensi del Dlgs 22/1997. Ciò in quanto lo "schema base" del regime giuridico in esame presuppone che il produttore-detentore prima di disporre il trasporto, abbia stabilito un contatto diretto con il titolare del sito di destinazione finale, definendo un rapporto contrattuale di natura civilistica per il conferimento dei rifiuti e che l’accordo sia stato raggiunto. Il successivo ed ulteriore (e separato) rapporto civilistico (contratto) tra produttore-detentore e trasportatore è poi necessario per inviare i rifiuti verso questo sito predeterminato; ma tale nuovo rapporto contrattuale è possibile e lecito solo ove il tale trasportatore sia regolarmente iscritto all’Albo nazionale gestori rifiuti e il rapporto contrattuale tra il produttore-detentore ed il "trasportatore" viene limitato al "trasporto" in senso stretto verso una destinazione già prefissata e concordata. Dunque in questo schema, coerentemente con quanto sancito dalla Cassazione, il viaggio non può che essere unico e diretto. Ma se il soggetto contattato preliminarmente dal produttore-detentore effettua sia il "trasporto" che la gestione finale del carico di rifiuti presso un proprio sito con la sua impresa, oppure se lo stesso soggetto ritira il carico di rifiuti e si attiva in prima persona per cercare il sito finale di destinazione e definire l’accordo contrattuale per riversarvi i rifiuti, evidentemente in tali casi non è solo un "trasportatore" ma un "gestore polivalente". E tale figura è ben diversa dal semplice "trasportatore" che, appunto, deve limitarsi a "trasportare".

Il "gestore polivalente" che si presenta come "trasportatore"

Dunque, in tali ultimi due casi, ci si trova dinanzi ad un "gestore polivalente" che effettua trasporto e smaltimento finale in proprio oppure trasporto e sub-appalto e sub-ricerca comunque del sito finale con accordo a sua cura. In tali ipotesi usciamo totalmente fuori dal semplice contratto di "trasporto" e devono essere rispettate tutte le modalità previste dal Dlgs 22/1997 per tale ben più articolata figura (impresa che, beninteso, fa "anche" il trasporto ma non soltanto questo e dunque non può pretendere, come invece spesso accade nella prassi comune, che sotto la figura giuridica del "trasportatore" occulta invece anche le altre funzioni ed attività e per questo deve per forza ricorrere a più viaggi articolati). In queste ipotesi (ove il trasportatore in realtà non è più solo tale), può anche essere ipotizzabile un sistema integrativo, sempre nel rigido rispetto dei formulari, per consentire una serie di viaggi intercornessi in punto di partenza; ma si dovrà adeguare la realtà delle cose alla forma e consentire il controllo senza ostacoli. Dunque si deve precisare che per ogni viaggio va redatto un autonomo formulario in sinergia con quelli successivi ed il trasportatore (se realmente tale) deve avere cura di precisare di volta in volta su ciascun formulario progressivo i viaggi ancora in programma e predefiniti e dovrà inoltre provvedere a non mescolare i rifiuti. Ma per ogni produttore-detentore deve essere chiaro, anche sui documenti, che se il rapporto non è con un semplice "trasportatore" ma con un soggetto che pone in essere anche altre fasi della gestione dei rifiuti (per questo si è parlato di "gestore polivalente"), allora il discorso cambia radicalmente. Con tutte le diverse conseguenze sia a livello di contratto civilistico sia di gestione come prescritta dal Dlgs 22/1997 sia, infine, di responsabilità penale. Se poi tale soggetto si qualifica come "intermediario", allora la costruzione è ancora più rigida e l’allontamento dalla semplice ed ordinaria figura del "trasportatore" è ancora più marcato (fermo restando che anche l’intermediario, ove gestisce siti intermedi con scarico e ricarico e/o siti di destinazione finale in proprio o sub-appalto è sempre un "gestore" - anche se in senso atecnico - e non solo "intermediario"). Certamente questa costruzione giuridica contrasta con una diffusa visione delle cose concrete, laddove è ben noto che la prassi comune quotidianamente seguita non è affatto quella illustrata. Ora, se per i grandi trasporti si ritiene che tali principi siano inevitabili (soprattutto perché è altrettanto noto che con abili giochi di nomi e carte durante i lunghi percorsi equivocando tra trasportatore/intermediario/gestore ecc... i rifiuti poi - di fatto - scompaiono e se ne perdono le tracce) ben altra cosa possono essere considerati i piccoli trasporti a livello locale per modeste quantità di rifiuti magari non pericolosi. Per adeguare la forma alla realtà e per superare uno stato di "microillegalità" diffusa che poi crea "vantaggio metastatico" anche per la grande criminalità organizzata, sarebbe logico ed auspicabile un intervento legislativo (od anche semplicemente ministeriale) per consentire una modesta deroga al regime sopra espresso. Si potrebbe infatti prevedere un sistema legale in base al quale, tarando bene quantità e qualità dei piccoli trasporti di rifiuti, le ditte incaricate possano conciliare la necessità (spesso reale per motivi economici) di effettuare più viaggi iniziali interconnessi con un modello di formulario impostato in modo parzialmente diverso per tali e specifici casi prefissati. E questo anche per i rifiuti liquidi costituiti da acque reflue.

