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Articoli 03/07/2003

Reati ambientali: question timesu problemi pratici ed applicativi...

Tante domande, tante risposte

Reati ambientali: question timesu problemi pratici ed applicativi... 
Tante domande, tante risposte
 


A cura del Dott. Maurizio SantolociMagistrato - direttore
sito www.dirittoambiente.com
 

Quali sono i parametri di competenza della Polizia Stradale per i reati in materia di inquinamento?
I reati in materia ambientale sono, al pari di tutti gli altri reati inerenti ad ogni altro settore, di competenza generica di tutta la polizia giudiziaria. Non esiste, in altre parole, alcuna competenza selettiva specifica che determini una esclusività operativa di un organo di P.G. verso questi reati o addirittura verso alcuni di questi reati. La riserva è inesistente a livello attivo e passivo; in altre parole, nessun organo di P.G. può essere considerato competente in via esclusiva per alcuni reati ambientali (con esclusione di altri organi) né, al contrario, nessun organo di polizia può ritenersi esonerato parzialmente o totalmente dalla competenza verso questi reati (con rinvio ad altri organi). Indubbiamente esiste una specializzazione di fatto che fa sì che alcuni organi siano istituzionalmente preposti e preparati in particolare verso determinate tipologie di illeciti ma questo non esime gli stessi organi dalla competenza verso gli altri reati ed in particolare, per quanto attiene al settore in esame, non li esime dal potere/dovere di intervento verso illeciti di diversa tipologia nel campo ambientale. Tale concetto peraltro bene evidenziato fin dalla prima edizione del presente lavoro, è autorevolmente ripreso e ribadito dalla Suprema Corte (Cass. pen., sez. III, 27 settembre 1991, n. 1872 - Pres. Gambino, Est. Postiglione) la quale sancisce espressamente che "i reati in materia ambientale sono di competenza di tutta la polizia giudiziaria, senza distinzione di competenze selettive o esclusive per settori, anche se di fatto esistono delle specializzazioni". La Suprema Corte, per ovviare a realistiche problematiche derivanti da una mancata qualificazione professionale su specifici e particolari punti tecnici da parte della P.G. in generale, aggiunge che "naturalmente la P.G. potrà avvalersi di "persone idonee" nella qualità di "ausiliari" e l’accertamento tecnico che ne consegue deve considerarsi atto della stessa P.G.". Sulla stessa linea di principio, si sono poi registrate pronunce nei settori più specifici (si veda, ad esempio, come la Cassazione ha precisato che "in tema di tutela delle acque dall’inquinamento, l’attività di accertamento rientra nella competenza generale di tutta la P.G. senza distinzioni selettive, anche se in concreto esistono specializzazioni, inclusi tutti i soggetti che svolgono compiti amministrativi di vigilanza e controllo" - Cass. pen., sez. III, 22 dicembre 1992, n. 12075, Perrella). Va peraltro precisato che anche le previsioni normative di principio che, a livello di leggi e/o regolamenti, prevedono che alcune attività di vigilanza o di investigazione vengono svolte da alcuni organi di polizia specificamente indicati, devono essere considerate espressioni di principi politici generali perché non esonerano, e non potrebbero esonerare, altre forze di polizia ad operare in quel settore (specialmente in seguito alla realizzazione di un reato). Dunque anche queste espressioni previsionali non costituiscono deroga al principio-base in base al quale tutta la P.G. è sempre e comunque competente per tutti i reati ambientali, ovunque commessi. Trattasi, infatti, di rafforzamenti a livello politico-istituzionale del ruolo di organi di polizia specifici su certi temi e settori che tendono a proporre il ruolo preminente e per certi versi significativamente visibile degli stessi organi in quel determinato settore anche come punto di riferimento primario per le altre istituzioni ed i cittadini. Ma nulla di più. In conseguenza, non vi è dubbio che la Polizia Stradale ha piena competenza trasversale su tutti i reati ambientali; in particolare, nel campo del trasporto dei rifiuti solidi e liquidi si deve registrare una totale area di pertinenza operativa senza alcun limite. I controlli su strada sono, anzi, strategicamente fondamentali e prioritari in questo settore in quanto tutti i rifiuti scompaiono durante il viaggio, nel senso che masse di carichi di rifiuti partono ma non giungono a destinazione ufficiale; con smaltimenti "ordinari" (e cioè destinati verso aree occulte) o "in bianco" (e cioè con ripulitura giuridica basata su artifizi giuridici che in modo strumentale a livello di documenti di trasformano in viaggio in "materie prime"). La verifica dei documenti su strada appare essenziale per intercettare i flussi di viaggi illeciti e da qui risalire sia alle fonti che alle destinazioni, altrettanto illegali.
