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Articoli 14/05/2003

La copertura assicurativa, nel ciclomotore "alterato".

La copertura assicurativa, nel ciclomotore "alterato".


di Giovanni Fontana *

 

1. PREMESSA

Dicevano i "vecchi" che l’esperienza è il miglior consiglio. Ecco che allora, sulla base della esperienza professionale, ho ritenuto opportuno porre all’attenzione di chi ci legge il contenuto dell’ordinanza prefettizia relativa all’accoglimento di una richiesta di dissequestro di ciclomotore alterato (ex art. 97, co. 6, d .Lgs 285/92), in quanto ritenuto sostanzialmente coperto dall’assicurazione per la responsabilità civile derivante dalla circolazione stradale. Sulla base di questa espressione di conformità amministrativa, sarà probabile che verrà modificata un’ormai consolidata prassi, relativa alla contestazione dell’illecito di cui all’art. 193 del nuovo codice della strada, al conducente e/o al proprietario del ciclomotore alterato nelle sue parti essenziali.

 

2. L’ANTEFATTO

In occasione di un rilievo di un sinistro stradale, emerge che uno dei veicoli coinvolti è palesemente alterato in alcune parti costruttive, relativamente al motore e al tubo di scarico. In conseguenza dell’accertamento e delle dichiarazioni rilasciate da un consulente tecnico, l’organo dell’accertamento notifica gli estremi della violazione all’art. 97, comma 6, del nuovo codice della strada al conducente di detto veicolo, con possibilità di effettuare il pagamento in misura ridotta (ex art. 202, co. 1, d. Lgs. 285/92) di lire 60.600 (ora e 33,60), entro sessanta giorni dalla data della contestazione e contestualmente a ciò, giusto il disposto di cui al comma 14, del richiamato art. 97, pone sotto sequestro il bene mobile ai fini della successiva confisca amministrativa (ex art. 213, d. Lgs. 285/92). Posto che il ciclomotore risulta alterato nelle sue parti essenziali e quindi non più idoneo per la sicurezza della circolazione stradale, sembra evidente supporre che il premio previsto e regolarmente corrisposto per la copertura assicurativa del veicolo, nelle sue condizioni originali, non sia più idoneo a garantire il risarcimento del danno e, in ragione di ciò, è altresì contestata la violazione all’art. 193, co. 1 del nuovo codice della strada e, giusto il combinato disposto di cui all’art. 13, co. 3 e 21, co. 1 della legge n. 689 del 1981, è disposta la misura precautelare del sequestro amministrativo.

 

3. IL FATTO

Successivamente alla data dell’accertamento e della contestazione degli illeciti amministrativi di cui sopra, la polizia municipale intervenuta apprende che il proprietario del ciclomotore è persona diversa dal conducente e che quest’ultimo, propone l’archiviazione del verbale relativo alla violazione all’art. 193 del nuovo codice della strada, in quanto il risarcimento del danno derivante dal sinistro, è comunque coperto dalla società assicuratrice, con eventuale diritto di rivalsa nei confronti del ricorrente; quanto al sequestro finalizzato alla confisca del ciclomotore alterato, il legittimo proprietario ne richiede il dissequestro, in quanto persona estranea alla violazione (ex art. 213, co. 6, d. Lgs. 285/92) ed anche in ragione del fatto, che la consulenza tecnica è avvenuta, senza la previa informativa e quindi, senza che il ricorrente avesse potuto assistere a tali operazioni.

 

4. DETERMINAZIONI DEL PREFETTO

In seguito alle richieste avanzate dai ricorrenti (ex art. 203 d. Lgs. 285/92), il prefetto decide di:
- confermare la validità dell’accertamento di cui all’art. 97, co. 6 del nuovo codice della strada, ritenendo sussistenti i presupposti di responsabilità solidale delle parti e senza la necessità che le parti stesse e, più in particolare, il legittimo proprietario, dovesse assistere alle operazioni tecniche;
- non confermare "la responsabilità degli interessati ai sensi dell’art. 193 del C.D.S. non esistendo anzitutto una norma la quale sanzioni espressamente e specificatamente la circolazione di un veicolo assicurato come ciclomotore, anziché come motociclo, in conseguenza delle alterazioni operate sul mezzo rispetto ai parametri prescritti dall’art. 52 del C.D.S. e tenuto altresì conto, alla stregua del disposto di cui all’art. 18 della L. 990/69 che non è affatto certa l’irrisarcibilità del danno al terzo danneggiato, al quale non è opponibile l’omessa notifica dell’aggravamento del rischio dall’assicurato all’assicuratore";
- di sciogliere il vincolo del sequestro e quindi di restituire il bene mobile al legittimo proprietario, ma tutto questo, previa riconduzione del veicolo alle sue caratteristiche intrinseche di ciclomotore, secondo i parametri prescritti dall’art. 52 del C.D.S., sotto il rigoroso controllo della P.M. intervenuta.

