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Articoli 07/07/2003

Tragedia del Gottardo

La puntuale ricostruzione di un evento catastrofico in galleria Gli esiti dell’inchiesta della magistratura e delle polizie ticinesi

Tragedia del Gottardo
La puntuale ricostruzione di un evento catastrofico in galleria
Gli esiti dell’inchiesta della magistratura e delle polizie ticinesi


di Lorenzo Borselli

Un timido sole si affaccia sulle montagne di Airolo. è il 24 ottobre 2001 e l’orologio segna le 9 e 35 del mattino quando un automobilista, appena uscito dal traforo del Gottardo dal portale sud, si avvicina terrorizzato ad un agente della Polizia Cantonale Ticinese impegnato in controlli su alcuni veicoli, avvertendolo che all’interno della galleria era appena accaduto un terribile sinistro. L’ufficiale comprende dal tono dell’automobilista che si tratta di un evento davvero grave: prende la radio e avverte la centrale, ordinando d’iniziativa l’immediata chiusura del traforo. Comincia così la tragedia del Gottardo e, proprio dalla testimonianza dell’agente elvetico l’Autorità Giudiziaria cantonale inizia la drammatica ricostruzione di uno degli eventi più catastrofici che si siano mai verificati all’interno di un traforo autostradale. Alla fine il bilancio sarà pesantissimo: 11 persone, uccise dalle fiamme, asfissiate dal fumo o avvelenate dalla schiuma di poliuretano trasformato in cianuro dal calore. L’inchiesta, secondo la più tradizionale efficienza svizzera, è stata complessa e rapida, ma soprattutto trasparente, tanto che l’intero rapporto giudiziario è visionabile sul sito internet della Polizia Cantonale ticinese (www.polizia.ti.ch). La ricostruzione è stata effettuata sin nei minimi dettagli, partendo dalla descrizione dei luoghi, la successione degli interventi di soccorso e di conservazione delle fonti di prova, l’attivazione del Nucleo Operativo in caso di Catastrofi (NOC) e la designazione dei collegi peritali, fino ad entrare nel vivo dell’indagine. Infatti, dopo aver dettagliatamente analizzato la posizione delle vittime, l’Autorità Giudiziaria passa al setaccio tutti i particolari legati al viaggio dell’autoarticolato belga ritenuto all’origine del disastro, condotto da un cittadino turco, ricostruendo minuziosamente tutto il percorso effettuato fino al tragico appuntamento con la morte. Gli investigatori non si sono fermati qui ed hanno contestualmente preso in considerazione ogni possibile altra variante. Vediamo di cosa si tratta. Secondo le ricostruzioni della Polizia, il convoglio, condotto dal cittadino turco Seyfi Aslan, 47 anni, parte alle 22 del 21 ottobre dall’aeroporto Charles De Gaulle di Parigi, con un carico destinato a Lione; da qui ripartiva in direzione di Segrate, in provincia di Milano, caricando merce nel tardo pomeriggio del 23 ottobre. Alle 6 del mattino del giorno successivo (24.10.2001), l’autotreno viene registrato in transito alla dogana al valico di Chiasso-Strada. I primi dubbi degli investigatori nascono proprio in questo frangente. Da questa località al luogo dell’incidente il camionista avrebbe dovuto percorrere circa 110 chilometri senza particolari problemi di traffico e quindi le oltre tre ore apparivano assolutamente eccessive. Per accertare eventuali soste gli inquirenti acquisiscono i tabulati telefonici, dai quali si evince che l’Aslan aveva effettuato alcune telefonate nella zona di Personico, ove c’è una piazzola di parcheggio: telefonate di lavoro ma anche personali, dirette ad una ragazza che - a suo dire - aveva ricevuto diverse richieste di appuntamento dal camionista, rimaste senza seguito. In tutto era rimasto fermo almeno 44 minuti. Nel rapporto giudiziario si parla senza mezzi termini di mistero circa il tempo realmente impiegato dal convoglio per arrivare alla galleria. Alcune testimonianze raccolte forniscono però un importante contributo circa quelle che potevano essere le condizioni psicofisiche dell’Aslan poco prima dell’impatto. " ... a circa 2 km dalla stazione di servizio Stalvedro - dice un testimone presentatosi spontaneamente alla Polizia svizzera - mi sono trovato davanti un autocarro italiano preceduto da un articolato targato Belgio. Ho potuto notare che questo veicolo pesante avanzava zigzagando e invadendo nel contempo la corsia di sorpasso, tant’è vero che il conducente di quello italiano esponeva il braccio dal finestrino facendo segno di rallentare e non sorpassare. Ad un certo punto sulla nostra carreggiata era presente un cantiere [...]. Mentre procedeva ad una velocità di circa 60 km/h l’autocarro belga inspiegabilmente si è fermato. Infatti davanti a lui non c’erano veicoli e non ho veramente capito il motivo del suo arresto. Il camionista italiano ha suonato il clacson [...] poi è ripartito. All’altezza dell’area di servizio [...] potevo notare che l’autocarro belga aveva lasciato l’autostrada dove si fermava nei posteggi riservati ai veicoli leggeri ...". La testimonianza - da considerare attendibile perché corroborata da altre ricevute dagli operai del cantiere - continua e l’uomo spiega come sia riuscito a ricostruire in seguito che quello sarebbe stato il camion coinvolto nell’incidente in galleria. Vi era dunque qualcosa che non andava per il verso giusto. Poteva essere stanchezza, ma da gente del mestiere ci sembra che una simile condotta di guida sia riconducibile piuttosto ad uno stato di alterazione psicomotoria, solitamente causata da assunzione di alcol o sostanze stupefacenti o psicotrope, o da un forte stato confusionale, anche solo passeggero, ma comunque patologico. Nel corso dell’autopsia i normali esami tossicologici effettuati sul corpo dell’Aslan, che era riuscito a percorrere un notevole tratto di galleria a piedi dopo l’incidente, prima di restare sul selciato ucciso dal monossido di carbonio, rivelavano la presenza di alcool etilico nel sangue, nell’umor vitreo e nell’urina, senza però poter stabilire, nemmeno con approssimazione, in quale misura esso