Il reato di esercizio abusivo dell’attività di trasporto

L’ iscrizione all’Albo per esercitare l’attività di trasportatore di rifiuti riveste carattere assolutamente pregiudiziale per la legittimità di tutto l’operato conseguente. In caso di omessa iscrizione viene dunque integrato il reato-base, che caratterizza il soggetto "abusivo" in senso stretto e dunque illegale in senso generale. Il reato conseguente è previsto dall’art. 51 primo comma del decreto legislativo con due ipotesi sanzionatorie diversificate. La prima ipotesi riguarda il trasporto senza iscrizione all’Albo per i rifiuti non pericolosi; in tal caso è prevista la pena dell’arresto da tre mesi ad un anno o l’ammenda da lire 5.000.000 a lire 50.000.000. Come appare evidente, trattasi di una sanzione di tipo alternativo, nel senso che il Giudice può applicare in tal caso sia l’arresto oppure l’ammenda. La seconda ipotesi, invece, riguarda il caso del trasporto senza iscrizione all’Albo dei rifiuti pericolosi; in tal caso è prevista la pena più grave dell’arresto da sei mesi a due anni e l’ammenda da lire 5.000.000 a lire 50.000.000. Anche in questo caso appare evidente che trattasi di sanzione ben più severa sia perché il minimo della pena detentiva è elevato a sei mesi e il massimo fino a due anni, ma soprattutto perché non trattasi di pena alternativa nel senso che il Giudice penale dovrà obbligatoriamente applicare ambedue le pene, sia quella detentiva che quella pecuniaria, e dunque il sistema sanzionatorio appare certamente più penetrante in tale ultimo caso.

L’ omissione totale del formulario
La compilazione con dati non completi o inesatti

In ordine, invece, alla omissione totale del prescritto formulario o per la compilazione con dati non completi o inesatti è prevista:
• per i rifiuti non pericolosi una sanzione amministrativa (articolo 52, terzo comma - prima parte; prima ipotesi);
• per i rifiuti pericolosi è prevista una sanzione penale con rinvio alla pena di cui all’art. 483 Codice penale (articolo 52, terzo comma - prima parte; seconda ipotesi);
• sempre sanzione penale è prevista per chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti ed a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto (articolo 52, terzo comma - seconda parte);
• per la mancata conservazione è prevista una sanzione amministrativa (articolo 52, quarto comma, seconda parte).

La sanzione minore per le indicazioni incomplete o inesatte ma che riportano tutti gli elementi indispensabili

Una ipotesi di sanzione minore amministrativa è prevista nel caso delle indicazioni incomplete o inesatte trascritte nel formulario ma che riportano tutti gli elementi indispensabili per ricostruire le informazioni dovute per legge; in tale caso è prevista una sanzione amministrativa di entità attenuata (articolo 52, quarto comma, prima parte). questa previsione non vale per tutte le ipotesi sopra formulate in ordine ai dati incompleti o inesatti, ma soltanto per i rifiuti non pericolosi; Va infatti rilevato che la Cassazione (terza sezione penale: sentenze 4 maggio 2000, n. 1134 e 22 maggio 2000, n. 1040) ritiene "non applicabile ai rifiuti pericolosi trasportati l’articolo 52, comma 4, del Dlgs 22/1997". Detto principio è veramente inciso e costituisce una evoluzione importante in sede giurisprudenziale. Dunque la Corte di Cassazione con le sentenze in esame (inequivocabili sul punto) fornisce severa linea interpretativa stabilendo che l’ipotesi sanzionatoria attenuata di cui al comma 4 si può applicare soltanto alle irregolarità connesse ad un formulario per un trasporto di rifiuti non pericolosi (già sanzionato in via amministrativa) e non già anche alle irregolarità individuate nel formulario connesso ad un trasporto di rifiuti pericolosi (che viene dunque punito penalmente in tutte le ipotesi senza possibilità di norma attenuata). Non basta, poiché la sanzione penale del comma 3 si applica anche a chi predisponendo un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sugli stessi e/o fa uso del certificato falsificato durante il trasporto, viene automaticamente ad essere annullata l’interpretazione precedente che riteneva che anche in tale fattispecie l’ipotesi attenuata depenalizzata del comma 4 potesse essere applicata al campo delle irregolarità sul certificato di analisi. Questa conseguenza è logica e connaturata alla nuova interpretazione della Cassazione sul "formulario inesatto", giacché appare coerente che se la sanzione attenuata depenalizzata non può applicarsi al caso del formulario viziato anche da mera irregolarità formale, ove trattasi di rifiuti pericolosi, a maggior ragione tale deregulation non può ritenersi ipotizzabile per il certificato di analisi che costituisce fonte genetica primaria di documentazioni con dignità pari (e forse propedeutica) a quella del formulario. In pratica, oggi l’operatore su strada, ove individui un trasporto di rifiuti non pericolosi senza formulario o con formulario incompleto o inesatto, applicherà di regola la sanzione amministrativa di base prevista dal comma 3 dell’articolo 52, Dlgs 22/1997. Entro questa ipotesi di rifiuti non pericolosi resta in capo all’organo accertatore su strada (oppure in via differita al successivo contenzioso amministrativo) la possibilità (immediata o successiva) di applicare in alternativa a tale sanzione "amministrativa-base", la sanzione amministrativa ridotta prevista dal comma 4 del medesimo articolo. Ove invece l’organo di controllo si trovi a verificare un caso di trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario o con formulario incompleto o inesatto deve obbligatoriamente applicare la procedura penale prevista dal comma 3 dell’articolo 52, Dlgs 22/1997. Dovrà cioè attivare la procedura penale sequestrando immediatamente il mezzo ed inviando il verbale di sequestro e la comunicazione di notizia di reato al Pubblico ministero. Dunque, non rientra nella sua possibilità decisionale l’ipotesi di ricorrere in caso di formulario per rifiuti pericolosi alla sanzione amministrativa alternativa prevista dal comma 4. Infine, nel caso di appurata falsificazione del certificato di analisi allegata al formulario, la procedura analogamente resterà di stampo penale ed anche in tal caso la deregulation amministrativa del comma 4 non sarà applicabile.