Molto spesso su strada viene notato il trasporto di liquami provenienti da case o da aziende. Come sono classificati questi liquami? Sono acque di scarico o rifiuti allo stato liquido? E dov’è il confine? Quali norme si applicano agli scarichi "indiretti"?
Il Dlgs 22/1997 rappresenta la legge-quadro in materia di inquinamento e disciplina tutti i rifiuti solidi e liquidi, mentre sono estranei dal suo campo di applicazione le acque di scarico (cfr. articolo 8, comma 1, lett. e). Poiché lo scarico delle acque reflue è disciplinato dal Dlgs 152/1999 (e prima dalla "Legge Merli"), il "Decreto Ronchi" troverà applicazione solo per la parte che il sistema del Dlgs 152/1999 in materia di scarichi e tutela acque non regolamenta. Quindi il D.L.vo n. 22/1997: rifiuti allo stato liquido mentre il D.L.vo n. 152/1999 disciplina le acque di scarico. Il criterio interpretativo fondamentale per l’applicazione della normativa sui rifiuti risiede nel fatto che il Dlgs 22/1997 disciplina tutte le singole operazioni di gestione (ad esempio: conferimento, raccolta, trasporto, ammasso, stoccaggio, ecc.) dei rifiuti prodotti da terzi, siano essi solidi o liquidi, fangosi o sotto forma di liquami. Restano escluse quelle fasi, concernenti rifiuti liquidi (o assimilabili), relative allo scarico e riconducibili alla disciplina stabilita dalla norma specifica sugli scarichi. Ne consegue che la disciplina degli impianti di trattamento dei rifiuti liquidi in conto terzi e relative ulteriori operazioni, che presuppongono il trasporto non canalizzato delle acque di processo, ricade sotto la normativa del Dlgs 22/1997, mentre le operazioni connesse allo scarico delle acque, cioè all’immissione diretta, e al trattamento preventivo delle stesse, poste in essere dallo stesso titolare dello scarico, sottostanno alla disciplina sulle acque. Dunque i veicoli di aziende private che viaggiano su strada trasportando (in proprio o conto terzi) liquami residuali devono essere controllati dalla Polizia Stradale entro il contesto del decreto 22/97 come "rifiuti liquidi" ordinari o "rifiuti liquidi di acque reflue" (ex scarichi indiretti in vasca). Il trasporto deve essere accompagnato dal formulario (salvo casi minimi di rifiuti prodotti in proprio per massimo 30 kg o litri al giorno).
Dunque lo "scarico" diretto previsto dal decreto sulle acque appare come una deroga al concetto generale di rifiuto liquido? E di conseguenza è impossibile che su strada vengono oggi trasportati "liquami di scarico"?
La nuova costruzione di geografia politica e giuridica del settore presenta il rifiuto liquido del decreto Ronchi come categoria generale di base; le acque di scarico, provenienti solo dallo "scarico" (diretto), costituiscono una specie di sottocategoria particolare che esula dal campo regolamentativo dello stesso decreto Ronchi e vengono disciplinate in deroga dal nuovo decreto n. 152/99. Pur tuttavia ove tale scarico cessi di essere diretto (e cioè venga spezzata la linea di riversamento immediato tra ciclo produttivo e corpo ricettore) e venga di conseguenza realizzato uno scarico in vasca o comunque con trasporto altrove dei liquami in via mediata ed indiretta, tale interruzione funzionale del nesso di collegamento diretto ciclo produttivo/corpo ricettore trasforma automaticamente il liquame di scarico in un ordinario rifiuto liquido. Si azzera quindi la deroga del decreto Ronchi, non avremmo più uno "scarico", non si avrà dunque più di conseguenza la deroga sopra espressa e la disciplina torna automaticamente nel contesto generale del decreto Ronchi sui rifiuti.