 

5. CONSIDERAZIONI

Si vuole intanto premettere che, come già dichiarato in altra sede(2), dal combinato disposto dell’art. 18 della legge 689 del 1981 e dell’art. 203 del nuovo codice della strada apparirebbe quindi, che con il termine di ricorso, non si voglia alludere, in senso tassativo, alle definizioni classiche del diritto amministrativo, quanto piuttosto ad instaurare un giudizio ex novo ed inerente il potere di annullamento dell’atto impugnato; citando invece la Patrizia Bianchetto(3) "il ricorso amministrativo al Prefetto, delineato dall’art. 203 del codice della strada, si inserisce nel variegato sistema generale dei ricorsi amministrativi previsti dal nostro ordinamento, pur con differenze e peculiarità sue proprie". Ma ciò che più conta, l’archiviazione dell’atto impugnato, ovvero l’emissione dell’ordinanza-ingiunzione di pagamento (che costituisce poi titolo esecutivo) e che può essere a sua volta impugnata dinanzi al giudice di pace è da qualificarsi come un provvedimento amministrativo; efficace tra le parti ma che, in definitiva, non si ritiene possa esplicare un potere normativo interno, come invece accade per le circolari emesse dagli organi pubblici che godono di uno speciale potere di supremazia e possiedono piena autonomia di azione amministrativa (la cui attività, cioè, non è soggetta al vincolo ed alla disciplina verso un organo o un ufficio superiore)(4) Ma è pur vero il fatto che l’azione pseudogiurisdizionale che andiamo a commentare, costituisce comunque un precedente amministrativo degno di nota e cioè quello, relativo alla validità della copertura assicurativa, per il terzo danneggiato.

 

