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La soldatessa Usa che ha investito e ucciso un 15enne a Pordenone era ubriaca: “Livelli 4 volte superiori ai massimi consentiti”

È quanto emerso dalle analisi svolte con l'alcoltest che ha rilevato un tasso alcolemico di 2,09, ben 4 volte superiore al limite massimo consentito dalla legge (0,5). Un particolare che aggrava la sua posizione, pur rimanendo accusata di omicidio stradale. L'eventuale processo nei suoi confronti, però, con ogni probabilità si terrà negli Stati Uniti

La soldatessa americana che ha investito e ucciso il 15enne Giovanni Zanier nella notte tra sabato e domenica, a Porcia, in provincia di Pordenone, era ubriaca. È quanto emerso dalle analisi svolte con l’alcoltest che ha rilevato un tasso alcolemico di 2,09, ben 4 volte superiore al limite massimo consentito dalla legge (0,5). Un particolare che aggrava la sua posizione, pur rimanendo accusata di omicidio stradale. Secondo i Trattati internazionali e i precedenti che hanno riguardato Italia e Stati Uniti, la militare 20enne di stanza alla base di Aviano sarà giudicata, nel caso in cui i giudici decidano per il rinvio a giudizio, nel suo Paese.

Lo prevedono gli accordi tra Stati facenti parte della Nato, lo si legge in diversi trattati dell’Alleanza che trattano la questione, come quello di Londra del 1951, e soprattutto è diventata ormai una prassi adottata nella stragrande maggioranza dei casi simili avvenuti dalla nascita del Patto Atlantico. Come si legge, ad esempio, nel Trattato di Londra, “le autorità militari dello Stato d’invio hanno il diritto di esercitare a titolo prioritario la loro giurisdizione sul membro di una forza armata o di un elemento civile per quanto riguarda: i reati che minacciano unicamente la sicurezza o i beni di questo Stato, o i reati che mettono a repentaglio unicamente la persona o i beni di un membro della forza armata o di un elemento civile di questo Stato, nonché di una persona a carico; i reati risultanti da qualsiasi atto o negligenza compiuti nell’esecuzione del servizio”. Detto questo, che non sembra inquadrare il caso della militare 20enne, si legge anche che “nel caso di ogni altro reato, le autorità dello Stato ricevente esercitano a titolo prioritario la loro giurisdizione”. Ma allo stesso tempo, ed è su questo punto che la prassi è consolidata, “se lo Stato che ha il diritto di esercitare a titolo prioritario la sua giurisdizione decide di rinunciarvi, esso lo notificherà al più presto alle autorità dell’altro Stato. Le autorità dello Stato che ha il diritto di esercitare a titolo
prioritario la sua giurisdizione esaminano con benevolenza le domande di rinuncia a questo diritto presentate dalle autorità dell’altro Stato, quando queste ultime ritengono che considerazioni particolarmente importanti lo giustificano”.

Se si guarda agli episodi precedenti, hanno spiegato numerosi esperti intervenuti sugli organi di stampa, è difficile ricordarne uno nel quale il processo si sia svolto in Italia. Per la strage del Cermis del 1998, quando un aereo americano, volando senza autorizzazione a una quota troppo bassa, tranciò i cavi della funivia provocando 20 morti, l’allora capitano Richard J. Ashby, che era al comando del mezzo, e il suo navigatore furono sottoposti a processo negli Stati Uniti e assolti. In quell’occasione, come in molte altre, il ministro della Giustizia italiano invocò il difetto di giurisdizione consentendo all’indagato di essere giudicato nel proprio Paese.

Nel 2002 si trova un esempio contrario al trend storico, dovuto soprattutto alla gravità e all’efferatezza del reato commesso. Un aviere della stessa base di Aviano venne accusato, con tre cittadini albanesi, di violenza sessuale su una 14enne. L’allora ministro della Giustizia firmò comunque la rinuncia al processo in Italia, decisione poi ribaltata grazie anche alle proteste del legale della ragazza.

da ilfattoquotidiano.it

Lunedì, 22 Agosto 2022
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