Dunque uno scarico, essendo solo diretto tra fonte produttiva e corpo ricettore, non è assolutamente mai compatibile con un trasporto su strada. E di conseguenza è impossibile che viaggiano oggi su strada "liquami di scarico" entro il decreto 152/99; vengono infatti trasportati solo "rifiuti liquidi" ordinari o "rifiuti liquidi di acque reflue" (ex scarichi indiretti in vasca) entro il contesto del decreto 22/97.
Il confine tra le "acque reflue" e i "rifiuti liquidi" ai fini della disciplina applicabile è individuabile anche nel sistema che viene tracciato dall’articolo 36 del "Decreto acque".?
Certamente. La chiave di lettura per capire quando applicare il "Decreto Ronchi" sui rifiuti o il "decreto acque" risiede nella distinzione tra:
• "rifiuto liquido" che resta soggetto al Dlgs 22/1997 ai sensi del suo articolo 8 dalla fase di produzione alla fase di smaltimento all’interno di un impianto di trattamento acque reflue;
• "acque reflue"(cioè acque di processo o di scarico) che restano escluse dal Dlgs 22/1997 ai sensi del medesimo articolo 8. Tali acque reflue sono considerate "rifiuti liquidi" solo nel caso in cui siano trasportate, mediante un vettore, dal produttore all’impianto. Ciò in quanto, in questo caso, si interrompe il nesso funzionale e diretto dell’acqua reflua con il corpo idrico ricettore e la conseguente riferibilità dello scarico ("immissione diretta tramite condotta") al medesimo soggetto. Le "acque reflue" arrivano in impianto come "rifiuti liquidi" ma cessano di essere tali all’atto della loro accettazione da parte dell’impianto di trattamento che le riceve come "acque di scarico" escluse dalla vigenza del "Decreto Ronchi". Quindi, l’impianto non dovrà essere autorizzato ai sensi di tale normativa.
Infatti, il "Decreto Ronchi" sui rifiuti:
• disciplina tutte le singole operazioni di gestione (raccolta, trasporto, recupero e smaltimento) dei rifiuti prodotti da terzi (solidi, liquidi, fangosi, sotto forma di liquami);
• non disciplina le fasi attinenti lo "scarico" di cui alla suindicata definizione.
Dunque, su strada è possibile classificare nel trasporto solo le categorie di rifiuti liquidi e mai quelle delle acque reflue di scarico.
Quale è attualmente la disciplina degli impianti di trattamento dei rifiuti liquidi in conto terzi? I veicoli che trasportano rifiuti verso tali impianti a quale norma sono soggetti?
La disciplina giuridica degli impianti di trattamento di rifiuti liquidi in conto terzi e delle relative ulteriori operazioni, che presuppongono il trasporto non canalizzato delle acque di processo, ricade sotto la normativa del Dlgs 22/1997, mentre le operazioni connesse allo scarico delle acque, cioè all’immissione diretta, e al trattamento preventivo delle stesse, poste in essere dallo stesso titolare dello scarico, sottostanno alla disciplina sulle acque. Di conseguenza, tutti i veicoli che viaggiando su strada trasportano (solo) "rifiuti liquidi" ordinari o "rifiuti liquidi di acque reflue" e si dirigono verso questi impianti devono viaggiare con il formulario e l’impianto è il sito dedicato finale nel ciclo giuridico del rifiuto (liquido) previsto dal decreto 22/97. Il titolare del sito in questione deve firmare la terza e quarta copia del formulario ed il trasportatore nel viaggio di ritorno (senza carico) deve avere con se le due ultime copie del formulario medesimo controfirmate dal titolare del sito finale.
Il trasportatore che trasferisce il rifiuto liquido costituito da acque reflue dall’azienda all’impianto di trattamento finale è dunque soggetto al formulario di identificazione?
Certamente sì, in coerenza con il principio che lo vede trasportare puramente e semplicemente un ordinario rifiuto liquido del decreto Ronchi n. 22/97, classificabile come "rifiuto liquido costituito da acque reflue". Il formulario è dunque elemento essenziale per il viaggio e la sua omissione o alterazione fraudolenta costituisce illecito ed in caso di rifiuti pericolosi grave reato con sequestro immediato del mezzo e confisca definitiva dello stesso.
Possono essere effettuati dei prelievi campioni dalla Polizia Stradale?
Pur non esistendo una specifica riserva di legge, è verosimile ipotizzare che l’attività di prelevamento campioni venga effettuato dalla Polizia Stradale con la collaborazione di personale qualificato delle ARPA.