5.1 La copertura assicurativa del ciclomotore alterato

Infatti, nel caso di specie, il contratto di assicurazione impegna una parte (l’assicuratore) a liquidare i danni derivanti e causati dalla circolazione del veicolo cui ci si riferisce (identificato in base al numero di telaio) e, secondo quanto previsto dal comma 2, del’art. 18 della legge n. 990 del 1969, così come sostituito dall’art. 1 del d.L. n. 857 del 1976, l’assicuratore non può opporre al danneggiato, che agisce direttamente nei suoi confronti, eccezioni derivanti dal contratto (come potrebbero essere quelle riconducibili ad un diverso rischio derivante dall’alterazione del motore del veicolo assicurato), fatto ovviamente salvo, il diritto di rivalsa verso l’assicurato nella misura in cui avrebbe avuto contrattualmente diritto di rifiutare o ridurre la propria prestazione. E del resto, poiché la responsabilità di cui al comma 1 dell’art. 2054 c.c. è una specificazione di quella prevista dall’art. 2043 c.c., anche il danno dolosamente provocato dal conducente del veicolo è coperto dall’assicurazione obbligatoria (art. 1 l. 24 dicembre 1969 n. 990) e perciò l’assicuratore non può opporre al terzo danneggiato l’esclusione della garanzia assicurativa (art. 18, comma 2 l. n. 990 del 1969, norma sostitutiva, ai sensi dell’art. 1419 comma 2 c.c., di clausole contrattuali o condizioni generali difformi), salvo rivalersi nei confronti dell’assicurato – o del conducente, se la circolazione è avvenuta contro la sua volontà – a norma di contratto (Cass. civ. Sez. III, 18 febbraio 1997, n. 1502). L’interpretazione letterale della norma di natura civilistica non può lasciare dubbio alcuno, circa il suo concreto significato e quindi, va da sé, che la copertura assicurativa è comunque garantita. Quanto al significato logico da assegnare al disposto di cui al primo comma dell’art. 193 del vigente codice della strada ed alla misura sanzionatoria contenuta nei successivi commi del citato articolo, è ben evidente che questo si riferisca alla circolazione del veicolo a motore scoperto da copertura assicurativa sulla responsabilità civile verso terzi. Si rende quindi necessario interpretare la norma di diritto pubblico, con stretto riferimento con la norma di diritto privato e quindi, poter affermare che la mancata copertura assicurativa sulla responsabilità civile verso terzi, è riconducibile esclusivamente al caso in cui la circolazione del veicolo avvenga in totale assenza di contratto di assicurazione perché mai stipulato o non più efficace, per inadempimento degli obblighi contrattuali. L’esistenza del diritto, infatti, quale produzione di norme giuridiche, trova idoneo fondamento nell’esigenza di rendere degno di tutela giuridica un particolare bene della vita pubblica e privata (c.d. oggetto di diritto); diversamente, si potrebbe soltanto parlare di norme etiche, che avrebbero efficacia esclusivamente nell’ambito della personalità di chi le crea o di chi, ad esse si riferisce. Nel caso di specie, l’oggetto giuridico tutelato dalla norma è la proprietà e la salute, pubblica e privata, ed il metodo di tutela di questo bene è il risarcimento del danno, per fatto ingiusto. E’ quindi evidente che nel momento in cui l’assicuratore è comunque obbligato a coprire il danno che l’assicurato arreca (ingiustamente) al terzo danneggiato, l’oggetto giuridico della norma, è evidentemente ed indubbiamente, tutelato. L’applicazione generalizzata della norma sanzionatoria principale ed accessoria di cui ai commi 2 e 4 del citato art. 193 del nuovo codice della strada, assumerebbe (in tal caso) il senso di una norma astrusa, inidonea a collocarsi nell’ambito del diritto (quanto meno sul piano sostanziale) e di dubbia conformità ai principi costituzionali di efficacia e di efficienza dell’attività della pubblica amministrazione. Non da meno, sul piano etico, si andrebbe ad individuare una colpa ingiusta ed inesistente, posto che il diverso rapporto di rischio che si verrebbe a concretizzare per il solo fatto di alterare il motore andrebbe comunque dimostrato (in effetti, ben altre e ben diverse e quindi del tutto indipendenti dall’alterazione del motore, potrebbero essere le cause del verificarsi del sinistro e delle conseguenze che da questo derivano) ed in ogni caso, laddove dimostrato, andrebbe ad incidere esclusivamente nei rapporti contrattuali che legano l’assicurato con l’assicurazione, con diritto legale di rivalsa per quest’ultima. Si potrebbe altresì procedere con altro ragionamento, se si volesse affermare che in conseguenza della diversa individuazione della cosa assicurata (ex art. 52, co. 3 d. Lgs. 285/92), il contratto di assicurazione non potrebbe avere effetti per inesistenza del bene assicurato. Ma anche in tal caso, risponderemmo che la diversa individuazione della cosa assicurata (che comunque l’assicuratore è in grado di individuare, per il tramite del numero di telaio(5) non è idonea a rendere nullo gli effetti del contratto, posto che ciò che è assicurato non è tanto il veicolo, quanto piuttosto i danni che detto veicolo può provocare a terzi, durante la circolazione stradale.

 