potesse essere stato assunto o semplicemente formatosi nelle prime fasi della putrefazione. Il mistero circa tali circostanze si era in un primo momento infittito in conseguenza di una relazione di servizio della Guardia di Finanza italiana, secondo la quale a dichiarare le generalità dell’Aslan prima dell’uscita dal territorio nazionale, sarebbe stato un uomo più giovane classe 1975: certe analogie tra gli estremi dei documenti annotati sui prestampati erano riscontrate anche dall’interessamento della Polizia Stradale tedesca, la quale nel 2001 aveva segnalato il turco per una contravvenzione circa il suo permesso di soggiorno. Per questa serie di informazioni si era giunti a pensare che a bordo del camion vi potesse essere un’altra persona, ma questa ipotesi veniva successivamente scongiurata.. "in conclusione, su questa circostanza - dice il Procuratore Pubblico svizzero dr. Antonio Perugini nel suo rapporto finale - il mistero rimane in toto e chissà se lo si potrà mai dipanare! Se non lo è stato finora, difficilmente lo potrà essere in futuro, anche se nell’economia dei tragici fatti, nulla cambierebbe comunque". Ma veniamo al disastro. La tragica catena di morte inizia con la collisione tra due veicoli pesanti: uno scontro frontale, sulla cui ricostruzione della dinamica sono stati interpellati - oltre alla Polizia - alcuni periti riuniti in collegio, i quali hanno scientificamente riferito in ordine alle cause ed alla dinamica stessa dello scontro, alle velocità dei veicoli prima dell’urto, allo stato meccanico dei veicoli coinvolti ed all’accertamento di eventuali difetti o rotture meccaniche verificatesi antecedentemente all’impatto. Altri professionisti hanno passato al setaccio il sofisticato sistema di ventilazione, mentre altri ancora hanno effettuato accurati studi sulla propagazione delle fiamme e sulla formazione dei gas. Alla fine le indagini hanno consentito al Procuratore Pubblico di riconoscere nel solo conducente turco la piena responsabilità del disastro. "Si è potuto altresì accertare - scrive ancora il magistrato nel suo rapporto finale - che la responsabilità di nessun altro ha in qualche modo concorso a provocare o ad aggravare, in termini di rilevanza penale, il tragico concatenamento di fatti venutosi a creare a partire dalla sua perdita di padronanza del mezzo meccanico e della susseguente invasione della corsia di contromano". Il dr. Perugini parla senza mezzi termini, riferendosi alle probabili condizioni psicofisiche compromesse del conducente. "Nulla - aggiunge il magistrato - è stato trovato o si è potuto documentare che possa giustificare altrimenti, ed a rigor di logica, quella sciagurata perdita di padronanza del veicolo". Infatti, tra gli elementi indizianti a carico del conducente, anch’esso rimasto vittima del disastro da lui provocato, vi sono la sicura ingestione di alcol e la totale assenza di malattie preesistenti. Secondo i periti inoltre il veicolo non aveva subito alcun guasto meccanico che avesse impedito al conducente di mantenerne il controllo e d’altra parte la condotta di guida di terzi è risultata assolutamente estranea circa un’eventuale corresponsabilità. Dalla posizione di quiete dei veicoli, infatti, gli investigatori avevano ricostruito come il tir belga avesse invaso la corsia di marcia opposta, finendo in contromano dopo aver urtato sulla sua destra contro un segnale stradale ed aver subito un secondo impatto contro la parete della galleria sulla sua sinistra. Quello che è accaduto dopo è cronaca. Nel giro di poche ore le immagini di quel camino di sfogo dei fumi interni alla galleria del Gottardo che vomitava una cupa e densa colonna verso il cielo terso delle alpi facevano il giro del mondo. Entravano in azione le unità di crisi, si pensava all’accoglienza degli scampati, si prendevano in esame le segnalazioni di scomparsa. Resta l’immagine di un disgraziato lavoratore, fuggito dal suo paese per trovare sostentamento lontano, in una professione tra le più dure in assoluto. Resta un "non luogo a procedere" a carico di un uomo che era nato con un altro nome (Ufacik, in turco Piccolino), cambiato in Aslan (che vuol dire Leone), con una sentenza del tribunale per fuggire agli scherni e un gigantesco interrogativo per tutta l’Europa. Quale sicurezza? La stessa domanda se la pone il magistrato che ha assunto la direzione delle indagini, proprio in chiusura del suo rapporto, per niente "incomprensibile": ci riferiamo a quel linguaggio forense, che rende i nostri rapporti giudiziari illeggibili, di sicuro non accessibili a tutti. Sarà una questione di mentalità, ma il magistrato si avventura in una dissertazione giusta, che solo un uomo che cerca la verità, e forse la trova, si può permettere. La riportiamo integralmente. "questa catastrofe - scrive il dr. Antonio Perugini - ha dimostrato una volta di più quanto fragile sia il confine tra: esigenza di sempre maggiore sicurezza oggettiva; livello di rischio ritenuto accettabile e semplice negligenza umana. La crescente mobilità su strada di merci e persone attraverso le Alpi sta mostrando i suoi limiti e la loro convivenza sui principali assi di transito sta creando problemi enormi ai vari Paesi localizzati lungo l’arco alpino. Da questa, come dalle altre (troppe!) tragedie verificatesi negli ultimi anni in gallerie stradali, se si analizzano le cause che le hanno provocate, qualche ponderata e necessaria riflessione si deve pur responsabilmente fare, prima fra tutte quella legata al fatto che nessuna misura di incremento strutturale della sicurezza (sui veicoli, sulle infrastrutture, sulla segnaletica, sull’informazione agli utenti, ecc), seppur auspicabili e legittimamente esigibili, non potrà mai escludere in toto l’alto rischio creato purtroppo dalla negligenza e dall’irresponsabilità umana. Riflessioni ed insegnamenti - conclude il Procuratore Pubblico - che meritano certo ben più consone ed autorevoli Sedi". C’e poco da aggiungere alle parole del magistrato.