L’opportunità di affidarsi alla collaborazione di personale qualificato per il prelievo campioni è determinata dal fatto che lo stesso rappresenta un punto pregiudiziale e rilevante per tutto il successivo iter probatorio.
Su questo specifico adempimento va tuttavia ricordato (sussistendo ancora taluni contrari avvisi) che la giurisprudenza della Cassazione da tempo ha stabilito che tutti gli organi di polizia giudiziaria, e non solo il personale delle strutture sanitarie, possono eseguire i prelievi: "Con riferimento alle competenze per il controllo tecnico l’articolo 15 sesto e settimo comma della legge 319/76 prevede funzioni tecniche di vigilanza e controllo dei laboratori provinciali di igiene e profilassi in attesa della costituzione di presidi e servizi multizonali di cui all’art. 21 legge 833/78 (legge sanitaria). Il testo di legge non specifica che si tratta di una competenza "esclusiva" dei predetti organismi, sicché é da ritenere legittimo il campionamento eseguito da soggetti diversi (personale delle USL addetto all’igiene ambientale, nucleo specializzato dei Carabinieri (NAS), Nucleo Ecologico dei Carabinieri (NOE), vigili urbani, corpo provinciale di vigilanza dell’inquinamento idrico, etc...) salva la facoltà del giudice di valutarne l’attendibilità, tenendo conto delle modalità utilizzate nel prelievo nel caso concreto" (Cass. pen. Sez. III - 27/9/91 - n. 1872 - Rel. Postiglione - Pres. Gambino); e si precisa nella sentenza che "... non può sorprendere che Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Corpi Forestali, Vigili Urbani possano procedere, ove si evidenzia una necessità, ad operazioni di campionamento di acque, rimanendo le operazioni di analisi affidate agli organi tecnici competenti. Naturalmente la polizia giudiziaria potrà avvalersi di "persone idonee" nella qualità di "ausiliari" e l’accertamento tecnico che ne consegue deve considerarsi atto della stessa polizia giudiziaria (...)". Dunque riteniamo che sulla scorta di tale pregressa ma ancor valida linea giurisprudenziale della Suprema Corte, anche nel contesto del combinato disposto degli artt. 28 e 50 del nuovo decreto sugli scarichi 152/99 estendibile come concetto sinergico ai principi paralleli del decreto 22/97 sui rifiuti, ogni organo di P.G. può essere considerato destinatario di funzioni di controllo in questo specifico settore e può eseguire detti prelievi; ove il personale non sia professionalmente idoneo e/o non disponga delle attrezzature) necessarie, può ricorrere ad un ausiliario (art. 348/4° comma C.P.P.) nominato tra soggetti dotati di specifiche competenze tecniche nel settore per la fase materiale delle operazioni.
Questo principio è conseguente ad concetto preliminare sopra espresso nella stessa sentenza in base al quale "l’art. 55 C.P.P. consente di ritenere che i reati in materia ambientale sono di competenza di tutta la polizia giudiziaria, senza distinzione di competenze selettive o esclusive per settori, anche se in punto di fatto esistono delle specializzazioni." (concetto poi ulteriormente specificato in relazione ai reati di inquinamento con Cass. pen., sez. III. 22 dicembre 1992, n. 12075, Perrella: "In tema di tutela delle acque dall’inquinamento, l’attività di accertamento rientra nella competenza generale di tutta la P.G. senza distinzioni selettive anche se in concreto esistono specializzazioni)". Successivamente il principio è rimasto costante (si veda, ad esempio, Cass. pen., sez. III. 23 luglio 1993, n. 7173, Giani ed altre).
Dunque, un organo della Polizia Stradale in caso di controllo su strada e sussistendo motivi di urgenza può, ai fini della procedura penale, eseguire direttamente prelievi anche con mezzi non specifici al fine di una immediata assicurazione della fonte di prova e/o per procedere ad una veloce identificazione della natura dei rifiuti. Naturalmente eventuali vizi tecnici saranno poi valutati ai fini procedurali in sede giurisdizionale. Va sottolineato che ai fini della procedura penale (con prova libera) l’organo di PG non è vincolato alle modalità tecniche previste dalle tabelle allegate al decreto 152/99 che è riservato ai prelievi per fini di gestione amministrativa degli scarichi.