Il sequestro e la confisca definitiva dei veicoli

Per i reati sopra citati in caso di sentenza di condanna o, e questo va particolarmente sottolineato, anche in caso di sentenza di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. (per il cosiddetto "patteggiamento") è obbligatorio (si sottolinea: obbligatorio e non facoltativo) la confisca del mezzo di trasporto. Questo principio appare assolutamente importante e conferma che la Polizia Giudiziaria non può esimersi dal sequestrare obbligatoriamente i mezzi nella palese flagranza di reato di trasporto illecito di rifiuti, essendo detto sequestro fisiologicamente propedeutico alla successiva confisca dibattimentale. Un’autorevole conferma del presente principio si registra in un documento ufficiale della Commissione "Ecomafia" del Ministero dell’Ambiente presieduta dall’ allora Ministro Sen. Edo Ronchi. La "Sottocommissione strategico-operativa" (coordinatore Cons. Maurizio Santoloci) nel documento finale elaborato durante la riunione del 22 ottobre 1997 sviluppa il tema della valorizzazione del sequestro operato dalla p.g. e della successiva confisca obbligatoria in sede dibattimentale dei veicoli utilizzati per il trasporto/traffico illecito di rifiuti in caso di condanna ma anche in caso di patteggiamento nel contesto del D.Lgs. n. 22/1997). Si legge nel documento: "... viene resa di fatto obbligatoria la procedura di sequestro da parte della polizia giudiziaria dei veicoli utilizzati per il trasporto/traffico illecito già nella primissima fase degli accertamenti (e cioè nella flagranza del reato)... Tale fase procedurale è importantissima, in quanto fornisce in mano all’operatore di polizia uno strumento agile di intervento sia per assicurare la fonte di prova del reato sia, soprattutto, per impedire che il reato venga portato ad ulteriori conseguenze. La successiva confisca (e quindi sottrazione definitiva del veicolo dal patrimonio del soggetto responsabile) costituisce epilogo finale di tale procedura e rappresenta, al di là della qualità/quantità della sanzione irrogata o patteggiata, un formidabile strumento di intervento sia repressivo che nel contempo deterrente per tutti coloro che operano illegalmente nel settore in questione ..."; "... il sequestro come atto dovuto in sede di prime indagini rappresenta svolta determinante nella lotta alla criminalità organizzata o comunque alla prassi di illegalità diffusa ..."; "... la sottocommissione auspica un incremento della operatività della Polizia giudiziaria diffusa nel territorio che ricorra sempre più frequentemente ai necessari sequestri in flagranza di reato, per lo meno nei casi più evidenti e di maggiore pericolosità. Sul punto la sottocommissione ritiene utile evidenziare che recentemente le sezioni unite della Corte di Cassazione; con una sentenza basilare, hanno stabilito che quando il sequestro non viene eseguito dalla polizia giudiziaria, e trattasi di sequestro sostanzialmente come atto dovuto, l’operatore di polizia giudiziaria potrebbe essere esposto al reato di omissione di atto d’ufficio". D’altra parte la magistratura di merito ha sempre avallato le iniziative di sequestro in questione. Si veda, a titolo esemplificativo, il provvedimento del GIP di Udine che convalida il sequestro operato dalla P.G. di un veicolo che trasportava rifiuti pericolosi con un formulario irregolare: "Nel caso in cui il documento di accompagnamento è sprovvisto di indicazioni idonee ad individuare la tipologia del rifiuto che, anzi, dai riscontri acquisiti pare di natura tossico nociva (o, secondo la vigente classificazione, pericolosa) per l’elevata percentuale di metalli pesanti presenti, è logico dedurre da tali elementi la sussistenza di gravi indizi del reato di cui all’ art. 51, comma 1, lett. b) del Dlvo 22/97. Il comma 2, dell’ art. 53, del medesimo decreto, prevede inoltre che "alla sentenza di condanna, o a quella emessa ai sensi dell’ articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati relativi al traffico illecito di cui al comma 1 o al trasporto illecito di cui agli articoli 51 e 52, comma 3, consegue obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto". Il dato testuale di detta norma non lascia dubbi in ordine alla natura obbligatoria (e non discrezionale) della misura di sicurezza patrimoniale che, quindi, dovrà essere irrogata in ogni caso in cui venga emessa una sentenza di condanna, anche nell’ ipotesi di "patteggiamento" e, che, di per sè è sufficiente a giustificare l’adozione del sequestro preventivo ex art. 321, comma 2, c.p.p. a prescindere, quindi, dai presupposti di cui all’ art. 321, comma 1, c.p.p. Consegue che correttamente la Polizia Giudiziaria ha proceduto al sequestro preventivo urgente del mezzo anzi indicato e dei rifiuti ivi contenuti essendovi il concreto pericolo che nelle more dell’intervento del magistrato i rifiuti venissero smaltiti portando così a compimento l’attività criminosa." (Trib. Udine, Uff. del GIP, decr. 18 aprile 2000 - Est. Beltrame - Imp. Ispef e altro). Ed anche la Corte di Cassazione, con le sopra citate sentenze 4 maggio 2000, n. 1134 e 22 maggio 2000, n. 1040, conferma la necessità del sequestro dei veicoli in caso di trasporto di rifiuti pericolosi illegali. Ricordiamo che compito primario della P.G. è comunque quello di impedire che i reati vengano portati ad ulteriori conseguenze. Quindi stroncare nella reale dinamicità in atto o nelle conseguenze potenziali l’azione illecita è dovere irrinunciabile per un operatore di polizia giudiziaria. Ed il sequestro, oltre che utile per assicurare le fonti di prova, è spesso essenziale per bloccare la continuazione dell’illecito e privare il contravventore della materiale possibilità di utilizzare il bene per la propria attività illecita. Rinviamo al capitolo specifico sul sequestro del presente volume per un esame dettagliato di tutti gli aspetti di principio ed operativi su tale procedura. Nel controllo su strada appare particolarmente rilevante l’esame della documentazione e il riscontro immediato, eventualmente tramite colleghi operanti presso il sito aziendale di provenienza, in ordine alla natura, quantità, qualità dei rifiuti trasportati per esercitare una necessaria attività di confronto tra il dichiarato e il trasportato. In caso di dubbio è opportuno richiedere l’intervento di un tecnico della struttura pubblica specializzata per un esame immediato estemporaneo del carico trasportato, mentre invece laddove si abbia il fumus concreto di un transito illecito grazie all’assenza totale di documenti o alla evidente macroscopica differenza tra quanto riportato nelle documentazioni e quanto realmente contenuto nel veicolo sarà opportuno procedere al sequestro del mezzo e del carico a scopo cautelare, attivando in via immediatamente successiva e previo accordo con il Pubblico Ministero accertamenti analitici più approfonditi.

Per approfondimenti su questo ed altri temi connessi segnaliamo il sito internet "Diritto all’Ambiente" curato dall’autore della presente relazione con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e del WWF Italia e con consultazione totalmente gratuita. Il sito offre, tra l’altro, oltre a numerosissimi documenti da consultare e scaricare (ivi inclusi schemi e prospetti), un servizio gratuito di domande/risposte a quesiti in tema giuridico-ambientale, una banca-dati normativa ambientale ed un aggiornamento periodico per gli utenti registrati sempre a titolo gratuito.Il sito è testata giornalistica registrata con il n. 3/02 presso il Registro Stampa del Tribunale di Terni. Una nuova iniziativa di contatto diretto: "Prontodirittoambiente". Una linea diretta telefonica a disposizione in particolare per gli operatori di polizia per interlocuzioni dirette su temi specifici con il gruppo redazionale.



A cura del Dott. Maurizio Santoloci (Magistrato)

da "Il Centauro" n. 75
Mercoledì, 02 Aprile 2003
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