Il presente articolo è stato reso possibile grazie all’invio da parte del Ministero Pubblico svizzero, di un cd rom dal quale sono state tratte le linee di questo e altri, futuri nostri lavori.

 

Tunnel del Gottardo: raddoppio sì, raddoppio no

E’ uno dei "colli di bottiglia"della rete autostradale europea. Specialmente da quando, in seguito al tragico incidente dell’ottobre 2001, i flussi di traffico pesante vengono scaglionati, creando lunghe code e richiedendo - specie nei giorni di grande traffico - ore di attesa. Per il tunnel del Gottardo (lungo 16,8 Km) si parla da tempo di un raddoppio, del resto previsto fin dalla sua apertura, avvenuta nel 1980. Quello che ormai è un vero e proprio braccio di ferro tra i fautori dell’iniziativa "Avanti" del Touring Club Svizzero e gli ambientalisti, continua. A favore del raddoppio sarebbe la maggior parte dell’opinione pubblica elvetica, ma gli argomenti contrari non fanno solo perno sullo sviluppo della rete ferroviaria (è attualmente in costruzione il nuovo tunnel di base del Gottardo, di 52 Km), e la necessità di contenere l’inquinamento: in Ticino, infatti, si teme che una volta"fluidificato" l’asse autostradale che dal confine italiano porta a Lucerna, si possano verificare ingorghi di difficile gestione in prossimità della dogana di Chiasso che, di fatto, ne diverrebbe l’unica strettoia.



di Lorenzo Borselli

da "Il Centauro" n. 78
Lunedì, 07 Luglio 2003
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