L’attività di prelievo campioni è un attività di polizia amministrativa o giudiziaria?
Qualora l’autore del trasporto (ad es. rifiuti liquidi) non risulti ancora indagato, l’attività di prelievo di campioni è da considerarsi svolta nell’ambito dei poteri di polizia amministrativa. Tale attività, per sua natura, non è di per se stessa finalizzata all’accertamento di un reato, e, di conseguenza, deve essere effettuata secondo le regole previste per un controllo di natura amministrativa. Pertanto deve essere solo sollecitata la presenza del titolare della ditta o di un suo delegato, non essendo prevista la necessità di alcun preavviso. Ovviamente, qualora si sia in presenza di un’attività di polizia giudiziaria con soggetto indagato, il prelievo deve essere effettuato con il preavviso connesso alle garanzie difensive di rito.
Quali sono i parametri di disciplina specifica per i prelievi effettuati dall’ ARPA o da un organo di Polizia Stradale in via diretta che operano ancora in una fase preventiva amministrativa senza che sussistano a carico del titolare del trasporto elementi di carattere penale?
Appare piuttosto frequente il caso in cui l’organo di controllo (ARPA o organo di PG, inclusa la Polizia Stradale) effettui i prelievi ancora in una fase preventiva amministrativa senza che sussistano a carico del titolare dello scarico elementi di carattere penale. A nostro avviso i principi delineati dalla Cassazione in materia, vigente la pregressa normativa, restano fermi ed immutati anche nel contesto dei nuovi decreti vigenti perché trattasi di temi di ordine generale dell’ordinamento giuridico. Si veda, ad esempio, che già dal 1991 la Suprema Corte stabiliva che "in tema di tutela delle acque dall’inquinamento, l’attività di prelievo dei campioni delle acque reflue ha carattere esclusivamente amministrativo, rimessa alla discrezionalità degli organi amministrativi nell’esercizio delle loro funzioni istituzionali, previste allo scopo di accertare i reati nonché di controllo dello stato effettivo dell’inquinamento e della qualità dei corpi ricettori. Ne consegue che all’attività di campionamento non si applicano le garanzie di difesa prescritte per le analisi per effetto della sentenza n. 248/83 della Corte Costituzionale" (Cass. Pen. Sez. III - 26/3/91 - n. 3331 - D’Ambrosio). Un orientamento poi costante nel tempo: "In materia di tutela delle acque dall’inquinamento, l’attività di prelievo dei campioni ha natura amministrativa e sussiste una discrezionalità tecnica nella scelta del metodo, sempre che essa non venga eseguita su disposizione del magistrato o non esista già un soggetto determinato, indiziabile di reati: solo in tal caso trovano applicazione le garanzie difensive previste dall’art. 220 att. C.p.p., mentre, vertendosi in attività amministrativa, è applicabile l’art. 223 att. Cit." (Cass. Pen. Sez. III Sent. del 26 novembre 1998 n. 12390 - Fecchio). E successivamente é stato sempre ribadito che " In materia di tutela delle acque dall’inquinamento, l’attività di prelievo di campioni ha natura amministrativa e non richiede il preavviso degli interessati, mentre l’avviso della data e luogo delle analisi è prescritto a pena di nullità". (Cassazione Penale - Sezione III - Sentenza del 19 aprile 1999 n. 4993 - Pres. Avitabile - Rel. Postiglione). Va ancora sottolineato che sulla utilizzabilità in dibattimento l’orientamento é stato poi costante (si veda ad es. "(...) l’atto di campionamento può essere utilizzato nel processo penale (...)": Cass. Pen. Sezione III, sentenza 22 febbraio-3 aprile 1995 n. 3481 - Pres. Corsaro; Rel. DeMaio; ed altre). Appare dunque pacifico che tutta la documentazione inerente l’iter del campionamento e delle successive analisi, seppur incardinata in una fase amministrativa (in caso di titolare non indagato), si evolve poi in una diretta vitalità processuale in quanto i referti sono classificati dalla Cassazione come "atti irripetibili" in sede processuale. Ed ecco che il quadro assume un carattere di coerenza concettuale: i prelievi sono attività amministrativa, possono essere eseguiti da qualunque organo di P.G. (ancorché assistito da ausiliario tecnico), é sufficiente l’avviso contestuale in loco, i risultati successivi delle analisi possono essere utilizzati in dibattimento come atti irripetibili purché all’interessato sia stato dato opportuno e tempestivo preavviso dell’ora e giorno (e luogo) delle analisi. Questi concetti elaborati specificamente nel contesto della pregressa legge 319/76 sono da considerarsi tuttora validi anche per le due nuove normative sulle acque e sui rifiuti.