5.2 La confisca del ciclomotore alterato

Ma la citata ordinanza prefettizia, ci induce a riflettere sull’altro aspetto correlato al caso amministrativo in esame: l’applicabilità del provvedimento della confisca amministrativa al veicolo alterato. Infatti, dal combinato disposto dell’art. 97 e 213 del nuovo codice della strada si evince che per il ciclomotore alterato (da considerarsi sostanzialmente un motoveicolo) e non più rispondente ad una o più delle caratteristiche e prescrizioni indicate nell’art. 52 (6)del medesimo codice è prevista la misura amministrativa accessoria della confisca, con conseguente obbligo per l’organo di polizia che vi procede del sequestro amministrativo (ex art. 231, co. 1, d.Lgs. 285/92). Peraltro, dalla lettura del sesto comma dell’art. 213 del codice, si evince che sono due le condizioni che rendono inapplicabile la sanzione de qua:
- l’estraneità del proprietario alla violazione (alterazione del ciclomotore);
- la possibilità di condurre il veicolo mediante autorizzazione amministrativa.
Quanto alla prima, delle due condizioni, è ben evidente che esiste una disparità di trattamento tra il trasgressore, non proprietario, soggetto all’applicazione della sola sanzione pecuniaria ed il trasgressore, proprietario, soggetto anche all’applicazione della misura della confisca. Valutazione di giudizio questa, eccepita dalla Pretura di Macerata e rigettata dalla Corte Costituzionale, con propria sentenza del 23 dicembre 1997, n. 435. Rispetto alla seconda, delle due ipotesi, per sue caratteristiche intrinseche, la conduzione del ciclomotore avviene comunque, ed indipendentemente dal possesso di una qualche autorizzazione amministrativa. Va da sé, quindi, che l’inapplicabilità della sanzione accessoria della confisca consegue all’accertamento dell’estraneità al fatto accertato del legittimo proprietario. Nel caso di specie, non sempre è detto che si possa dimostrare inequivocabilmente la proprietà (7)del bene, quanto piuttosto il suo possesso (8). Tanto è, che il ricorrente sembra poter dimostrare il suo diritto sul bene oggetto dell’accertamento, in base alla sola presenza sul bene stesso del contrassegno di identificazione del ciclomotore (che lo qualifica ipso iure come responsabile della circolazione, ma nulla più). E parlando sempre del possesso, si potrebbe quindi ritenere che il trasgressore, in questo caso, sia da qualificare il detentore della cosa (ex art. 1140, secondo comma c.c.). Ma in ogni caso, al possesso corrisponde comunque l’esercizio della proprietà e quindi, in ragione di diritto pubblico, il possessore non deve essere assoggettato a quella sanzione amministrativa, che invece, deve essere applicata a chi, al momento del fatto, aveva la capacità d’intendere e di volere (ex art. 2, capoverso, legge n. 689 del 1981). Certamente, il grado di indagine amministrativa, dovrebbe raggiungere quell’idoneo livello di certezza circa l’effettiva estraneità del proprietario alla violazione, quanto piuttosto il concorso nella violazione: cosa questa che è riservata per ovvie ragioni, all’autorità amministrativa adita.

 

* Ufficiale di Polizia Municipale nel Comune di Forte dei Marmi e docente di attività d’indagine della P.M., teoria del segnalamento (attestato tecnico del Politecnico di Milano) e infortunistica stradale, presso la scuola di formazione per le Autonomie Locali "Civita" di Torre del Lago.

Bibliografia
• G. Fontana, La pubblicità sulle strade, NOCCIOLI EDITORE FIRENZE, anno 1997
• M. Bianchino, Strumenti di gestione degli enti locali (atti dispositivi-direttive di servizio, circolari), NOCCIOLI EDITORE FIRENZE, anno 1993.
Legislazione
• legge 24 dicembre 1969, n. 990
• legge 24 novembre 1981, n. 689
• d. Lgs. 30 aprile 1992, n. 285
Giurisprudenza e provvedimenti amministrativi
• Ord. del Prefetto di Lucca n. 2680/2° Sett. A/C.T. del 23 novembre 1999
• Cass. civ. Sez. III, 18 febbraio 1997, n. 1502
• Corte Cost. 23 dicembre 1997, n. 43

 

(2) G. Fontana, La pubblicità sulle strade, Op. cit., pag. 31.
(3) P. Bianchetto, Il ricorso al prefetto avverso le violazioni al codice della strada nell’ambito dei ricorsi amministrativi, in Nuova Rassegna, NOCCIOLI EDITORE FIRENZE, pag. 950.
(4) M Bianchino, Strumenti di gestione degli enti locali, Op. cit., pag. 25.
(5) Si potrebbero semmai sollevare delle perplessità, nel caso di un contratto di assicurazione che non vada ad individuare compiutamente un veicolo, quale ad esempio, un veicolo privo di numero di telaio.
(6) Per costruzione, i ciclomotori hanno due o tre ruote e devono avere:
- un motore di cilindrata non superiore a 50 cm3, se termico;
- la capacità di sviluppare su strada orizzontale una velocità fino a 45 km/h.
Qualora detti veicoli superino il limite stabilito per una delle caratteristiche indicate nell’art. 52, co. 1 e 2, sono considerati motoveicoli.
(7) Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico (ex art. 832 c.c.).
(8) Il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale (ex art. 1140 c.c.)



di Giovanni Fontana

da "Il Centauro" n. 76
Mercoledì, 14 Maggio 2003
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