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Milano, bambino in bici urta e uccide una signora di 87 anni. Il papà accusato di omicidio colposo: rischia maxi risarcimento

La tragedia in un giardino pubblico. Il piccolo, 5 anni, stava imparando a pedalare. L’anziana ha battuto la testa. In sede civile il genitore potrebbe essere condannato al pagamento di un indennizzo di 200 mila euro

Chi non l’ha fatto da piccolo? Imparare, al parco con papà, ad andare in bici togliendo le rotelle. Chi non l’ha fatto da grande? Insegnare al figlio in un parco ad andare in bici togliendo le rotelle. Ma perfino questa esperienza emotivamente complice, spesso destinata a scolpire in entrambi una delle più affettuose memorie familiari, se ci si mette la cattiva sorte può trasformarsi in un incubo. Che produce la morte di una persona, fa di un bimbetto di 5 anni l’involontario autore di quello che tecnicamente è l’omicidio colposo di una 87enne, sfascia di dolore due famiglie entrambe martoriate, di una di esse ipoteca anche le future condizioni economiche: e, per legge, costringe la Procura di Milano a porre in capo al padre la responsabilità penale (per condotta omissiva) nel decesso di questa signora anziana urtata dal miniciclista in erba, sbilanciata quel poco da causarne la perdita di equilibrio, e morta battendo a terra la testa nella caduta.
La disgrazia avviene in marzo in un giardino pubblico milanese, che qui non si indicherà per evitare che anche in futuro possa essere identificato il bambino, spesso lì a giocarvi. Secondo quanto raccontato a caldo dal papà agli inquirenti, la disgrazia si materializza mentre sta insegnando al figlioletto ad andare in bici senza le rotelle, incrociando nei primi due giri due signore anziane che stanno passeggiando, l’87enne A.M.R. e una sua amica. A un tratto il bimbo di 5 anni non controlla più bene la bici che, per quanto a modesta velocità, quasi per inerzia caracolla e termina la propria traiettoria urtando l’87enne. L’impatto non è violento, ma sufficiente a far perdere l’equilibrio all’anziana, che prima è quasi sul punto di riuscire ad aggrapparsi al proprio bastone ma poi cade, anche qui non seccamente ma quasi afflosciandosi. Solo che, nel movimento all’indietro, batte la testa al suolo.

Lì per lì (come spesso nei trauma cranici) non sembrano esserci conseguenze serie, la signora è cosciente, parla, ed è anzi proprio il padre del bambino a quasi insistere perché venga chiama un’ambulanza. Poi, invece, la situazione precipita, la signora perde conoscenza, e muore in ospedale. È già una tragedia per tutti: per i familiari della signora, come (e forse persino più) per il papà del bambino, chissà se anche per la percezione del bambino stesso nel trambusto. Ma le coordinate di legge fanno sì che non possa restare solo tragedia umana, e debba invece diventare anche inchiesta penale in Procura, alla quale tocca — all’esito dei primi accertamenti — indagare il padre per omicidio colposo in rapporto all’articolo 40 del codice, «non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo».
E non è purtroppo solo un «atto dovuto», ma il preludio di un esito fotografato ad esempio dal (non del tuto sovrapponibile) precedente della sentenza di Cassazione del 2010 su un fatto assai meno grave: le lesioni colpose (17 giorni di prognosi) imputate al padre di un bimbo che in sella a una minimoto elettrica aveva «investito» un coetaneo in Sardegna. La norma di riferimento è infatti l’articolo 2047 del codice civile, che sul versante penale rileva ai fini dell’individuazione in capo al padre della «posizione di garanzia»: in caso di danno «cagionato da persona incapace di intendere o di volere», quale appunto è un minore sotto i 14 anni, «il risarcimento è dovuto da chi è tenuto alla sorveglianza dell’incapace», cioè qui dal genitore, «salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto».

Per la giurisprudenza «non può andare esente da colpa la condotta omissiva del genitore nel non aver adeguatamente sorvegliato l’attività del figlio intrinsecamente pericolosa» in quanto potenzialmente in grado, essendo la bici «in mano a soggetto incapace di rendersi conto della portata delle proprie azioni e di adeguarne l’uso alle condizioni del luogo, di provocare la caduta di soggetti deboli quali anziani e bambini». Impraticabile è il proscioglimento per «tenuità del fatto» su reati con pena minima sotto i 2 anni: l’omicidio colposo va da 5 anni al minimo di 6 mesi, ma il II comma esclude il beneficio se «dalla condotta è derivata, quale conseguenza non voluta, la morte di una persona». Resta solo la possibilità di patteggiare le pena, ridotta a un terzo e con la sospensione condizionale. Ma pesante — nel caso in cui il papà non abbia una qualche copertura assicurativa di quelle più note come «polizza del capofamiglia» — può risultare già solo il versante civilistico con l’impatto economico del prevedibile risarcimento, che le tabelle del tribunale, per una signora come l’87enne, stimano quantomeno sui 200.000 euro.

da corriere.it

 

Venerdì, 14 Aprile 2023
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