Gli esami dei campioni in laboratorio presuppongono sempre necessariamente il preavviso al soggetto interessato in entrambe le procedure (prelievo soggetto a garanzie difensive e prelievo amministrativo)?
Si. In ambedue le procedure citate (prelievo eseguito con le formalità di garanzie difensive e prelievo eseguito in via amministrativa) i risultati successivi delle analisi possono essere utilizzati in dibattimento come atti irripetibili purché all’interessato sia stato dato opportuno e tempestivo preavviso dell’ora e giorno (e luogo) delle analisi. Le formalità connesse sono riconducibili al preavviso della data e del luogo di inizio delle operazioni ed alla possibilità di presenza con un tecnico di fiducia.
La mancata iscrizione all’albo di colui che trasporta rifiuti conto terzi è sempre reato?
Sì. Trattasi di violazione penale basilare ed assorbente. Infatti detta iscrizione è propedeutica per esercitare detta attività e riveste carattere assolutamente pregiudiziale per la legittimità di tutto l’operato in questione. Il reato base è previsto dall’art. 51 primo comma del decreto legislativo. Sono previste due ipotesi sanzionatorie diversificate ma entrambe di natura penale.
In caso di trasporto illecito di rifiuti pericolosi è sempre previsto il sequestro e la confisca definitiva del veicolo?
Sì. è infatti previsto che in tutti i reati relativi al trasporto irregolare di rifiuti pericolosi in caso di sentenza di condanna o anche in caso di sentenza di applicazione della pena ex art. 444 c.p.c. (per il cosiddetto "patteggiamento") è obbligatoria la confisca del mezzo di trasporto. Si deve inoltre considerare che nel campo penale non è possibile la confisca di un bene se detto bene non giunge in fase di giudizio in stato di sequestro. Il che significa che in via logica la norma va interpretata nel senso che la confisca obbligatoria del mezzo di trasporto in caso di condanna o di patteggiamento presuppone che il mezzo stesso giunga in fase processuale sequestrato e quindi ancora di conseguenza che il sequestro del mezzo nella flagranza del reato o comunque in sede di primo accertamento sia obbligatorio e non meramente facoltativo e discrezionale da parte degli organi di Polizia Giudiziaria. Un’autorevole conferma del presente principio si registra in un documento ufficiale della Commissione "Ecomafia" del Ministero dell’Ambiente presieduta dal Ministro Sen. Edo Ronchi. La "Sottocommissione strategico-operativa" (coordinatore Cons. Maurizio Santoloci) nel documento finale elaborato durante la riunione del 22 ottobre 1997 sviluppa il tema della valorizzazione del sequestro operato dalla p.g. e della successiva confisca obbligatoria in sede dibattimentale dei veicoli utilizzati per il trasporto/traffico illecito di rifiuti in caso di condanna ma anche in caso di patteggiamento nel contesto del D.Lgs. n. 22/1997). Si legge nel documento: "... viene resa di fatto obbligatoria la procedura di sequestro da parte della polizia giudiziaria dei veicoli utilizzati per il trasporto/traffico illecito già nella primissima fase degli accertamenti (e cioè nella flagranza del reato)... Tale fase procedurale è importantissima, in quanto fornisce in mano all’operatore di polizia uno strumento agile di intervento sia per assicurare la fonte di prova del reato sia, soprattutto, per impedire che il reato venga portato ad ulteriori conseguenze. La successiva confisca (e quindi sottrazione definitiva del veicolo dal patrimonio del soggetto responsabile) costituisce epilogo finale di tale procedura e rappresenta, al di là della qualità/quantità della sanzione irrogata o patteggiata, un formidabile strumento di intervento sia repressivo che nel contempo deterrente per tutti coloro che operano illegalmente nel settore in questione ...".


 

 

 

 

 



di Maurizio Santoloci

da "Il Centauro" n. 78
Giovedì, 03 Luglio 2003
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